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Cassazione civile sez. II, 22/12/1999, n. 14461

Massima

In assenza di una disciplina regolamentare ”l’amministratore di condominio ha infatti il potere di scegliere la sede più opportuna, a patto che sia all’interno dei confini della città dove è ubicato e che il luogo risulti idoneo a consentire a tutti di partecipare alla discussione”. Vengono introdotti i due principi del limite territoriale e dell’idoneità del luogo (ad esempio presso uno studio legale non si può svolgere assemblea ove vi sia conflitto d’interesse con un condomino). In caso violazione la delibera è nulla.

 

Supporto alla lettura

Condominio

1. La natura giuridica del Condominio.
Quella della natura giuridica del condominio è una questione che ha fatto sorgere numerosi contrasti in dottrina e in giurisprudenza. La giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa sostenendo che il condominio non può considerarsi un soggetto giuridico distinto dai singoli condomini che lo compongono. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti.
In questo contesto dottrina e giurisprudenza hanno elaborato diverse teorie alle volte in contraddittorio tra loro. S’è detto che il condominio è:
a) un ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica e autonomia patrimoniale distinta da quella dei suoi partecipanti (Cass n. 7891/2000);
b) un centro d’imputazione d’interessi distinto dai singoli partecipanti (Cass. 19 marzo 2009, n. 6665);
c) una organizzazione pluralistica (Cass. SS.UU. n. 9148/08).
La legge di riforma n. 220/2012 non ha preso posizione sul problema ma, come evidenziato dalle Sezioni unite della Suprema corte nella sentenza n. 19663/2014, ha introdotto una serie di disposizioni che sembrerebbero confermare la tendenza alla progressiva configurabilità “di una sia pur attenuata personalità giuridica”. In merito si rimanda all’ammissione della pignorabilità da parte dei fornitori del conto corrente condominiale, nonostante il nuovo disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. sulla responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni comuni. Ma con la sentenza n. 10934/2019, le medesime Sezioni unite hanno escluso che il condominio possa configurarsi come un autonomo soggetto di diritto.
2. Condominio consumatore
È utile ricordare che ai sensi dell’art. 3 del codice del consumo (d.lgs n. 206/2005), consumatore o utente è “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3 lett. a) Codice del consumo), mentre il professionista è “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario” (art. 3 lett. c) Codice del consumo).
L’orientamento che si è finora delineato, sia di merito che di legittimità, ha valorizzato in via pressoché esclusiva l’assunto secondo il quale, essendo il condominio ente di gestione privo di personalità giuridica, «l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale» (Cassazione, sentenze 10679/2015 e 452/2005). Di recente il tribunale di Milano, con ordinanza sospensiva del giudizio, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell’ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all’attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione …” (Trib. Milano, ord. 1 aprile 2019).
La corte di Giustizia si è pronunciata affermato che il Condominio è consumatore “L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva” (Corte giustizia UE , 02 aprile 2020, n.329, sez. I).

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

Con citazione 19 dicembre 1991, A. C., F. B., P. B. e M. P., nella qualità di proprietari di appartamenti siti nell’edificio in (OMISSIS), viale (OMISSIS), convennero, davanti al Tribunale della stessa città, il condominio dell’edificio suddetto, in persona dell’amministratore in carica.

Domandarono al Tribunale di pronunziare la nullità della deliberazione assembleare 28 novembre 1991. A fondamento dedussero che, nella convocazione, non era indicato il luogo stabilito per la riunione e che, senza la prescritta maggioranza, era stata approvata la utilizzazione a stenditoio per panni del ballatoio ubicato al sesto piano dell’edificio, con la conseguenza che la modifica della destinazione del bene determinava infiltrazioni di umidità nei sottostanti appartamenti e comportava l’occupazione dello spazio condominiale, vietata dagli artt. 5 e 7 del regolamento di condominio.

Il condominio si costituì e chiese il rigetto.

Il Tribunale, con sentenza 9 luglio 1993, respinse la domanda.

Pronunziando sull’impugnazione proposta da A. C., da F. e P. B.e da M. P., in contraddittorio con il condominio dell’edificio, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza 20 dicembre 1996 – 5 marzo 1997, in totale riforma dichiarò nulla la delibera assembleare del 28 novembre 1991 e condannò l’appellato condominio alla rifusione delle spese.

Ricorre per cassazione con tre motivi il condominio; resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale A. C., F. e P. B. e M. P.

Diritto

Motivi della decisione

1. – A fondamento del ricorso principale, il condominio ricorrente deduce: 1.1. Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5 stesso codice.

La Corte ha ritenuto che l’avviso di convocazione non conteneva l’ordine del giorno e che questa circostanza, unitamente alla inidoneità della sede prescelta per la riunione, comportava la nullità della delibera in data 28 novembre 1991.

Ciò in palese contrasto con l’art. 112 cod. proc. civ., perché nell’atto di appello i condomini dissenzienti si sono limitati a censurare la circostanza che la lettera di convocazione non riportava l’indicazione del luogo di riunione. 1.2 Violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 cod. civ., con riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.

È opinione dominante che l’avviso di convocazione è inefficace se non contiene il giorno, l’ora ed il luogo della riunione, a meno che il titolo, il regolamento o una prassi assodata nota a tutti i condomini rendano inutile l’indicazione del luogo.

Essendo nota a tutti i condomini la saletta di riunione dell’assemblea condominiale (per prassi consolidata) era del tutto superfluo indicarla nell’avviso di convocazione. D’altra parte, gli stessi attori parteciparono alla riunione assembleare, recandosi al luogo di riunione, senza sollevare alcuna contestazione al riguardo.

La presenza degli appellanti alla riunione fa venir meno la asserita sostanziale incertezza del luogo della riunione, data la inadeguatezza del locale. 2. – A fondamento del ricorso incidentale il condominio deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 277 cod. proc. civ.

Denegata giustizia.

Avendo accolto il primo motivo di impugnazione, la Corte d’Appello non ha preso in esame le doglianze riguardanti il mutamento dell’originaria destinazione del bene condominiale, la sua occupazione e i danni provocati alle sottostanti proprietà individuali. 3. – Il ricorso principale non può essere accolto. 3.1 Quanto alla censura di extra – petizione, per avere la Corte deciso intorno ai vizi dell’ordine del giorno, che non erano stati denunziati, si osserva essere risaputo che il vizio di extra – petizione, concretato dalla violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato fissato dall’art. 112 cod. proc. civ., sussiste quando il giudice pronunzia oltre i limiti delle domande e delle eccezioni proposte, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio, attribuendo un bene della vita non richiesto (o diverso da quello fatto valere).

Nella specie, tuttavia, non si riscontra il vizio denunziato, in quanto la Corte d’Appello ha risposto alla censura concernente la mancanza, nell’avviso di convocazione dell’assemblea, della indicazione del luogo fissato per la riunione.

È pur vero che non può essere condiviso il ragionamento della Corte d’Appello circa il rapporto tra l’interesse collettivo e l’avviso di convocazione; ma tutto ciò non inficia il fatto che la Corte abbia deciso in risposta alla censura sollevata dall’appellante e che non abbia minimamente interferito nel potere dispositivo delle parti, nè posto a fondamento della decisione fatti e situazioni estranee alla materia del contendere, introducendo nel processo una causa petendi nuova e diversa da quella enunziata a sostegno della domanda. 3.2 Circa la rilevanza dell’omessa indicazione del luogo di riunione, si osserva che nell’avviso di convocazione dell’assemblea, il luogo di riunione deve essere indicato. Quando il regolamento di condominio non stabilisce la sede, in cui debbono essere tenute le riunioni assembleari, l’amministratore ha il potere di scegliere la sede che, in rapporto alle contingenti esigenze del momento, gli appare più opportuna. Tale potere discrezionale, tuttavia, incontra un duplice limite: anzitutto il limite territoriale, costituito dalla necessità di scegliere una sede entro i confini della città in cui sorge l’edificio in condominio; quindi, un secondo limite, costituito dalla necessità che il luogo di riunione sia idoneo, per ragioni fisiche e morali, a consentire la presenza di tutti i condomini e l’ordinato svolgimento delle discussione.

Ciò posto, la sentenza impugnata si sottrae alle censure riguardanti l’incertezza del luogo di riunione, perché con motivazione logicamente corretta e sufficiente desume la assoluta incertezza non solo dalla mancata indicazione del luogo di riunione nell’avviso di convocazione, ma dalla inidoneità del locale solitamente utilizzato.

Essendo il locale utilizzato per l’adunanza (normalmente destinato alla raccolta di rifiuti) assolutamente inadatto, la scelta di un locale più idoneo costituiva una legittima aspettativa di tutti i condomini. Trattasi, evidentemente, di un giudizio di fatto insindacabile in questa sede. 4. – Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale.

Riuniti i ricorsi, respinto il ricorso principale e dichiarato assorbito il ricorso incidentale, la Corte deve condannare i ricorrenti soccombenti alla rifusione delle spese.

P.Q.M.

La Corte: riunisce i ricorsi, respinge il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna i ricorrenti principali a rifondere le spese processuali, che liquida quanto alle spese vive in lire oltre lire 2.000.000 per gli onorari.

Roma, 9 luglio 1999.

 

Allegati

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