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Cassazione civile sez. II, 21/06/2024, n. 17223

Massima

Nel giudizio di legittimità le censure relative all’interpretazione del contratto offerta dal giudice di merito non possono ridursi alla semplice contrapposizione alla interpretazione accolta nella sentenza impugnata di una interpretazione diversa. L’interpretazione del giudice del merito si sottrae al sindacato di legittimità anche se non è l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicché neppure quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

1. la società cooperativa a responsabilità limitata A.P.E. Produzioni Agricole Ecocompatibili, in liquidazione, ricorre con quattro motivi, avversati dalla società per azioni S.E.S.A. Società Servizi Ambientali, per la cassazione della sentenza in epigrafe.

Con questa sentenza la Corte di Appello di Venezia, confermando la ordinanza del Tribunale di Padova, ha ritenuto infondata la pretesa della ricorrente di avvalersi della clausola penale di cui al punto 5.5. del contratto preliminare concluso tra le parti il 28 agosto 2009 ed integrato con accordo del 7 luglio 2010 -contratto avente ad oggetto, oltre ad altre obbligazioni, la stipula di un definitivo di vendita di un impianto di cogenerazione-, in riferimento al ritardo con cui la S.E.S.A., avuto l’impianto in data 11 maggio 2011, ne aveva pagato peraltro solo parzialmente il prezzo in data 7 marzo 2012.

In particolare la Corte di Appello ha evidenziato che la penale era prevista per il mancato rispetto dei “termini” di cui ai punti 5.1., 5.2. e 5.4. del preliminare, come modificati dall’ “accordo integrativo”, che questi punti prevedevano termini relativi ad obbligazioni specifiche – “la stipula di contratti definitivi di compravendita di terreni” (5.1.); “la consegna degli immobili e della struttura serricola” da parte di A.P.E. (5.2); “la stipula del contratto definitivo di compravendita dell’impianto di cogenerazioni” -, che tra queste obbligazioni non vi era quella di pagamento del prezzo dell’impianto di cogenerazione, che il motivo di appello con cui la A.P.E. aveva attaccato la decisione di primo grado sostenendo che nell’ambito del punto 5.4. rientrasse anche l’obbligazione di pagamento del prezzo, non era fondato atteso che, in base alla lettera, il punto 5.4. riguardava il termine di adempimento dell’obbligazione di A.P.E di consegnare l’impianto e non anche “il pagamento del relativo prezzo” e che “la clausola penale, per la sua natura sanzionatola, è di stretta interpretazione”, che le espressioni usate nel contratto erano “specifiche e non generali”, che il testo “non aveva certamente carattere esemplificativo data la puntualità delle previsioni stesse”, che ampliare la portata delle clausole così formulate sarebbe stato contrario a buona fede, che molte altre obbligazioni dell’una e dell’altra parte non erano state richiamate dalla clausola penale, che l’obbligazione di pagamento del prezzo era disciplinata a sé nell’articolo 4, lett. B), C) e D) del contratto;

2. le parti hanno depositato memoria;

Motivi della decisione

1. con il primo motivo di ricorso viene dedotta la “violazione degli articoli 132, secondo comma, n.4, e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c., per avere la Corte di Appello omesso di pronunciare sui motivi di impugnazione proposti dalla società ricorrente contro la sentenza di primo grado”;

2. con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la “violazione degli articoli 132, secondo comma, n.4, e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c.,” per avere la Corte di Appello solo apparentemente motivato “la valutazione delle censure e dei motivi che erano stati svolti dalla società ricorrente avverso la sentenza di primo grado”;

3. con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la “violazione o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1369 c.c.”, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., per avere la Corte di Appello errato nell’interpretare la clausola di cui al punto 5.5. del contratto preliminare del 28 agosto 2009;

4. con il quarto motivo di ricorso viene dedotta la “omessa motivazione rilevante ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c., su un fatto decisivo e controverso tra le parti conseguente al mancato esame dell’accordo integrativo sottoscritto il 7 luglio 2010 e relativo alla nuova disciplina con esso concordata in luogo di quella precedente contenuta nell’art. 5.4. dell’accordo preliminare datato 28 agosto 2009 per la vendita ed il pagamento dell’impianto di cogenerazione;

5. i primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati assieme in quanto mirano tutti a veicolare la tesi per cui la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che la penale prevista dal punto 5.5. del contratto del 28 agosto 2009 non riguardasse il ritardo nel pagamento del prezzo di acquisto dell’impianto di cogenerazione.

Questa tesi è ciò che viene veicolato col primo motivo di ricorso, in cui, al di là della rubrica, la ricorrente non deduce che vi siano stati motivi di appello ulteriori rispetto a quello ricordato a pagina 1 e a pagina 5 della sentenza impugnata ed esaminato dal collegio territoriale. Il motivo di appello era proprio quello per cui il giudice di primo grado avrebbe errato nell’interpretare il contratto escludendo dall’ambito del punto 5.4, richiamato dal punto 5.5., l’obbligazione di pagamento del prezzo.

La tesi indicata è anche ciò che unicamente si veicola col secondo motivo. Peraltro, la sentenza impugnata presenta una motivazione che in nessun modo può dirsi apparente. La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. È pertanto denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di Legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830). La costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio di motivazione apparente ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, Cass. 2767/2023 in motivazione; Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022). La Corte di Appello di Venezia ha espresso chiaramente le ragioni del proprio convincimento scrivendo che, in base alla lettera, il punto 5.5. del contratto prevedeva che la penale era riferita solo al mancato rispetto dei termini di adempimento delle obbligazioni di cui ai punti 5.1, 5.2 e 5.4. del medesimo contratto, che questi punti non riguardavano l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo, che la clausola penale non poteva essere estesa oltre i limiti indicati dalla relativa lettera trattandosi di clausola di “natura sanzionatoria”.

Come riportato nella sentenza e in modo più ampio in ricorso, il punto 5 del contratto recava la rubrica “termini”; il punto 5.4. recitava: “Il contratto definitivo di compravendita dell’impianto di cogenerazione verrà stipulato con scrittura privata in un periodo compreso tra il 20 e il 30 aprile 2010. Il relativo contratto si intenderà perfezionato con conseguente obbligo di SESA di pagare il corrispettivo, solo con la volturazione, a favore di SESA, dell’impianto IARF, salve le previsioni di cui al precedente punto 3.5.”; il punto 5.5. stabiliva: “il mancato rispetto dei termini indicati ai punti 5.1, 5.2 e 5.4 produrrà per la parte inadempiente una penale di comune accordo stabilita in Euro 1000 al giorno”. Si omette la trascrizione dei punti 5.1. e 5.2. essendo questi relativi a previsioni ultronee rispetto a quelle della cui interpretazione si tratta. Nel ricorso si legge che al punto 4.2. D) del contratto era stabilito che la SESA avrebbe pagato il prezzo al momento del trasferimento della proprietà dell’impianto e della volturazione della qualifica IARF.

La Corte di Appello si è attenuta ai canoni di interpretazione letterale e sistematico (artt.1362 e 1363 c.c.) sottolineando che il termine previsto dal punto 5.4. riguardava la stipula del definitivo di compravendita dell’impianto e non anche il pagamento del corrispettivo e che la clausola relativa al pagamento del prezzo era contenuta nell’art. 4. Ha avuto riguardo al criterio di cui all’art. 1364 c.c. laddove ha sottolineato che i punti 5.5. e 5.4. contenevano espressioni specifiche e non generali. Ha infine interpretato le clausole contrattuali in coerenza con loro specifica funzione (art. 1369 c.c.) laddove ha sottolineato che il carattere sanzionatolo della penale preclude la relativa applicazione ad ipotesi diverse da quelle per le quali la penale è espressamente prevista.

La Corte di Appello ha compiuto una operazione interpretativa aderente alla regola generale per cui “Nell’interpretazione di una clausola negoziale, la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell’integrale contesto negoziale, ai sensi dell’art. 1363 c.c., sia utilizzando i criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c., rispettivamente volti a consentire l’accertamento del significato dell’accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell’altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale, in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione dei contraenti e di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell’accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi” (Cass. Sez. L -, Sentenza n.24669 del 14/09/2021).

La sentenza impugnata si sottrae dunque alle censure di violazione degli artt. 1362, 1363 e 1369 c.c.

Ciò posto, la tesi della ricorrente per cui nell’ambito del punto 5.4. rientra anche l’obbligazione di pagamento del prezzo si riduce alla prospettazione di una interpretazione del contratto diversa da quella della Corte di Appello.

I tre motivi, come veicolo di questa tesi, sono infondati in ragione del consolidato principio per cui il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati. Nel giudizio di legittimità le censure relative all’interpretazione del contratto offerta dal giudice di merito non possono ridursi alla semplice contrapposizione alla interpretazione accolta nella sentenza impugnata di una interpretazione diversa. L’interpretazione del giudice del merito si sottrae al sindacato di legittimità anche se non è l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicché neppure quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (v. tra molte, Cass. n. 10131 del 02/05/2006; Cass.n.2465 del 10/02/2015; Cass. n.10745 del 04/04/2022);

6. il quarto motivo è inammissibile.

Viene dedotto che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto dell’accordo integrativo 7 luglio 2010. La ricorrente argomenta che essendo venuta meno l’esigenza di stipulare un formale contratto di vendita dell’impianto di cogenerazione, le parti, con il contratto integrativo, avevano convenuto che la compravendita si sarebbe perfezionata con la consegna dell’impianto ed avevano sostituito la clausola dell’art. 4 lett. D) prevedendo che il prezzo venisse pagato per rate a precise scadenze.

La ricorrente, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., avrebbe dovuto indicare il “dato” trascurato dal giudice del merito e la sua “decisività” (v. Cass. SU 8053/2014) ossia la specifica clausola dell’accordo in data 7 luglio 2010 in cui fosse stato previsto che l’ambito applicativo della penale di cui al punto 5.5. del contratto originario era stato esteso al pagamento del prezzo.

Questa indicazione manca. Da ciò l’inammissibilità del motivo;

7. in conclusione il ricorso deve essere rigettato;

8. le spese seguono la soccombenza;

9. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 7000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di Legge se dovuti.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2024.

Allegati

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