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Cassazione civile sez. II, 21/06/2023, n. 17709

Massima

Ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’articolo 342 Cpc, l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice. In particolare, essendo l’appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’articolo 342, comma 1, Cpc – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure.

Supporto alla lettura

APPELLO

Nel diritto processuale civile l’appello è il mezzo di impugnazione ordinario delle sentenze pronunciate in primo grado, a eccezione di quelle dichiarate inappellabili tanto dalla legge quanto in virtù dell’accordo delle parti (artt. 339, primo comma, e 360, secondo comma, c.p.c.), che abbiano deciso di ricorrere immediatamente in cassazione (Ricorso per cassazione).

Ambito oggettivo di applicazione

Rilevato che:

1. Milano Parquet S.r.l. (d’ora in poi, “Milano Parquet”) propose opposizione al decreto ingiuntivo n. 57159/2012 del Giudice di pace di Milano che le ordinava di pagare a RBF Impianti e Automazione S.r.l. (d’ora in poi, “RBF Impianti”) Euro 1.433,89, oltre interessi e accessori, e spese processuali, sulla base delle fatture (Omissis) e (Omissis) per interventi di riparazione di due cancelli automatici di proprietà di Milano Parquet; sostenne che i lavori non erano stati eseguiti a regola d’arte e chiese la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell’ingiungente al risarcimento dei danni;

2. il Giudice di pace di Milano, con sentenza n. 12906/2014 accolse l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo e condannò RBF Impianti al risarcimento dei danni;

3. il Tribunale di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello di RBF Impianti e, in riforma integrale della pronuncia di primo grado, ha confermato il decreto ingiuntivo e ha condannato Milano Parquet al pagamento delle spese dei due gradi di merito, così argomentando:

(i) l’appello è ammissibile perché investe l’intera pronuncia di primo grado, consente di individuare con certezza le ragioni del gravame e non lede l’attività difensiva di controparte; (ii) gli operai di RBF Impianti, escussi come testimoni, hanno dichiarato che, in esito agli interventi di riparazione dell’8/10 marzo 2011 (fattura (Omissis)) e del 18/19 aprile 2012 (fattura (Omissis)) i cancelli funzionavano correttamente; (ii) invece, anche dopo l’istruttoria, le contestazioni di Milano Parquet sull’esecuzione non a regola d’arte delle riparazioni risultavano generiche; (iii) le fatture e i rapporti di intervento prodotti da Milano Parquet, che attestavano gli interventi di altre ditte, non chiariscono la natura delle opere eseguite dalle imprese terze e se esse si fossero rese necessarie per eliminare i malfunzionamenti dei quali in precedenza si erano occupati gli operai di RBF Impianti; (iv) le contestazioni contenute in due e-mail, rispettivamente del maggio 2011 e di circa un anno dopo, relative a due diversi cancelli (la prima e-mail, al “cancello elettrico di sinistra”; la seconda e-mail, al “cancello automatico di destra”), per la loro distanza cronologica e per il riferimento a due diversi cancelli, dimostrano che il secondo intervento non si rese necessario per l’inesatta esecuzione del primo, ma verosimilmente per altre problematiche che, date le risultanze probatorie, non possono essere ricondotte causalmente a errori compiuti da RBF Impianti; (v) l’appellante, in comparsa di risposta, al contrario di quanto ha ritenuto il Giudice di pace, non ammette la propria responsabilità, ma si limita a precisare la correttezza degli importi scritti in fattura;

4. Milano Parquet S.r.l. ha proposto ricorso, con cinque motivi, illustrati con una memoria, con atto notificato il 12/09/2018, per la cassazione della sentenza d’appello; RBF Impianti è rimasta intimata.

Diritto

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 342, c.p.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata che non ha rilevato l’inammissibilità dell’atto di appello di RBF Impianti che si limitava a riproporre le tesi difensive svolte in primo grado e non recava l’indicazione dei capi della decisione del Giudice di pace oggetto di impugnazione;

1.1. il primo motivo non è fondato;

1.2. è insegnamento della Corte (cfr. Cass. 28/10/2020, n. 23781, in connessione con Cass. 12/02/2016, n. 2814) che “(a)i fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice”. Si è anche chiarito che “(e)ssendo l’appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342, comma 1, c.p.c. – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure” (Cass. 25/01/2023, n. 2320, che, in motivazione, menziona Cass. n. 23781/2020);

1.3. ciò premesso, il Collegio osserva che il diretto esame della sentenza di primo grado e dell’atto di appello, compiuto da questa Corte in ragione della natura processuale della questione (che, in sostanza, sebbene erroneamente sussunta entro il n. 3 anziché entro il n. 4 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, attiene ad un error in procedendo: in termini, Cass. n. 20716/2018), consente di convenire con la valutazione del Tribunale di Milano – che ha respinto l’eccezione di inammissibilità dell’atto di gravame sollevata da Milano Parquet – di idoneità delle censure mosse nell’atto di appello a sottoporre a critica adeguata e specifica l’intera decisione impugnata e, quindi, di sufficiente specificità delle stesse;

1.4. in particolare, l’atto di appello sottopone ad un approfondito vaglio critico il dictum del primo giudice e propone una diversa lettura delle prove (documentali e orali) che ne costituiscono il fondamento;

2. con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1218,2697, c.c., si censura la sentenza impugnata che, per un verso, discostandosi dal criterio di riparto dell’onere della prova, ha affermato che spettava a Milano Parquet dimostrare l’inadempimento di controparte; per altro verso, ha riconosciuto che RBF Impianti aveva esattamente adempiuto alle proprie obbligazioni;

2.1. il secondo motivo non è fondato;

2.2. per la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 4/05/2023, n. 11671) l’art. 2697 c.c. (…) viene in considerazione solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in base alla scissione della fattispecie in fatti costitutivi e mere eccezioni (Cass. 13395/2018; Cass. 26769/2018), non quando, sulla base del materiale istruttorio, abbia ritenuto provato il credito in contestazione, nell’esercizio del potere di prudente apprezzamento delle risultanze processuali (Cass. 18092/2020; Cass. 13395/2018; Cass. 15107/2013)”;

2.3. nel caso concreto, il Tribunale di Milano, senza infrangere la regola di riparto dell’onere della prova, ha valutato le risultanze istruttorie (prova per testi e produzioni documentali) e, con apprezzamento compiutamente illustrato, incensurabile in cassazione, ha stabilito che era provata l’esecuzione a regola d’arte, da parte degli operai di RBF Impianti, delle riparazioni dei due cancelli automatici e che, per converso, erano prive di riscontro probatorio le generiche contestazioni di Milano Parquet;

3. con il terzo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1218, cod. civ., la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’esistenza di un nesso causale tra l’inadempimento di RBF Impianti e i danni subiti dalla stessa Milano Parquet;

3.1. il terzo motivo non è fondato;

3.2. la censura ad esso sottesa è incongruente rispetto all’accertamento del giudice di merito che, giova ripeterlo, ha stabilito che RBF Impianti ha eseguito esattamente la riparazione dei cancelli;

4. con il quarto motivo (“ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c.; ex art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”), la ricorrente censura la sentenza impugnata che, disattendendo il principio di non contestazione, non ha colto che, in primo grado, costituendosi, l’opposta aveva riconosciuto il proprio inadempimento, laddove affermava di non avere computato i costi “dipendenti dall’imperizia del personale intervenuto”; sotto altro profilo, si addebita alla sentenza di appello l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, e cioè l’inadempimento di RBF Impianti in relazione all’intervento eseguito nel 2012;

4.1. il complesso motivo, articolato in due distinte doglianze, è inammissibile;

4.2. in primo luogo, l’asserita violazione degli artt. 115, c.p.c., 2697, c.c., collide con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che impone la trascrizione degli atti processuali nel caso in cui sia fatta valere l’erronea applicazione del principio di non contestazione. Si tratta di un punto fermo della giurisprudenza di legittimità per la quale, lo ricorda Cass. 12/05/2022, n. 15256, “in tema di non contestazione, tale da espungere il fatto dall’àmbito del controverso e da escludere il bisogno di prova ex art. 115 c.p.c., in virtù del principio di autosufficienza il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti processuali che ne integrerebbero i presupposti, perché l’onere di specifica contestazione, a opera della parte costituita, presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova (Sez. 3, 5.3.2019, n. 6303). E ciò tanto nel caso (…) in cui il ricorrente lamenti l’erronea qualificazione da parte del giudice del merito di un fatto come non contestato, sia perché effettivamente e specificamente contestato da parte sua, sia perché non allegato in modo specifico dalla controparte, quanto nel diverso caso (a cui va ricondotta la presente fattispecie, n.d.r.) in cui il ricorrente lamenti la mancata qualificazione del fatto come non contestato da parte del giudice del merito, benché fosse stato specificamente allegato e la controparte non lo avesse specificamente contestato (Sez. 3, 5.3.2019, n. 6303; Sez. 6 – 3, n. 12840 del 22.5.2017, Rv. 644383 – 01; Sez. 3, n. 20637 del 13.10.2016, Rv. 642919 – 01; Sez. 1, n. 9843 del 7.5.2014, Rv. 631136 – 01; Sez. 1, n. 324 del 11.1.2007, Rv. 596093 – 01). Inoltre recentemente questa Corte ha affermato che con riguardo al novellato art. 115 c.p.c. spetta al giudice del merito apprezzare, nell’àmbito del giudizio di fatto al medesimo riservato, la esistenza e il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte e tale accertamento è sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione, nei limiti in cui lo stesso sia tuttora denunciabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, novellato (Sez. 3, n. 1154 del 17.1.2022)”;

4.3. in secondo luogo, l’ipotizzato inadempimento di RBF Impianti è una questione di diritto connessa al tema del decidere e, come tale, non rientra nel campo di applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Infatti, come ha chiarito la Corte, a partire da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053, l’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”;

5. con il quinto motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 91, c.p.c., si censura la sentenza impugnata che ha condannato Milano Parquet alle spese processuali ritenendola ingiustamente soccombente;

5.1. il quinto motivo è inammissibile;

5.2. esso è privo di autonomia poiché non critica l’erroneità della decisione sulle spese e si limita ad auspicarne la cassazione quale effetto della ravvisata (ma, per le ragioni che precedono, insussistente) fondatezza dell’appello;

6. in conclusione, il ricorso è rigettato;

7. nulla si dispone sulle spese del giudizio di legittimità, nel quale la parte vittoriosa è rimasta intimata.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2023

Allegati

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