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Cassazione civile sez. II, 18/07/2023, n. 20890

Massima

Il cosiddetto supercondominio viene in essere “ipso iure et facto”, salvo diversa disposizione del titolo, quando esistono beni o servizi comuni a più condomini autonomi, dai quali rimane distinto. L’accertamento sull’appartenenza di un bene ad uno o a tutti gli edifici compresi in un complesso immobiliare più ampio è una questione di merito.

Supporto alla lettura

Condominio

1.La natura giuridica del Condominio.
Quella della natura giuridica del condominio è una questione che ha fatto sorgere numerosi contrasti in dottrina e in giurisprudenza. La giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa sostenendo che il condominio non può considerarsi un soggetto giuridico distinto dai singoli condomini che lo compongono. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti.
In questo contesto dottrina e giurisprudenza hanno elaborato diverse teorie alle volte in contraddittorio tra loro. S’è detto che il condominio è:
a) un ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica e autonomia patrimoniale distinta da quella dei suoi partecipanti (Cass n. 7891/2000);
b) un centro d’imputazione d’interessi distinto dai singoli partecipanti (Cass. 19 marzo 2009, n. 6665);
c) una organizzazione pluralistica (Cass. SS.UU. n. 9148/08).
La legge di riforma n. 220/2012 non ha preso posizione sul problema ma, come evidenziato dalle Sezioni unite della Suprema corte nella sentenza n. 19663/2014, ha introdotto una serie di disposizioni che sembrerebbero confermare la tendenza alla progressiva configurabilità “di una sia pur attenuata personalità giuridica”. In merito si rimanda all’ammissione della pignorabilità da parte dei fornitori del conto corrente condominiale, nonostante il nuovo disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. sulla responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni comuni. Ma con la sentenza n. 10934/2019, le medesime Sezioni unite hanno escluso che il condominio possa configurarsi come un autonomo soggetto di diritto.
2. Condominio consumatore
È utile ricordare che ai sensi dell’art. 3 del codice del consumo (d.lgs n. 206/2005), consumatore o utente è “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3 lett. a) Codice del consumo), mentre il professionista è “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario” (art. 3 lett. c) Codice del consumo).
L’orientamento che si è finora delineato, sia di merito che di legittimità, ha valorizzato in via pressoché esclusiva l’assunto secondo il quale, essendo il condominio ente di gestione privo di personalità giuridica, «l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale» (Cassazione, sentenze 10679/2015 e 452/2005). Di recente il tribunale di Milano, con ordinanza sospensiva del giudizio, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell’ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all’attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione …” (Trib. Milano, ord. 1 aprile 2019).
La corte di Giustizia si è pronunciata affermato che il Condominio è consumatore “L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva” (Corte giustizia UE , 02 aprile 2020, n.329, sez. I).

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. (omissis) ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 9379/2018 del Tribunale di Roma, pubblicata il 10 maggio 2018.

Resiste con controricorso il Condominio (omissis).

2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli art. 375 c.p.c., comma 2, 4-quater, e art. 380 bis.1 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis D.Lgs. n. 149 del 2022, ex art. 35.

Il ricorrente ha depositato memoria.

3. Il Tribunale di Roma ha accolto l’appello spiegato dal Condominio La Fiorita contro la sentenza resa dal Giudice di pace di Roma il 2 dicembre 2015 ed ha perciò rigettato l’opposizione del condomino (omissis) al decreto ingiuntivo pronunciato il 13 ottobre 2014 dal Giudice di pace su domanda del 19 settembre 2013, avente ad oggetto la riscossione di contributi condominiali inerenti ai lavori di adeguamento dell’autorimessa A, di cui al riparto approvato con Delib. assembleare 13 settembre 2012.

Il Giudice di pace aveva dichiarato la propria incompetenza per valore e dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo opposto, ed aveva altresì rilevato la irritualità della procura conferita dal Condominio, essendo solo dichiarata, ma non provata, la qualità del soggetto munito di potere rappresentativo.

L’appello è stato accolto dal Tribunale di Roma dopo aver superato plurime questioni pregiudiziali, in particolare, per quanto qui rilevi: a) affermando la legittimazione attiva del Condominio (omissis), costituente un supercondominio (e non dunque del solo “fabbricato (omissis)”, come sostenuto dal (omissis)); b) negando che si dovesse procedere alla riassunzione ex art. 50 c.p.c., piuttosto che all’appello, avendo deciso la sentenza del Giudice di pace non solo sulla competenza, ma anche sulla rappresentanza del Condominio; c) accertando che la domanda monitoria aveva il valore di Euro 2.476,66 e perciò rientrava nella competenza dell’adito giudice di pace; d) evidenziando che il mandato per il ricorso monitorio depositato il 13 settembre 2013 era stato sottoscritto dall’amministratore pro tempore (omissis), non rilevando ai fini dell’instaurato rapporto processuale che il medesimo (omissis) fosse poi stato revocato dall’assemblea il 23 giugno 2014 e sostituito dal nuovo amministratore (omissis).

4. Il controricorrente antepone una eccezione di inammissibilità del ricorso “per violazione dei principi di autosufficienza e di specificità”. L’eccezione, per come formulata, non può essere accolta, in quanto l’accertamento dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4) e 6), deve necessariamente compiersi con riferimento a ciascun singolo motivo di impugnazione, verificandone in modo distinto specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, nonchè l’analitica indicazione dei documenti sui quali ognuno si fondi, il che esclude che il ricorso possa essere dichiarato per intero inammissibile, ove tale situazione sia propria solo di uno o di alcuno dei motivi proposti (cfr. Cass. Sez. Unite, n. 16887 del 2013).

Non di meno, deve riconoscersi che i motivi di ricorso si risolvono in una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili di fatto, ed invocano un generico rinnovato esame delle risultanze di causa.

Il Collegio può dare risposta alle critiche contenute nei motivi di ricorso nei limiti in cui appaia quanto meno soddisfatta l’esigenza di una chiara esposizione delle relative ragioni e le censure consentano di individuare il vizio dedotto e la norma o il principio di diritto che si assume violato, in maniera da sussumere le stesse in una delle categorie logiche contemplate dall’art. 360 c.p.c. 5. Il primo motivo del ricorso di (omissis) denuncia la violazione degli artt. 75778199100101112132157159643 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 111 e 24 Cost., artt. 112911301131 e 2697 c.c., il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La censura attiene alla perdita di efficacia della procura conferita il 13 settembre 2013 agli avvocati (omissis) e (omissis) dall’amministratore (omissis), una volta che quest’ultimo era stato sostituito dal nuovo amministratore (omissis) il 23 giugno 2014.

5.1. Il primo motivo di ricorso è carente sotto il profilo della specificità, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Con esso il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), indicando diciotto norme di legge di cui lamenta la violazione, senza tuttavia esaminarne il rispettivo contenuto precettivo e raffrontarlo mediante specifiche argomentazioni con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, evidenziandone il contrasto con l’interpretazione che di tali disposizioni fornisce la giurisprudenza o la dottrina (cfr. Cass. Sez. Unite, n. 23745 del 2020).

5.2. Non ricorre la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto la stessa contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, come d’altro canto conferma la contestuale proposizione di molteplici denunce della violazione di norme di diritto sostanziale, le quali presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame le questioni oggetto di doglianza e le abbia risolte in modo giuridicamente non corretto.

5.3. Il Tribunale di Roma ha comunque deciso la questione di diritto in oggetto in modo conforme all’orientamento di questa Corte e il motivo non offre elementi per mutare tale consolidata interpretazione giurisprudenziale.

La procura al difensore rilasciata a margine o in calce al ricorso per decreto ingiuntivo abilita lo stesso al patrocinio non solo nella fase monitoria, ma anche all’eventuale giudizio di opposizione. Ove tale procura sia conferita da un condominio, il mutamento della persona dell’amministratore in corso di causa non ha immediata incidenza sul rapporto processuale che, in ogni caso, sia dal lato attivo che da quello passivo, resta riferito al condominio, operando quest’ultimo, nell’interesse comune dei partecipanti, attraverso il proprio organo rappresentativo unitario, senza bisogno del conferimento dei poteri rappresentativi per ogni grado e fase del giudizio (Cass. n. 27302 del 2020).

Inoltre, il provvedimento giudiziale o la deliberazione assembleare di revoca dell’amministratore del condominio non travolge gli atti compiuti anteriormente dall’amministratore rimosso dall’incarico, i quali non sono viziati da alcuna automatica invalidità, continuando piuttosto a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del condominio (arg. da Cass. n. 454 del 2017).

6. Il secondo motivo del ricorso di (omissis) denuncia la violazione degli art. 50 c.p.c. e art. 125 disp. att. c.p.c., per la irritualità e la intempestività della riassunzione operata dal Condominio (omissis) dopo la declinatoria di competenza pronunciata dal Giudice di pace.

6.1. Il secondo motivo del ricorso di (omissis) denota una carenza di specifica riferibilità alla sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

Nel caso in esame, a fronte della dichiarazione di incompetenza e del rilievo di carenza di prova del rappresentante del Condominio (omissis) compiuti dal Giudice di pace, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, lo stesso Condominio non ha proceduto a riassumere il giudizio dinanzi al giudice indicato come competente, prestando acquiescenza alla declaratoria di incompetenza, ma ha impugnato con appello la relativa decisione.

Il Tribunale, avendo reputato fondata la censura relativa alla declinatoria di competenza del giudice di pace, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione al primo giudice, ha così dichiarato erronea la declinatoria di competenza e correttamente deciso sul merito quale giudice d’appello (Cass. n. 33456 del 2019n. 13623 del 2015n. 6520 del 2007).

7. Il terzo motivo del ricorso di (omissis) denuncia la violazione degli artt. 113611371138112014211423 c.c. La tesi è: era nulla la Delib. 12 gennaio 2012 e “ogni altra Delib. ad essa connessa” (…); “si è costituito in giudizio… il complesso edilizio (omissis) 14/16/28, ancorchè privo di legittimazione attiva e di carenza ad agire, essendo completamente estraneo al condominio autonomo (omissis) e al locale autorimessa”. Si contesta la composizione dell’assemblea del 12 gennaio 2012 che ha approvato i lavori e le relative spese.

7.1. Anche questo motivo è privo di specificità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il Tribunale di Roma ha evidenziato che le deliberazioni con cui erano stati approvati i lavori e ripartite le spese, e sulle quali è fondato il decreto ingiuntivo opposto nel presente giudizio, erano riferibili al Condominio (omissis).

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (formatosi con riguardo a fattispecie cui, come quella in esame, non era applicabile ratione temporis la disciplina normativa poi introdotta dalla L. n. 220 del 2012, mediante gli artt. 1117-bis c.c. e art. 67 disp. att. c.c., commi 3 e 4), il cosiddetto supercondominio viene in essere “ipso iure et facto”, ove il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a più condomìni autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto; sicchè il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli artt. 1130 e 1131 c.c. è limitato alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all’edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più condomini, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l’assemblea di tutti i proprietari e l’amministratore del supercondominio, ove sia stato nominato (Cass. n. 1366 del 2023n. 40857 del 2021n. 2279 del 2019n. 19558 del 2013).

Spetta, comunque all’accertamento del giudice di merito, non sindacabile dalla Corte di cassazione, se non nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, verificare l’appartenenza di un bene ad uno soltanto o a tutti gli edifici compresi in una più ampia organizzazione condominiale (Cass. n. 2623 del 2021).

E’ comunque tautologica, giacchè priva di effettivo valore informativo, l’affermazione del ricorrente secondo cui il locale autorimessa è parte comune del “condominio autonomo (Omissis)” e non del supercondominio (Omissis).

Inoltre, l’allegazione che le delibere di approvazione e riparto delle spese inerenti all’autorimessa fossero state adottate con erroneo calcolo delle maggioranze serve a prospettare soltanto un vizio di annullabilità delle stesse, e, alla stregua dei principi enunciati dalla sentenza n. 9839 del 2021 delle Sezioni Unite, tale vizio non poteva essere sindacato dal giudice in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali fondati su tali delibere, in mancanza di apposita domanda riconvenzionale di annullamento ex art. 1137 c.c., con conseguente inammissibilità delle censure rivolte dal ricorrente.

8. Il quarto motivo del ricorso di (omissis) denuncia la violazione degli artt. 88919496 c.p.c., artt. 139413982043 e 2049 c.c., nonchè di “ogni altra norma applicabile”. Si lamenta la temerarietà dell’azione proposta da (omissis) in nome e per conto del complesso (omissis) e della difesa assunta dagli avvocati (omissis) e (omissis), “senza possedere la qualità di amministratore” il primo e senza valida procura alle liti i secondi e si fa rinvio alle “gravi e false informazioni” contenute nella comparsa di risposta del 28 dicembre 2014.

8.1. Anche questa censura è inammissibile.

Essa sembra fondarsi sull’art. 94 c.p.c., il quale configura una responsabilità processuale dei rappresentanti e prevede la loro condanna, eventualmente in solido con la parte rappresentata, nei confronti dell’avversario vincitore. L’esame delle precedenti censure ha tuttavia conclamato la integrale soccombenza di (omissis).

9. Nella memoria depositata in data 26 maggio 2023, il ricorrente lamenta altresì l’omessa pronuncia sulla eccezione relativa alla “violazione della L. 2 febbraio 1974, n. 64 – provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”.

Si tratta, però, di questione non compresa tra i motivi enunciati nel ricorso e la memoria di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., al pari di quella prevista dall’art. 378 c.p.c., ha la funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici delle censure già esposte nel medesimo ricorso ritualmente proposto, col quale si “consuma” il diritto di impugnazione, non potendosi perciò veicolare tramite la memoria “motivi aggiunti”, nè integrare quelli originari.

10. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, regolandosi secondo soccombenza in favore del controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore degli avvocati (omissis) e (omissis).

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002art. 13, comma 1 quater -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore degli avvocati (omissis) e (omissis).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2023

Allegati

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