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Cassazione civile sez. II, 15/01/2024, n.1422

Massima

Il decreto di approvazione del verbale di estrazione e di consequenziale attribuzione delle quote non ha – in difetto di contestazioni sollevate exartt. 789, terzo comma c.p.c. in ordine al progetto di divisione, ovvero ex art. 195 disp. att. c.p.c. in ordine alle operazioni materiali di sorteggio e di attribuzione dei lotti aliunde predeterminati – contenuto decisorio e non è soggetto a impugnazione, in quanto mero atto esecutivo della precedente ordinanza di approvazione del progetto di divisione.

 

Supporto alla lettura

COMUNIONE E DIVISIONE EREDITARIA

COMUNIONE: quando al defunto succedono più eredi, i quali diventano comproprietari dei beni e contitolari dei diritti e dei debiti che fanno parte dell’eredità, quindi se vi sono più eredi (es. figli e coniuge), ciascuno dei coeredi diventa contitolare di una quota dei beni e dei rapporti appartenenti al defunto. Le quote possono essere diverse stabilite dal defunto nel testamento, in mancanza di testamento deve farsi riferimento alle regole della successione legittima di cui agli artt. 565 e ss. c.c. (es. se il defunto lascia un coniuge e due figli, in assenza di testamento le quote ereditarie saranno di 1/3 per il coniuge ed 1/3 per ciascuno dei figli).

L’art. 752 c.c. dispone che gli eredi rispondono dei debiti ereditari in proporzione alle loro quote ereditarie, salvo diversa disposizione del testatore, tale regola vale solo per i debiti ereditari, questo significa che i crediti ereditari possono essere riscossi per l’intero anche da un solo degli eredi, ma su di essi si forma comunque la comunione ereditaria.

È previsto un diritto di prelazione, ossia un diritto di precedenza in capo agli altri coeredi: l’art. 732 c.c. prevede infatti che il coerede, il quale intenda alienare la propria quota (o parte di essa) ad un estraneo, sia tenuto a notificare la proposta di alienazione con indicazione del prezzo, agli altri coeredi, i quali possono far valere la propria volontà di acquistare la quota con precedenza rispetto ad un estraneo.

DIVISIONE: procedimento che scioglie la comunione e consente al coerede di diventare unico proprietario dei beni che gli sono assegnati ed il cui valore corrisponde a quello della sua quota ereditaria. Si distinguono diversi tipi di divisione ereditaria:

  • divisione contrattuale: quando i coeredi concordano sull’effettuazione della divisione e sul suo contenuto, in questo caso la divisione si realizza attraverso un accordo tra i coeredi, c.d. contratto di divisione, che deve essere stipulato tra tutti i coeredi a pena di nullità. Se ha ad oggetto beni immobili o altri diritti reali immobiliari (es. l’usufrutto) deve avere forma scritta, essere autenticato da un notaio e trascritto. Se nella divisione è coinvolto un soggetto incapace (come un minore o un interdetto), è necessaria l’autorizzazione del giudice;
  • divisione giudiziale: quando i coeredi non riescono ad accordarsi, in tal caso dovranno rivolgersi al giudice. La legge prevede due tipi di procedimento.
  • divisione a domanda congiunta: presuppone che i coeredi siano d’accordo sul fatto di dividere il patrimonio ereditario e  sull’entità delle rispettive quote, ma non sui beni da cui ciascuna delle porzioni da assegnare in proprietà ai singoli coeredi deve essere composta. E’ un procedimento semplificato che consente di passare direttamente alla formazione dei lotti o porzioni da assegnare in proprietà esclusiva a ciascun coerede, ed è avviata con un unico ricorso sottoscritto da tutti i coeredi, depositato presso la cancelleria del Tribunale in cui si è aperta la successione (ossia il luogo di ultimo domicilio del defunto);
  • divisione giudiziale ordinaria: causa civile ordinaria, che può essere azionata quando i coeredi non concordano sul fatto di dividere i beni di cui sono comproprietari oppure non concordano sulle modalità per attuare la divisione. La causa può essere avviata da ciascun coerede innanzi al Tribunale dove si è aperta la successione, tutti i coeredi devono essere citati in giudizio, ma prima dell’avvio del giudizio, è sempre necessario esperire un tentativo di mediazione innanzi ad un organismo di conciliazione riconosciuto dal Ministero;
  • divisione testamentaria: è lo stesso defunto ad aver stabilito nel testamento le modalità con cui effettuare la divisione tra i coeredi. In particolare il testatore:
    1. può stabilire particolari regole per la formazione delle porzioni che spettano a ciascun coerede (es. stabilendo che ogni porzione sia composta da un certo numero di beni mobili o immobili);
    2. può disporre che la divisione venga effettuata secondo la stima di un terzo da lui stesso indicato, c.d. arbitratore;
    3. può dividere direttamente tra i coeredi i beni che compongono il suo patrimonio.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
PREMESSO CHE

I. La.Al. ricorre, con sette motivi avversati da La.Ri. con controricorso, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Firenze, in causa di divisione di una comunione ereditaria tra le parti, ha ritenuto inammissibile e comunque infondata l’impugnazione proposta da esso ricorrente contro l’ordinanza del Tribunale di Pistoia in data 30 maggio 2018, di assegnazione dei lotti di cui al progetto divisionale predisposto dal consulente d’ufficio, approvato concordemente dalle parti all’udienza del 25 settembre 2017 e reso esecutivo con ordinanza ex art. 789, comma 3, c.p.c., in data 21 dicembre 2017.

Mediante l’impugnazione l’odierno ricorrente mirava a far valere contestazioni, sollevate dopo l’adozione della ordinanza 21 dicembre 2017 e prima dell’adozione della ordinanza impugnata, riguardo alla “idoneità” del consulente, al rispetto da parte del consulente del principio del contraddittorio e alla “correttezza” delle valutazioni del consulente, e ritenute del Tribunale “non ricevibili” perché tardive;

2. Il controricorrente ha depositato memoria;

Diritto
CONSIDERATO CHE

1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione degli artt. 789 e 339 c.p.c. e dell’art. 195 disp. att. c.p.c. in riferimento all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c.;

2. con il secondo motivo di ricorso viene denunciata la violazione degli art. 132, secondo comma, n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.

3. i due motivi -suscettivi di esame congiunto perché convergenti dato che il secondo prospetta come vizio di motivazione in diritto il vizio prospettato con il primo motivo come violazione di legge-sono inammissibili.

3.1. La tesi che il ricorrente intende sostenere è che, avendo egli sollevato eccezioni durante la fase di estrazione dei lotti, il provvedimento adottato dal Tribunale il 30 maggio 2018 avrebbe dovuto avere forma e comunque aveva la sostanza di una sentenza risolutiva di dette eccezioni ed era pertanto appellabile.

Il ricorrente richiama la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 16727 del 02/10/2012, secondo cui “In tema di scioglimento di comunioni, l’ordinanza con cui il giudice istruttore, ai sensi dell’art. 789, comma terzo, cod. proc. civ., dichiara esecutivo il progetto di divisione, pur in presenza di contestazioni, ha natura di sentenza ed è quindi impugnabile con l’appello”.

3.2. Il richiamo è fuori luogo e i motivi non colgono la ratio della sentenza della Corte di Appello atteso che, come la Corte di Appello stessa ha evidenziato dando conto in modo preciso dello sviluppo del giudizio di primo grado, il provvedimento appellato non è l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 789 comma terzo c.p.c. Questa ordinanza era stata emessa il 21 dicembre 2021, in assenza di contestazioni sul, ed anzi a seguito di concorde approvazione del progetto divisionale predisposto dal consulente dell’ufficio.

Il provvedimento impugnato, in data 30 maggio 2018, è stato invece emesso a seguito delle operazioni di sorteggio dei lotti. Si tratta sostanzialmente -al di là, cioè, della forma di ordinanza-del provvedimento di cui all’art.195 disp. att., c.p.c. Tale provvedimento è stato emesso in assenza di contestazioni relative all’attività di sorteggio e attribuzione delle quote. Le contestazioni presenti al momento dell’emissione del provvedimento riguardavano la “idoneità” del consulente d’ufficio a svolgere il proprio incarico, le modalità dell’espletamento e la condivisibilità degli esiti dell’attività del consulente. Dette contestazioni sono state ritenute inammissibili perché tardive dalla Corte di Appello a conferma della dichiarazione di relativa “non ricevibilità” contenuta nella ordinanza appellata. 3.3. Il decreto di approvazione del verbale di estrazione e di consequenziale attribuzione delle quote non ha -in difetto di contestazioni sollevate ex artt. 789, terzo comma cod. proc. civ. in ordine al progetto di divisione ovvero ex art.195 disp. att. cod. proc. civ. in ordine alle operazioni materiali di sorteggio e di attribuzione dei lotti aliunde predeterminati – contenuto decisorio e non è soggetto a impugnazione, in quanto mero atto esecutivo della precedente con ordinanza di approvazione del progetto di divisione;

4. Con il terzo motivo di ricorso viene denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 194, secondo comma, c.p.c. e 90, primo comma. disp. att. c.p.c. in riferimento all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. Viene dedotto che il consulente tecnico nominato dal giudice di primo grado avrebbe violato il principio del contraddittorio trascurando di convocare il ricorrente a partecipare allo svolgimento delle operazioni e che la circostanza evidenziata dalla Corte di Appello per cui detta violazione avrebbe dovuto essere fatta valere nella prima occasione utile laddove invece all’udienza del 25 settembre 2017 il ricorrente aveva approvato il progetto divisionale del consulente, era stata determinata “da una iniziativa personale del legale che ha optato per una ipotesi divisionale anziché muovere contestazioni alla CTU”;

5. Il motivo è inammissibile perché esso non veicola censure contro la sentenza della Corte di Appello ma solo deduzioni riguardo all’attività del consulente e all’attività del difensore del ricorrente. Le deduzioni, per di più, sono del tutto scollegate rispetto alla ratio della decisione d’appello: essere l’impugnazione proposta contro il provvedimento adottato dal tribunale ai sensi dell’art. 195 disp. att. c.p.c. inammissibile se non basata su contestazioni relative alle operazioni materiali di sorteggio e di attribuzione dei lotti predeterminati;

6. Con il quarto motivo di ricorso viene denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 156,157 c.p.c. in riferimento all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. Viene dedotto che il consulente tecnico avrebbe errato nel dichiarare che alcuni beni immobili facenti parte del compendio dividendo non erano divisibili. Viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe errato nel dichiarare che le contestazioni inerenti il contenuto della consulenza avrebbero dovuto essere sollevate nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione giacché dette contestazioni rappresentavano “argomentazioni difensive che dovevano essere esaminate”;

7. Il motivo è infondato.

7.1. La tesi del ricorrente è che le contestazioni relative al contenuto di relazione del consulente tecnico d’ufficio nominato in un processo di divisione possono essere sollevate sempre. Si tratta di tesi manifestamente infondata. Deve ribadirsi la correttezza della ratio della decisione impugnata per cui l’impugnazione proposta contro il provvedimento adottato dal tribunale ai sensi dell’art. 195 disp. att. c.p.c. è inammissibile se non basata su contestazioni relative alle operazioni materiali di sorteggio e di attribuzione dei lotti predeterminati. Il procedimento divisionale è scandito per fasi cosicché qualsiasi contestazioni in ordine al progetto divisionale deve essere sollevata ex art. 789, terzo comma cod. proc. civ. mentre dopo l’approvazione del progetto divisionale possono essere sollevate ex art.195 disp. att. cod. proc. civ. contestazioni solo in ordine alle operazioni materiali di sorteggio e di attribuzione;

8. Con il quinto motivo di ricorso viene lamentato, in riferimento all’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c., che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare le critiche avanzate alla consulenza d’ufficio;

9. Il motivo è inammissibile.

9.1. In primo luogo, “l’art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con mod. dalla I. n. 134 del 2012, consente di censurare l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nozione nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio recepita dal giudice, risolvendosi la critica ad essa nell’esposizione di mere argomentazioni difensive contro un elemento istruttorio” (Cass. 8584/2022).

9.2. Per di più, come già evidenziato, la Corte di Appello correttamente ha ritenuto le critiche de quibus inammissibili in sede di impugnazione del provvedimento ex art. 195 disp. att. c.p.c.;

10 con il sesto motivo di ricorso viene denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 115,116, 2697 c.p.c. “per mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione della CTU” e, “in subordine, violazione dell’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c. per omessa pronuncia della Corte di Appello in merito alla richiesta del ricorrente di rinnovazione della CTU”;

II. Il motivo è inammissibile. Basta il richiamo a quanto già osservato ripetutamente in merito alla preclusione di contestazioni relative alla consulenza dell’ausiliario incaricato della redazione del progetto divisionale dopo che l’approvazione del progetto;

12. Con il settimo motivo di ricorso viene denunciata la “violazione degli artt. 111 Cost., 6, 8 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Viene dedotto che il ricorrente “ritiene di non avere ottenuto un giusto processo”. Vengono poi prospettate di nuovo le violazioni asseritamente commesse dal consulente e le ragioni di non condivisibilità del contenuto della relazione del consulente

13. Il motivo è inammissibile.

14. In riferimento alla rinnovata prospettazione vale quanto già osservato in relazione ai precedenti motivi. La deduzione di non conformità del processo a giustizia è assolutamente generica;

15. Il ricorso deve essere rigettato;

16. Le spese seguono la soccombenza;

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

condanna la parte ricorrente a rifondere alla controparte le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6000,00, per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Roma 11 gennaio 2024, mediante modalità da remoto.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2024.

Allegati

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