Massima

In tema di sanzioni amministrative per violazione delle norme del codice della strada, il sequestro e la confisca del veicolo non sono disciplinati dalle norme generali della l. 24 novembre 1981 n. 689, ma dall’art. 213 cod. strada, che, in caso di sequestro, non prevede alcun termine per la confisca, se non nell’ipotesi di ricorso, restando così applicabile il termine generale di prescrizione. Ne consegue che, nei limiti del termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 28 della legge n. 689 del 1981, richiamato dall’art. 209 cod. strada, l’irragionevolezza del tempo trascorso tra il sequestro e la confisca non assume alcun rilievo, in caso di mancata proposizione del ricorso, ai fini del rimborso delle spese di trasporto e custodia del veicolo per il periodo che precede la sanzione ablatoria .

Supporto alla lettura

SANZIONE AMMINISTRATIVA

Una sanzione amministrativa, nell’ordinamento italiano, è una sanzione prevista dalla legge per la violazione di una norma giuridica che costituisce illecito amministrativo.

Le sanzioni amministrative sono in genere di tipo pecuniario, ingiungono, cioè, il pagamento di una somma di denaro, e possono essere:

  • fisse: quando consistono nel pagamento di una somma non inferiore a €10 e non superiore a € 15.000;
  • proporzionali: quando non hanno limite massimo.

Una volta che l’agente accertante ha redatto il verbale, deve essere notificato al trasgressore immediatamente o entro 90 giorni salvo che la legge disponga diversamente. Il trasgressore può decidere se rinunciare al procedimento che verrà instaurato contro di lui pagando entro i termini previsti, oppure, in caso di mancato pagamento, il verbale, gli atti di indagine e l’eventuale ricorso o scritti difensivi del trasgressore vengono trasmessi dall’agente accertante all’autorità competente prevista dalla Legge o, in mancanza, al Prefetto che, verificati i presupposti documentali e sentito il trasgressore se espressamente richiesto, deciderà l’importo della sanzione.

A questa procedura è fatta eccezione per le sanzioni del codice della strada per le quali invece il verbale stesso, se non pagato e non opposto nei termini di 60 giorni dalla notifica, costituisce automaticamente titolo esecutivo per un importo pari alla metà del massimo della sanzione edittale senza necessità dell’intervento dell’Autorità. Per la maggior parte delle sanzioni, è ammesso il pagamento in misura ridotta pari all’importo minimo della sanzione, estinguendo il procedimento.

Normalmente, quando si parla di “multa” o “contravvenzione“, ci si riferisce a una sanzione amministrativa pecuniaria, come conseguenza di un illecito previsto dal Codice della strada o per aver usufruito di mezzi di trasporto pubblici senza o con titolo di viaggio inadeguato. Nel diritto penale, invece, la multa è un tipo di pena comminata per quei crimini che costituiscono un delitto, figura di illecito penale che si distingue dalla contravvenzione, ulteriore tipo di reato.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO
Il giudice di pace di Pordenone con sentenza del 4 ottobre 2005 accoglieva l’opposizione proposta da (omissis) avverso il Prefetto di Pordenone, per l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione n. 373/2002/seq-dep/area 4^ del 4 agosto 2004, con la quale, a seguito della violazione dell’art. 97 C.d.S., erano stati disposti la confisca di un ciclomotore sequestrato e il pagamento della sanzione amministrativa e delle spese di custodia. Rilevava che ai sensi dell’art. 213 C.d.S. la sanzione accessoria della confisca non è applicabile nel caso in cui il veicolo non sia di proprietà del trasgressore. Riteneva illegittimo il provvedimento anche perchè adottato circa due anni dopo il sequestro, violando il termine di sei mesi previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 19 e superando ogni ragionevole limite temporale.

Il Prefetto di Pordenone ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 16 ottobre 2006, svolgendo due censure.

L’opponente è rimasta intimata.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso perchè manifestamente fondato. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 97 C.d.S. e art. 213 C.d.S., comma 6 e della L. n. 689 del 1981, art. 2; l’amministrazione deduce che la opponente, madre del minorenne conducente del veicolo, a lei intestato, era responsabile in via diretta della violazione contestatale. La censura è fondata, atteso che questa Corte intende dare continuità al proprio orientamento in materia, secondo il quale “In caso di violazione amministrativa commessa da minore degli anni diciotto, incapace “ex lege”, di essa risponde in via diretta, a norma della L. n. 689 del 1981, art. 2, comma 2, applicabile anche agli illeciti amministrativi previsti dal codice della strada (art. 194 C.d.S.), colui che era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, che, pertanto, non può essere considerato persona estranea alla violazione stessa. Ne consegue che, in caso di circolazione di minore alla guida di ciclomotore non rispondente alle prescrizioni indicate nel certificato di idoneità tecnica, ben può essere ordinata la confisca del ciclomotore di proprietà del genitore in relazione alla violazione dell’art. 97 C.d.S., comma 6 senza che sia applicabile, nella specie, l’art. 213 C.d.S., comma 6, dello stesso codice, che esclude detta misura qualora il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione amministrativa” (Cass. 7268/00; v. inoltre utilmente Cass. 9493/00 e Cass. 18469/07).

Con il secondo motivo l’Avvocatura dello Stato lamenta violazione dell’art. 19, comma 3 della legge generale sulle sanzioni amministrative, che regola la materia del sequestro. Il giudice di pace ha creduto di poter applicare l’u.c., a tenore del quale “quando l’opposizione al sequestro è stata rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa ordinanza ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro”. La decisione sul punto è errata per più aspetti. In primo luogo va rilevato che in caso di violazione dell’art. 97 C.d.S. non si applicano le norme generali su sequestro e confisca di cui alla L. n. 689 del 1981, ma le disposizioni di cui all’art 213 C.d.S., che non prevede alcun termine, se non nella ipotesi di ricorsi, restando così applicabile il termine generale di prescrizione. In secondo luogo parte ricorrente ha opportunamente rilevato che, nel caso di specie, gli interessati non hanno presentato l’opposizione, anche immediata, prevista dall’art. 19, comma 1 ditalchè il comma 3 dell’art. 19 non potrebbe comunque trovare applicazione. Ove detta opposizione fosse stata rigettata, sarebbero scattati i termini fissati dal comma 3 e la misura cautelare, con i costi ad essa relativi, non avrebbe potuto protrarsi per circa due anni come lamentato dall’opponente. Trascurata questa opportunità difensiva consentita dal comma 1, la parte ricorrente non può giovarsi delle prescrizioni dell’art. 19, comma 3 necessariamente connesse alla proposizione del ricorso avverso il sequestro. Nè rileva, entro il termine di prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28 e art. 209 C.d.S., la asserita irragionevolezza del tempo trascorso tra sequestro e confisca: ciò per due motivi: in primo luogo perchè il proprietario del veicolo che rimanga inerte rispetto al provvedimento cautelare ben sa, avendo scelto di non avvalersi della sollecita definizione prevista dall’art. 19, di andare incontro alle spese di trasporto e custodia per tutto il tempo che precede la sanzione ablatoria. In secondo luogo perchè, come rileva il ricorso, viene indebitamente prospettato in sentenza un rapporto logico e temporale tra le due misure, che sono invece autonome, atteso che diversi ne sono i presupposti e che la confisca è applicabile anche su cose non assoggettate in precedenza a sequestro (v. Cass. 13264/92; 10687/92; 4465/89). Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso. Si fa luogo, con decisione di merito ex art 384 c.p.c. al rigetto dell’originaria opposizione, giacchè non sono da esperire ulteriori accertamenti e non risultano altri motivi di opposizione oltre quelli qui disattesi. Le spese si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito rigetta l’originaria opposizione. Condanna parte intimata alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 1.500 per onorari, oltre rimborso delle spese prenotate a debito.Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 17 aprile 2009.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2009

Allegati

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