Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Ve.Gr. e Li.Fe. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Pistoia, Gu.Lo., Gu.Ro. e Gu.At. perché fosse accertata l’esistenza di una servitù di passaggio pedonale e carrabile acquisita per usucapione a favore dei loro fondi e a carico del fondo dei convenuti (pa.la (…) foglio (…)), e, in subordine, perché fosse dichiarata sussistere servitù d’uso pubblico sulla particella n. (…), f. (…) e, in ulteriore subordine, perché fosse dichiarata sussistere servitù di passaggio sulla medesima particella.
2. Il Tribunale, a definizione del giudizio di primo grado, accertava l’avvenuto acquisto per usucapione di una servitù di passaggio pedonale e con mezzi meccanici sulla particella n. (…), f. (…) di proprietà Gu.. e in favore dei fondi Ve.. e degli eredi di Li.Fe..
3. Gu.Lo. e Gu.Ro. proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
4. Resistevano al gravame gli eredi di Li.Fe. (Li.Au. e Li.Ro.), nonché Ve.Gr. e gli eredi di Gu.At. Or.Ma., Gu.Lo. e Gu.Le.). Nel giudizio di appello intervenivano Ve.To. e Ga.Ma. (acquirenti del fondo dominante Li.. per averlo acquistato da Li.Au. e Li.Ro. (eredi dell’originario attore Li.Fe.).
5. Dopo l’interruzione del giudizio per morte di Li.Au.) e la successiva riassunzione, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1567/2020 pubblicata l’11.8.2020, rigettava il gravame dei Gu…
5.1 Per quel che ancora rileva, il giudice del gravame riteneva preliminare la verifica della corretta identificazione dei fondi che riteneva identificati con certezza sotto l’aspetto catastale, fotografico e planimetrico con documentazione neanche contestata dagli appellanti.
In particolare, osservava che i fondi pretesi dominanti erano ubicati nel Comune di Pistoia, località S., via (…), costituenti nel loro insieme la borgata (…) e il fondo servente era quello in cui era situato il c.d. “Albergo Gu..”.
Osservava inoltre che il passaggio sul tratto di strada in contestazione era stato già oggetto di un contenzioso possessorio per essere stato ristretto con la costruzione di un muro tra la proprietà dell’albergo e gli abitanti delle case vicine. Tale contenzioso era stato definito con un atto di transazione del 1963 intercorso, da un lato, tra Gu.Lu., proprietario dell’albergo e dante causa degli odierni appellati e Gu.At. e, dall’altro lato, tra Mi.Gi., intervenuto anche in nome e per conto di Gu.Sa., Fr.Al., Fr.Ne. e Ne.Te.. Con detta transazione Gu.Lu. aveva riconosciuto espressamente in favore delle controparti il diritto di passo anche con automezzi per accedere alle località dette (…) e (…) attraverso la strada che passava davanti alla pensione obbligandosi a ripristinare lo sbocco sulla via vicinale.
Nel 2004 Gu.Lo. e Gu.Ro. avevano proposto un’azione negatoria servitutis dinanzi il Tribunale di Pistoia per fare accertare l’insussistenza della servitù a carico del proprio fondo in favore dei fondi di proprietà di Gu.Ma. e di altri interventori, i quali, invece, davano atto della sussistenza della transazione e chiedevano accertarsi la costituzione della servitù.
Nel corso di tale causa era stato anche introdotto un ricorso possessorio per l’eliminazione di ostacoli frapposti al libero passaggio, ricorso che era stato accolto.
Nel merito il Tribunale aveva respinto la domanda di negatoria e dichiarato sussistere la servitù di passaggio pedonale e carraio a carico del fondo Gu.. e a favore dei fondi delle parti convenute intervenute. La Corte d’Appello di Firenze aveva riformato tale sentenza affermando che la scrittura privata del 1963 produceva effetti esclusivamente in favore degli originari contraenti.
5.2 Con riferimento al presente giudizio, la Corte d’Appello, dopo aver riportato tali vicende, evidenziava l’estraneità degli attori ai precedenti contenziosi e riteneva sussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’acquisto della servitù per usucapione in base a prove testimoniali e documentali. Infatti, richiamate tutte le dichiarazioni testimoniali rilevanti, evidenziava che le stesse erano suffragate anche dalla comunicazione della Provincia di Pistoia all’indomani della apposizione da parte degli appellanti di un cancello all’inizio del tratto che rendeva difficoltoso l’accesso con auto. Anche le foto allegate alla perizia Ve..-Li.. accreditavano, secondo la Corte di merito, il passaggio carrabile attraverso il passo consolidatosi nel ventennio anteriore al posizionamento del cancello.
Sussisteva anche il presupposto dell’apparenza della servitù per quanto già detto e perché risultava agli atti ed era comunque pacifico che il tratto era percorribile e asfaltato costituendo l’unione tra i due tratti di strada vicinali, ne erano prova le innumerevoli fotografie scattate nel tempo.
I cancelli erano già stati rimossi e su tale domanda non si doveva provvedere.
6. Gu.Lo. e Gu.Ro. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.
7. Li.Ma., Ve.Gr., Li.Ma., Fr.Ad., Ve.To., Li.Lu., Ga.Ma., Gr.Ba., Li.La., Li.Ro. hanno resistito con controricorso.
8. Su proposta del relatore, ai sensi degli artt. 391-bis, comma 4, e 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., che aveva ravvisato la manifesta infondatezza del ricorso il Presidente fissava con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.
9. La causa veniva chiamata all’adunanza del 18 novembre 2021 presso la sesta sezione.
10. In esito alla discussione in camera di consiglio la trattazione del ricorso era rimessa alla pubblica udienza non emergendo evidenza decisoria.
11. Fissata la trattazione del ricorso all’odierna udienza, le parti hanno depositato memorie e hanno insistito nelle rispettive richieste.
12. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1051, 1061, 1158, 2697 cod. civ. per la mancata individuazione dei fondi dominante e servente.
La mancata individuazione dei fondi si tradurrebbe necessariamente, a dire dei ricorrenti, nella mancata dimostrazione di uno degli elementi costitutivi della fattispecie con la conseguenza che la domanda dovrebbe essere respinta in applicazione del principio di cui all’articolo 2697 c.c.
La Corte di merito, sempre secondo la tesi dei ricorrenti, avrebbe disatteso la censura dando rilievo a una planimetria per più ragioni contestata proprio perché non specificamente dimostrativa dei luoghi sia con riferimento al fondo dominante che a quello servente.
1.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come evidenziato dal P.G., questa censura muove dall’erroneo presupposto che la Corte di merito ha apprezzato la consistenza dei luoghi solo mediante l’utilizzazione della planimetria, senza tenere conto delle contestazioni.
Al contrario, la motivazione dei giudici del gravame si è soffermata specificamente a considerare non solo la planimetria, ma anche le fotografie e le altre planimetrie inserite nei fascicoli di parte, a fronte della carenza di contestazione della perizia che aveva utilizzato quella documentazione che, a sua volta, aveva fondato la decisione di prime cure.
Deve pertanto ribadirsi quanto già osservato con la proposta ex art.380 bis c.p.c. ovvero che i fondi risultavano identificati con certezza sulla base dei dati catastali, i reperti fotografici e la planimetria in atti, nonché tenuto conto delle indicazioni delle parti (anche attraverso perizia tecnica). Inoltre, a maggior conforto della piena determinazione dei luoghi, la sentenza impugnata, al paragrafo 3.3 dà atto che il passaggio sul tratto di strada in contestazione era stato già oggetto di un lungo contenzioso possessorio per essere stato ristretto con la costruzione di un muro tra la proprietà dell’albergo e gli abitanti delle case vicine.
La Corte territoriale è giunta alle dette conclusioni con corretto apprezzamento delle risultanze processuali, esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento e prendendo le mosse dall’esame dei fatti e delle prove inerenti al processo.
Le censure, pertanto, anche là dove denunciano formalmente il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, si appalesano prive di fondamento, a fronte dell’anzidetto accertamento compiuto dalla Corte territoriale, la quale ha individuato le fonti del proprio convincimento e valutato le risultanze probatorie, dando conto dell’iter logico e deduttivo seguito. Come si è più volte sottolineato, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 3267 del 12/02/2008, Rv. 601665), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se i giudici di merito abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare., in disparte il rilievo che oggi il vizio di motivazione è stato anche espunto da quelli denunziabili in cassazione (cfr. art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.).
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1051,1061,1158, 2697 cod. civ. per carenza del presupposto del possesso continuato per venti anni.
Questa, in sintesi, l’esposizione della censura.
Gli attori non avrebbero provato di aver esercitato il possesso utile all’usucapione per il ventennio di legge. In particolare, i testimoni della parte attrice avrebbero riferito circostanze che non attesterebbero il passaggio da parte delle controparti nello spazio antistante l’albergo Gu… Nel ricorso si richiamano le dichiarazioni di Ni.Ma., Fr.Ad., Mo.Ma., Gu.Sa. e Ch.Cl..
Dall’esame analitico delle deposizioni rese dai testimoni citati (riportate nel ricorso) sarebbe da escludere la prova del possesso ultraventennale richiesto dalla legge per l’acquisto della servitù per usucapione.
Analoghe considerazioni varrebbero per i documenti richiamati nella sentenza che sarebbe incorsa in “un errore di diritto nella qualificazione giuridica della fattispecie erroneamente ricondotta nell’ambito di un istituto giuridico (servitù di uso pubblico), che nulla ha a che vedere con quello sul quale i giudici del merito erano chiamati a pronunciarsi.
Sotto quest’ultimo profilo parte ricorrente con la memoria evidenzia che nelle more, con ordinanza n. 627/2023, questa Corte ha rigettato il ricorso proposto dai signori Va., Ca., Gi. e To. avverso il capo della sentenza di appello dell’altro giudizio, che aveva escluso l’esistenza di una servitù carrabile di uso pubblico in fregio all’Albergo Gu… Il passaggio in giudicato di tali pronunce (in particolare la sentenza n. 2/2014), secondo i ricorrenti produrrebbe un effetto riflessi sul presente giudizio, che non potrebbe pervenire a conclusioni diverse da quelle ivi raggiunte.
2.1 Il secondo motivo è parimenti infondato.
La violazione di legge lamentata dal ricorrente non è configurabile sulla base di una diversa lettura delle deposizioni testimoniali. Anche in questo caso il Collegio condivide le conclusioni del P.G. che ha evidenziato come le considerazioni effettuate dalla parte ricorrente, quanto al fatto che le prove testimoniali avrebbero dimostrato solo l’utilizzazione da parte della collettività e dunque una servitù di uso pubblico, appaiono rappresentare una mera diversa ricostruzione alternativa delle dichiarazioni testimoniali, in ordine all’utilizzazione del passo per raggiungere le abitazioni delle famiglie Ve.. e Li.. anche da parte di coloro che dovevano raggiungerle per esigenze di esse.
Sul punto deve richiamarsi il seguente principio di diritto: qualora le deposizioni testimoniali esaminate dalla Corte di Cassazione comportino valutazioni ed apprezzamenti di fatto, quali la maggiore o minore attendibilità dei testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero presunzioni ex art. 2727 c.c., il motivo è inammissibile, in particolare ove si chieda una valutazione delle deposizioni prese singolarmente e non già in maniera complessiva (Cass., Sez. L, sentenza n. 15205 del 3 luglio 2014, Rv. 631686; Cass., Sez. L, sentenza n. 25608 del 14 novembre 2013, Rv. 628787; Cass., Sez. U, sentenza n. 2 (… )48 del 25 ottobre 2013, Rv. 627790). Inoltre, nel giudizio di cassazione, con riferimento alle testimonianze assunte nei gradi precedenti, non è configurabile il vizio di motivazione di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. qualora siano richiesti apprezzamenti di fatto, compresi quelli sulla maggiore o minore attendibilità dei testi, non essendo consentito in sede di legittimità un nuovo esame di merito (Cfr. Cass., Sez. L, sentenza n. 15205 del 3 luglio 2014, Rv. 631686).
Infatti, la valutazione delle prove, il giudizio sull’attendibilità dei testi e la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando gli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo del giudice della legittimità alla sola congruenza della decisione dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova (Cfr. Cass., Sez. 1, sentenza n. 11511 del 23 maggio 2014).
Del resto è evidente che la diversa ricostruzione in diritto sottesa al preteso vizio di violazione di legge sarebbe comunque insussistente, dal momento che la peculiarità della servitù di uso pubblico consiste nella funzionalizzazione al soddisfacimento di un’esigenza di carattere generale, diretta a realizzare un fine di pubblico interesse a favore della collettività indistinta (Sez. 2 – , Ordinanza n. 28869 del 19/10/2021) nella specie non sussistente e non ricavabile dal fatto che i servizi pubblici di distribuzione della posta od altro utilizzassero quell’accesso per le esigenze delle parti private di cui si discute.
D’altra parte, la domanda originaria di Ve.Gr. e Li.Fe. aveva ad oggetto l’accertamento dell’esistenza di una servitù di passaggio pedonale e carraia a carico del fondo dei convenuti, acquisita per usucapione e in subordine quella di accertamento dell’esistenza di una servitù d’uso pubblico sulla particella n. (…), f. (…). In primo grado, il Tribunale a definizione del giudizio, aveva accertato l’acquisto per usucapione in favore del fondo attoreo di una servitù di passaggio pedonale e con mezzi meccanici sulla medesima particella n. (…), f. (…).
Nel giudizio di appello la questione della servitù di uso pubblico non veniva ulteriormente proposta tanto che gli stessi appellanti oggi ricorrenti avevano eccepito l’inammissibilità della domanda avanzata dalla controparte in subordine per mancata proposizione di appello incidentale, trattandosi di domande autonome fondate su fatti costitutivi diversi che avrebbero dovuto formare oggetto di appello incidentale.
Gli stessi ricorrenti, pertanto, erano consapevoli dell’autonomia della questione tratta dalla sentenza di cassazione della quale invocano oggi l’effetto riflesso del giudicato.
Come già evidenziato dalla Corte d’Appello le questioni sono distinte e si fondano su petitum e causa petendi diverse e nessun tipo di riflesso l’una sentenza può avere sull’altra per quanto si è detto. Al contrario, il passo della sentenza riportato nella memoria per affermare l’effetto riflesso del giudicato fa proprio riferimento ad un diverso tipo di servitù laddove si dice che “l’onere della prova della esistenza di una servitù di passo ad uso pubblico faceva carico a coloro che affermano l’esistenza di una simile servitù, e che l’acquisizione da parte della collettività di un simile diritto, non può ritenersi provata per il fatto che nel tempo sull’area siano passati soggetti diversi dai proprietari dei fondi vicini, in quanto ciò può essere avvenuto per effetto di un diverso tipo di servitù a favore di fondi specifici”.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1051,1061,1158 cod. civ. per carenza del presupposto dell’apparenza della asserita servitù.
Secondo i ricorrenti mancherebbe la presenza di opere permanenti e visibili funzionalmente destinate a dare accesso al fondo preteso dominante attraverso il preteso fondo servente; si richiama la giurisprudenza di questa Corte che, in materia di servitù di passaggio, ai fini dell’accertamento del requisito dell’apparenza, richiede un quid pluris, nel caso in esame non riscontrabile.
3.1 Il motivo è infondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile; ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo viceversa essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù (tra le varie Cass. n. 7004/2017; Cass. n. 11834/2021; Cass. n. 19358/2022; Cass. n. 11123/2022 e Cass. n. 29579/2021).
Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha ritenuto sussistente il requisito dell’apparenza, richiamando innanzitutto l’ampia motivazione svolta da pag. 7 a pag. 13 nella quale ha riepilogato il precedente contenzioso dal quale emergeva il passaggio sulla strada in contestazione; ha poi evidenziato che le testimonianze erano univoche nel deporre a favore del passaggio pedonale e carrabile sul tratto di strada; che tali testimonianze erano suffragate anche da documentazione – di natura pubblica – come la comunicazione del Comune di Pistoia che all’indomani dell’apposizione di un cancello all’inizio del tratto di strada in questione, a seguito delle rimostranze degli abitanti delle borgate site sul lato opposto, aveva precisato che a seguito di un sopralluogo era emerso che l’unico accesso carrabile per raggiungere le abitazioni poste alla sinistra del quadro mappale, località (…), passava davanti all’albergo di proprietà dei Gu…
La Corte di merito ha altresì evidenziato – ed il rilievo è decisivo sotto il profilo dell’apparenza – che le foto allegate alla perizia Ve..-Li.. mostravano rappresentazioni storiche del tratto di strada che era già percorribile sin dagli 30 e, soprattutto, che il parcheggio di autoveicoli e il passo carrabile nella proprietà Ve.. (foto 18) risalente al 1988 provavano il passaggio carrabile attraverso il passo (unico percorso esistente) consolidatosi nel ventennio anteriore all’apposizione del cancello.
Ora, considerato che un cartello ufficiale di passo carrabile apposto davanti all’accesso Ve.. (con gli estremi dell’autorizzazione comunale) è un segno indiscutibile dello scopo di dare accesso al preteso fondo dominante attraverso la strada, può concludersi che il requisito dell’apparenza sia stato ritenuto sussistente in linea con la citata giurisprudenza, anche perché il passaggio risultava oltre che percorribile anche asfaltato e costituiva l’unione fra due tratti di strada vicinali come provato da innumerevoli foto.
Anche in questo caso la censura, anche se veicolata formalmente sotto il profilo della violazione di norme di diritto, appare in realtà diretta ad un riesame della valutazione probatoria, enunciando nella sostanza un vizio di motivazione, peraltro non più denunziabile, come si è già detto.
4. Il ricorso è pertanto rigettato.
5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in euro 4.500,00 più 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2ª Sezione civile in data 26 settembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 novembre 2024.
