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Cassazione civile sez. II, 11/03/2025, n.6479

Massima

Nel procedimento di scioglimento della comunione, il giudice istruttore, ai sensi dell’art. 789, commi 3 e 4, c.p.c., può procedere all’estrazione a sorte dei lotti solo quando le contestazioni al progetto di divisione siano state risolte con sentenza passata in giudicato; l’ordinanza di sorteggio erroneamente resa in difetto di tale condizione non è, tuttavia, impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento di natura istruttoria, di per sé revocabile e privo del necessario carattere della decisorietà.

 

Supporto alla lettura

COMUNIONE E DIVISIONE EREDITARIA

COMUNIONE: quando al defunto succedono più eredi, i quali diventano comproprietari dei beni e contitolari dei diritti e dei debiti che fanno parte dell’eredità, quindi se vi sono più eredi (es. figli e coniuge), ciascuno dei coeredi diventa contitolare di una quota dei beni e dei rapporti appartenenti al defunto. Le quote possono essere diverse stabilite dal defunto nel testamento, in mancanza di testamento deve farsi riferimento alle regole della successione legittima di cui agli artt. 565 e ss. c.c. (es. se il defunto lascia un coniuge e due figli, in assenza di testamento le quote ereditarie saranno di 1/3 per il coniuge ed 1/3 per ciascuno dei figli).

L’art. 752 c.c. dispone che gli eredi rispondono dei debiti ereditari in proporzione alle loro quote ereditarie, salvo diversa disposizione del testatore, tale regola vale solo per i debiti ereditari, questo significa che i crediti ereditari possono essere riscossi per l’intero anche da un solo degli eredi, ma su di essi si forma comunque la comunione ereditaria.

È previsto un diritto di prelazione, ossia un diritto di precedenza in capo agli altri coeredi: l’art. 732 c.c. prevede infatti che il coerede, il quale intenda alienare la propria quota (o parte di essa) ad un estraneo, sia tenuto a notificare la proposta di alienazione con indicazione del prezzo, agli altri coeredi, i quali possono far valere la propria volontà di acquistare la quota con precedenza rispetto ad un estraneo.

DIVISIONE: procedimento che scioglie la comunione e consente al coerede di diventare unico proprietario dei beni che gli sono assegnati ed il cui valore corrisponde a quello della sua quota ereditaria. Si distinguono diversi tipi di divisione ereditaria:

  • divisione contrattuale: quando i coeredi concordano sull’effettuazione della divisione e sul suo contenuto, in questo caso la divisione si realizza attraverso un accordo tra i coeredi, c.d. contratto di divisione, che deve essere stipulato tra tutti i coeredi a pena di nullità. Se ha ad oggetto beni immobili o altri diritti reali immobiliari (es. l’usufrutto) deve avere forma scritta, essere autenticato da un notaio e trascritto. Se nella divisione è coinvolto un soggetto incapace (come un minore o un interdetto), è necessaria l’autorizzazione del giudice;
  • divisione giudiziale: quando i coeredi non riescono ad accordarsi, in tal caso dovranno rivolgersi al giudice. La legge prevede due tipi di procedimento.
  • divisione a domanda congiunta: presuppone che i coeredi siano d’accordo sul fatto di dividere il patrimonio ereditario e  sull’entità delle rispettive quote, ma non sui beni da cui ciascuna delle porzioni da assegnare in proprietà ai singoli coeredi deve essere composta. E’ un procedimento semplificato che consente di passare direttamente alla formazione dei lotti o porzioni da assegnare in proprietà esclusiva a ciascun coerede, ed è avviata con un unico ricorso sottoscritto da tutti i coeredi, depositato presso la cancelleria del Tribunale in cui si è aperta la successione (ossia il luogo di ultimo domicilio del defunto);
  • divisione giudiziale ordinaria: causa civile ordinaria, che può essere azionata quando i coeredi non concordano sul fatto di dividere i beni di cui sono comproprietari oppure non concordano sulle modalità per attuare la divisione. La causa può essere avviata da ciascun coerede innanzi al Tribunale dove si è aperta la successione, tutti i coeredi devono essere citati in giudizio, ma prima dell’avvio del giudizio, è sempre necessario esperire un tentativo di mediazione innanzi ad un organismo di conciliazione riconosciuto dal Ministero;
  • divisione testamentaria: è lo stesso defunto ad aver stabilito nel testamento le modalità con cui effettuare la divisione tra i coeredi. In particolare il testatore:
    1. può stabilire particolari regole per la formazione delle porzioni che spettano a ciascun coerede (es. stabilendo che ogni porzione sia composta da un certo numero di beni mobili o immobili);
    2. può disporre che la divisione venga effettuata secondo la stima di un terzo da lui stesso indicato, c.d. arbitratore;
    3. può dividere direttamente tra i coeredi i beni che compongono il suo patrimonio.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1829/2014 depositata il 12-8-2014 il Tribunale di Foggia sezione distaccata di Cerignola ha deciso la domanda proposta con atto di citazione notificato il 29-5-2006 da Di.Vi. nei confronti di Di.Mi. e Di.An. e per l’effetto ha dichiarato lo scioglimento della comunione ereditaria tra le parti, titolari ciascuno della quota di un terzo, sull’ “immobile al pianterreno senza area sovrastante già adibito a negozio, con accesso da C.so (Omissis), in catasto al foglio (Omissis), p.lla (Omissis), sub 1, immobile al pianterreno adibito a garage, con accesso da C.so (Omissis), in NCEU al foglio (Omissis), p.lla (Omissis), sub 10”, sito a Cerignola, ha approvato il primo progetto divisionale di cui alla c.t.u., rimettendo alle parti le operazioni di frazionamento dell’immobile adibito a garage; ha assegnato a Di.Vi. il primo lotto di tale progetto divisionale, ha fissato udienza per il sorteggio del secondo e del terzo lotto ai convenuti; ha condannato l’attore a pagare il conguaglio di Euro 4.338,83 a favore dell’assegnatario del secondo lotto e il conguaglio di Euro 2.093,83 a favore dell’assegnatario del terzo lotto; ha dichiarato inammissibili le altre domande; ha posto le spese di c.t.u. a carico delle parti per un terzo ciascuno e ha condannato l’attore alla rifusione delle spese di lite a favore di entrambi i convenuti.

2. Avverso la sentenza Di.Vi. ha proposto appello, chiedendo la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, la predisposizione di nuovo progetto divisionale e l’accoglimento di tutte le sue conclusioni.

La Corte d’Appello di Bari ha disposto la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio in accoglimento della richiesta dell’appellante e all’esito ha deciso con sentenza n. 1147/2018 pubblicata il 28-6-2018. La sentenza ha considerato che il consulente d’ufficio nominato in appello aveva formato tre quote, la prima costituita dal locale al piano terra posto al civico 71 del C.so (Omissis), fg. (Omissis) p.lla (Omissis) sub 1di mq. 75 con i locali retrostanti di mq. 68 del valore di Euro 329.550,00, la seconda costituita dal locale al piano terra civico 77, fg. (Omissis) p.lla (Omissis) sub 10 di mq. 316 del valore di Euro 723.100,00, la terza costituita dal locale al piano terra ai civici 16/a e 16/b di via (Omissis) con pari area sovrastante, del valore complessivo di Euro 386.750,00; ha disposto l’assegnazione della terza quota a Di.Vi., l’estrazione a sorte tra gli appellati Di.Mi. e Di.An. della prima e della seconda quota, ha posto a carico dell’assegnatario della seconda quota il conguaglio di Euro 150.250,00 da pagare all’assegnatario della prima quota e il conguaglio di Euro 97.050,00 da pagare all’assegnatario della terza quota; ha posto a carico delle parti per un terzo ciascuno tutte le spese di c.t.u. e ha compensato interamente le spese di lite tra le parti; ha dato atto in dispositivo di disporre con separata ordinanza in ordine alle operazioni di sorteggio delle quote.

3. Di.Vi. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Di.Mi. e Di.An. hanno resistito con distinti controricorsi.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa.

All’esito della camera di consiglio del 28-2-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, intitolato “violazione e falsa applicazione degli artt. 789,791 c.p.c., 195 disp. att. c.p.c. ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.”, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, ignorando le contestazioni dell’appellante alla consulenza d’ufficio svolta in appello, abbia fissato per il sorteggio dei lotti l’udienza del 25-9-2018, senza tenere conto che a quella data la sentenza non avrebbe in nessun caso potuto essere passata in giudicato; quindi lamenta che il giudice di secondo grado abbia disposto l’immediata effettuazione delle operazioni di estrazione a sorte, prima della formazione del giudicato sulle modalità di divisione, con violazione del principio secondo il quale non è possibile procedere all’estrazione a sorte ex art. 789 cod. proc. civ. prima del passaggio in giudicato della sentenza che abbia risolto le contestazioni sul progetto di divisione.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, la sentenza impugnata non contiene alcuna statuizione impugnabile in ordine alla data per l’esecuzione del sorteggio. La sentenza si è limitata a dare atto, in dispositivo, che si sarebbe disposto con separata ordinanza in ordine al sorteggio del primo e del secondo lotto tra gli appellati. Quindi, ogni eventuale vizio dell’ordinanza che ha poi fissato l’udienza per l’esecuzione del sorteggio in data precedente a quella del passaggio in giudicato della sentenza avrebbe potuto essere dedotta esclusivamente nel prosieguo della causa nella quale è stata pronunciata l’ordinanza medesima.

In altri termini, poiché la sentenza impugnata non contiene alcuna pronuncia in violazione del principio secondo il quale l’estrazione a sorte dei lotti può avvenire soltanto allorché il progetto divisionale è divenuto definitivo e non più impugnabile, ogni eventuale vizio verificatosi nel proseguo delle operazioni divisionali svolte senza il rispetto di tale principio doveva essere denunciato – nelle forme previste – nel momento in cui si è verificato; perciò, in primo luogo chiedendo la revoca dell’ordinanza che ha fissato la data per l’estrazione dei lotti prima del passaggio in giudicato della sentenza che l’aveva disposta. In proposito, è già stato enunciato il principio secondo il quale, nel procedimento di scioglimento della comunione, alla stregua di quanto sancito dell’art. 789 co. 3 e 4 cod. proc. civ., si può procedere all’estrazione a sorte dei lotti solo quando le contestazioni al progetto di divisione siano state risolte con sentenza passata in giudicato; tuttavia l’ordinanza di sorteggio e assegnazione dei lotti erroneamente resa in difetto di tale condizione non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento di natura istruttoria, di per sé revocabile e privo del necessario carattere della decisorietà (Cass. Sez. 2 1-10-2013 n. 22435 Rv. 627765-01, Cass. Sez. 2 26-3-2015 n. 6167 Rv. 635052-01); infatti il provvedimento di assegnazione dei lotti, costituendo un mero atto esecutivo delle decisioni assunte con la sentenza, è destinato a essere automaticamente travolto in caso di accoglimento dell’impugnazione avverso la sentenza (Cass. 6167/2015 già citata, in motivazione, Cass. Sez. 2 22-3-2018 n. 7182 Rv. 647864, in motivazione pag. 9, Cass. Sez. 1 16-6-1973 n. 1831 Rv. 364816-01, Cass. Sez. 2 12-3-1977 n. 1003 Rv. 384629-01).

2. Con il secondo motivo, intitolato “violazione e falsa applicazione degli artt. 195 co. 3 e 196 c.p.c., in relazione agli artt. 156 e 157 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c.”, il ricorrente lamenta che dopo il deposito della relazione il 12-6-2017 e la formulazione dei rilievi critici delle parti, il consulente d’ufficio non abbia semplicemente proceduto ad allegare alla relazione le osservazioni delle parti e una relazione delle stesse, ma abbia elaborato una nuova relazione, inviata alle parti il 10-8-2017, totalmente diversa dalla precedente e rispetto alla quale non è stato possibile svolgere contraddittorio tecnico. Sostiene che a tanto consegua la nullità della consulenza tecnica per violazione dell’art. 195 co. 3 cod. proc. civ., eccepita nel primo atto successivo e perciò nelle note a verbale d’udienza del 14-11-2017, mediante contestazione della novità della perizia, della conseguente impossibilità di formulare compiute osservazioni e della necessità di disporre un supplemento di consulenza.

2.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo, non è neppure configurabile nullità della consulenza tecnica d’ufficio per violazione dell’art. 195 co. 3 cod. proc. civ. nella formulazione attuale, introdotta dall’art. 46 co. 5 legge 18-6-2009 n. 69; ciò perché tale disposizione, ai sensi dell’art. 58 co.1 legge 69/2009, si applica ai giudizi instaurati successivamente al 4-7-2009 e nella fattispecie l’atto di citazione introduttivo della causa è stato notificato nel 2006. Secondo principi già enunciati dalla Suprema Corte, nel regime precedente la modifica dell’art. 195 cod. proc. civ., nessuna disposizione del codice di rito imponeva al c.t.u. di fornire ai consulenti di parte una bozza della propria relazione e le parti potevano legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione da parte del consulente d’ufficio, in quanto il diritto delle parti di intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti doveva essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima, atto riservato al consulente d’ufficio, ma soltanto come diritto di partecipare all’accertamento materiale dei dati da elaborare (Cass. Sez. 6-3 5-10-2021 n. 26992 Rv. 662441-01, Cass. Sez. L 11-3-2011 n. 5897 Rv. 616210-01). Quindi, lo svolgimento delle operazioni peritali nei termini descritti dal ricorrente, nel senso che il consulente d’ufficio aveva trasmesso alle parti la sua consulenza e, dopo il deposito delle osservazioni delle parti a quella relazione, aveva redatto una nuova relazione, tanto discordante dalla precedente da costituire una nuova consulenza tecnica secondo la tesi del ricorrente, non aveva comportato alcuna nullità. In quel modo evidentemente il consulente tecnico d’ufficio ha inteso fornire chiarimenti alla propria consulenza a fronte delle osservazioni tecniche delle parti (come dato atto dalla stessa sentenza impugnata, che fa riferimento – pag. 5 – ai chiarimenti all’elaborato); però le parti non avevano alcun diritto di partecipare alla stesura di quei chiarimenti – neppure se tali da costituire la stesura definitiva di nuovo elaborato in quanto modificativi delle precedenti conclusioni, secondo la tesi del ricorrente -, avendo avuto a disposizione la consulenza d’ufficio e i chiarimenti, per le loro osservazioni, dopo il deposito.

3. Con il terzo motivo, intitolato “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.”, il ricorrente lamenta la superficiale e immotivata adesione da parte della Corte d’Appello alle risultanze della relazione del consulente d’ufficio del 10-8-2018, senza considerazione della difformità tra la prima e la seconda relazione del consulente d’ufficio, della relazione dei consulenti di parte appellante e delle critiche puntuali mosse al secondo elaborato da Di.Vi. In particolare deduce che la Corte d’Appello, così come il consulente d’ufficio, non abbia esaminato le contestazioni relative alla stima sulla base del valore medio rilevato dall’O.M.I. per l’immobile di via (Omissis), a fronte del valore minimo per gli immobili di corso (Omissis) e le contestazioni relative all’ingiustificato valore unitario attribuito alle superfici di copertura dell’immobile assegnato all’appellante rispetto agli altri.

3.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo, non sono pertinenti i principi richiamati dal ricorrente in ordine alla necessità per il giudicante di motivare la ragione di adesione all’una o all’altra c.t.u. disposte in causa. Come già esposto, è stata unica la consulenza d’ufficio disposta e depositata in appello, rispetto alla quale il consulente d’ufficio ha fornito anche chiarimenti che – secondo il ricorrente – l’hanno indotto a modificare le precedenti conclusioni; quindi la Corte d’Appello non aveva ragione di specificare le ragioni per le quali ha recepito l’elaborato definitivo, e cioè quello che era il risultato anche dei chiarimenti forniti alle osservazioni proposte dalle parti.

Inoltre, non è neppure vero che la sentenza non abbia considerato le critiche svolte dall’appellante e dal suo consulente di parte alla consulenza d’ufficio. La sentenza non solo ha espressamente dato atto che il consulente d’ufficio aveva spiegato che era impossibile considerare criteri di stima diversi da quelli prospettati dall’O.M.I. al fine di accertare il valore di mercato degli immobili, per il fatto che non erano disponibili, per la zona, compravendite recenti e per tale ragione ha recepito la scelta del consulente d’ufficio. La sentenza ha altresì espressamente considerato che, nello stimare i beni, il consulente d’ufficio aveva considerato la non edificabilità in sopraelevazione dei vani destinati a esercizio commerciale, non consentita dal vigente strumento urbanistico del Comune di Cerignola; risulta evidente che sulla base di tale dato sono state ritenute congrue l’attribuzione del valore minimo prospettato dall’O.M.I. per i locali di corso (Omissis) e l’attribuzione del valore medio per il locale di via (Omissis), che aveva goduto della possibilità di sopraelevazione, così come l’attribuzione di un minore valore al lastrico non edificabile rispetto a quello che aveva potuto essere edificato. Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza impugnata non si è limitata a una adesione acritica alla c.t.u., ma ha giustificato le ragioni della decisione, per cui ogni ulteriore questione sul merito delle valutazioni rimane estranea al sindacato di legittimità.

4.In conclusione, il ricorso è integralmente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida a favore di ciascuno dei controricorrenti in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 9.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.

Sussistono ex art. 13 co. 1-quater D.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025.

Depositato in Cancelleria l’11 marzo 2025.

Allegati

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