FATTI DI CAUSA
1. Nel 2004 (omissis) convenne dinanzi al Tribunale di Firenze la societa’ (omissis) S.p.A., esponendo che:
(-) aveva acquistato un autoveicolo marca Ford, modello “KA” il (omissis);
(-) il (omissis), a causa di un vizio costruttivo dell’impianto frenante, il suddetto veicolo sbando’ e urto’ un albero;
(-) in conseguenza di tale sinistro l’attore, che si trovava alla guida del mezzo, pati’ gravi lesioni personali.
Chiese pertanto la condanna della societa’ convenuta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti appena descritti, invocandone la sua qualita’ di “produttore e distributore”.
2. La (omissis) si costitui’ e nego’ la propria responsabilita’, sul presupposto di non aver mai costruito il suddetto veicolo, ma di avere svolto unicamente l’attivita’ di importazione e commercializzazione in Italia del mezzo, costruito in Germania dalla societa’ di diritto tedesco (omissis) s.a..
3. Con sentenza 31 luglio 2008 n. 3027 il Tribunale di Firenze accolse la domanda.
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza 4 aprile 2016 n. 501, accolse il gravame della (omissis) e rigetto’ la domanda proposta da (omissis).
La Corte d’appello motivo’ la decisione come segue:
(-) la domanda attorea andava qualificata come domanda di risarcimento del danno aquiliano;
(-) essa era stata fondata dall’attore sull’assunto che la societa’ convenuta fosse la produttrice del mezzo difettoso;
(-) la societa’ convenuta non era il fabbricante, ma solo l’importatore del mezzo, poiche’ fabbricante del mezzo era la societa’ tedesca (omissis) s.a., il che risultava per tabulas;
(-) l’importatore del mezzo puo’ essere chiamato a rispondere del danno causato dal difetto del prodotto solo in tre casi:
(-) o quando il fabbricante risieda al di fuori del territorio dell’unione europea;
(-) o quando con la sua attivita’ “abbia potuto incidere, cosi’ come il fabbricante del bene, sulle caratteristiche di sicurezza del bene medesimo”;
(-) oppure quando il distributore non comunichi all’acquirente le generalita’ del produttore;
(-) nessuna di tali ipotesi ricorreva nel caso di specie, in quanto il produttore risiedeva in Germania, la (omissis) non aveva partecipato al ciclo produttivo, e le generalita’ del produttore erano state comunicate all’attore nella comparsa di costituzione e risposta, sin dalla costituzione in giudizio della (omissis);
(-) la lettera di “richiamo” inviata dalla (omissis) S.p.A. a tutti gli acquirenti di veicoli Ford Ka nel 2001 non costituiva una ammissione di responsabilita’, ne’ consentiva di ritenere che anche il veicolo dell’attore rientrasse tra quelli fabbricati in modo difettoso.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (omissis), fondato su tre motivi ed illustrato da memoria; ha resistito con controricorso – anch’esso illustrato da memoria – la (omissis).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli articoli 1175 e 1375 c.c.; Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 224, articolo 3.
Il ricorrente formula, al riguardo, una tesi cosi’ riassumibile:
– la (omissis) ha creato, per colpa, una situazione di apparenza del diritto, presentandosi al pubblico come il produttore del veicolo Ford Ka;
– questa situazione di apparenza ha ingenerato un legittimo affidamento nell’acquirente;
– in conseguenza dell’insorgere di questo legittimo affidamento, la (omissis), in adempimento degli obblighi di correttezza e buona fede di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c., era tenuta a rispondere dei vizi costruttivi de veicolo, come se fosse stata essa il produttore;
– rigettando la domanda, di conseguenza, la Corte d’appello ha violato i suddetti principi di correttezza e buona fede.
1.2. Il motivo e’ inammissibile perche’ nuovo.
Nella sentenza impugnata si legge che (omissis) nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado fece valere la responsabilita’ aquiliana della convenuta sul presupposto che essa fosse il produttore del veicolo difettoso.
Sicche’, non contenendo la sentenza impugnata cenno alcuno ai principi dell’apparenza del diritto, sarebbe stato onere del ricorrente indicare, in ossequio al disposto dell’articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 6, ed a pena di inammissibilita’, quando ed in che termini fu invocata la responsabilita’ della (omissis) per colposa creazione di una situazione di apparenza.
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 224, articolo 3.
Deduce, al riguardo, che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 224 del 1988, articolo 3 (secondo la lettura che di questa norma da’ il ricorrente) stabilirebbe “una netta contrapposizione tra la sfera della produzione e quella della distribuzione, escludendo il mero distributore del prodotto dall’area della responsabilita’”; tuttavia “la distinzione tra produttore e distributore” non puo’ trovare applicazione nell’ambito dei gruppi di societa’, laddove vi sia un sistema di controllo a catena, tale da escludere di fatto l’esistenza di una distinta soggettivita’ giuridica. Sicche’, conclude il ricorrente, appartenendo il produttore del veicolo e la (omissis) S.p.A. al medesimo gruppo societario, la distinzione fra l’uno e l’altra doveva ritenersi puramente formale, con la conseguenza che la (omissis), sostanzialmente identificandosi col produttore, era tenuta a rispondere dei difetti costruttivi del mezzo.
2.2. Nella parte in cui invoca la regola per cui le societa’ appartenenti ad un gruppo societario non sarebbero distinti soggetti di diritto, il motivo e’ manifestamente infondato: e’ vero che due societa’ commerciali appartenenti al medesimo gruppo possono certamente costituire di fatto una realta’ unitaria, quando il gruppo sia soltanto apparente o simulato: tuttavia, per poter giungere a questa conclusione, e’ necessario che sia dedotta in giudizio e dimostrata la natura fittizia od apparente del gruppo, circostanza che nel caso di specie non solo non risulta mai provata, ma nemmeno allegata. Copiosa e’ la giurisprudenza in tal senso: fra le tante, in tal senso, si veda Sez. L -, Sentenza n. 26346 del 20/12/2016, secondo cui “il collegamento economico-funzionale tra (…) societa’ del medesimo gruppo non e’, di per se’ solo, sufficiente a far ritenere che gli obblighi (dell’una) si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare (…) un unico centro di imputazione del rapporto (…). Tale situazione ricorre ogni volta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attivita’ fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale e cio’ venga rivelato dai seguenti requisiti: a) unicita’ della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attivita’ esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attivita’ delle singole imprese verso uno scopo comune” (nello stesso senso, ex aliis, Sez. 3, Sentenza n. 15879 del 17/07/2007).
2.3. Ritiene tuttavia questa Corte che il motivo debba essere accolto sotto altro profilo, avendo la Corte d’appello effettivamente violato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 224 del 1988, articolo 3, sebbene per ragioni parzialmente diverse da quelle indicate dal ricorrente.
Ovviamente tale ultima circostanza non e’ d’ostacolo all’accoglimento del ricorso, pacifico essendo nella giurisprudenza di questa Corte che, in virtu’ del principio iura novit curia, l’erronea individuazione, da parte del ricorrente per cassazione, della norma che si assume violata resta senza conseguenze, quando dalla descrizione del vizio che si ascrive alla sentenza impugnata possa inequivocabilmente risalirsi alla norma stessa, e ferma restando l’immutabilita’ dei fatti posti a fondamento della domanda (cosi’, ex aliis, Sez. 3, Sentenza n. 4439 del 25/02/2014).
Questa possibilita’ e’ imposta dalla funzione stessa del giudizio di legittimita’, ovvero garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Del resto, cosi’ come l’articolo 384 c.p.c., comma 2, consente alla Corte di lasciare ferma la sentenza impugnata quando la decisione sia conforme a diritto, ma correggendone le motivazioni se giuridicamente erronee, allo stesso modo deve ritenersi consentito alla Corte di cassazione “ritenere fondata la questione sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio”, col rispetto di soli due limiti:
(a) che restino immutati i fatti accertati nelle fasi di merito;
(b) che restino immutate le domande come proposte nelle fasi di merito (cosi’, testualmente, Sez. 3, Sentenza n. 19132 del 29/09/2005).
2.4. Nel nostro caso il ricorrente, al di la’ delle espressioni formali e del richiamo (irrilevante) alla disciplina dei gruppi, nella sostanza ha tuttavia chiaramente prospettato un error in iudicando, consistito nell’escludere la responsabilita’ del distributore per i danni da prodotto, quando il prodotto sia commercializzato con marchi o segni distintivi confusivi tra le posizioni del produttore e del distributore. Tanto si desume dagli argomenti spesi nelle pp. 22-23 del ricorso, ove il ricorrente invoca il principio per cui la disciplina della responsabilita’ del produttore deve essere interpretata nel senso di favorire il consumatore nella “facile individuazione” del soggetto nei cui confronti avanzare le proprie pretese risarcitorie.
2.5. Cosi’ qualificato il ricorso, esso deve dirsi fondato, sussistendo effettivamente una violazione, da parte della Corte d’appello, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 224 del 1988, articolo 3, applicabile al presente giudizio ratione temporis.
Il comma 3 di tale norma, infatti, stabilisce che ai fini della responsabilita’ per i danni causati dal prodotto “si considera produttore anche chi si presenti come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla sua confezione”.
E poiche’ nell’atto di citazione, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello (a p. 3 della propria sentenza), l’attore intese far valere la responsabilita’ della (omissis) s.p.a. non solo quale produttore, ma anche “quale distributore”, la Corte d’appello ha falsamente applicando il suddetto Decreto del Presidente della Repubblica n. 224 del 1988, articolo 3, comma 3, escludendo la responsabilita’ del distributore in un caso in cui tanto il produttore, quanto il distributore, pacificamente utilizzavano il medesimo segno distintivo.
La sentenza impugnata va dunque cassata sotto questo profilo con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, la quale tornera’ ad esaminare l’appello, alla luce del principio secondo cui il distributore o l’importatore rispondono del danno causato dal vizio costruttivo del prodotto, se abbiano un marchio od una ragione sociale coincidenti in tutto od in larga parte con quelli del produttore, e sotto tali segni distintivi abbiano commercializzato il prodotto.
3. Il terzo motivo di ricorso.
3.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).
Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello ha ritenuto invocabile la responsabilita’ dell’importatore solo nel caso in cui il produttore non fosse individuato; ed ha soggiunto che nel caso di specie il produttore era individuato in quanto “indicato nel libretto di circolazione dell’auto”.
Tuttavia, sostiene il ricorrente, nel libretto di circolazione del veicolo “non risulta alcuna indicazione in ordine al produttore del veicolo”; e soggiunge che in realta’ quel tipo di veicolo non era prodotto affatto in Germania, ma a Valencia, e successivamente in Polonia.
Il ricorrente precisa che tali circostanze risulterebbero da un documento allegato alla propria comparsa di costituzione e risposta in grado di appello. Sicche’, non avendo mai la (omissis) indicato all’acquirente le esatte generalita’ e la sede del reale produttore, essa era tenuta ai sensi del citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 224, articolo 3, a rispondere come se fosse il produttore.
3.2. Preliminarmente deve rilevarsi come tale motivo non resti assorbito dall’accoglimento del secondo.
La responsabilita’ dell’importatore per omessa indicazione delle generalita’ del vero produttore costituisce infatti un titolo di responsabilita’ diverso da quello scaturente dall’aver apposto sul prodotto il proprio marchio: di talche’, ove il giudice del rinvio dovesse ritenere insussistente l’identita’ di marchio tra produttore e distributore, dovrebbe passare ad occuparsi del problema della corretta indicazione delle generalita’ dell’effettivo produttore, da parte del distributore.
3.3. Nel merito, il motivo e’ infondato.
Il problema della identificabilita’ del produttore e’ stato infatti affrontato dalla Corte d’appello, la quale ha stabilito che essa risultava “per tabulas”, e comunque emergeva dal libretto di circolazione. Omesso esame dunque non vi fu, sicche’ la censura del ricorrente si riduce alla allegazione di un’erronea valutazione della prova, non consentita in questa sede.
V’e’ da aggiungere, in ogni caso, che essa si fonda su documenti dichiaratamente prodotti soltanto nel giudizio di appello, senza alcun cenno alla impossibilita’ di produrli nelle fasi precedenti, e che quindi correttamente la Corte d’appello non ha utilizzato.
4. Le spese.
Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione:
(-) rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso;
(-) accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.