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Cassazione civile sez. II, 06/10/2023, n. 28178

Massima

In una controversia riguardante il diritto alla provvigione di un mediatore immobiliare, la stipula di un contratto preliminare, anche se sottoposto a una condizione risolutiva (come la mancata cancellazione di un sequestro), fa sorgere il diritto alla provvigione in capo al mediatore, in virtù dell’attività di intermediazione svolta.

Supporto alla lettura

MEDIAZIONE IMMOBILIARE

Si tratta di una pratica professionale che coinvolge un mediatore qualificato con il compito di facilitare la compravendita di beni immobiliari. Questo servizio è volto a semplificare il processo di vendita, dalla ricerca di acquirenti interessati alla conclusione del contratto, assicurando che entrambe le parti siano soddisfatte dell’accordo.

La mediazione immobiliare si articola in diverse fasi:

  1. contatto iniziale: viene stabilito il primo contatto tra il mediatore e il cliente;
  2. valutazione: il professionista valuta l’immobile da vendere o da acquistare;
  3. promozione: segue la fase di promozione dell’immobile attraverso varie strategie;
  4. proposta di acquisto: in caso di interesse, l’acquirente presenta una proposta;
  5. trattativa: si negozia il prezzo e le condizioni di vendita;
  6. preliminare di vendita: redatto il contratto preliminare, o compromesso;
  7. atto finale: si conclude con la firma dell’atto di vendita.

Il contratto di mediazione immobiliare è un contratto scritto che formalizza l’incarico al mediatore di collegare le parti per la vendita o l’acquisto di un immobile. È necessario per regolamentare i diritti e gli obblighi del mediatore, e per stabilire l’ammontare della provvigione a seguito della conclusione dell’affare.

Le clausole nel contratto di mediazione immobiliare devono precisare i termini dell’incarico, inclusi la durata del mandato e le modalità di recesso. La durata della mediazione è solitamente definita nel contratto e varia a seconda della specificità dell’incarico, mentre il diritto alla provvigione nasce al momento della conclusione dell’accordo, indipendentemente dall’effettiva stipula dell’atto di compravendita.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA
Nel 2011 la mediatrice (omissis) s.r.l. conveniva dinanzi al Tribunale di Como le parti già interessate a una compravendita di una villa in (omissis), (omissis) (interessato alla vendita) e (omissis) (interessato all’acquisto), per la condanna al pagamento della provvigione (il primo per Euro 200.000; il secondo per Euro 75.000). In via subordinata domandava la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per Euro 275.000. Allegava la mediatrice: attraverso la sua attività, nel luglio 2009 (omissis) aveva concordato con (omissis) una proposta di acquisto, che veniva poi risolta consensualmente a causa di un sequestro conservativo sul bene e di problemi urbanistici. Il (omissis) le due parti addivenivano ad un preliminare di compravendita, ove la stipula del definitivo era condizionata alla cancellazione del provvedimento cautelare entro il (omissis). Poiché il sequestro non veniva cancellato entro il termine, nel marzo 2010 le parti risolvevano il preliminare e l’interessato all’acquisto concedeva un mutuo di Euro 1.100.000 all’interessato alla vendita allo scopo di ottenere la cancellazione del provvedimento cautelare e di appianare le problematiche urbanistiche. Eccepiva l’interessato alla vendita (omissis) che, in forza del contratto del dicembre 2009 stipulato tra lui e la mediatrice, il diritto alla provvigione sarebbe sorto solo con la stipula del contratto definitivo. L’interessato all’acquisto (omissis) sollevava una serie di difese: la prescrizione del diritto alla provvigione, l’inesistenza del contratto di mediazione, la risoluzione della proposta di acquisto del 2009, i problemi urbanistici come impedimenti alla stipula del definitivo, la condizione apposta al preliminare del (omissis), la vendita della villa ad un terzo a distanza di oltre quattro anni da queste vicende, la responsabilità della mediatrice per omissione di informazioni, l’assenza di nesso di causalità tra l’attività della mediatrice e la conclusione dell’affare, il difetto di prove.

In primo grado le domande della mediatrice venivano rigettate. In appello (nella contumacia dell’interessato alla vendita) vi è stata riforma con condanna dell’interessato all’acquisto (omissis) al pagamento di Euro 75.000, nonché al rimborso delle spese del solo giudizio di appello nei confronti della mediatrice.

Ricorre in cassazione il già interessato all’acquisto (omissis) con sette motivi, illustrati da memoria. Resiste la mediatrice (omissis) con controricorso e ricorso incidentale con un motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo del ricorso principale denuncia ex artt. 1219, 2943, 2950 c.c., che sia stata erroneamente rilevata come interrotta ex art. 2950 c.c., la prescrizione della pretesa alla provvigione dal momento dell’invio di una raccomandata da parte dell’attrice. Si argomenta che tale lettera non ha i requisiti per valere come costituzione in mora.

Censurata è la seguente parte della sentenza: “Accertata la sussistenza del rapporto di mediazione e il diritto alle provvigioni in capo alla (mediatrice), la Corte constata la mancata prescrizione di tale diritto. Il contratto preliminare è stato stipulato il (omissis), mentre l’atto di citazione dinanzi al Tribunale è stato notificato il 15/03/2011 (…). Ciononostante, detto termine è stato interrotto dalla (mediatrice) con la raccomandata del 14/04/2010 (…), con la quale richiedeva all’avvocato di (omissis) (interessato all’acquisto) i danni conseguenti alla mancata stipula del rogito (…) di compravendita dell’immobile di proprietà del (…) (omissis) e quantificabili in misura pari all’ammontare delle provvigioni non percepite. Tale atto denota, infatti, la vitalità del diritto stesso, dimostrando la volontà della (mediatrice) di ritenere ancora operante il rapporto di mediazione con il (…) (omissis) e il relativo diritto al pagamento delle (…) provvigioni”.

Le censure del ricorrente hanno ad oggetto: la diversità del diritto alla provvigione fondato sulla stipula del preliminare rispetto alla richiesta risarcitoria fondata sulla mancata stipula del definitivo (senza che rilevi la precisazione parimenti contenuta nella raccomandata che tale richiesta era quantificata in misura pari all’ammontare delle provvigioni), la mancanza di una costituzione in mora, la mancanza di indicazione di un importo indicato.

Del primo motivo è da dichiarare l’inammissibilità.

La struttura argomentativa del motivo è la seguente: poiché il giudice di merito ha accertato che la raccomandata del 14/04/2010 ha i requisiti della costituzione in mora e tale accertamento è erroneo (cioè, non corrisponde alla realtà delle cose), allora sono state violate le norme giuridiche indicate nella rubrica del ricorso (in particolare l’art. 2950 c.c.). Un’argomentazione siffatta scambia il ruolo di questa Corte per quello di una terza istanza di merito. In altre parole, il ricorrente sovrappone il suo apprezzamento che la raccomandata non è atto idoneo ad interrompere la prescrizione all’apprezzamento in senso opposto che il giudice di merito ha espresso in una motivazione sensata, che quindi non si espone a censure in un giudizio di legittimità. In particolare, si rivela congruo il rilievo che la Corte di appello ha attribuito alla quantificazione della richiesta risarcitoria in misura pari all’ammontare delle provvigioni non percepite, nonché la qualificazione della stipula del preliminare come fonte del diritto alla provvigione in linea con la giurisprudenza di legittimità (cfr. tra le altre Cass. 20132/2022).

Il primo motivo è inammissibile.

2. – Il secondo motivo censura ex art. 2932 c.c., che sia stata ritenuta possibile l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare.

Censurata è la seguente parte della sentenza: (omissis) “ha spontaneamente voluto stipulare un contratto preliminare con (…) (omissis), anche in presenza del sequestro conservativo e delle irregolarità sull’immobile che avevano comportato l’annullamento della proposta di acquisto. Sulla base del fatto che il signor (omissis) ha continuato a interessarsi del bene immobile in questione, e in virtù degli artt. 1755 e 1757 c.c., la Corte ritiene che sia maturato il diritto alla provvigione in favore della società (omissis) per l’attività da questa svolta, che ha messo in contatto le due parti qui appellate. (…) Il contratto preliminare, inoltre, deve essere considerato la fonte delle provvigioni della società, perché risultava passibile di esecuzione specifica. (…) Nel caso di specie, quest’ipotesi non si è verificata poiché il mutuo, la cancellazione del sequestro e la restituzione della somma, intercorsi tra i due odierni appellati, hanno realizzato comunque la vendita dell’immobile, anche se a un terzo soggetto, come d’altra parte previsto dalla clausola 1.1. del medesimo: “la parte promittente venditrice promette di cedere e vendere alla parte promittente acquirente che promette di acquistare per sé, persone o società che si riserva di nominare al momento della stipulazione del contratto definitivo, il diritto di proprietà dell’unità immobiliare (…)””.

Le censure del ricorrente sono essenzialmente le seguenti: la condizione apposta al preliminare (che l’immobile sarebbe stato trasferito libero da vincoli derivanti tra l’altro da sequestro) impediva l’azione ex art. 2932 c.c., poiché entro il termine stabilito (il 31/3/2010) il sequestro conservativo non era stato cancellato (lo fu successivamente attraverso la provvista del mutuo concesso da (omissis)).

Del secondo motivo è da dichiarare l’inammissibilità.

Esso non coglie la ratio decidendi della pronuncia, la quale si fonda sull’art. 1757 c.c., comma 2. Nel richiamare tale disposizione, la Corte di appello ha considerato che la subordinazione dell’obbligo di stipulare il definitivo alla cancellazione del sequestro comportasse che l’efficacia del contratto preliminare era sottoposta alla condizione risolutiva della mancata cancellazione del sequestro. Orbene, l’art. 1757 c.c., comma 2, dispone che, se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione. Applicato al caso di specie, in coerenza con la giurisprudenza che collega il diritto alla provvigione al preliminare, ciò comporta che la perdita di efficacia del preliminare per il verificarsi della condizione risolutiva della mancata cancellazione del sequestro non determina il venir meno del diritto alla provvigione.

Inoltre, è da segnalare che alla stregua della giurisprudenza di legittimità l’inadempimento del promittente venditore all’obbligo di provvedere alla cancellazione di pregresse ipoteche ovvero la sopravvenienza di iscrizioni o trascrizioni implicanti pericolo di evizione non impediscono comunque l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., del preliminare (cfr. Cass. 5228/1999).

Il secondo motivo è inammissibile.

3. – Il terzo motivo denuncia ex art. 112 c.p.c., che la Corte di appello si sia pronunciata su questioni che non sono state oggetto di motivi di appello da parte dell’attrice, che si è limitata a censurare il disconoscimento del carattere risolutivo (e non sospensivo) della condizione apposta al preliminare.

Il terzo motivo non è fondato.

A prescindere dal fatto che il motivo non riporta i passi salienti dell’atto di appello sulla base dei quali si potrebbe verificare l’esistenza del vizio di extrapetizione, il motivo è in ogni caso infondato poiché l’attrice appellante ha attaccato il motivo portante della pronuncia di rigetto della sua domanda relativa alla provvigione, cioè ha censurato il disconoscimento del carattere risolutivo della condizione apposta al preliminare. Tale iniziativa è idonea di per sé a veicolare automaticamente in appello in virtù dell’effetto devolutivo del gravame i fatti costitutivi del diritto alla provvigione già allegati in primo grado, i quali possono pertanto essere oggetto di cognizione da parte della Corte di appello.

Il terzo motivo è infondato.

4.1. – Il quarto motivo censura ex artt. 1755 e 1372 c.c., che si sia rilevato il nesso causale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare.

Il quinto motivo denuncia ex art. 2697 c.c., l’inesistenza di prove documentali e testimoniali a fondamento del diritto del mediatore.

Il sesto motivo censura ex art. 1372 c.c., che la Corte di appello abbia accertato il diritto alla provvigione pur al cospetto dell’annullamento della proposta d’acquisto del 2009, argomentando dalla successiva stipula del preliminare, per la quale la semplice messa in contatto delle parti ad opera della mediatrice è irrilevante.

Il settimo motivo denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di una serie di fatti decisivi: (a) l’inesistenza di un contratto tipico di mediazione, argomentata tra l’altro da un accordo del 2009 tra l’attrice e il venditore (omissis), il quale faceva sorgere il diritto alla provvigione dalla stipula del contratto definitivo; (b) la condizione apposta al preliminare; (c) la vendita a terzi dell’immobile; (c) la tardività dei motivi di appello (denuncia ex artt. 342, 346 c.p.c.); (d) la responsabilità della mediatrice per aver occultato il sequestro conservativo e le problematiche urbanistiche.

4.2. – I motivi dal quarto al settimo sono da esaminare in modo distinto, ma contestuale. Essi sono tutti da disattendere. Infatti, pur nella varietà dei profili e nella diversità di tipo di censure, sono ispirati dalla medesima impostazione che: (a) si possa ottenere un accoglimento del ricorso se si prospettano come errori di diritto quelli che in realtà sono (pretesi) errori commessi nella ricostruzione e apprezzamento della situazione di fatto rilevante in causa; (b) si possa aprire la prospettiva di un nuovo accertamento relativo alla stessa controversia dinanzi al giudice di rinvio, nonostante che l’apprezzamento dei fatti rilevanti compiuto in (questo caso in) appello abbia trovato la propria espressione in una motivazione effettiva, resoluta e coerente, senza che la corte di legittimità debba impegnarsi a fare proprio l’apprezzamento, che rimane del giudice di merito anche dopo aver superato il vaglio del giudizio di legittimità (cfr. l’aggettivo possessivo “suo”, riferito in modo pregnante dall’art. 116 c.p.c., comma 1, all’apprezzamento del giudice di merito).

4.3. – In particolare, quanto al quarto motivo, la parte saliente censurata della sentenza è la seguente: “La Corte accoglie l’appello della (omissis) s.r.l. perché ritiene che il contratto preliminare intercorso tra (omissis) e (omissis) rientri nell’attività di mediazione svolta tra le parti dalla società appellante, alla luce del fatto che l’oggetto del contratto sia proprio l’immobile per cui la società aveva offerto le sue prestazioni e dal momento che tale attività non si era interrotta con l’annullamento della proposta d’acquisto fatta al signor (omissis). (…) Difatti, nonostante detto annullamento avrebbe potuto concludere ogni rapporto tra la società e il signor (omissis), quest’ultimo ha spontaneamente voluto stipulare un contratto preliminare con il signor (omissis), anche in presenza del sequestro conservativo e delle irregolarità sull’immobile che avevano comportato l’annullamento della proposta di acquisto. Sulla base del fatto che il signor (omissis) ha continuato a interessarsi del bene immobile in questione, e in virtù degli artt. 1755 e 1757 c.c., la Corte ritiene che sia maturato il diritto alla provvigione in favore della società (omissis) per l’attività da questa svolta, che ha messo in contatto le due parti qui appellate”.

Le censure oggetto del quarto motivo sono essenzialmente le seguenti: i contraenti (omissis) e (omissis) hanno manifestato la volontà di obbligarsi solo se il provvedimento di sequestro conservativo fosse stato revocato entro il (omissis) (…). La prima fase delle trattative, condotte dalla società (omissis), si era conclusa con esito negativo (…). Dopo sei mesi, i convenuti (omissis) – (omissis) per prevenire una controversia giudiziaria tra loro, riprendevano le trattative e solo per effetto di nuove iniziative perfezionavano il contratto preliminare condizionato del (omissis).

Del quarto motivo è da dichiarare l’inammissibilità.

La parte ricorrente prospetta come violazione degli artt. 1755 e 1372 c.c., ciò che è frutto della propria valutazione dei fatti, alternativa a quella sottesa alla pronuncia impugnata. Il brano riportato della motivazione della sentenza di appello attesta che la Corte di appello ha fatto un governo incensurabile del proprio potere di apprezzamento.

Il quarto motivo è inammissibile.

4.4. – Quanto al quinto motivo le censure (oltre all’asserita assenza di prove documentali del diritto alla provvigione) sono essenzialmente le seguenti: i testi escussi deponevano in maniera contraria alle aspettative della società attrice. In particolare, i tre testimoni rammentavano gravi problematiche urbanistiche esistenti sull’unità immobiliare proposta in vendita.

Il quinto motivo è infondato.

Le testimonianze delle quali il ricorrente lamenta l’omessa considerazione vertono su aspetti irrilevanti al fine del maturare del diritto alla provvigione. A tale proposito, istruttivo è il raffronto con la fattispecie sottesa alla già citata Cass. 20132/2022, ove si è statuito che la provvigione spetta al mediatore sulla base della stipula tra le parti di un contratto preliminare di vendita di un immobile anche quando esso sia privo della concessione edificatoria e non regolarizzabile urbanisticamente. Nel caso di specie, irrilevanti sono i problemi tecnici e urbanistici di cui hanno riferito i testimoni, bensì il fatto della stipula del contratto preliminare ricondotto all’attività di intermediazione svolta dall’attrice, senza che incida l’avverarsi della condizione risolutiva (cfr. art. 1757 c.c., comma 2).

Il quinto motivo è rigettato.

4.5. – Quanto al sesto motivo, esso dà corpo ad un altro tentativo di sovrapporre l’apprezzamento di parte all’apprezzamento che la Corte di appello ha espresso in una motivazione che non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità (cfr. i brani di motivazione riportati nei paragrafi n. 2 e 4.3). Il tentativo si focalizza sul consensuale annullamento della proposta di acquisto, il quale tuttavia non vale a minare l’accertamento giudiziale del nesso di causalità che collega all’attività della mediatrice la successiva stipula del preliminare tra le medesime parti.

Il sesto motivo è inammissibile.

4.6. – Quanto settimo motivo, esso costituisce una specie di contenitore in cui sono riepilogati sotto il manto della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5, i principali profili di doglianza rivolti dal ricorrente all’indirizzo dell’accertamento contenuto nella sentenza impugnata. Ciascun profilo fatto valere è privo del carattere decisivo al fine di aprire la strada ad un nuovo accertamento di merito. In particolare, i profili (a) e (d) sono irrilevanti, mentre gli altri ripropongono aspetti già fatti valere nei precedenti motivi di ricorso.

Il settimo motivo è inammissibile.

5. – L’unico motivo del ricorso incidentale censura ex art. 91 c.p.c., che la Corte di appello, nel riformare la sentenza di primo grado, abbia rilevato la soccombenza totale di (omissis), ma si sia limitata a condannare il convenuto soccombente al rimborso delle spese del solo grado di appello e non anche del primo grado, che lo aveva visto assegnatario di una somma di Euro 20.500, a lui corrisposta dall’attrice (omissis), integralmente vincitrice in secondo grado.

Censurata dal ricorso incidentale è la seguente parte della sentenza: “Le spese di lite del grado d’appello, liquidate come in dispositivo in applicazione del D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza, che è totale in capo a (omissis)”. Sono state liquidate poi Euro 13.000.

Il motivo del ricorso incidentale è fondato e va accolto.

Una volta riconosciuta la soccombenza totale del (omissis), la Corte di appello avrebbe dovuto rideterminare anche le spese del giudizio di primo grado a misura di tale soccombenza: compito che adesso andrà assolto in sede di giudizio di rinvio.

6. – E’ rigettato il ricorso principale, è accolto il ricorso incidentale, è cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale, è rinviata la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui è demandata altresì la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Inoltre, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente in via principale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale, rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda altresì la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente in via principale, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2023

Allegati

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