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Cassazione civile sez. II, 02/03/2025, n. 5528

Massima

La deliberazione dell’assemblea dei condomini che abbia per oggetto l’esecuzione di lavori relativi a parti di proprietà esclusiva, come i balconi dei singoli condomini, è affetta da nullità per impossibilità giuridica dell’oggetto, in quanto esula dalle attribuzioni proprie dell’assemblea.
Di conseguenza, tali delibere nulle, diversamente da quelle semplicemente annullabili, sono sottratte al termine perentorio di trenta giorni per l’impugnazione stabilito dal secondo comma dell’articolo 1137 del codice civile.

Supporto alla lettura

Condominio

1.La natura giuridica del Condominio.

Quella della natura giuridica del condominio è una questione che ha fatto sorgere numerosi contrasti in dottrina e in giurisprudenza. La giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa sostenendo che il condominio non può considerarsi un soggetto giuridico distinto dai singoli condomini che lo compongono. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti.
In questo contesto dottrina e giurisprudenza hanno elaborato diverse teorie alle volte in contraddittorio tra loro. S’è detto che il condominio è:
a) un ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica e autonomia patrimoniale distinta da quella dei suoi partecipanti (Cass n. 7891/2000);
b) un centro d’imputazione d’interessi distinto dai singoli partecipanti (Cass. 19 marzo 2009, n. 6665);
c) una organizzazione pluralistica (Cass. SS.UU. n. 9148/08).
La legge di riforma n. 220/2012 non ha preso posizione sul problema ma, come evidenziato dalle Sezioni unite della Suprema corte nella sentenza n. 19663/2014, ha introdotto una serie di disposizioni che sembrerebbero confermare la tendenza alla progressiva configurabilità “di una sia pur attenuata personalità giuridica”. In merito si rimanda all’ammissione della pignorabilità da parte dei fornitori del conto corrente condominiale, nonostante il nuovo disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. sulla responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni comuni. Ma con la sentenza n. 10934/2019, le medesime Sezioni unite hanno escluso che il condominio possa configurarsi come un autonomo soggetto di diritto.

2. Condominio consumatore

È utile ricordare che ai sensi dell’art. 3 del codice del consumo (d.lgs n. 206/2005), consumatore o utente è “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3 lett. a) Codice del consumo), mentre il professionista è “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario” (art. 3 lett. c) Codice del consumo).
L’orientamento che si è finora delineato, sia di merito che di legittimità, ha valorizzato in via pressoché esclusiva l’assunto secondo il quale, essendo il condominio ente di gestione privo di personalità giuridica, «l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale» (Cassazione, sentenze 10679/2015 e 452/2005). Di recente il tribunale di Milano, con ordinanza sospensiva del giudizio, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell’ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all’attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione …” (Trib. Milano, ord. 1 aprile 2019).
La corte di Giustizia si è pronunciata affermato che il Condominio è consumatore “L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva” (Corte giustizia UE , 02 aprile 2020, n.329, sez. I).

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RILEVATO CHE:

1. con ricorso depositato il 26 giugno 2008, Ca.Ma. e De.Li. impugnarono la delibera del 6 dicembre 2007, con la quale l’assemblea del condominio di via delle Ginestre 22 a Salerno (in seguito, “Condominio”) incaricava un tecnico di redigere il computo metrico di lavori straordinari deliberati, compresi quelli privati, riguardanti i balconi, e la delibera del 5 maggio 2008, con la quale veniva scelta l’impresa appaltatrice per l’esecuzione delle opere condominiali e private.

Il Tribunale di Salerno, nel contraddittorio del Condominio, dichiarò inammissibile il ricorso per essere stato svolto oltre il termine decadenziale di trenta giorni ex art. 1137 comma 2 c.c.;

2. proposta impugnazione dai condomini De.Li. e Ca.Ma., la Corte d’Appello di Salerno, nel contraddittorio del Condominio, ha confermato la decisione di primo grado, da un lato, perché i condomini dissenzienti erano decaduti dal potere di impugnare le due delibere che, non avendo pregiudicato né vincolato le proprietà esclusive dei singoli partecipanti, non erano viziate da nullità e, quindi, dovevano essere impugnate nel termine perentorio di trenta giorni previsto dal secondo comma dell’art. 1137 c.c.; dall’altro, perché il ricorso dei condomini dissenzienti era inammissibile, per carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., in ragione del fatto che le dette decisioni dell’assemblea non arrecavano pregiudizio alla loro proprietà, mediante l’esecuzione di lavori non assentiti, né violavano i criteri di ripartizione delle spese per la ristrutturazione del fabbricato, poiché era prevista una doppia contabilità: una per le opere condominiali e un’altra per gli interventi di natura privata.

Da un diverso punto di vista, spiega la sentenza, per un verso, come si evince dalla decisione assembleare del 5 maggio 2008, i condomini avevano delegato l’amministratore a sottoscrivere anche in loro nome il contratto di appalto che prevedeva anche i lavori relativi alle loro unità immobiliari, in tal modo assumendosi, personalmente ed esclusivamente, gli oneri e i rischi relativi agli interventi che interessavano le loro proprietà; per altro verso, nel contratto d’appalto del 16 dicembre 2008 venivano distinti i lavori e i prezzi relativi alle parti condominiali da quelli aventi ad oggetto le parti di proprietà esclusiva (balconi, sottobalconi, parapetti, etc.), sicché risultavano differenziate le obbligazioni assunte rispettivamente dal condominio e dai singoli condomini;

3. De.Li. (anche nella qualità di erede di Ca.Ma.) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi.

Il Condominio ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato una memoria prima dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO CHE:

I. preliminarmente, va disattesa l’eccezione, formulata in controricorso, di inammissibilità del ricorso per omessa indicazione delle “norme violate e falsamente applicate”.

E questo perché – lo si vedrà immediatamente – entrambi i motivi indicano le norme di diritto che si assumono violate.

1. il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 1135,1137,1418 c.c.: si addebita alla Corte d’Appello di non avere compreso che le due delibere assembleari in questione sono nulle in quanto riguardano oggetti estranei alla competenza assembleare, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno inciso sui diritti individuali dei condomini dissenzienti;

2. il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 100 c.p.c., degli artt. 1135, 1137, 1418 c.c.: si sostiene che, al contrario di quanto statuito dalla sentenza impugnata, sussiste l’interesse dei condomini dissenzienti ad ottenere la declaratoria di nullità delle delibere assembleari, che hanno portato alla stipula di un contratto di opera professionale (delibera del 06/12/2007) e di un appalto (delibera del 05/05/2008) in forza dei quali il Condominio committente (e quindi anche la ricorrente) ha assunto responsabilità contrattuali, e extracontrattuali nei confronti dei terzi;

3. i due motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.

Il secondo motivo lo è in ragione dell’interesse ad agire della condomina dissenziente in relazione all’impugnazione delle deliberazioni assembleari, invero (per quanto appresso indicato) nulle e non annullabili, poiché dell’adempimento dei contratti – di incarico professionale e di appalto – scaturiti dalle decisioni assembleari e sottoscritti, per l’ente di gestione, dal suo amministratore, risponde il Condominio e, quindi, ciascun condomino.

Del pari fondata è la prima censura: la sentenza, che ritiene che le decisioni dell’assemblea non siano nulle, ma annullabili e che, pertanto, siano impugnabili nel termine perentorio di trenta giorni ex art. 1137 comma 2 c.c., si discosta dall’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 9839 del 14/04/2021, Rv. 661084 – 03; in termini, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16953 del 25/05/2022, Rv. 665048 – 01).

È stato infatti chiarito che la deliberazione dell’assemblea dei condomini deve ritenersi affetta da nullità, tra le altre ipotesi, in caso di “impossibilità dell’oggetto, in senso materiale o in senso giuridico, da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione”. L’impossibilità giuridica dell’oggetto, in particolare, va valutata in relazione alle “attribuzioni” proprie dell’assemblea: quest’ultima, quale organo deliberativo della collettività condominiale, può occuparsi solo della gestione dei beni e dei servizi comuni. Perciò, l’assemblea non può “occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, giacché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell’edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell’assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi” (Sez. U, Sentenza n. 9839 del 14/04/2021, Rv. 661084 – 03); in termini, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16953 del 25/05/2022, Rv. 665048 – 01).

Prima dell’intervento delle Sezioni unite, la Corte aveva già avuto modo di affermare che l’assemblea condominiale non può validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, salvo che non si riflettano sull’adeguato uso delle cose comuni, nel caso di lavori di manutenzione di balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti che vi accedono (Cass. nn. 6652/2017, 7042/2020 proprio in tema di delibere riguardanti i balconi, ma non gli elementi decorativi o cromatici degli stessi).

Con riferimento alla fattispecie concreta in esame, è indubbio che siano nulle, e perciò, diversamente da quanto stabilito dal giudice di merito, sottratte al termine di impugnazione di cui al secondo comma dell’articolo 1137, le delibere assembleari riguardanti gli interventi sui balconi di proprietà dei singoli condomini, trattandosi di decisioni non inerenti alla gestione condominiale;

4. il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a quo, che riesaminerà la causa attenendosi agli enunciati principi, e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, in data 12 febbraio 2025, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2025.

Allegati

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