Massima

In un giudizio in sede di rinvio, pur connotandosi come prosecutorio (o proprio) e quindi soggetto di norma alle regole processuali vigenti al momento dell’instaurazione del procedimento originario, l’applicabilità dell’art. 127 ter c.p.c. (sostituzione dell’udienza con il deposito di note scritte), ai sensi dell’art. 35, comma 2, del D.Lgs. n. 149/2022 (Riforma Cartabia), decorre dall’1 gennaio 2023 anche per i procedimenti pendenti dinanzi alla Corte d’Appello.

Supporto alla lettura

ADOZIONE

L’ adozione è il rapporto di filiazione giuridica costituito fra soggetti non legati da filiazione di sangue.

La Legge n. 184 del 1983, riformata dalla Legge n. 149/2001, disciplina l’ istituto giuridico dell’ adozione, ponendo in primo piano l’interesse del minore abbandonato e il suo diritto ad avere una famiglia.

Sono previste le seguenti tipologie di adozione:

  • ADOZIONE NAZIONALE: l’adozione di un bambino in stato di abbandono sul territorio italiano.
  • ADOZIONE INTERNAZIONALE:A l’adozione di un bambino in stato di abbandono che si trova all’estero, in paesi con cui sono in vigore trattati internazionali o bilaterali con l’Italia e in cui operano associazioni autorizzate e certificate che fanno da tramite tra la coppia e le istituzioni del paese stesso (Enti Autorizzati).
  • ADOZIONE DI MAGGIORENNE: riguarda persone maggiori di età (e quindi giuridicamente autonome) che entrano a far parte degli interessi prevalentemente patrimoniali anche della famiglia dell’adottante;
  • ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI:  tutela il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi, o i minori che si trovino in particolari situazioni di disagio (art. 44 lettere a, b, c e d della legge 184/83). Le ipotesi in cui si può far ricorso a questo tipo di istituto sono tassativamente previste dalla legge e di norma, tranne alcune eccezioni, l’adottato antepone al proprio il cognome dell’adottante. Presupposto fondamentale è che i genitori dell’adottando prestino il proprio assenso, qualora siano in condizioni tali da fornirlo.

I requisiti essenziali al fine di dar luogo all’ adozione sono:

  • la dichiarazione dello stato di abbandono di un minore
  • l’idoneità dei coniugi ad adottare.

Competente a emettere entrambi i provvedimenti è il tribunale per i minorenni nel cui distretto si trova il bambino abbandonato.

L’adozione vera e propria è preceduta dall’affidamento preadottivo e, una volta intervenuta, spezza ogni vincolo di parentela fra il minore e i suoi familiari naturali, conferendo al bambino lo stato di figlio legittimo degli adottanti.

L’art.6 della Legge n. 184/83 stabilisce che l’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal Tribunale per i minorenni.
Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. L‘età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore.
Non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni.

Decorso un anno dall’affidamento, con possibilità di proroga di un anno, il tribunale, se ricorrono tutte le condizioni, pronuncia l’adozione, con la quale  cessano i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine e l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti ed il loro cognome.

N.B. La legge 184 del 1983 afferma che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, e che devono essere “disposti interventi di sostegno e aiuto” per favorire tale diritto. A tal proposito, la cd. adozione mite  mira a preservare il diritto del minore a mantenere un rapporto con la famiglia di origine ( difatti il minore, pur affidato legalmente ad altre persone, conserva il rapporto con i propri genitori e fratelli/sorelle biologici) ed è un istituto riconducibile all’art 44 lett. d) della Legge 184/1983, applicabile nei casi di semiabbandono, o abbandono ciclico o semipermanente.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza non definitiva n. 4138/2021, ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto tra A.A. e B.B. disponendo la prosecuzione del giudizio in ordine alle eventuali ulteriori pronunce accessorie sui figli.

Nel corso del prosieguo del giudizio di divorzio, dinanzi al Tribunale di Napoli B.B., ha chiesto la conferma di quanto statuito consensualmente nel giudizio di separazione (Tribunale di Napoli, sentenza n. 8826/2021) con particolare riferimento all’affido condiviso dei figli minori C.C. (nato a N il (Omissis)), D.D. (nata a N il (Omissis)) e E.E. (nata a N il (Omissis)).

 

1.2. Sempre in corso di causa, in data 05/08/2022, B.B., ha depositato un ricorso ex art. 709-ter c.p.c., chiedendo di essere autorizzata a trasferirsi, unitamente ai tre minori, in P (a 850 km. circa da N) per motivi di lavoro.

Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 23/09/2022, senza modificare il regime di affido condiviso, ha accolto la richiesta di trasferimento in P proposta con ricorso ex art.709-ter c.p.c. in considerazione delle prospettate ragioni lavorative della B.B.

A.A. ha reclamato tempestivamente detta ordinanza dinanzi alla Corte di Appello di Napoli – Sezione minori, ed ha richiesto, medio tempore, una pronuncia cautelare in ordine alla sospensione dell’efficacia esecutiva dell’impugnata ordinanza.

La Corte di Appello con decreto n. 2058/2022, depositato il 12/04/2023, ha rigettato l’istanza cautelare e respinto il reclamo.

 

1.3. Il decreto della Corte partenopea è stato cassato con rinvio da questa Corte con ordinanza n. 12282/2024, in accoglimento del ricorso proposto da A.A.; segnatamente, la decisione di legittimità è stata così motivata “Il primo motivo di ricorso è fondato in quanto il trasferimento dei tre figli in località distante parecchi chilometri da quella di residenza del padre non potrà non essere di ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli nonostante al primo sia stata riconosciuta la “facoltà di vederli e tenerli quando desidera”. Infatti, la Corte di merito non ha valutato quella considerevole distanza tra le due città che non consente frequentazioni giornaliere, se non della durata di poche ore, ma al contrario solo visite di più giorni, data la notevole durata del viaggio. Tenendo poi conto che i figli frequentando la scuola, corsi sportivi, palestra, etc., non possono certo assentarsi troppo tempo dalla città di residenza, quantomeno nel lungo periodo scolastico, senza individuare idonee compensazioni.

Il trasferimento potrebbe configurare una violazione del diritto alla bigenitorialità anche in quanto la Corte di merito non ha valutato in alcun modo la questione, limitandosi a riportare le dichiarazioni rese dai due fratelli C.C. ed D.D. ma non risulta sia stata ascoltata la più piccola E.E.

Alla luce dell’accoglimento del primo motivo di ricorso deve essere anche accolto il terzo in quanto la valutazione della Corte di merito di condannare il ricorrente a 1.400,00 Euro di sanzione appare immotivata e perciò illegittima.”.

 

1.5. All’esito del giudizio di rinvio, debitamente riassunto, la Corte di appello ha respinto con decreto n. 4605/2024 pubblicato il 14 novembre 2024 il reclamo già proposto da A.A. La Corte territoriale, sulla scorta degli aggiornamenti istruttori costituiti dalla relazione dei Servizi Sociali di P data 28/3/2024 depositata da B.B. all’atto della costituzione, ha ritenuto che trasferimento a P fosse stato accettato dai minori, ascoltati dai Servizi sociali, che erano risultati ben inserti nella realtà scolastica, amicale e sociale del posto ed avevano mantenuto un positivo rapporto con il padre; ne ha dedotto che le condizioni di vita e la distanza geografica tra la residenza paterna e quella materna, in ragione del superiore interesse dei minori, accertato e valutato all’esito dell’attività istruttoria, imponeva un sacrifico del rapporto di bigenitorialità, che poteva essere sopperito mediante misure compensative che ha predisposto, delineando un regime di vista e di incontri calibrato sulla peculiarità del rapporto al fine di favorire la continuità dei rapporti padre/figli.

 

1.6. A.A. ha proposto ricorso chiedendo la cassazione del decreto in epigrafe indicato con sette motivi illustrati con memoria. B.B. ha replicato con controricorso e memoria.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1.1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 127 ter, secondo comma, c.p.c. (error in procedendo), degli artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. e deduce la nullità del procedimento.

Il ricorrente riferisce che la Corte di merito, con decreto comunicato in data 6/9/2024, aveva revocato, in applicazione della previsione di cui all’art. 127 ter, primo comma, c.p.c., l’udienza in presenza fissata per il 20/09/2024 sostituendola con la trattazione scritta con termine per note in sostituzione dell’udienza fino al 20/9/2024. Deduce di avere depositato al fascicolo telematico in data 7/9/2024 (nel termine di cinque giorni) istanza per la discussione orale, rappresentando un possibile pregiudizio al diritto di difesa in ragione del thema decidendum e del fatto che la controparte non si era ancora costituita al momento della presentazione dell’istanza. Si duole che la Corte di merito non abbia provveduto con decreto non impugnabile nei successivi cinque giorni e denuncia la violazione dell’art. 127 ter, secondo comma, c.p.c.

In proposito, il ricorrente sostiene che:

– il termine di cinque giorni stabilito dalla norma deve intendersi come “perentorio”;

– la violazione dell’art. 127 ter, secondo comma, c.p.c. non gli aveva consentito di poter esporre compiutamente le proprie istanze;

– ciò era avvenuto in violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. secondo il quale “la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, cui è coessenziale il rispetto del principio del contradditorio anche nelle fasi endoprocedimentali;

– il principio del contraddittorio è rafforzato dall’art. 111 Cost. secondo il quale “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale”;

– la denunciata violazione aveva comportato la nullità del procedimento.

 

2.1.2. La controricorrente B.B. contesta la fondatezza della censura e sostiene che non vi era stata violazione del diritto di difesa in quanto:

– il ricorrente aveva potuto svolgere le proprie deduzioni conclusive mediante atto scritto e nelle stesse non era stata nuovamente esplicitata la richiesta di discussione orale (all. 29, contr.):

– l’art. 127 ter c.p.c. rimette al Giudice la decisione sulla sostituzione dell’udienza con lo scambio di note scritte;

– il ricorrente, in epoca successiva all’udienza del 20 settembre 2024 (sostituita con note scritte) in cui la Corte territoriale aveva trattenuto la causa in decisione, aveva depositato un (irrituale) “sollecito” datato 11 ottobre 2024 (all. 30, contr.) senza richiedere di revocare l’ordinanza tramite cui la Corte aveva disposto di trattenere la causa in decisione, rinunciando – in tesi della controricorrente – a qualsiasi doglianza concernente la presunta violazione del diritto di difesa di cui al primo motivo di ricorso.

 

2.2. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 337 ter c.c. e art. 8 CEDU, nullità del provvedimento ex art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c. n. 4, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.; il ricorrente assume che il provvedimento de quo, nella parte in cui ha confermato il trasferimento, non risulterebbe motivato e non conterrebbe nessuna pronuncia in ordine all’unico fatto decisivo per il giudizio (id est: la legittimità del trasferimento); deduce che il provvedimento ostacolerebbe la possibilità dei figli di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori e l’esercizio della bigenitorialità da parte sua e si duole che non sia stata svolta adeguata istruttoria, lamentando che la ex moglie aveva allegato alla richiesta di trasferimento un’esigenza di lavoro, mai realizzata, e che sia stato ignorato che ella aveva iniziato una convivenza con un nuovo compagno in P.

 

2.3. Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 337 ter c.c., nullità del provvedimento ex art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c. n. 4, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c.; il ricorrente deduce che la decisione pregiudica la possibilità dei figli di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi i genitori e ricorda che i figli erano ben inseriti anche nella realtà sociale e familiare napoletana; lamenta la mancata di motivazione in ordine alla legittimità del provvedimento del Tribunale di Napoli osservando che quanto desumibile dalla relazione dei Servizi sociali non risultava confacente alla valutazione richiesta in ordine alla legittimità del provvedimento impugnato, riguardando le valutazioni compiute da soggetti terzi, mentre non risultavano esaminati fatti nuovi, quali il mutamento dell’indirizzo scolastico da parte del figlio più grande e l’abbandono dell’attività sportiva prima seguita, circostanze fattuali non prese in esame dalla Corte di appello.

 

2.4. Il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., nullità del provvedimento ex art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c. n. 4, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c.; il ricorrente sostiene che la Corte di appello non si sarebbe attenuta al dictum della Cassazione laddove questa, evidenziando la notevole distanza tra le città di residenza dei genitori, aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di valutare l’incidenza di tale circostanza sull’esercizio del diritto alla bigenitorialità e sulla opportunità di attuare misure compensative al sacrifico della bigenitorialità; a parere del ricorrente, la Corte di appello non avrebbe potuto disporre misure compensative, mai da lui richieste, stante la pendenza del giudizio di divorzio concernente i provvedimenti accessori, ma avrebbe dovuto ravvisare la illegittimità del disposto trasferimento; osserva che le misure compensative erano inidonee a garantire il diritto alla bigenitorialità.

 

2.5. Il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. in rapporto all’art. 337 ter c.c., nullità del provvedimento ex art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c. n. 4, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., il ricorrente, dopo avere osservato che nel giudizio principale di divorzio era stato statuito l’affido condiviso dei minori, sostiene che l’autorizzato trasferimento dei minori a P violava la statuizione sull’affido condiviso che avrebbe dovuto essere previamente modificato per consentire il trasferimento.

 

2.6. Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nullità del provvedimento ex art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c. n. 4, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.; a suo parere la decisione impugnata non sarebbe stata fondata su fatti, ma su meri intendimenti della ex moglie (intendimento di svolgere attività lavorativa; desiderio di una dislocazione diversa atta a rasserenare la sfera emotiva e psicologica dei minori provati da tensioni endofamiliari, etc.), rimasti indimostrati.

 

2.7. Il settimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nullità del provvedimento ex art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c. n. 4, in merito alla statuizione di compensazione delle spese di lite che ha ricompreso anche il primo giudizio di legittimità, nel quale era risultato vittorioso.

 

3. La questione proposta con il primo motivo, concernente la modalità applicativa dell’art. 127 ter c.p.c. e gli effetti della sua violazione, rende opportuna la rimessione del ricorso alla pubblica udienza per la sua valenza nomofilattica.

Nella fattispecie in esame, la sostituzione dell’udienza con le note scritte si è inserita in un giudizio in sede di rinvio nell’ambito di un procedimento di reclamo soggetto alle regole del rito camerale.

Essa pone i seguenti interrogativi:

– se sia perentorio o meno il termine di cinque giorni previsto dall’art. 127 ter c.p.c. per l’adozione da parte del giudice del decreto riguardante l’istanza di opposizione alla trattazione scritta presentata ad iniziativa di una delle parti costituite;

– se la decisione giurisdizionale sull’istanza impediente possa essere resa per implicito;

– se la mancata pronuncia con decreto da parte del giudice, sull’istanza di opposizione, confligga con i principi inerenti il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio e l’oralità del giudizio e costituisca violazione di una regola processuale che integra motivo di nullità del provvedimento impugnato, afferendo al concreto dispiegarsi del contraddittorio nel processo;

– se, a tal fine, debba occorrere o meno l’allegazione e/o la prova di un concreto e ulteriore pregiudizio cagionato dalla mancata pronuncia;

– se l’eventuale nullità rilevi ai sensi dell’art. 156 c.p.c. o dell’art. 157 c.p.c. e con quali effetti;

– se la mancata riproposizione del contenuto dell’istanza di opposizione alla trattazione scritta nelle note scritte depositate in sostituzione dell’udienza, a cura della parte costituita opponente, e (nel caso di specie) nell’istanza di sollecito per la definizione del procedimento, rivolta alla Corte di merito dopo la riserva in decisione, implichi l’abbandono dell’opposizione stessa e/o sia incompatibile con la proposizione della doglianza per violazione dell’art. 127 ter c.p.c. in sede di legittimità.

 

4. Ai fini dell’individuazione della normativa applicabile va ricordato che il ricorso concerne un procedimento incidentale camerale promosso il 5 agosto 2022 da B.B., nell’ambito del giudizio divorzile instaurato nel 2020, deciso una prima volta dalla Corte di appello di Napoli con decreto con decreto n. 2058/2022 cassato da questa Corte con ordinanza n. 12282/2024; il procedimento è stato riassunto a seguito di rinvio e deciso una seconda volta dalla Corte partenopea con il decreto n. 4605/2024 pubblicato il 14 novembre 2024 oggetto della presente impugnazione.

Le vicende processuali in esame intercettano l’entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. Riforma Cartabia) e del D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 (breviter, D.Lgs. correttivo).

Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 19701/2010, il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita ad un nuovo ed ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico ed unitario.

Come si evince dall’ordinanza di legittimità n. 12282/2024, già resa nel presente caso, non è stato annullato l’intero giudizio di merito, di guisa che il rinvio si connota come prosecutorio (o proprio), ex art. 383, primo comma, c.p.c., muovendo dalla distinzione tra rinvio prosecutorio (o proprio), di cui all’art. 383, primo comma, cod. proc. civ., e rinvio restitutorio (o improprio) di cui all’art. 383, terzo comma, cod. proc. civ.

Ne consegue che trova applicazione il principio secondo il quale, in tema di incidenza dello ius superveniens processuale sul giudizio di rinvio, nell’ipotesi di rinvio cd. prosecutorio (o proprio) ex art. 383, primo comma, c.p.c., il giudice non deve tener conto delle modifiche processuali medio tempore intervenute, vertendosi in una fase ulteriore dell’originario procedimento (introdotto secondo le regole in quel momento vigenti) (Cass. Sez. U. n. 11844/2016), sempre che l’applicabilità delle modifiche sopravvenute non sia stata esplicitamente prevista dal legislatore.

 

5. Tanto premesso è opportuno ricordare, quanto alla successione delle leggi nel tempo ed al conseguente quadro normativo, che:

I) A seguito della c.d. Riforma Cartabia:

L’art. 127 ter c.p.c. (deposito di note scritte in sostituzione dell’udienza), è stato inserito dall’art. 3, comma 10, lett. b), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, entrato in vigore a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022.

L’art. 127 ter c.p.c. nel testo originario stabilisce:

“L’udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l’udienza è sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite.

Con il provvedimento con cui sostituisce l’udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al primo e secondo periodo possono essere abbreviati.

Il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note.

Se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza. Se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all’udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.

Il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note di cui al presente articolo è considerato data di udienza a tutti gli effetti.”

L’applicabilità e l’effetto dell’art. 127 ter c.p.c. è disciplinata dall’art. 35 del medesimo D.Lgs. n. 149/2022 che stabilisce, ai commi 1 e 2, che “1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.

2. Salvo quanto previsto dal secondo periodo, le disposizioni di cui agli articoli 127, terzo comma, 127-bis e 127-ter del codice di procedura civile, …introdotte dal presente decreto hanno effetto a decorrere dal 1 gennaio 2023 e da tale data si applicano ai procedimenti civili pendenti davanti al Tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione….”.

Quindi, con disposizione specifica, l’art. 35, comma 2, del D.Lgs. n. 149/2022 stabilisce, per quanto di interesse, che l’applicabilità dell’art.127 ter c.p.c. ai procedimenti pendenti dinanzi alla corte di appello ha effetto a decorrere dall’1 gennaio 2023.

La c.d. Riforma Cartabia non ha mutato l’art. 128 c.p.c. (udienza pubblica) che, nella vigenza del neo introdotto art. 127 ter c.p.c. cui si lega, stabiliva “L’udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume.

Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento dell’ordine e del decoro e può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni.”.

II) A seguito dell’emanazione del D.Lgs. n. 164 del 2024 (correttivo), entrato in vigore il 26 novembre 2024, il testo dell’art. 127 ter c.p.c. risulta essere il seguente:

“L’udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l’udienza è sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite. L’udienza non può essere sostituita quando la presenza personale delle parti è prescritta dalla legge o disposta dal giudice.

Con il provvedimento con cui sostituisce l’udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità.

Nel caso previsto dall’articolo 128, se una delle parti si oppone il giudice revoca il provvedimento e fissa l’udienza pubblica. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al primo e secondo periodo possono essere abbreviati.

Il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note.

Se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza. Se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all’udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.

Il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note di cui al presente articolo è considerato data di udienza a tutti gli effetti. Il provvedimento depositato entro il giorno successivo alla scadenza del termine si considera letto in udienza.”.

Anche l’art. 128 c.p.c. (udienza pubblica) è stato modificato e attualmente stabilisce che:

“L’udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume. Il giudice può altresì disporre la sostituzione dell’udienza ai sensi dell’articolo 127 ter, salvo che una delle parti si opponga.

Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento dell’ordine e del decoro e può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni.”.

Il D.Lgs. n. 164/2024 (correttivo) prevede una propria scansione per l’applicabilità ed efficacia delle disposizioni introdotte: l’art.7, comma 1, D.Lgs. cit. dispone che “1. Ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.”, senza che alcuna diversa previsione si ravvisi in relazione agli artt. 127 ter e 128 c.p.c.

 

6. La disciplina introdotta dagli artt. 127 ter e 128 c.p.c. e le successive modifiche sono state esaminate dalle Sezioni Unite nella recente sentenza n. 17603/2025 ove è stato puntualizzato, quanto alle differenze evincibili dai due testi normativi, che “VI. – Il D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, benché precisando al già citato art. 7, primo comma, che, “ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023”, ha modificato sia l’art. 127-ter che l’art. 128 cod. proc. civ.

La modifica è stata orientata al nesso con l’udienza pubblica.

La Relazione illustrativa ha chiarito le ragioni della scelta alludendo a “una soluzione mediana che, per un verso, valorizza l’impiego virtuoso della disposizione di cui all’art. 127-ter c.p.c. tutte le volte in cui la trattazione della causa in udienza appesantisce senza una concreta utilità la singola vicenda processuale e, più in generale, la gestione delle udienze e del ruolo del giudice”, e “per altro verso” consente di giungere alla conclusione per cui “la trattazione in udienza è obbligatoria e, dunque, insostituibile, nei casi in cui l’effettiva interlocuzione tra le parti e delle parti col giudice risulta necessaria – specialmente in presenza di un’espressa previsione di legge (artt. 117, 185 e 185-bis) – alla formazione del libero convincimento dell’organo giudicante, al pieno esercizio del diritto di difesa oppure alla definizione per via conciliativa della lite”, costituendo infine la possibilità del giudice di “disporre in ogni momento la presenza personale delle parti… una delle principali espressioni del potere generale del giudice di direzione del processo, previsto in via generale dall’articolo 175 del Codice di procedura civile”.

Con questo scopo il D.Lgs. correttivo ha apportato due modifiche nel testo dell’art. 127-ter:

(i) quanto al provvedimento con cui il giudice sostituisce l’udienza, il testo è stato integrato con la regola per cui “nel caso previsto dall’articolo 128, se una delle parti si oppone il giudice revoca il provvedimento e fissa l’udienza pubblica”;

(ii) quanto alla equiparazione a tutti gli effetti del giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note con quello di udienza, il testo è stato integrato nel senso che “il provvedimento depositato entro il giorno successivo alla scadenza del termine si considera letto in udienza”.

Il D.Lgs. è poi intervenuto sul testo dell’art. 128 inserendo un inciso di chiusura, per cui “il giudice può altresì disporre la sostituzione dell’udienza ai sensi dell’articolo 127-ter, salvo che una delle parti si opponga”. Inciso – codesto – di una certa qual rilevanza pratica, perché invece nell’art. 127-ter cod. proc. civ., e al contrario di quanto stabilito nell’art. 127-bis per l’ipotesi dell’udienza a distanza, l’opposizione di una sola parte non è sufficiente per obbligare il giudice a tenere l’udienza. Nell’art. 127-ter è richiesto che l’istanza impediente, che cioè obblighi il giudice a disporre “in conformità” all’opposizione, sia proposta da tutte le parti (costituite) “congiuntamente”” mentre nell’ipotesi di opposizione di una sola parte resta affidata alla discrezionalità del giudice l’assunzione di una decisione nell’un senso o nell’altro.

VII. – Il dato che nel complesso si desume sia dal testo originario dell’art. 127-ter (qui rilevante), sia dalle modifiche appena menzionate (per i procedimenti instaurati dopo il 28-2-2023), converge verso l’inesistenza, come detto, e in linea di principio, di ostacoli frapposti alla sostituzione dell’udienza col deposito di note scritte nel caso in cui l’udienza in questione sia disciplinata, in sé, come udienza pubblica.”.

Con la stessa decisione le Sezioni Unite hanno anche evidenziato, quanto al criterio ermeneutico, che vi è continuità tra il l’art.127 ter c.p.c. introdotto con la c.d. Riforma Cartabia e le modifiche apportate dal correttivo ed hanno affermato che “È consentito valutare le disposizioni del correttivo in una linea di continuità, secondo l’ottica alla quale queste Sezioni Unite, in altre materie, hanno ritenuto di associare il legittimo utilizzo di norme sopravvenute quale dato comparativo funzionale a dirimere dubbi esistenti a proposito di quelle anteriori…. ” e che “Sebbene direttamente applicabile ai procedimenti instaurati dopo il 28-2-2023, la manipolazione del testo non può non essere vista in un’angolazione di continuità con la precedente disciplina dettata dal medesimo art. 127-ter, non essendovi alcun elemento sistematico che induca a ritenere che il legislatore abbia optato per un mutamento radicale di regime a fronte del precedente più generico. E anzi dovendosi presumere, in difetto di precise diverse indicazioni ermeneutiche, e tenuto conto di quelle offerte nella Relazione illustrativa, che il legislatore medesimo, essendo intervenuto modificando un testo con formulazione non dissonante, si sia mosso per successivo affinamento e successiva integrazione, piuttosto che in un’ottica di discontinuità.”.

Alla luce del quadro normativo di recentissima introduzione e di quanto affermato dalle Sezioni Unite appare di particolare rilievo nomofilattico l’esame dei seguenti interrogativi posti dal primo motivo di ricorso:

– se sia perentorio o meno il termine di cinque giorni previsto dall’art.127 ter c.p.c. per l’adozione da parte del giudice del decreto riguardante l’istanza di opposizione alla trattazione scritta presentata ad iniziativa di una delle parti costituite;

– se la decisione giurisdizionale sull’istanza impediente possa essere resa per implicito;

– se la mancata pronuncia con decreto da parte del giudice, sull’istanza di opposizione, confligga con i principi inerenti il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio e l’oralità del giudizio e costituisca violazione di una regola processuale che integra motivo di nullità del provvedimento impugnato, afferendo al concreto dispiegarsi del contraddittorio nel processo;

– se, a tal fine, debba occorrere o meno l’allegazione e/o la prova di un concreto e ulteriore pregiudizio cagionato dalla mancata pronuncia;

– se l’eventuale nullità rilevi ai sensi dell’art. 156 c.p.c. o dell’art. 157 c.p.c. e con quali effetti;

– se la mancata riproposizione del contenuto dell’istanza di opposizione alla trattazione scritta nelle note scritte depositate in sostituzione dell’udienza, a cura della parte costituita opponente, e (nel caso di specie) nell’istanza di sollecito per la definizione del procedimento, rivolta alla Corte di merito dopo la riserva in decisione, implichi l’abbandono dell’opposizione stessa e/o sia incompatibile con la proposizione della doglianza per violazione dell’art. 127 ter c.p.c. in sede di legittimità.

 

RITENUTO CHE:

 

7. La questione complessivamente posta dal primo motivo di ricorso, stante l’assenza di specifici precedenti di legittimità (posto che la pronuncia resa da Cass. Sez. U. n. 17603/2025 è stata resa in relazione alla compatibilità ed applicabilità dell’art. 127 ter c.p.c. al rito del lavoro) e la sua particolare rilevanza nomofilattica, rende opportuna la rimessione della causa alla pubblica udienza, a ciò non ostando l’originaria sua fissazione in sede camerale (cfr. Cass. n. 19115/2017) ai sensi del combinato disposto degli art. 380-ter (come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022, applicabile ratione temporis) e 380-bis.1 c.p.c.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

 

P.Q.M.

– La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, contestualmente disponendone la trattazione in pubblica udienza;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

 

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 4 luglio 2025.

 

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2025.

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