SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il fallimento Antares Srl si rivolse al Tribunale di Latina per chiedere l’accertamento della simulazione o della nullità, o in subordine la revoca ai sensi dell’art. 67 legge fall. o dell’art. 2901 c.c., di due successivi contratti di compravendita di diritti immobiliari: il primo stipulato tra la società poi fallita e Taverna Latina Srl; il secondo tra quest’ultima e C.C. Srl
Le domande vennero tutte respinte dal Tribunale, con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello di Roma.
A seguito di ricorso del fallimento, la sentenza d’appello venne cassata da questa Corte con ordinanza n. 14435/2017, con rinvio per un nuovo esame alla medesima corte territoriale.
Il giudizio venne riassunto dal fallimento nei confronti di A.A. e B.B. – in qualità di ex soci di Taverna Latina Srl, società nel frattempo estinta – nonché di VEGA Srl, divenuta titolare dei diritti controversi in esito alla scissione parziale di C.C. Srl, anche questa nel frattempo estinta, dopo avere trasferito la sede negli Stati Uniti d’America.
La Corte d’Appello di Roma, disattesa l’eccezione preliminare di difetto del contraddittorio sollevata da A.A. e B.B., in parziale accoglimento della domanda, dichiarò la nullità di entrambi i contratti di compravendita per motivo illecito comune alle parti e determinante del loro consenso.
Contro la sentenza del giudice del rinvio A.A. e VEGA Srl hanno proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il fallimento ha depositato tardivamente un controricorso, rilevando preliminarmente la mancata notificazione del ricorso a B.B., che era parte nel giudizio di rinvio.
Nei rispettivi termini di legge anteriori alla data fissata per la pubblica udienza di discussione, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte e il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
La causa è stata quindi discussa in pubblica udienza, come indicato in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si denunciano, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., “violazione e falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c. in relazione agli effetti della scissione societaria”.
I ricorrenti si dolgono che la Corte d’Appello di Roma non abbia accolto l’eccezione di difetto del contraddittorio sollevata con riferimento al fatto che il ricorso per la riassunzione del processo in sede di rinvio non era stato notificato agli ex soci della estinta C.C. Srl A tal fine, i ricorrenti osservano che, in caso di scissione societaria con trasferimento alla società beneficiaria del diritto controverso, si verifica una successione a titolo particolare, sicché – in forza della disposizione del codice che si assume violata – il processo prosegue tra le parti originarie (quindi con la partecipazione della società scissa), mentre l’acquirente a titolo particolare ha diritto di intervenire o può essere chiamato in causa, con possibilità di estromettere l’alienante, ma solo in un momento successivo e previo consenso di tutte le altre parti. I ricorrenti ne traggono la conclusione che è nulla la sentenza pronunciata all’esito di un giudizio di rinvio instaurato direttamente nei confronti di VEGA Srl, titolare dei diritti controversi in seguito alla scissione parziale di C.C. Srl, e non anche nei confronti degli ex soci di quest’ultima società.
2. Il ricorso è inammissibile perché la sentenza è censurata in un punto che, nella motivazione della Corte d’Appello, è retto da due distinte e autonome rationes decidendi, una delle quali non viene presa in esame e contestata dai ricorrenti (per tale profilo di inammissibilità del ricorso, v., tra le tante, Cass. nn. 31854/2024; 5102/2024; 13880/2020; 10815/2019; 6985/2019; 7838/2015).
2.1. La corte territoriale ha, da un lato, ritenuto superflua la citazione in giudizio degli ex soci della estinta C.C. Srl, in quanto ritenuti privi di interesse a partecipare al processo, perché C.C. Srl – prima del trasferimento all’estero e della sua estinzione – era stata scissa, con assegnazione a VEGA Srl dei diritti oggetto dei contratti impugnati dal fallimento Antares Srl Ed è questa la ratio decidendi contestata con il ricorso, nel quale – dato per scontato che la scissione societaria parziale determina una successione a titolo particolare dei diritti assegnati alla società beneficiaria (principio condiviso anche nella sentenza impugnata) – si invoca un’interpretazione dell’art. 111 c.p.c. conforme al consolidato orientamento secondo cui “In tema di trasferimento del diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie e, pertanto, sono ininfluenti le vicende attinenti a posizioni giuridiche attive o passive successive all’inizio della causa”, sicché “l’acquirente del diritto contestato, pur potendo spiegare intervento volontario ex art. 111 c.p.c., non diviene litisconsorte necessario” (Cass. n. 14480/2018).
2.2. Sennonché, dall’altro lato, la Corte d’Appello di Roma ha rilevato la necessità di rispettare il giudicato sulla regolarità del contraddittorio risultante dall’ordinanza n. 14435/2017 con cui questa Corte rinviò il processo a seguito della cassazione della decisione d’appello. Infatti, nel giudizio di legittimità, il fallimento Antares S.r.l aveva “dato atto… di avere ottenuto dallo Stato del Delaware certificazione attestante che la società C.C. LCC (denominazione assunta da C.C. Srl a seguito del trasferimento negli Stati Uniti d’America) non è più esistente a far data dall’8.7.2010” e di avere notificato il ricorso alla sola VEGA Srl, non anche agli ex soci di C.C. Srl Il che non impedì alla corte di legittimità di pronunciarsi sul ricorso, così implicitamente sancendo l’integrità del contraddittorio nel presente processo.
Per questo motivo la corte territoriale, non solo ha osservato di non poter in alcun modo sindacare “gli allegati vizi afferenti al giudizio svoltosi dinanzi alla suprema Corte”; ma ha anche escluso la possibilità di ravvisare una violazione del “litisconsorzio processuale, in quanto le parti del presente giudizio di rinvio sono le medesime che hanno partecipato alla fase di legittimità”. I giudici capitolini hanno altresì citato, a sostegno della decisione assunta sulla regolarità del contraddittorio, la giurisprudenza di questa corte secondo cui la decisione della Corte di Cassazione non può essere sindacata o elusa, nel giudizio di rinvio, “neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale (salvo solo il caso di giuridica inesistenza) o di constatato errore del principio di diritto affermato” (Cass. n. 3458/2012).
In definitiva, secondo la Corte d’Appello, non giova invocare un orientamento giurisprudenziale secondo cui chi cede il diritto controverso a titolo particolare continua a essere litisconsorte necessario nel processo pendente (salva la possibilità di successiva estromissione con il consenso di tutte le altre parti), in un processo nel quale la Corte di Cassazione si è già concretamente pronunciata – con la forza dettata dall’art. 384, comma 2, c.p.c. – nella pur conosciuta carenza di contraddittorio nei confronti del dante causa a titolo particolare (in questo caso, degli ultimi soci della società scissa).
2.3. Tale autonoma ratio decidendi non è affatto censurata nel ricorso, che denuncia soltanto la violazione dell’art. 111 c.p.c. e non anche dell’art. 384 c.p.c.
Nella parte finale della illustrazione dell’unico motivo di ricorso si legge soltanto un generico cenno al fatto che gli ex soci della estinta C.C. Srl non avevano partecipato al giudizio di cassazione, con un apodittico e altrettanto generico giudizio di irrilevanza di quel fatto. Ciò, peraltro, con l’aggiunta dell’errata affermazione secondo cui anche VEGA Srl sarebbe stata citata soltanto nel giudizio di rinvio; mentre invece, nell’ordinanza n. 14435/2017 si specifica che il ricorso per cassazione venne notificato “alla VEGA Srl presso l’indirizzo PEC… risultante dal Registro delle imprese presso la CCIA di Latina”.
3. Ciò posto, non può essere d’ostacolo all’immediata definizione del processo l’omessa notificazione del ricorso a B.B., che nel giudizio di rinvio era costituito unitamente ad A.A.
Infatti, si deve qui ribadire il consolidato orientamento secondo cui “il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone… al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso ad una parte o per l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di un litisconsorte pretermesso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti” (Cass. n. 11825/2025, che dà seguito all’indirizzo dettato da Cass. S.U. n. 6826/2010, e già ribadito, tra le tante, da Cass. nn. 21141/2011; 15106/2013; 11287/2018; 12515/2018; 8980/2020; 10718/2023).
4. Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, ma con esclusivo riferimento al compenso per la partecipazione all’udienza e ai relativi accessori, essendo stato tardivo il deposito del controricorso (art. 370, comma 1, c.p.c.).
5. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in Euro 1.500 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte suprema di cassazione il giorno 23 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2025.
