Massima

In tema di addebito della separazione, la comprovata inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale costituisce una violazione degli obblighi matrimoniali di particolare gravità, tale da generare una presunzione di incidenza causale sull’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Spetta al coniuge responsabile superare tale presunzione dimostrando che la crisi matrimoniale fosse già irrimediabilmente in atto prima della condotta infedele.

Supporto alla lettura

Separazione

In generale, la separazione è una sospensione temporanea del matrimonio e dei suoi effetti civili. La separazione è stata istituita per permettere ai coniugi di trovare una riconciliazione. La separazione di fatto è determinata dall’interruzione volontaria della vita matrimoniale dei coniugi, in seguito al raggiungimento di un accordo, anche se quest’ultimo non ha una validità giuridica (se non quando i coniugi richiedono l’omologazione del Tribunale). Invece, la separazione legale è caratterizzata dall’intervento del Giudice, dell’Ufficiale di stato Civile o degli avvocati, in caso di negoziazione assistita. Esistono due tipi di separazione legale, quella consensuale in cui i coniugi sono d’accordo su come regolare i loro rapporti e chiedono che il Tribunale prenda atto della loro volontà e quella giudiziale in cui invece questo accordo non c’è ed è il Tribunale che decide, dopo gli opportuni accertamenti, le condizioni della separazione. Dal 2014 con l’art. 12 legge 10.11.2014 n. 162 i coniugi che arrivano ad una separazione consensuale, possono scegliere di:

  • presentare la domanda (ricorso) congiunta al Tribunale, attivando la procedura già regolata dal codice civile, oppure
  • intraprendere la procedura di negoziazione assistita da almeno due avvocati, uno per ogni coniuge, secondo le nuove disposizioni della legge

Inoltre, solo per il caso in cui non vi siano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ovvero economicamente non autosufficienti, i coniugi possono optare per la procedura avanti all’Ufficiale dello Stato civile del Comune di residenza. Con la ”Riforma Cartabia” si sono introdotte nuove norme affinché tutte le controversie relative alla famiglia, e quindi anche la separazione ed il divorzio, vengano affrontate utilizzando un unico rito processuale, prevedendo inoltre che in un prossimo futuro sia istituito il Tribunale della famiglia, che si occuperà specificamente dei procedimenti in materia di relazioni familiari, persone e minorenni. La domanda dovrà essere proposta al Tribunale del luogo di residenza abituale dei figli minori, dovrà essere corredata da un piano genitoriale che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relative alla scuola, al percorso educativo, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 30/09/2020, (omissis) chiedeva la separazione giudiziale con addebito al marito, l’affidamento condiviso delle figlie e l’assegnazione della casa coniugale sita in (omissis), oltre alle statuizioni sul mantenimento per le figlie. La ricorrente asseriva che la disgregazione della unità familiare era stata determinata dal comportamento del marito, che aveva intrattenuto una relazione extraconiugale accertata da una relazione investigativa e aveva distratto denaro e tagliandi “gratta e vinci” dalla tabaccheria della moglie, ove lavorava come coadiutore, aggiungendo che, nel mese di settembre 2020, aveva rilevato l’emissione di alcune fatture per lavori di ristrutturazione della tabaccheria mai effettuati e per tali ragioni in data 10/09/2020 lo aveva revocato dal ruolo di coadiutore, estromettendolo dall’attività.

Si costituiva in giudizio (omissis) con memoria del 26/5/2021 , chiedendo a sua volta l’addebito della separazione alla moglie. Il (omissis) negava la relazione extraconiugale che gli veniva attribuita ed esponeva che il 10/09/2020 era stato improvvisamente abbandonato dalla moglie, la quale si era allontanata dal domicilio coniugale, estromettendolo dall’impresa familiare, impedendogli di entrare nella tabaccheria e revocando la sua qualifica di coadiutore. Aggiungeva che la (omissis) aveva provveduto altresì ad asportare dalla cassaforte di famiglia parte dei risparmi, pari a Euro 44.000,00, ed altri beni. Evidenziava, ancora, che era la (omissis) a coltivare da almeno tre anni una relazione sentimentale con un uomo sposato e che tale relazione extraconiugale era la causa principale della sua disaffezione nei confronti del deducente, che peraltro era solita, anche in presenza dei dipendenti dell’esercizio commerciale, rimproverarlo aspramente, denigrandolo.

Per tali ragioni, oltre a formulare domanda di addebito della separazione alla moglie, instava per la concessione di un assegno di mantenimento di almeno Euro 2.000,00 in suo favore, non avendo più di che vivere, chiedendo inoltre di porre a carico della (omissis) le spese straordinarie per le figlie nella misura dell’80% e di rigettare ogni altra domanda avanzata dalla ricorrente.

All’udienza presidenziale del 07/06/2021 le parti raggiungevano una intesa per quanto riguardava il mantenimento delle figlie, sulla base della disponibilità della (omissis) di continuare a sostenere integralmente il carico il mutuo gravante sul negozio e le spese delle utenze della casa coniugale. Il provvedimento presidenziale disattendeva la richiesta di concessione di assegno di mantenimento avanzata dal (omissis).

In esito all’assunzione dell’interrogatorio formale della (omissis), all’espletamento della prova testimoniale e all’acquisizione documentale, il Tribunale pronunziava la separazione con addebito ad entrambi i coniugi, ritenendo che le comprovate condotte tenute da entrambi in violazione dei doveri coniugali, avessero determinato la intollerabilità della convivenza. Conseguentemente rigettava la domanda avanzata dal (omissis), volta al riconoscimento di un assegno di mantenimento.

Quanto al mantenimento delle figlie, il Tribunale dava atto del raggiungimento dell’accordo all’udienza presidenziale del 07/06/2021, disattendendo la domanda di assegnazione della casa coniugale a uno o all’altro coniuge, risultando tale assegnazione, ai sensi dell’art. 337 sexies c.p.c., funzionale esclusivamente all’interesse delle figlie, che ormai vivevano fuori M e compensava interamente tra le parti le spese processuali.

Avverso tale decisione proponeva appello (omissis).

Nel costituirsi, (omissis) formulava appello incidentale.

Entrambe le impugnazioni venivano respinte, con compensazione delle spese di lite.

La Corte d’Appello affermava che, una volta provata la relazione extraconiugale del (omissis), quest’ultimo avrebbe dovuto provare che essa si era inserita nell’ambito di un rapporto con la moglie di fatto già deteriorato e caratterizzato da una consolidata separazione di fatto, ma nessuna prova in tale direzione egli aveva offerto, non potendo venire in rilievo a tal fine la contemporanea relazione di fatto intrapresa dalla moglie, perché era venuto a conoscenza della stessa successivamente. Per tale ragione, la Corte d’Appello escludeva che la relazione extraconiugale della (omissis), iniziata almeno nel 2017, avesse costituito per il (omissis) la causa della sua relazione con un’altra donna, così come escludeva che la relazione extraconiugale del (omissis) avesse costituito la causa della relazione della moglie con un altro uomo.

In sintesi, secondo la Corte territoriale, le prove acquisite dimostravano che – nonostante un ordinario rapporto coniugale protrattosi fino al 2020 – i due coniugi avevano intrapreso relazioni extraconiugali con terzi, ciascuno all’insaputa dell’altro.

La Corte d’Appello aggiungeva che il (omissis) risultava avere anche violato il dovere di reciproca assistenza economica gravante sui coniugi, essendo emerso che egli era dedito al gioco compulsivo, come confermato dalla delega di indagini (ex art. 370 c.p.p.) disposta dalla Procura alla Polizia Giudiziaria, prodotta dalla (omissis), nella quale erano stati riportati i vari interventi condotti dalle Forze dell’Ordine presso la tabaccheria della (omissis) e significativamente quello relativo al giorno 10/09/2020 (giorno in cui il (omissis) veniva estromesso dall’impresa familiare), da cui si evinceva che il ricorrente era stato trovato in possesso di blocchetti di gratta e vinci prelevati nella tabaccheria, oltre che essere risultato “Positivo al CED per Associazione per delinquere, frode informatica, esercizio di giuochi d’azzardo, esercizio abusivo di attività di giuoco o scommessa.” Ancora, dai verbali del procedimento penale a carico del (omissis), e segnatamente dalla trascrizione dell’udienza del 20/06/2022 (sempre utilizzabile quale atto sopravvenuto), risultava che il teste (omissis) aveva dichiarato di essere a conoscenza della ludopatia del (omissis), per avere appreso tale informazione oltre che dalla (omissis), anche dal (omissis), amico del (omissis).

Avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione (omissis), affidato a tre motivi di doglianza.

L’intimata si è difesa con controricorso.

Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Olga Pirone, ha depositato la propria memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.

La controricorrente ha depositato memoria difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta: – la violazione e falsa applicazione degli artt. 143,151,2697 e 2698 c.c. nonché degli artt. 2,3,29 e 111 Cost. ed ancora degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; – la nullità della sentenza per mancanza della motivazione e/o motivazione apparente come previsto dall’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello ha addebitato la separazione coniugale anche a lui, senza verificare il nesso causale tra la condotta a lui attribuita e l’intollerabilità della convivenza, che la controparte, pur essendo a ciò onerata, non aveva provato, spettando, solo in un secondo momento, alla parte cui è addebitata la condotta violativa degli obblighi del matrimonio, dimostrare l’esistenza di una crisi coniugale già in atto quando ha tenuto detta condotta.

Ad opinione del (omissis), dunque, la Corte territoriale non ha fatto buon governo dei principi sull’onere probatorio, poiché ha presunto l’incidenza della condotta del (omissis) sulla separazione, senza porsi il problema di verificare l’efficacia causale della violazione della fedeltà coniugale attribuita al (omissis) sulla intollerabilità della convivenza della condotta, aggiungendo che, comunque, egli aveva provato l’assenza di tale nesso causale, perché i testi (omissis) e (omissis) avevano confermato che la moglie aveva intrapreso una relazione extraconiugale già prima.

Inoltre, sempre secondo il ricorrente, la Corte d’Appello ha del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l’esame di tale fatto, consistito nella priorità temporale del tradimento della moglie, pure emerso dagli atti processuali, che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

Lo stesso ricorrente ha censurato la decisione di merito, nella parte in cui ha dato rilievo alla mancata contestazione dei biglietto di auguri natale 2018 corredato da foto, da lui ricevuto, poiché non doveva essere fatta alcuna contestazione, trattandosi di un biglietto nel quale non risultava chi lo avesse scritto (essendo privo di firma) né chi fosse il destinatario (non essendo indirizzato ad una persona specifica), aggiungendo che l’allegata foto ritraente una donna era probabilmente frutto di un fotomontaggio.

Infine, il ricorrente ha dedotto che, nella fattispecie, oltre ad essersi verificato l’omesso esame di fatti storici, la motivazione della sentenza era del tutto apparente, essendo fondata su una mera “presunzione” dell’incidenza della condotta a lui addebitata sull’intollerabilità della convivenza.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta: -la violazione e falsa applicazione degli artt. 143,151,2697 e 2698 c.c. nonché degli artt. 2,3,29 e 111 Cost. ed ancora degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c.; -la nullità della sentenza per mancanza della motivazione e/o motivazione apparente come previsto dall’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; -l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

Il ricorrente ha dedotto che la Corte d’Appello Corte territoriale ha ritenuto apoditticamente sussistente la pretesa ludopatia sulla base di circostanze del tutto irrilevanti, in quanto attinenti ai fatti accaduti il 10/9/2020, senza tenere tenuto conto di alcune testimonianze che portavano ad escludere tale circostanza.

In ogni caso, pur a prescindere da tali testimonianze, il (omissis) ha dedotto che la menzionata Corte non ha affatto motivato su come l’asserita (non dimostrata e insussistente) ludopatia avesse avuto efficacia causale sull’irreversibile crisi della coppia, anche perché la (omissis) non aveva assolto al relativo onere probatorio.

Inoltre, anche sotto questo profilo, per il ricorrente, la motivazione della sentenza è viziata, non consentendo di comprendere l’iter logico-giuridico che aveva condotto ad affermare la ludopatia del (omissis) come causa della separazione.

3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

Ad opinione del ricorrente, l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso impone di valutare la richiesta di attribuzione di un assegno di mantenimento in suo favore, che ha riproposto.

4. La controricorrente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dei primi due motivi di ricorso, (e, conseguentemente del terzo motivo perché dipendente dall’accoglimento dei primi due) per violazione del divieto di “motivi di ricorso plurimi e indifferenziati”.

5. L’eccezione è infondata.

5.1. Costituisce, infatti, ragione d’inammissibilità del ricorso per cassazione l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza, quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le censure, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 26790/2018; Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 7009/2017; v. anche Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 36881/2021).

L’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, riconducibili alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, c.p.c. può essere superata, dunque, se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. U, Sentenza n. 9100/2015; v. da ultimo Cass., Sez. 1, Sentenza n. 39169/2021).

5.2. Nel caso di specie, si verifica proprio tale evenienza, poiché il ricorrente ha censurato il capo della decisione che ha ritenuto provato l’addebito della separazione al Ru.Al. per violazione dell’obbligo di fedeltà (motivo 1) e per violazione dell’obbligo di reciproca assistenza economica (motivo 2), rappresentando distintamente la violazione delle regole che attengono al riparto dell’onere della prova in tema di addebito della separazione (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), l’omesso esame di fatti ritenuti decisivi (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) e il vizio di motivazione (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).

6. Il primo motivo di ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile.

6.1. Per ragioni di ordine logico-giuridico occorre prima di tutto esaminare la censura riferita al vizio di motivazione, che deve ritenersi infondata.

6.1.1. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012), infatti, non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. “per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ma soltanto “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).

A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).

Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).

Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).

Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).

Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).

6.1.2. Nel caso di specie, in ordine all’infedeltà del ricorrente, la Corte d’Appello ha statuito come segue: “… La Corte condivide il principio per cui l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, tale da determinare normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e da giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, salvo che non risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto (Cass. 11/5/2023 n. 15196). In sostanza la corretta lettura degli arresti sopra richiamati, porta a ritenere che in presenza di una comprovata violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale, si possa presumere che essa costituisca causa della dissoluzione del legame matrimoniale, salvo che si provi che la crisi matrimoniale preesistesse all’accertata infedeltà. Nel caso in esame la prova dell’infedeltà del (omissis) oltre che evincersi dai fotogrammi acquisiti (che lo ritraggono in atteggiamento esplicitamente volto ad effusioni con una donna all’interno del tabacchino), dal testimoniale escusso richiamato dal primo Giudice, scaturisce dal biglietto d’auguri inviatogli da una donna in occasione del Natale 2018 (di esso, corredato di foto, non è stata disconosciuta né provenienza, né destinatario) in cui si legge “cuore mio, nello scrivere sono una frana… ti voglio bene tanto Amore mio. Buon Natale 2018… ma quanto mi manchi”. A fronte di tali risultanze il (omissis) avrebbe dovuto provare che la relazione extraconiugale si fosse inserita nell’ambito di un rapporto con la moglie di fatto già deteriorato e caratterizzato da una consolidata separazione di fatto: nessuna prova in tale direzione egli ha offerto, non potendo venire in rilievo a tali fini la contemporanea relazione di fatto intrapresa dalla moglie, emersa però alcuni anni dopo: per tale ragione deve escludersi che la relazione della moglie abbia costituito per il (omissis) la causa della intrapresa sua relazione, così come dovrà escludersi che quella del (omissis) abbia dato causa a quella della moglie: in realtà le prove acquisite dimostrano pienamente che – nonostante un ordinario rapporto coniugale protrattosi fino al 2020- i due coniugi avessero intrapreso relazioni extraconiugali con terzi, ciascuno all’insaputa dell’altro. Tornando in particolare all’adulterio del (omissis), deve evidenziarsi che l’investigatore assunto dalla (omissis), escusso in udienza, ha confermato la relazione da lui redatta in ordine alle foto ritraenti il (omissis). occupato a fare effusioni con la donna con cui si intratteneva e peraltro, la lettura della comparsa di risposta di primo grado , porta a rilevare come lo stesso (omissis) non abbia negato gli incontri con altre donne, ma li ha giustificati come “episodi saltuari” o “incontri fugaci con una sconosciuta”…”

È dunque evidente la chiara esplicitazione delle ragioni che hanno condotto la Corte d’Appello a ritenere provata la rilevanza dell’infedeltà del (omissis) nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza.

6.2. Né può ritenersi che la Corte d’Appello non abbia considerato la relazione extraconiugale della (omissis), quale precedente motivo di intollerabilità della convivenza, in violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., poiché dalla lettura della sentenza si evince chiaramente che tale fatto risulta valutato dalla Corte di merito, ma espressamente ritenuto non decisivo.

Ad opinione della Corte, infatti, i due coniugi hanno violato entrambi il dovere di fedeltà, ciascuno all’insaputa dell’altro, determinando sia l’uno che l’altro il venir meno dei presupposti per la continuazione della convivenza.

6.3. Le ulteriori doglianze, riferite al rilievo dato dalla Corte di appello al biglietto di auguri per il Natale 2018, corredato di foto, si sostanziano in critiche alla valutazione delle risultanze istruttorie, e non prospettano l’omesso esame di un fatto, come sopra inteso, esprimendo una non condivisione del giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

6.4. Il motivo è inammissibile anche nella parte in cui censura ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione delle regole di riparto dell’onere della prova, la valutazione operata dalla Corte d’Appello in ordine alla rilevanza della condotta del (omissis) ai fini della pronuncia di addebito della separazione.

Come sopra evidenziato, la Corte d’Appello ha condiviso l’opinione espressa in alcune pronunce di questa Corte, secondo la quale l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione degli obblighi matrimoniali particolarmente grave, che, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 16859 del 14/08/2015; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 15811 del 23/06/2017; v. anche in motivazione Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 35296 del 18/12/2023).

Col motivo di doglianza, il ricorrente ha dedotto che, secondo le regole generali di riparto dell’onere della prova, grava sulla parte che chiede l’addebito della separazione l’onere di provare non solo la condotta violativa degli obblighi matrimoniali ma soprattutto la sua efficacia causale, nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Non ha, tuttavia, tenuto conto che l’orientamento sopra riportato, fatto proprio dalla Corte d’Appello, ritiene che la gravità della condotta violativa degli obblighi matrimoniali è tale da offrire la prova, sia pure presuntiva, della determinazione della intollerabilità della convivenza.

La doglianza non attinge, dunque, la ratio della decisione assunta, che pertanto non è specificamente censurata ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.

7. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

7.1. Dopo aver illustrato le ragioni per cui ha ritenuto provato l’addebito della separazione al (omissis) (come alla (omissis)) per violazione dell’obbligo di fedeltà, la Corte d’Appello ha aggiunto: “Peraltro, come il Tribunale ha evidenziato, deve ritenersi che il (omissis) abbia anche violato il dovere di reciproca assistenza economica gravante sui coniugi , essendo emerso che egli era dedito al gioco compulsivo : a conferma di ciò la difesa della (omissis) ha prodotto in questa fase del giudizio la delega di indagini (ex art. 370 c.p.p.) disposta dalla procura alla Polizia Giudiziaria – acquisibile ed utilizzabile quale documentazione sopravvenuta – nella quale vengono riportati i vari interventi condotti dalle Forze dell’Ordine presso la tabaccheria della (omissis) e significativamente quello relativo al giorno 10.9.2020 (giorno in cui il (omissis) aveva appreso dell’estromissione dall’impresa familiare) da cui si evince che il (omissis) è stato trovato in possesso di blocchetti di gratta e vinci prelevati nel tabacchino, oltre che essere risultato “Positivo al CED per Associazione per delinquere, frode informatica, esercizio di giuochi d’azzardo, esercizio abusivo di attività di giuoco o scommessa.” Ancora, dai verbali del procedimento penale a carico del (omissis), e segnatamente dalla trascrizione dell’udienza del 20.06.2022 (sempre utilizzabile quale atto sopravvenuto), risulta che il teste (omissis) ha dichiarato di essere a conoscenza della ludopatia del (omissis), per avere appreso tale informazione oltre che dalla (omissis), anche dal (omissis), amico del (omissis)”

7.2. Questa Corte ha più volte affermato che la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17182 del 14/08/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10815 del 18/04/2019; Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017).

Peraltro, quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006).

7.3. Nel caso di specie si è verificata proprio quest’ultima ipotesi, perché il ricorrente ha impugnato entrambe le rationes sopra riportate ma, a seguito del rigetto del primo motivo di ricorso, la statuizione sull’addebito non verrebbe eliminata con l’eventuale accoglimento del secondo motivo di ricorso, il quale deve pertanto dichiararsi inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

8. Il mancato accoglimento dei primi motivi di ricorso determina il rigetto anche del terzo motivo, che presuppone l’assenza dell’addebito della separazione al richiedente l’assegno di mantenimento previsto dall’art. 156 c.c.

9. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

10. La statuizione sulle spese segue la soccombenza.

11. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

12. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.

P.Q.M.
La Corte– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalla controricorrente che liquida in Euro 3.000,00 per compenso ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge;

– dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003;

–dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 4 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2025.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi