Con istanza del 18/3/2024, il ricorrente ha chiesto la decisione della causa, che è stata trattenuta in decisione all’adunanza camerale del 14/11/2024.
2. Deve rilevarsi, conformemente alla proposta di definizione accelerata, che il termine per proporre ricorso per cassazione nelle controversie in materia di protezione internazionale, ex art.35 bis D.Lgs. 25/20008, comma 13, nel testo vigente ratione temporis, è di trenta giorni decorrente dalla comunicazione del decreto impugnato a cura della cancelleria (sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, Cass. 17717/2018). Ed è stato ritenuto inammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso il decreto del Tribunale che rigetti l’impugnazione contro il provvedimento di diniego della richiesta di protezione internazionale, in quanto avverso il predetto decreto è espressamente prevista la possibilità di ricorso – ordinario – per cassazione ai sensi dell’art. 35-bis, comma 13, del D.Lgs. n. 25 del 2008, il che esclude la carenza di tutela che legittima il ricorso al mezzo di impugnazione straordinario, dovendo ulteriormente rilevarsi che il rigetto della domanda di protezione internazionale, nelle sue diverse declinazioni, non è configurabile come provvedimento limitativo della libertà personale e di altri diritti fondamentali dello straniero (Cass. 84/2021).
Nella specie, a fronte di una comunicazione in data 27/9/2023 del decreto del Tribunale di Catanzaro (come riportato in ricorso, peraltro), il ricorso è stato notificato oltre il suddetto termine, il 24/11/2023.
3. Per quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso per tardività, nulla dovendosi disporre sulle spese di lite, stante il mancato svolgimento di rituali difese da parte del Ministero. Poiché il ricorso è deciso in conformità della proposta ex art. 380-bis, comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal D.Lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. (non operando il comma 3 in difetto di costituzione della parte intimata e di pronuncia sulle spese). Invero, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato D.Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (cfr. Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. n. 16191 del 2024).
Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva “tenuta”, pur nella sua sinteticità, del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni per discostarsi dalla suddetta previsione legale (cfr., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), la parte ricorrente va condannata al pagamento della somma equitativamente determinata di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2024.
