• Home
  • >
  • Cassazione civile sez. I, 21/10/2024, n.27148

Cassazione civile sez. I, 21/10/2024, n.27148

Massima

In tema di sanzioni amministrative in materia elettorale, l’obbligo stabilito dall’art. 2, comma 1, n. 3, della l. n. 441 del 1982, richiamato dall’art. 7, comma 6, della l. n. 515 del 1993, di attestare, in alternativa alla dichiarazione concernente le spese sostenute per la campagna elettorale, di essersi avvalso esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici messi a disposizione del partito, mirando ad assicurare la trasparenza delle fonti di finanziamento e gli eventuali controlli, grava su tutti i candidati che abbiano partecipato alla competizione elettorale, i quali devono rendere la dichiarazione autocertificativa, pur in forma negativa, anche nei casi limite, in cui, oltre a non aver sostenuto personalmente oneri o ricevuto contributi, neppure si siano avvalsi di strutture e mezzi messi a disposizione dal partito, onde, in caso di omissione, è legittima la sanzione irrogata dal Collegio di garanzia elettorale.

Supporto alla lettura

CAMPAGNA ELETTORALE

E’ l’insieme delle attività di propaganda politica svolte da partiti politici, movimenti e liste civiche in favore dei propri candidati ad una qualsiasi carica elettiva, il cui scopo è conquistare la fiducia degli elettori convincendoli a concedergli il proprio voto, generalmente attraverso promesse elettorali.

Gli strumenti attraverso cui l’attività di propaganda può essere svolta sono i comizi, la partecipazione a trasmissioni televisive, la diffusione di contenuti tramite altri media (es. social), l’affissione di manifesti, la consegna di gadget volantini ecc; mentre quelli di monitoraggio e manipolazione delle masse sono invece rappresentati dai sondaggi elettorali e dai big data.

Ufficialmente inizia 30 giorni prima del voto e si conclude alla mezzanotte del penultimo giorno precedente al primo giorno in cui si vota, con l’entrata in vigore del silenzio elettorale, volto a concedere agli elettori un giorno per riflettere e prendere la propria decisione.

La campagna elettorale può essere organizzata dagli stessi candidati, da un rappresentante del proponente o della lista dei candidati, da un partito politico o da altra persona giuridica o fisica. L’organizzatore sarà responsabile della liceità dello svolgimento della campagna elettorale e anche di quei compiti della campagna elettorale per i quali ha autorizzato per iscritto altri esecutori.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RILEVATO CHE
Il Tribunale di L’Aquila, con sentenza del 22.12.2020, rigettava la domanda proposta in riassunzione – a seguito della declaratoria d’incompetenza del Tribunale di Vasto – da (omissis)- avente ad oggetto l’opposizione avverso la sanzione amministrativa irrogatagli il 23.1.19 dal Collegio regionale di Garanzia Elettorale per l’Abruzzo per la somma di Euro 25.823,00, per non aver depositato: il rendiconto dei contributi ricevuti e delle spese elettorali sostenute o, in mancanza, la dichiarazione di non aver ricevuto contributi e sostenuto spese, a norma dell’art. 7 L. n. 515/93, così come richiamato dall’art. 13, c. VI, L. n. 96/12.

Con sentenza depositata il 22.12.21, la Corte d’Appello di L’Aquila rigettava l’impugnazione proposta da (omissis), osservando che: era inapplicabile alla diffida e alla contestazione dell’illecito il termine di cui all’art. 14 L. n. 689/81 – in conformità della citata consolidata giurisprudenza di legittimità – in considerazione della speciale natura della stessa diffida, avente finalità anche di consentire al candidato di sanare l’illecito con il tardivo invio della dichiarazione; era infondata la doglianza afferente all’elemento soggettivo dell’illecito, atteso che, esclusa la rilevanza dell’invocata ignoranza del candidato, per non aver fattivamente partecipato a nessuna iniziativa elettorale comportante spesa, né ricevuto contributi da denunciare, correttamente era stata ritenuta superflua la prova orale articolata, considerando che, una volta ricevuta la diffida, il candidato avrebbe dovuto, prima della scadenza del termine assegnato con la diffida, presentare la suddetta dichiarazione, quale adempimento formale imprescindibile, anche per la dimostrazione di aver fatto il necessario per invocare l’esimente della buona fede.

(omissis) ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con due motivi. Il Collegio regionale di Garanzia Elettorale per l’Abruzzo resiste con controricorso.

Diritto
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 14 e 15, L. n. 515/93, 2 e 14, L. n. 689/81, per non aver la Corte d’Appello tenuto conto del fatto che la sanzione amministrativa avrebbe dovuto essere considerata estinta per tardività della diffida-contestazione effettuata a norma degli artt. 15, c 5 e 8, e 19 L. n. 515, e 14, c. 2 e 6, L. n. 689/81; ciò in quanto, la consultazione elettorale si era svolta il 5.6.16 e la proclamazione degli eletti era avvenuta in data 8.7.16, mentre il collegio avrebbe dovuto diffidare il ricorrente entro il 9.10.16, diffida notificata solo in data 16.3.17.

Al riguardo, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto superfluo l’invio di un’ulteriore diffida prima dell’irrogazione della sanzione amministrativa – essendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura- senza però tener conto della previsione contenuta nell’art. 15 della L. n. 515, di rinvio alle disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della L. n. 689/81, con la locuzione “salvo quanto diversamente stabilito”.

Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 24,111, Cost., 2697 e 2907, c.c., nonché omessa pronuncia sul motivo di gravame relativo alla mancata ammissione della prova orale richiesta, e motivazione apparente, per aver la Corte d’Appello ritenuto superflua la prova testimoniale dedotta (circa l’audizione del rappresentante di lista in ordine alle spese elettorali eventualmente sostenute dal ricorrente, e alle assicurazioni a quest’ultimo fornite sul fatto che a tutti gli obblighi avrebbe provveduto il gruppo politico di appartenenza) diretta a dimostrare la sua buona fede.

Il primo motivo è infondato sulla scorta della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di sanzioni amministrative in materia elettorale, la diffida con la quale il Collegio Regionale di Garanzia invita il candidato che l’abbia omessa a presentare, nel termine di quindici giorni, la dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale, assolve alla duplice funzione di offrire al trasgressore la possibilità di sanare l’illecito e nel contempo di avvertirlo della pendenza del procedimento sanzionatorio; ne consegue che non è necessaria la notificazione di un nuovo atto di contestazione, ex art. 14 della L. n. 689 del 1981, essendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura (Cass., n. 3984/24; n. 28262/19).

In tema di sanzioni amministrative in materia elettorale, è stato altresì affermato che l’obbligo stabilito dall’art. 2, comma 1, n. 3, della legge n. 441 del 1982, richiamato dall’art. 7, comma 6, della legge n. 515 del 1993, di attestare, in alternativa alla dichiarazione concernente le spese sostenute per la campagna elettorale, di essersi avvalso esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici messi a disposizione del partito, mira ad assicurare, in relazione a tutti i candidati che abbiano partecipato alla competizione elettorale, la trasparenza delle fonti di finanziamento, consentendo gli eventuali controlli; ne consegue che tale dichiarazione autocertificativa, sebbene in forma negativa, deve essere resa anche dai candidati che, oltre a non aver sostenuto personalmente oneri o ricevuto contributi, neppure si siano avvalsi di strutture e mezzi messi a disposizione dal partito, onde, in caso di omissione, è legittima la sanzione irrogata dal Collegio di Garanzia Elettorale (Cass., n. 8263/21).

Le diverse interpretazioni delle norme in questione propugnate dal ricorrente non sono sorrette da adeguate ragioni ermeneutiche che inducano a sovvertire la citata giurisprudenza.

Al riguardo, è anzitutto irrilevante il riferimento alla L. n. 689/81, avendo la Corte territoriale ritenuto non necessario un nuovo atto di contestazione, essendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura.

Invero, nella duplice funzione assolta dalla diffida, questa Corte di legittimità ha escluso l’applicabilità dell’art. 14 legge n. 689 del 1981 e della contestazione ivi prevista al secondo comma. L’art. 15, al comma 19 della legge n. 515 del 1993, con previsione di chiusura, stabilisce – quanto alle sanzioni amministrative pecuniarie previste in materia elettorale – l’applicazione delle disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, “salvo quanto diversamente disposto”, stabilendo altresì, espressamente, che non si applica l’art. 16 della medesima legge n. 689 del 1981. Come statuito da questa Corte (Cass., n. 3984/24 cit.), le sottese ragioni divengono così portatori di una natura speciale dell’atto descritto all’art. 15, comma 8, della legge n. 515/1993, come modificato dall’art. 1 della legge 31 dicembre 1996 n. 672 e legittimano la deroga all’applicazione della più generale disciplina, da valere in materia di sanzioni amministrative, come contenuta nella legge n. 689 del 1981 (Cass. 4 novembre 2019 n. 28262; Cass., n. 8263/21). Pertanto, sia la lettera delle disposizioni citate, sia la ratio delle stesse, che va individuata nell’esigenza di assicurare la trasparenza delle fonti di finanziamento delle campagne elettorali e garantire gli eventuali controlli, comportano la sussistenza dell’obbligo a carico di tutti i candidati che abbiano partecipato alle competizioni elettorali, eletti o meno, di rendere una dichiarazione al riguardo.

Ne consegue che, anche nei “casi limite”, come nella fattispecie, di candidati i quali, oltre a non sostenere personalmente oneri o ricevere contributi, neppure si siano avvalsi di strutture e mezzi propagandistici collettivi di partito, gli stessi sono tenuti a dichiararlo, assumendosene la relativa responsabilità nella prevista solenne forma. Ne discende, altresì, che la notifica della diffida avrebbe dovuto immediatamente spingere l’ingiunto ad adempiere, consegnando la documentazione richiesta).

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto diretto al riesame delle valutazioni discrezionali della Corte d’Appello sulla non ammissione della dedotta prova testimoniale, ritenuta superflua, venendo in rilievo la mancata osservanza dei suddetti obblighi formali a carico del candidato, diretti a garantire la trasparenza delle fonti di finanziamento, e dunque non surrogabili attraverso deleghe a terzi. Infine, va soggiunta l’irrilevanza dell’eventuale ignoranza della legge da parte del candidato – il quale assume di essersi affidato alle “rassicurazioni” di terzi circa la procedura da seguire – che non può certo scusare il ricorrente. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 1.800,00 oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile del 26 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2024.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi