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Cassazione civile sez. I, 20/12/2024, n.33599

Massima

Il discrimine tra opera protetta e semplice fotografia è incentrato nella capacità creativa dell’autore, vale a dire nella sua impronta personale, nella scelta e studio del soggetto da rappresentare e nella realizzazione e rielaborazione dello scatto, tali da suscitare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà rappresentata, mentre non fruiscono di protezione quelle fotografie che non richiedono alcun apporto creativo, poiché si limitano a riprodurre fedelmente la realtà, senza alcuna personale rielaborazione dell’autore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto non oggetto di tutela la fotografia ritraente i magistrati (omissis) durante un convegno pubblico, utilizzata da una rete televisiva nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione sulla legalità). 

Supporto alla lettura

PROPRIETA’ INTELLETTUALE 

La proprietà intellettuale consiste in un sistema di tutela giuridica dei beni immateriali che sono il risultato dell’attività inventiva e creativa dell’uomo. In particolare, si tratta di un insieme di diritti esclusivi riconosciuti sulle creazioni intellettuali, articolandosi, da un lato, nella proprietà industriale relativa a invenzioni (brevetti), marchi, disegni e modelli industriali e indicazioni geografiche e, dall’altro, nei diritti d’autore a copertura delle opere letterarie e artistiche.

Sebbene regolamentati da diverse normative nazionali e internazionali, i diritti di proprietà intellettuale (DPI) sono anche disciplinati dalla legislazione dell’Unione europea.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del novembre 2017, (omissis) ha convenuto in giudizio la (omissis) Spa per ottenere tutela ai sensi dell’art. 2, n. 7, L. n. 633/1941 nel testo vigente ratione temporis, in relazione all’asserito illecito utilizzo, in programmi televisivi RAI – trasmessi nell’ambito della campagna di sensibilizzazione “la ricerca della legalità” – oltre che via web, di una fotografia nella quale erano ritratti i magistrati (omissis), dall’attore scattata il 27 marzo 1992 durante un convegno tenutosi a Palermo su “Mafia e Politica”; il (omissis) ha pertanto chiesto, previo accertamento della natura di opera fotografica, la condanna della convenuta al risarcimento dei danni anche non patrimoniali, con pubblicazione della sentenza, o, in subordine, il riconoscimento di un equo compenso ai sensi dell’art. 91, comma 3, L. n. 633/1941.

Il Tribunale di Roma ha respinto le domande, non riconoscendo alla fotografia i caratteri dell’opera dell’ingegno e ritenendola fotografia semplice.

(omissis) ha proposto appello dinanzi alla Corte di Appello di Roma che con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il gravame.

Per quanto qui di interesse, la Corte di merito ha precisato che: a) l’impugnazione ha essenzialmente riguardo all’operato disconoscimento del carattere creativo della fotografia e la conseguente esclusione della stessa dal novero delle “opere fotografiche” che ai sensi dell’art. 2, n.7, L.D.A., ricevono protezione quale oggetto del diritto d’autore, ed all’apprezzamento di essa invece quale “semplice fotografia”, definita dall’art. 57 della stessa legge come ritraente “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o processo analogo”, talché dirimente nella specie è la valutazione della creatività o meno della riproduzione fotografica in questione; b) il requisito della creatività – sufficiente all’apprestamento della tutela invocata – non consiste nel valore artistico della fotografia, ma ricorre quando l’immagine fotografica ha un proprio contenuto espressivo e presenta tratti individuali marcati, riflettendo la personale visione della realtà del suo autore; c) la creatività ha una dimensione soggettiva che si identifica in una “forma particolare” che la fotografia assume a prescindere dalla sua novità e dal valore intrinseco del suo contenuto; d) la foto, oggetto del giudizio, è, invece, peculiare non per il suo carattere creativo, ma per “l’eccezionalità del soggetto”, ovvero i due magistrati simbolo della lotta contro la mafia; e) non è percepibile l’impronta creativa personale del suo autore ovvero la singolarità della forma richiesta ai fini del riconoscimento della creatività; f) l’immagine che la foto documenta non ha caratteristiche specifiche che possano distinguerla da altre possibili riproduzioni fotografiche che avrebbero potuto realizzarsi nel medesimo convegno dei due magistrati ripresi, tra l’altro, nel preciso momento documentato nella foto in questione; g) la fotografia non presenta una valenza estetica che possa essere apprezzata a prescindere dalle persone dei due magistrati rappresentati e dall’espressione dagli stessi assunta; h) non sussistono neppure i presupposti e le condizioni di cui all’invocato art. 91, comma 3, L. n. 633/1941 per il riconoscimento, in via subordinata, del diritto ad un equo compenso, non versandosi nelle ipotesi di legge, di riproduzione della fotografia in antologie ad uso scolastico o in opere scientifiche o didattiche.

Avverso la suddetta sentenza, notificata il 22/11/2021, Ge.An. ha presentato ricorso per cassazione, notificato il 3/1/2022, con due motivi.

La RAI Radiotelevisione Italiana Spa ha depositato controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, violazione di legge ed esattamente dell’art. 360, comma 3, c.p.c. per errata individuazione dei principi giuridici posti alla base della già menzionata valutazione in ordine al carattere della fotografia ai fini della tutela autorale: ad avviso del ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe applicato un concetto giuridico di creatività generico e che non è proprio della fotografia e vi sarebbe un evidente errore concettuale (e giuridico) in quanto, ai sensi della L. n. 633/1941, la creatività non ha niente a che vedere con il valore artistico dell’opera, essendo sufficiente un livello minimo di creatività.

2. Il motivo è inammissibile.

In generale, una fotografia può essere considerata un’opera fotografica prescindendo dal suo valore artistico se rappresenta una scelta creativa del fotografo.

Il discrimine tra opera protetta e semplice fotografia è incentrato nella capacità creativa dell’autore, vale a dire nella sua impronta personale, nella scelta e studio del soggetto da rappresentare, così come nel momento esecutivo di realizzazione e rielaborazione dello scatto, tali da suscitare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà rappresentata. Le fotografie semplici, invece, si distinguono dalle precedenti in quanto non richiedono alcun apporto creativo da parte del fotografo, poiché trattasi di mere fotografie, seppur di altissimo livello qualitativo, che si limitano a riprodurre fedelmente la realtà esterna, senza alcuna personale e sostanziale rielaborazione della fotografia da parte dell’autore.

L’apporto creativo deve potersi desumere da una precisa attività del fotografo, volta o a un miglioramento degli effetti ottenibili con l’apparecchio (inquadratura, prospettiva, cura della luce, del tutto peculiari) o dalla scelta del soggetto (intervenendo il fotografo sull’atteggiamento e sull’espressione, se non creando addirittura il soggetto stesso), purché emerga una prevalenza del profilo artistico sull’aspetto prettamente tecnico. La creatività dell’artista può manifestarsi in diverse fasi della produzione fotografica. La scelta delle lenti, la disposizione delle luci, la sistemazione del soggetto o del fotografo, la composizione dell’immagine, il momento dello scatto, la post produzione, la scelta dei toni, la stampa etc.

Rispetto a tale contesto, la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata e non tiene conto che i principi evocati corrispondono a quanto affermato dalla Corte territoriale.

La Corte d’Appello ha correttamente evidenziato che nella fotografia oggetto del giudizio non è “percepibile l’impronta creativa personale del suo autore ovvero la singolarità della forma richiesta ai fini del riconoscimento della creatività, di talché l’immagine che la fotografia documenta non può dirsi connotata da elementi che la distinguano da altre possibili riproduzioni fotografiche che avrebbero potuto realizzarsi nel medesimo convegno dei due magistrati ripresi, tra l’altro nel momento documentato nella foto in questione”.

La motivazione è cioè fondata sull’assenza dell’apporto creativo e non sul suo valore artistico come la doglianza lamenta.

Di talché la censura si risolve in una deduzione mirata ad una rivalutazione delle valutazioni di merito, non sindacabile in sede di legittimità, nonostante che il ricorrente assuma diversamente.

In linea generale, la protezione del diritto d’autore postula il requisito dell’originalità e della creatività, consistente non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative.

La consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità (Cass., n. 10300/2020; Cass. 13524/2014).

3. Con il secondo motivo si lamenta error in iudicando sul capo delle spese di soccombenza ed esattamente violazione del D.M. 55/2014. Il quantum liquidato sarebbe errato in quanto la fascia di applicazione è quella entro i Euro 25.000, ragione questa per cui la somma è – in ipotesi – di Euro 9.515, e non quella indicata; neppure vi sono motivazioni per un eventuale aumento.

4. La censura è inammissibile.

In tema di liquidazione delle spese processuali, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella (Cass., n. 12537/2019; Cass., n. 19989/2021).

Peraltro il ricorrente contesta l’applicazione di una tabella valori ma poi contraddittoriamente la applica ai fini del calcolo ritenuto corretto.

5. Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000 per compensi e Euro 200 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione civile il 13 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2024.

Allegati

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