Svolgimento del processo
La Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c. a r.l. proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento della s.n.c. (omissis) e dei suoi soci illimitatamente responsabili (omissis) e (omissis), lamentando che il suo credito di L. 110.255.839, derivante dalla concessione alla (omissis) di un mutuo di L. 100.000.000, assistito da ipoteca iscritta su immobile della stessa (omissis), era stato ammesso al passivo soltanto in via chirografaria, mentre era stato del tutto escluso il suo ulteriore credito di L. 38.714.529, vantato in via chirografaria in relazione al saldo passivo di un conto corrente garantito da fideiussione. Il curatore del fallimento si costituiva in giudizio deducendo che la collocazione ipotecaria del credito della banca era stata esclusa in quanto il giudice delegato aveva esercitato il potere di revoca in via breve, poiché l’ipoteca era stata concessa nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento a garanzia del mutuo della somma di L. 100.000.000, che non era mai entrata nella disponibilità della (omissis) ed era stata utilizzata immediatamente per il rientro di tutte le esposizioni verso la banca, per un totale di L. 95.421.931. Pertanto la garanzia era stata concessa per crediti preesistenti non scaduti.
Il Tribunale di Modena, con sentenza del 28 febbraio 1998 rigettava l’opposizione, accogliendo la tesi del fallimento. La Banca Popolare dell’Emilia Romagna proponeva gravarne che la Corte di appello di Bologna rigettava con sentenza del 1º dicembre 1999, osservando, per quanto qui ancora interessa, che: 1) la somma erogata con il mutuo era stata utilizzata, il giorno stesso dell’accredito sul conto corrente della (omissis), quanto a L. 75.204.184 per azzerare l’esposizione debitoria di altri conti correnti accesi presso la banca ed intestati alla s.n.c. (omissis), ai soci illimitatamente responsabili (omissis) e (omissis) e ad altra società, la (omissis) s.r.l., personalmente garantita da detti soci; quanto alla residua somma mutuata, la stessa era stata utilizzata per ripianare l’esposizione del conto sul quale era affluita e per saldare le spese del mutuo; 2) la posizione ricoperta dalla (omissis) di sostanziale responsabilità, come debitore principale o quale garante delle posizioni debitorie estinte, ed i tempi di erogazione del mutuo è di contestuale utilizzo non lasciavano dubbi sul fatto che concretamente la (omissis) non aveva acquisito alcuna effettiva disponibilità delle somme erogate; 3) la banca, di fatto, aveva così sostituito i pregressi crediti chirografari con quello garantito ipotecariamente; 4) per tali ragioni la garanzia doveva ritenersi concessa per debito preesistente non scaduto, con conseguente applicabilità del disposto dell’art. 67, 1º co., della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267) anche in ordine alla presunzione della conoscenza dello stato di insolvenza, che non poteva ritenersi superata per il fatto che, come assumeva la banca, il mutuo era stato stipulato senza fretta; infatti, i tempi per la concessione del mutuo non solo erano stati conformi ai tempi tecnici necessari per una tale operazione, ma erano inidonei, di per sé, a provare l'”inscientia decoctionis”; 5) quanto alla domanda di ammissione in chirografo dell’ulteriore importo di L. 38.714.529 “la documentazione prodotta non si presenta(va) appagante dal punto di vista probatorio per difetto di puntualità e precisione”; 6) infine, quanto alle spese, la liquidazione del Tribunale rientrava nei limiti della tariffa professionale e conseguiva alla soccombenza totale.
Avverso detta sentenza la Banca Popolare dell’Emilia Romagna propone ricorso per cassazione, deducendo sei motivi. Il fallimento resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo e con il secondo motivo, che sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. e dell’art. 1832 c.c. poiché la Corte di appello aveva affermato la mancanza di prova dell’ulteriore credito di L. 38.714.529 senza prendere in considerazione gli estratti conto prodotti, relativi ai conti intrattenuti dalla s.n.c. (omissis) e dai soci (omissis) e (omissis), e senza trarne le dovute conseguenze considerato che tali estratti non erano stati contestati né dai debitori né, in giudizio, dal fallimento. La motivazione, inoltre, era meramente apparente in quanto si limitava ad affermare, senza spiegare le ragioni del proprio convincimento, che la documentazione prodotta non si presentava appagante.
I motivi sono inammissibili per violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Il vizio dedotto va ricondotto, al di là della qualificazione attribuitagli dalla ricorrente, al vizio di motivazione per omesso esame di documenti decisivi. Il ricorrente, tuttavia, indica solo genericamente gli elementi probatori decisivi non presi in considerazione (gli estratti conto) e non ne precisa il contenuto.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. in relazione alla affermata qualità di fideiussore di (omissis) rispetto ai debiti della s.r.l. (omissis). Tale affermazione, infatti, secondo la ricorrente non trovava riscontro probatorio né nella documentazione prodotta dall’opponente né in quella prodotta dal fallimento. La Corte di merito aveva, pertanto, fondato la propria decisione su una circostanza processualmente inesistente.
Il motivo è fondato. La Corte di merito, accogliendo la tesi del fallimento, ha affermato che l’esposizione della s.r.l. (omissis) verso la Banca Popolare dell’Emilia e Romagna era personalmente garantita dalla (omissis). Tale conclusione, peraltro, viene affermata apoditticamente senza alcuna motivazione che la sorregga.
Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. nonché dell’art. 67 della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267) lamentando che: a) contrariamente all’assunto della sentenza impugnata, le somme erogate con il mutuo non erano state utilizzate per estinguere obbligazioni della (omissis); b) il fallimento aveva impugnato solo la concessione della garanzia ipotecaria e non anche il mutuo; con la conseguenza che i ammesso al passivo il mutuo, non poteva essere revocata la garanzia ipotecaria che contestualmente ad esso era stata costituita; c) non esisteva agli atti prova che gli accrediti disposti dalla Gobbi avessero trovato provvista nelle somme erogate con il mutuo né che corrispondessero ad obbligazioni della stessa ed anzi era stato trascurato il fatto che il conto corrente aveva registrato ulteriori movimentazioni; d) la garanzia ipotecaria doveva ritenersi contestuale al mutuo, considerato che il fallimento non aveva impugnato il mutuo per simulazione, e pertanto non era revocabile per decorso del termine dell’anno anteriore al fallimento; e) la prova dell'”inscientia decoctionis” era stata erroneamente esclusa con motivazione contraddittoria poiché, da un lato, la Corte territoriale aveva affermato che il tempo trascorso tra la domanda di finanziamento e l’erogazione dello stesso corrispondeva ai normali tempi tecnici e, d’altro canto, riteneva malizioso il comportamento della banca, che, se davvero avesse premeditato un rientro in danno della “par condicio creditorum”, non avrebbe fatto trascorrere quaranta giorni prima di perfezionare una operazione, rientrata solo per pochi giorni nel periodo sospetto; erroneamente la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del documento prodotto dal quale risultava che la banca considerava la (omissis), al momento della concessione del mutuo, “come persona dotata di moralità e serietà negli affari, con puntualità nei pagamenti, capacità ed intraprendenza”; erroneamente, infine, la Corte aveva omesso di considerare che i conti della (omissis) e della s.n.c. (omissis) avevano continuato ad operare anche dopo l’operazione in questione; f) la mancanza di contestualità tra il sorgere del credito e la costituzione della garanzia non era stata motivata.
Il motivo è inammissibile, per novità della questione, nella parte in cui lamenta la contraddizione logica tra l’ammissione al passivo del credito della Banca, conseguente all’erogazione del mutuo, e la ritenuta non contestualità della garanzia che tale credito assiste. Nelle fasi di merito, infatti, l’odierna ricorrente si è limitata a contestare l’affermazione di non contestualità della garanzia, che la Corte di merito aveva fondato sul rilievo che la somma erogata non era entrata nella disponibilità della (omissis) ed aveva estinto precedenti obbligazioni della mutuataria. A questa censura la Corte di merito ha dato adeguata risposta, ponendo in risalto le circostanze che avevano caratterizzato l’operazione ed il risultato pratico finale che era stato quello di sostituire i pregressi crediti chirografari con quello garantito in via ipotecaria. In nessun modo la banca, come del resto è comprensibile, aveva sostenuto l’inadeguatezza, rispetto alla tesi della curatela fallimentare, di una azione con la quale si chiedeva la revoca della sola garanzia e non anche del mutuo.
Quando, come nella specie, si assume che l’erogazione di un mutuo ipotecario non sia destinata a creare una effettiva disponibilità nel mutuatario, già debitore in virtù di un rapporto non assistito da garanzia, gli schemi logici astrattamente ed alternativamente utilizzabili sono diversi. Anzitutto, è possibile il riferimento al procedimento negoziale indiretto per conseguire l’estinzione del precedente debito, invocando in relazione all’intera fattispecie la revoca dei pagamenti non effettuati con mezzi normali, come previsto dall’art. 67, 1º co., n. 2, della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267). In secondo luogo, è possibile seguire lo schema logico della simulazione se le parti avevano inteso munire di prelazione ipotecaria il preeesistente debito, in realtà non estinto, simulando un mutuo non voluto, con la possibilità di invocare in relazione alla costituzione della garanzia la revoca ex art. 67, 1º co. n. 3, L. fall. A tali schemi logici si può aggiungere quello della novazione, e cioè della sostituzione alla precedente obbligazione di una nuova obbligazione assistita da garanzia; in questo caso, come nel primo sopra visto, la fattispecie potrebbe integrare gli estremi di un pagamento con mezzi anormali e ricadere nella previsione dell’art. 67, 1º co. n. 2, L. fall. I primi due schemi logici sono stati presi in considerazione dalla sentenza 19 novembre 1997, n. 11495, con cui questa Corte, come ricorda la ricorrente, ha affermato che in entrambi i casi l’inopponibilità non potrebbe riguardare la sola garanzia, ma dovrebbe essere necessariamente estesa al mutuo, cosicché la revoca della garanzia non potrebbe conciliarsi con l’ammissione al passivo della somma mutuata. In realtà, l’ammissione al passivo della somma mutuata sembra a questo Collegio incompatibile soltanto con gli schemi logici della simulazione e della novazione e non anche con quello del procedimento negoziale indiretto. In questo caso, infatti, la revoca dell’intera operazione e, quindi, anche del mutuo comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la soma erogata in virtù del mutuo revocato, atteso che all’inefficacia del contratto conseguirebbe pur sempre la necessità di una restituzione in moneta fallimentare (cfr. Cass. n. 1973/899). Proprio nell’ottica del procedimento negoziale indiretto sembra, del resto, muoversi la sentenza impugnata che afferma testualmente: “in sostanza la banca ha concesso un finanziamento per estinguere il vecchio debito utilizzando la nuova provvista” (pag. 12); “nella fattispecie in esame, invece, la garanzia non risulta essere direttamente collegata all’acquisizione di nuove disponibilità finanziarie, ma viceversa destinata all’adempimento di una pregressa esposizione debitoria, come tale suscettibile di revocatoria ai sensi dell’art. 67, I comma, n. 2, legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267)” (pagg. 13-14). Da quanto detto discende che la pretesa incompatibilità della ammissione al passivo con la revoca della sola garanzia non soltanto è un argomento svolto per la prima volta in sede di legittimità, ma è una incompatibilità che non sussiste necessariamente e presuppone l’esplorazione di una questione, relativa alla qualificazione della domanda, mai prospettata nelle fasi di merito.
Il motivo è altresì inammissibile nei restanti profili con i quali si censura la decisione impugnata per non avere adeguatamente valorizzato alcune circostanze. In proposito è noto che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (v. da ultimo Cass. 5 marzo 2002, n. 3161), il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Da ciò consegue che, inammissibilmente, la ricorrente chiede di rivalutare alcuni elementi di fatto, a fronte di una motivazione con cui la Corte di merito, da un lato, ha congruamente motivato il proprio convincimento in ordine allo scopo pratico perseguito dalle parti e, d’altro canto, quanto alla conoscenza dello stato di insolvenza, ha logicamente escluso la decisività degli elementi prospettati dalla banca.
Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 2809 c.c. in quanto l’ipoteca, in virtù del principio di indivisibilità, non poteva essere revocata parzialmente cosicché, se si doveva escludere la revoca per le somme utilizzate per estinguere il debito della s.r.l. (omissis), si doveva escludere la revoca in relazione all’intero importo erogato e garantito.
Il motivo è inammissibile in quanto attiene a questione prospettata per la prima volta in sede di legittimità.
Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 92, 113 e 115 c.p.c. poiché la Corte territoriale non aveva tenuto conto del fatto che l’appellante, pur avendo sostenuto spese maggiori, aveva redatto una nota spese per un importo inferiore rispetto a quello chiesto ed ottenuto dal fallimento e neppure del fatto che la domanda, proposta ai sensi degli artt. 64, 66 e 67 della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267), era stata accolta soltanto in relazione a quest’ultima disposizione.
Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo e dal conseguente annullamento della sentenza impugnata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo; dichiara assorbito il sesto motivo e inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 14 novembre 2002.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 MAR. 2003
