Svolgimento del processo
Il Tribunale di Pesaro, nel giudizio di separazione personale tra la signora (omissis) ed il signor (omissis), dalla cui unione era nato il 3.7.2006 il figlio (omissis), preso atto dell’intollerabilità della convivenza dichiarava la separazione personale dei coniugi; rigettava la richiesta di addebito della separazione avanzata dalla signora (omissis); affidava il figlio minore ad entrambi i coniugi, con domiciliazione prevalente presso la madre; assegnava la casa coniugale alla madre quale collocataria del figlio; poneva a carico del signor (omissis) un assegno mensile per il contributo al mantenimento del minore di 500,00 Euro, oltre alle spese straordinarie per l’intero, ed un assegno di mantenimento in favore della moglie, nella misura di 1.800,00 Euro mensili, oltre ad Istat; dichiarava infine integralmente compensate tra le parti le spese di lite.
Avverso detta sentenza proponeva appello la signora (omissis) chiedendo, in riforma della sentenza di primo grado, la pronuncia di addebito della separazione al marito e, quanto ai rapporti economici, l’aumento dell’assegno di mantenimento in suo favore, da determinarsi in Euro 2.200,00 anche in considerazione della rata del mutuo per la casa di proprietà (pari ad 800,00/900,00 Euro mensili) ed in Euro 800,00 in favore del figlio.
La Corte di Appello di Ancona riformava la sentenza di primo grado riconoscendo l’addebito della separazione al signor (omissis) per comprovata infedeltà coniugale ed aumentava altresì l’ammontare dell’assegno di mantenimento sia per la coniuge che per il figlio sulla scorta di una rivalutazione delle condizioni economico/patrimoniali dei coniugi.
Il signor (omissis) ha proposto ricorso per cassazione assistito da dodici motivi, cui ha resistito con controricorso la signora (omissis)
Il signor (omissis) ha, altresì, depositato memoria che ha, altresì, depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza di appello ex art. 360, 1 comma, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 115 c.p.c. per travisamento della prova in relazione al documento n. 7 allegato alla memoria ex art. 183, 6 comma n. 2 c.p.c. di primo grado della signora (omissis) (screenshot di chat Telegram e Whatsapp), dal quale la Corte d’appello di Ancona ha ritenuto di dedurre elementi oggettivi quali date dei messaggi, mittenti e destinatari non presenti all’interno delle chat e/o da queste deducibili, che ha poi ritenuto determinanti per addebitare la separazione al Sig. (omissis).
La decisione sul punto sarebbe dunque errata, posto che dagli screenshot delle chat in oggetto non risulta oggettivamente possibile desumere alcuna delle circostanze ritenute, invece, provate dalla Corte d’Appello, non sussistendo elementi per attribuire tali messaggi al Sig. (omissis), nonché qualsivoglia riferimento temporale per datarli al periodo agosto 2020 – ottobre 2020 e, quindi, in data antecedente alla separazione, ai fini dell’integrazione del nesso causale fra la scoperta della asserita relazione extraconiugale e la crisi scatenante la rottura del rapporto di coniugio.
Con il secondo motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 3, c.p.c. si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2, 6 comma del regolamento del garante della privacy 19 dicembre 2018 – recante Regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, nonché del principio giuridico affermato da Cass. Pen., 25 ottobre 2017, n. 49016 e Trib. Milano, sez. lavoro n. 2763/2017.
La Corte d’Appello avrebbe illegittimamente ritenuto utilizzabili in giudizio il doc. 7 allegato alla memoria ex art. 183, 6 comma, n. 2 c.p.c. – posto che, per ammissione stessa della Sig.ra (omissis) nei propri atti difensivi del giudizio di primo grado, le chat ivi riportate sono state acquisite in violazione del regolamento del Garante privacy 19 dicembre 2018.
L’utilizzabilità di tale documento risulta altresì illegittima poiché, in presenza di serie e circostanziate contestazioni sul contenuto degli screenshot, sarebbe stato necessario provvedere ad acquisire il relativo supporto hardware nel quale i messaggi ivi riportati sono contenuti.
Il terzo motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 3 e 4 c.p.c. lamenta la violazione e/o falsa applicazione di legge e nullità della sentenza in relazione agli artt. 115, 116 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto utilizzabile in giudizio e rilevante – ai fini della prova dell’addebito della separazione al Sig. A.A. – la testimonianza de relato partium resa dalla sig.ra (omissis) all’udienza del 14.06.2022: la Corte d’Appello avrebbe illegittimamente attribuito rilevanza, ai fini della prova dell’addebito della separazione al Sig. (omissis), alla testimonianza resa de relato partium dalla Sig.ra (omissis) (amica della Sig.ra (omissis)), sebbene, secondo consolidata giurisprudenza, tale tipologia di testimonianza sia irrilevante sul piano probatorio, sia come prova diretta che come mero indizio.
Con il quarto motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c. ci si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – laddove la Corte d’Appello, ai fini della valutazione dell’addebitabilità della separazione al Sig. (omissis), ha totalmente ignorato la testimonianza resa dalla Sig.ra (omissis) all’udienza del 13.09.2022 nel giudizio di primo grado.
La Corte d’Appello non ha formulato alcuna valutazione in relazione a tale testimonianza, che è stata di fatto – illegittimamente e immotivatamente – espunta dal giudizio.
Con il quinto motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 3 c.p.c. si deduce la violazione degli artt. 151 e 2697 c.c.
La Corte avrebbe erroneamente attribuito la separazione al Sig. (omissis), basando illegittimamente la propria decisione sul fatto che – al momento in cui il (omissis) ha domandato la separazione – non avrebbe fornito prova dell’intollerabilità della convivenza.
Il sesto motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c. -contesta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, laddove la Corte d’Appello avrebbe omesso l’esame delle denunce dei redditi e delle disclosure depositate dal Sig. (omissis), sicché, travisando le risultanze istruttorie e sovrastimando arbitrariamente il tenore di vita familiare in costanza di matrimonio, ha disposto – di conseguenza – a carico del sig. (omissis) e a favore della moglie e del figlio un assegno di mantenimento esorbitante in relazione alla capacità reddituale dell’onerato.
Con il settimo motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 4 c.p.c. si denuncia la nullità della sentenza di appello per violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione al travisamento della prova con riferimento al contenuto dei documenti 10 e 11 depositati dalla Sig.ra (omissis) nel giudizio di primo grado: la Corte d’Appello avrebbe erroneamente stabilito che il Sig. (omissis), oltre ai redditi professionali, disporrebbe di vari benefit e agevolazioni, tra cui una carta di credito prepagata intestata ad una Società cliente, abitualmente utilizzata in costanza di matrimonio per le spese familiari e che tele circostanza non sarebbe contestata. La circostanza, tuttavia, oltre che contestata, sarebbe stata altresì smentita per tabulas nel giudizio di primo grado.
L’ottavo motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c. denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione al mancato esame del doc. depositato dalla Sig.ra (omissis) all’ udienza innanzi al Tribunale di Pesaro il 22.06.2021. La Corte d’Appello, nel determinare il contributo in favore della moglie e del figlio, avrebbe omesso di esaminare l’estratto del conto corrente cointestato tra i coniugi, alimentato esclusivamente dal Sig. (omissis) e dal quale venivano pagate tutte le spese familiari. Laddove la Corte d’Appello avesse realmente esaminato tale documento, avrebbe constatato che le spese familiari (3 persone + mutuo) erano pari a circa Euro 1.975,00 mensili, dunque addirittura inferiori rispetto al contributo disposto dalla Corte stessa.
Con il nono motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 3 e 4 c.p.c. si deduce la nullità della sentenza ex art. 115 c.p.c. e 2697 c.c. per travisamento dei fatti in relazione alla asserita mancata contestazione da parte del Sig. (omissis) degli “specifici indici che dimostrerebbero un elevato tenore di vita della famiglia”, sebbene il Sig. (omissis) – nei propri scritti difensivi – avesse documentalmente contestato gli indici da cui la Corte ha presunto sussistere un elevato tenore di vita.
Con il decimo motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 3 e 4 c.p.c. ci si duole della nullità ed illogicità della sentenza ex art. 115 c.p.c. e 132, comma 2, n. 4 c.p.c. per avere la Corte d’appello ritenuto la Sig.ra (omissis) dispensata dall’onere di cercare un’occupazione alla luce del principio di autoresponsabilità che impone anche in sede di separazione al coniuge più debole l’onere di ricercare un’occupazione dando prova di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato del lavoro per mettere a frutto le proprie attitudini professionali.
L’undicesimo motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c. eccepisce il mancato esame di una circostanza rilevante del giudizio oggetto di discussione fra le parti in relazione alla circostanza, non valutata dalla corte, che la Sig.ra (omissis) sia proprietaria di immobili che per scelta volontaria, non avrebbe messo a reddito.
Con il dodicesimo ed ultimo motivo di ricorso ex art. 360, 1 comma, n. 3 c.p.c. si lamenta la violazione dell’art. 156 c.c. alla luce dei principi della giurisprudenza di legittimità in merito al mantenimento del tenore di vita anche in sede di separazione. Al riguardo la Corte d’Appello avrebbe errato laddove ha inteso parametrare l’assegno di mantenimento al tenore di vita dei coniugi, parametro non applicabile né all’assegno di divorzio né a quello della separazione.
Il ricorso è fondato esclusivamente con riferimento al terzo motivo.
Si ritiene di esaminare, per esigenze di ordine logico, le censure n. 6, 7, 8, 9 e 11 che possono essere trattate congiuntamente in quanto tutte involgenti questioni afferenti alla soluzione offerta alle questioni di merito e in particolare alle emergenze probatorie da parte della Corte distrettuale su cui il ricorrente richiede una diversa valutazione di questa Corte sotto forma di vizio di omesso esame o nullità della sentenza per travisamento della prova.
Va premesso al riguardo che le Sezioni Unite di questa Corte reputano “inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U, 34476/2019).
Pertanto, con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. Cass. 25348/2018; Cass. 7921/2011).
Le censure sono invero tutte finalizzate a riottenere una diversa valutazione della documentazione esaminata in sede di merito al fine di rideterminare in concreto l’ammontare del mantenimento alla moglie ed al figlio.
Le censure sono tutte incentrate sulla richiesta di rivalutare la documentazione versata in atti contrapponendo una valutazione dei medesimi difforme da quella offerta dal giudice di merito.
Per quanto concerne il decimo motivo si osserva quanto segue.
Il ricorrente lamenta la apoditticità della motivazione in ordine alla prova di cui sarebbe stata onerata la signora (omissis) in ordine alla ricerca di una nuova occupazione.
Orbene, la censura è inammissibile. Invero, il ricorrente non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia laddove ritiene sussistente lo squilibrio reddituale fra le parti sulla base della seguente argomentazione più che condivisibile ed esaustiva: “Allo stato, l’appellata non esercita attività lavorativa, avendo perso la propria occupazione a seguito del fallimento dell’azienda in cui lavorava nel 2017, e, pur avendo capacità lavorativa, considerata l’età (anni 52), la prolungata assenza dal mondo del lavoro e la mancanza di una formazione specifica, la sua eventuale ricollocazione non appare agevole, né immediata, ed in ogni caso con una redditività assai minore di quella del coniuge” (pag. 8, secondo par.). La motivazione sul punto è presente e pienamente esaustiva.
Ciò posto, va esaminato il terzo motivo del ricorso che è fondato per le seguenti ragioni.
Il ricorrente contesta l’utilizzo della testimonianza de relato ex parte actoris da parte della Corte di appello al fine di dimostrare la esistenza di una relazione extraconiugale del signor (omissis) con tale signora (omissis).
Con la deposizione resa in primo grado all’udienza del 14/06/2022 la teste (omissis), amica della signora (omissis), dichiarava: “sono a conoscenza dei fatti di causa in quanto sono amica della convenuta da tantissimi anni. Posso dire che nel settembre del 2020 (omissis) mi chiamò al telefono e disse che voleva parlarmi di una cosa importante. Ci siamo incontrate. (omissis) mi raccontò che qualche mese prima era a casa con il marito, ad un certo punto lui spense la televisione e le disse che doveva dirle una cosa, le disse che lui aveva una relazione con un’altra donna, con la quale si incontrava. Lei mi raccontò che dopo la confessione del marito aveva trovato delle chat sul telefono del marito, tra il marito e una donna, di contenuto inequivocabile, da cui si capiva che c’era una relazione. (omissis) mi riferì che lei e il marito condividevano le password dei rispettivi telefoni”.
Orbene, la Corte distrettuale utilizza tale testimonianza unitamente alle chat versate in atti per ritenere accertata la relazione extraconiugale del (omissis) quale motivo scatenante della crisi coniugale ai fini dell’addebito della separazione.
L’utilizzo delle chat da parte del giudice di merito si rivela illegittimo con conseguente inutilizzabilità delle stesse ai fini di riscontro di quanto dichiarato dalla teste.
Ciò in quanto non vi è prova idonea per ritenere acquisite in modo legittimo le conversazioni tramite Whattsapp e Telegram dal telefono del (omissis), atteso che la circostanza che i coniugi avessero accesso ai rispettivi telefoni ed in particolare alle password è riferita dalla teste (omissis) per averlo appreso dalla parte, ossia dalla signora (omissis).
A tal proposito va premesso che in tema di prova testimoniale, i testimoni “de relato actoris” sono quelli che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte e non sul fatto oggetto dell’accertamento, fondamento storico della pretesa; i testimoni “de relato” in genere, invece, depongono su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni, pur attenuata perché indiretta, è idonea ad assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 569 del 15/01/2015; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8358 del 03/04/2007).
Orbene, sulla scorta dei superiori principi non può che ritenersi erronea la pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto non provata l’acquisizione illecita delle conversazioni (e quindi provata la disponibilità reciproca delle password dei dispositivi cellulari) in virtù di quanto riferito dalla teste (omissis), per come appreso dalla signora (omissis), ossia che i coniugi avevano accesso ai rispettivi telefoni. Tale circostanza risulta decisiva ai fini di ritenere utilizzabili le chat versate in atti che sono state poste a fondamento del giudizio circa l’esistenza di “una relazione sentimentale del (omissis) anteriormente al suo allontanamento dalla casa coniugale ed al deposito del ricorso per separazione”. Ad avviso della corte territoriale le chat hanno costituito un elemento probatorio decisivo atteso che “il contenuto delle chat evidenzia il carattere “riservato” della relazione di cui le frasi sono inequivoca espressione in un periodo in cui l’appellante (il (omissis)) conviveva ancora con la moglie”.
Conseguentemente, la censura risulta fondata avendo la corte erroneamente ritenuto provata la decisiva circostanza dell’accesso ai rispettivi telefoni come riferita de relato ex parte actoris e conseguentemente ritenuto utilizzabili le chat versate in atti dalla signora (omissis).
L’accoglimento di tale motivo ha carattere assorbente delle censure da 1 a 5 vertenti tutte sull’addebito del signor (omissis) Infine, va respinto il dodicesimo motivo con cui il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 156 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, per avere la Corte di Appello erroneamente parametrato l’assegno di mantenimento al tenore di vita dei coniugi.
Va al riguardo richiamato l’orientamento secondo cui “la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale”(Cass. Civ. n. 12196/17, n. 17098/19, n. 5605/20 e n. 22616/22).
Tanto è sufficiente per il rigetto della censura.
In conclusione, il ricorso va accolto nei limiti di ragione con cassazione e rinvio alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese della presente fase.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti i nn. 1, 2, 4 e 5. Rigetta il dodicesimo motivo. Dichiara inammissibili i motivi dal 6 all’11. Cassa e rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2025.