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Cassazione civile sez. I, 19/03/2024, n.7302

Massima

Il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore, ai sensi degli artt. 8 e ss., l. n. 184/1983, e il giudizio volto a disporre un’adozione “mite”, ex art. 44, lett. d) della medesima legge, costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro

 

Supporto alla lettura

ADOZIONE

L’ adozione è il rapporto di filiazione giuridica costituito fra soggetti non legati da filiazione di sangue.

La Legge n. 184 del 1983, riformata dalla Legge n. 149/2001, disciplina l’ istituto giuridico dell’ adozione, ponendo in primo piano l’interesse del minore abbandonato e il suo diritto ad avere una famiglia.

Sono previste le seguenti tipologie di adozione:

  • ADOZIONE NAZIONALE: l’adozione di un bambino in stato di abbandono sul territorio italiano.
  • ADOZIONE INTERNAZIONALE:A l’adozione di un bambino in stato di abbandono che si trova all’estero, in paesi con cui sono in vigore trattati internazionali o bilaterali con l’Italia e in cui operano associazioni autorizzate e certificate che fanno da tramite tra la coppia e le istituzioni del paese stesso (Enti Autorizzati).
  • ADOZIONE DI MAGGIORENNE: riguarda persone maggiori di età (e quindi giuridicamente autonome) che entrano a far parte degli interessi prevalentemente patrimoniali anche della famiglia dell’adottante;
  • ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI:  tutela il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi, o i minori che si trovino in particolari situazioni di disagio (art. 44 lettere a, b, c e d della legge 184/83). Le ipotesi in cui si può far ricorso a questo tipo di istituto sono tassativamente previste dalla legge e di norma, tranne alcune eccezioni, l’adottato antepone al proprio il cognome dell’adottante. Presupposto fondamentale è che i genitori dell’adottando prestino il proprio assenso, qualora siano in condizioni tali da fornirlo.

I requisiti essenziali al fine di dar luogo all’ adozione sono:

  • la dichiarazione dello stato di abbandono di un minore
  • l’idoneità dei coniugi ad adottare.

Competente a emettere entrambi i provvedimenti è il tribunale per i minorenni nel cui distretto si trova il bambino abbandonato.

L’adozione vera e propria è preceduta dall’affidamento preadottivo e, una volta intervenuta, spezza ogni vincolo di parentela fra il minore e i suoi familiari naturali, conferendo al bambino lo stato di figlio legittimo degli adottanti.

L’art.6 della Legge n. 184/83 stabilisce che l’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal Tribunale per i minorenni.
Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. L‘età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore.
Non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni.

Decorso un anno dall’affidamento, con possibilità di proroga di un anno, il tribunale, se ricorrono tutte le condizioni, pronuncia l’adozione, con la quale  cessano i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine e l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti ed il loro cognome.

N.B. La legge 184 del 1983 afferma che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, e che devono essere “disposti interventi di sostegno e aiuto” per favorire tale diritto. A tal proposito, la cd. adozione mite  mira a preservare il diritto del minore a mantenere un rapporto con la famiglia di origine ( difatti il minore, pur affidato legalmente ad altre persone, conserva il rapporto con i propri genitori e fratelli/sorelle biologici) ed è un istituto riconducibile all’art 44 lett. d) della Legge 184/1983, applicabile nei casi di semiabbandono, o abbandono ciclico o semipermanente.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA

Va premesso in fatto che:

Fo.Te. è la compagna di Ma.Ra., nato a N il (Omissis), allo stato detenuto in regime di carcere duro;in data 20 gennaio 2013, Ma.Ra. dichiarava all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Napoli che da una relazione sentimentale avuta con Ch.Ma., nata in R il (Omissis), era nato il (Omissis) in N il minore Ma.Ch.

A seguito di tale riconoscimento il Ma.Ra. chiedeva alla Fo.Te. Teresa di poter accogliere nella loro abitazione il piccolo Ma.Ch.;

il piccolo Ma.Ch., sin dalla nascita, veniva pertanto affidato a Fo.Te.;

Successivamente, con sentenza N.1801/2019 della sez. XXX del Tribunale di Napoli, Ma.Ra., Fo.Te. e Ch.Ma., nel procedimento penale N. 30113/14 R.G.P.M. – N. 12298/2019 R.G.G.I.P., venivano condannati ad una pena di giustizia per il reato p. e p. dall’art. 567 c.p. (“perché in concorso tra loro attestavano falsamente all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Napoli che Ma.Ch., nato in data (Omissis) da Ch.Ma., fosse figlio naturale di Ma.Ra.);

Per le suesposte ragioni, il Tribunale per i Minorenni di Napoli disponeva l’immediato allontanamento del minore dalla coppia Ma.Ra. e Fo.Te.;

La procedura civile minorile giungeva, con la sentenza n.220/2019, alla dichiarazione dello stato di adottabilità del piccolo Ma.Ch.;

Fo.Te. presentava, quindi, al Tribunale per i Minorenni di Napoli, domanda di adozione particolare ex art. 44 Lett. D.L. 184/183, così come modificata dalla L. 149/2001, del minore Ma.Ch., che era disattesa perché ritenuta inammissibile.

La Fo.Te. impugnava pertanto la sentenza emessa dal Tribunale per i Minorenni di Napoli, ma la Corte di Appello di Napoli – Sez. Minori e Famiglia rigettava l’appello proposto dalla stessa.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso in cassazione Fo.Te. affidato ad un motivo. Il curatore speciale resiste con controricorso. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta in cui chiede il rigetto del ricorso.

Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta:

Nullità della sentenza per violazione dell’art. 44 comma 1, lett. d) L. 184/1983 in relazione all’art. 360 N. 5, C.P.C. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.

Secondo la ricorrente l’art. 3 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) sancisce il principio del superiore interesse del minore, ovvero dispone che in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del minore deve avere una considerazione preminente.

La suddetta Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo (ratificata in Italia con la legge n.176/199) chiarisce quindi che ogni provvedimento dell’Autorità statale, sia amministrativa che giudiziaria, deve essere adottata nell’interesse superiore del minore.

Il preminente interesse del minore deve essere assunto ed inteso come criterio informatore in ordine alle decisioni relative alla vita personale e relazionale dei minori; deve essere interpretato altresi quale principio ispirato a preservare i legami preesistenti.

Il Tribunale per i minorenni e la Corte di Appello di Napoli – Sez. Minori e Famiglia – non avrebbero adeguatamente valutato che il piccolo Ma.Ch. e stato accudito dalla Sig.ra Fo.Te. per sette anni per poi essere – ex abrupto – allontanato dalla stessa. Sette anni in cui si e indubbiamente creato tra la Fo.Te. ed il bambino un vero e profondo legame affettivo.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Va infatti rilevato che l’art. 44 della L. n. 184/1983 invocato dalla Fo.Te. a fondamento della propria richiesta, disciplina l’adozione in “casi particolari” ed al comma 1) fa espresso riferimento alla possibilità che i minori siano adottati anche quando non ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 7 della stessa legge in forza del quale: ” l’adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità”. Questa Suprema Corte (cfr. Sent. n. 21024/22), ha rilevato una sorta di “incompatibilità” tra la dichiarazione dello stato di adottabilità e l’adozione cd “mite”, avendo la stessa affermato che: “il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore, ai sensi degli artt. 8 e ss. L. n. 184 del 1983, e il giudizio volto a disporre un’adozione “mite”, ex art. 44, lett. d) della medesima legge, costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro, poiché il primo è funzionale alla successiva dichiarazione di adozione “piena” (o legittimante), costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello con i genitori biologici, che determina l’inserimento del minore in una nuova famiglia, mentre il secondo crea un vincolo di filiazione giuridica, che non estingue i rapporti del minore con la famiglia di origine, pur attribuendo l’esercizio della responsabilità genitoriale all’adottante. Ne consegue che nell’ambito del processo per l’accertamento dello stato di adottabilità non può essere assunta alcuna decisione che faccia applicazione dell’art. 44 lett. d), L. cit.”.

Tanto chiarito si rileva che correttamente il Giudice di secondo grado ha evidenziato che, relativamente al minore Ma.Ch., il T.M. di Napoli con sentenza n. 220/19 emessa in data 20 novembre 2019 ha dichiarato lo stato di adottabilità, che detta sentenza è divenuta definitiva e che in data 20 aprile 2022 è stato emesso apposito decreto di affidamento preadottivo.

Ebbene, tali circostanze rendono inammissibile il ricorso finalizzato alla cd adozione “mite”, ex art. 44 lett. d) della L. n. 184/1983, ancor più se si considera che ex art. 21 c. 4 della richiamata legge, lo stato di adottabilità non può essere più revocato ove (come nel caso di specie) sia in atto l’affidamento preadottivo, e che tale ratio decidendi non è stata censurata. Non resta quindi che confermare la sentenza impugnata, con applicazione del principio della soccombenza in relazione alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, curatore speciale, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento , agli esborsi liquidati in Euro 200,00 , ed agli accessori di legge.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2024.

Allegati

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