La Corte di appello di Milano, investita del gravame proposto da (omissis), lo ha respinto.
(omissis) ha proposto ricorso per cassazione con cinque mezzi, illustrati con memoria; (omissis) ha replicato con controricorso e memoria.
È stata disposta la trattazione camerale.
Diritto
CONSIDERATO CHE
2. – Preliminarmente va respinta l’eccezione di tardiva proposizione del ricorso, sollevata dalla controricorrente, perché ai giudizi o ai procedimenti di revisione delle condizioni di separazione o di divorzio, nei quali si discuta del contributo di mantenimento o dell’assegno divorzile nelle varie forme, resta applicabile la disciplina sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, salvo che non ricorra il decreto di riconoscimento dell’urgenza della controversia (art. 92 ord. giud.) nel presupposto che la sua ritardata trattazione possa provocare grave pregiudizio alle parti (Cass. Sez. U. n.12946-2024).
3. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 2729 e 2727 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.; il vizio di motivazione e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e chiede la riforma della statuizione concernente il contributo al mantenimento dei figli minori.
Innanzitutto, il ricorrente critica la decisione impugnata, osservando che sono state disattese, senza motivazione le conclusioni del PG che si era espresso per la riduzione di tale assegno.
Quindi lamenta un’erronea ricognizione delle fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, deducendo che la decisione relativa alla quantificazione delle obbligazioni a contenuto economico poggia su elementi inidonei a fondare la prova presuntiva, in quanto sarebbero stati presi in considerazione per valutare il tenore di vita e le capacità reddituali, i redditi prodotti negli anni successivi alla separazione ed i debiti preesistenti alla separazione dello stesso (omissis)
3. – Il secondo motivo denuncia l’erronea attribuzione dell’assegno di mantenimento a favore della moglie in presenza di una intrapresa convivenza di fatto; la violazione dell’art.112 c.p.c.
4.1. – I primi due motivi, da trattare congiuntamente, sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione.
4.2. – L’art. 156, primo comma 1, c.c., stabilisce che “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”. Per quanto riguarda i figli, l’art. 155 c.c. richiama l’art. 337-ter c.c. (applicabile anche ai figli maggiorenni ancora non indipendenti economicamente), il quale prevede che “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori. 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore. 4) le risorse economiche di entrambi i genitori. 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.
La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che, il giudice di merito, per quantificare l’assegno di mantenimento spettante al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione, deve accertare, quale indispensabile elemento di riferimento, il tenore di vita di cui la coppia abbia goduto durante la convivenza, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente, accertando le disponibilità patrimoniali dell’onerato. A tal fine, non può limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali la disponibilità di un consistente patrimonio, anche mobiliare, e la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso (così, tra le tante, Cass. n. 9915-2007). Anche l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori, o maggiori d’età ma non autosufficienti economicamente, deve essere determinato considerando le esigenze del beneficiario in rapporto al tenore di vita goduto durante la convivenza dei genitori, tenendo conto di tutte le risorse a disposizione della famiglia, non potendo i figli di genitori separati essere discriminati rispetto a quelli i cui genitori continuano a vivere insieme (cfr. già Cass. n. 9915-2007 e, di recente, Cass. n. 16739-2020). È per questo che l’art. 706 c.p.c., nel disciplinare i procedimenti in materia di separazione personale dei coniugi, in deroga alla disciplina ordinaria dell’onere della prova, lasciata di regola alla libera iniziativa delle parti interessate, stabilisce che “Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate”.
Dall’esame delle norme sopra richiamate si evince con chiarezza che ciò che rileva, al fine della quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge, al quale non sia addebitabile la separazione, e dei figli è l’accertamento del tenore di vita di cui i coniugi avevano goduto durante la convivenza, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente, accertando le disponibilità patrimoniali dell’onerato (Cass. n. 9915-2007), a prescindere, pertanto, dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali da questi ultimi godute, assumendo rilievo anche i redditi occultati al fisco, in relazione ai quali l’ordinamento prevede, anzi, strumenti processuali, anche ufficiosi, che ne consentano l’emersione ai fini della decisione, quali le indagini di polizia tributaria (Cass. n.22616-2022) e l’espletamento di una consulenza tecnica.
Inoltre, va rammentato che in tema di separazione personale, la formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto ad opera del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento, operando una rottura tra il preesistente tenore e modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed il nuovo assetto fattuale, fa venire definitivamente meno il diritto alla contribuzione periodica (Cass. n. 32871-2018; Cass. n.34728-2023) e che il diritto all’assegno di mantenimento, in caso di crisi familiare, viene meno ove, durante lo stato di separazione, il coniuge avente diritto instauri un rapporto di fatto con un nuovo partner, che si traduca in una stabile e continuativa convivenza, ovvero, in difetto di coabitazione, in un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, con onere della prova a carico del coniuge tenuto a corrispondere l’assegno; ne consegue che la stabilità e la continuità della convivenza può essere presunta, salvo prova contraria, se le risorse economiche sono state messe in comune, mentre, ove difetti la coabitazione, la prova relativa all’assistenza morale e materiale tra i partner dovrà essere rigorosa (Cass. n.34728-2023).
4.3. – Nel caso in esame la decisione impugnata non ha dato retta applicazione ai principi enunciati, quanto all’accertamento del tenore di vita poiché, pur ritualmente avvalendosi del CTU, ha fatto propria una valutazione del tenore di vita che non è allineata ai criteri normativi e giurisprudenziali indicati, in quanto ha esorbitato dal periodo di convivenza dei coniugi, prendendo in considerazione a tal fine le spese medie mensili dei due coniugi relative anche agli anni 2018 e 2019 successivi alla separazione (fol. 9-10 della sent. imp.), circostanza di rilievo al fine della valutazione, che si traduce in una violazione di legge rispetto ai plurimi criteri prima ricordati, da utilizzare per la determinazione dell’assegno, sia per la moglie che per i figli.
Risultano invece, inammissibili le doglianze svolte in merito all’accertamento delle capacità reddituali e patrimoniali delle parti in causa, che si traducono in una impropria sollecitazione del merito a fronte di una articolata e motivata ricostruzione delle stesse (fol. 10-11), senza che sia stato indicato alcun fatto decisivo di cui è stato omesso l’esame, ma solo propugnato un diverso apprezzamento delle emergenze istruttorie.
La prima censura risulta quindi fondata, quanto alla individuazione del tenore di vita della coppia e la relativa statuizione va cassata, disponendo che in sede di rinvio la Corte di appello proceda alla determinazione del tenore di vita in relazione alla sola fase di convivenza matrimoniale. E ciò sia per quanto concerne l’assegno di mantenimento per la moglie, sia per quanto attiene all’assegno di mantenimento dei figli.
4.4. – Per altro verso, anche le deduzioni svolte dal (omissis) con il secondo motivo, in merito all’intrapresa presunta convivenza di fatto della moglie con un nuovo partner ed alla richiesta di revoca dell’assegno di mantenimento, colgono nel segno.
La Corte di appello, invero, si è assestata su una più risalente giurisprudenza, che ricollegava l’esclusione del contributo economico alla dimostrazione di una stabile convivenza con un altro uomo e dell’avvio di un nuovo progetto di vita di coppia, laddove, alla luce della più recente giurisprudenza, queste due condizioni possono anche non coesistere, giacché l’assegno di mantenimento può essere escluso anche ove difetti la coabitazione, se sia stato assolto l’onere probatorio gravante sul coniuge obbligato circa la ricorrenza all’assistenza morale e materiale tra i partner, prova che dovrà essere rigorosa. Ciò perché, in mancanza dell’elemento oggettivo della stabile coabitazione, l’accertamento dell’effettivo legame di convivenza, allorquando esso costituisca un fattore impeditivo del diritto all’assegno, deve essere compiuto in modo rigoroso, in riferimento agli elementi indiziari potenzialmente rilevanti, perché gravi e precisi, così come previsto dal primo comma dell’articolo 2729 c.c.: il giudice è quindi tenuto, perché è la stessa norma dell’art.2729 c.c. che lo richiede, a procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi così isolati, nonché di eventuali argomenti di prova acquisiti al giudizio.
Nel caso in esame, la Corte di appello dovrà procedere ad una nuova valutazione delle acquisizioni probatorie in merito, facendo applicazione dei principi prima ricordati al fine di accertare se sia stato provato il fatto impeditivo dedotto.
5. – Restano assorbiti i restanti motivi con cui si denuncia (terzo motivo) la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art.112 c.p.c. per avere la Corte di merito omesso di pronunciare sulla domanda subordinata di riduzione e annullamento dell’assegno di separazione riconosciuto alla moglie; (quarto motivo) la violazione dell’art. 112 c.p.c. relativamente alla statuizione afferente la condanna alle spese di giudizio e la loro quantificazione per violazione del principio della soccombenza.
6. – In conclusione, vanno accolti i motivi primo e secondo nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri; la decisione impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, per il riesame alla luce dei principi esposti e per la statuizione sulle spese di giudizio anche del presente grado.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione Civile, il giorno 28 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2024
