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Cassazione civile sez. I, 17/02/2025, n.3992

Massima

Secondo l’art. 7 del D.Lgs. n. 25/2008, il richiedente asilo possiede il diritto di permanere nel territorio dello Stato fino alla decisone della Commissione, anche in caso di una domanda reiterata, fatto salvo per situazioni specifiche previste dalla normativa. Si evince inoltre dall’art. 2, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 142/2015 che il richiedente protezione internazionale è identificato non soltanto nella figura che ha formalmente presentato la domanda, ma anche in chi ha espressamente manifestato l’intenzione di accedere a tale tutela. Tale statuto giuridico permane anche nella situazione di rinnovo di un permesso di soggiorno per motivi di protezione.

Supporto alla lettura

PROTEZIONE INTERNAZIONALE

La protezione internazionale è la categoria generale delle figure del diritto di asilo, che l’art. 10 Cost. riconosce allo straniero che nel suo Paese non può esercitare le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.

Il nostro sistema prevede tre figure di protezione:

  • status di rifugiato: riguarda il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può, o non vuole, avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le medesime ragioni sopra esposte e non può, o non vuole, farvi ritorno (nell’ambito di tali forme di persecuzione, sono state ricomprese alcune specifiche ipotesi fra cui la condizione degli omosessuali incriminati o a rischio di incriminazione perché nei loro Paesi gli atti omosessuali sono reato; la condizione delle donne a rischio di mutilazioni genitali femminili; la condizione dei fedeli di pratiche religiose proibite);
  • protezione sussidiaria:  concerne il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati  motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno, da individuarsi nella condanna a morte o nell’esecuzione della pena di morte, oppure nella tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante oppure, infine, nella minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale;
  • protezione umanitaria: non è uno status, è prevista da leggi nazionali che attuano il suggerimento europeo di proteggere persone in stato di vulnerabilità, per le quali sussistano gravi motivi umanitari (es. le ipotesi di minori non accompagnati; persone a rischio di epidemie nel proprio Paese; persone provenienti da paesi in cui vi è un conflitto armato non così grave da giustificare la protezione sussidiaria; richiedenti che, avendo in attesa della decisione sulla domanda avuto modo di inserirsi stabilmente nella società nazionale, non vanno sradicate dal nuovo contesto di vita).

Lo status di rifugiato è tendenzialmente permanente mentre la protezione sussidiaria dura cinque anni rinnovabili; entrambi possono essere revocati per seri motivi (es. commissione di reati gravi) oppure per il miglioramento radicale della situazione del Paese di origine. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari dura di solito due anni rinnovabili ed è rilasciato dal Questore (non dal giudice o dall’organo amministrativo, che si limitano a dichiarare che ve ne sono le condizioni).

La domanda di protezione è proposta in via amministrativa alle forze di polizia ed esaminata dalle Commissioni territoriali insediate nelle sedi stabilite dalla legge. La domanda è istruita con l’ascolto del richiedente asilo (la c.d. intervista) sulla vita passata e sulle ragioni dell’emigrazione, esaminati alla luce delle informazioni sul Paese di origine, le country of origin information (Coi). Decide poi con provvedimento motivato sia rispetto alla credibilità intrinseca che ai riscontri e alle Coi disponibili. Il richiedente può impugnare il provvedimento in tutto o in parte sfavorevole davanti al tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello dove ha sede la commissione territoriale o la sua sezione distaccata che ha emesso il provvedimento, oppure il Cara che ospita il richiedente asilo.

Il giudice decide sul rapporto; non può annullare l’atto perché mal motivato o viziato, ma esamina il merito. Avendo pieni poteri ufficiosi, può ricercare le Coi attraverso riviste, rapporti di ong, siti Internet specializzati (ma non deve chiedere al Paese di provenienza, il quale potrebbe fornire informazioni falsate o svolgere attività intese a perfezionare la persecuzione dedotta dal richiedente). E’ obbligatorio l’intervento del Pm.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, cittadino turco di etnia curda, chiede la cassazione dell’ordinanza indicata in epigrafe, con cui il Giudice di Pace di Grosseto rigettò il ricorso proposto contro il decreto di espulsione emesso il 5.12.2022 dal Prefetto di quel capoluogo. Il ricorrente censura, con un unico motivo, l’omesso esame di divieto di espellibilità.

L’Amministrazione non si è difesa con controricorso, essendosi limitata a produrre un tardivo atto di costituzione al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

È stata disposta la trattazione camerale.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione art. 13 e 19 D.Lgs. 286/1998. Violazione di legge e omesso esame di fatti determinanti in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 e 5, c.p.c.”.

Si duole il ricorrente che il Giudice di Pace – nel respingere l’impugnazione del decreto prefettizio – abbia omesso di accertare la sussistenza dei divieti di espulsione previsti dall’art. 19 D.Lgs. n. 286 del 1998, non avendo preso in considerazione i nuovi elementi allegati a sostegno della domanda.

Il ricorrente precisa di avere ottenuto dalla competente Commissione territoriale un permesso di soggiorno per motivi umanitari nel 2017, ma che il rinnovo del permesso gli era stato negato nel 2020. Contro il diniego egli aveva presentato, nel 2021, ricorso, che fu però respinto dal Tribunale di Firenze. Il cittadino turco presentò quindi istanza alla Questura di Grosseto per ottenere la protezione speciale, ma, all’appuntamento fissato per “la presentazione della pratica”, gli venne consegnato il decreto di espulsione, contro il quale propose ricorso al Giudice di Pace.

Il Giudice di Pace, ritenuto il decreto prefettizio “sufficientemente, seppur sommariamente, motivato”, con riferimento alla mancanza di un titolo legittimante il soggiorno in Italia, si è dichiarato “privo di competenza a valutare la sussistenza della dedotta circostanza ostativa all’espulsione, ossia l’esposizione del ricorrente al rischio per la propria incolumità nel Paese di provenienza, peraltro già oggetto di giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze con esito negativo”.

2. Il ricorso è fondato.

2.1. Ha errato il giudice del merito nel dichiararsi, senza mezzi termini, “privo di competenza a valutare la sussistenza della dedotta circostanza ostativa all’espulsione” e, quindi, a non pronunciarsi sulla dedotta inespellibilità.

È ben vero che il riconoscimento della protezione speciale spetta all’apposita Commissione territoriale, la decisione della quale è impugnabile davanti al Tribunale. Ma il ricorrente aveva allegato di avere appunto presentato, nel luglio 2022, un’istanza di protezione speciale alla Questura, attraverso invio, tramite avvocato, di una PEC, il che è quanto basta per rendere pendente la relativa domanda, circostanza che avrebbe potuto essere verificata, ma non certo semplicemente trascurata dal Giudice di Pace (v. Cass. nn. 24138/2024; 9597/2023; 21910/2020).

Infatti, l’art. 7 D.Lgs. n. 25 del 2008 attribuisce al richiedente asilo, il diritto di rimanere nel territorio dello Stato sino alla decisione della Commissione territoriale, anche nel caso di domanda reiterata, salvo che si tratti di domanda reiterata presentata nella fase di esecuzione del provvedimento di allontanamento, emesso quindi precedentemente, o di successiva domanda reiterata dopo la declaratoria di inammissibilità o infondatezza, con decisione definitiva, della prima domanda reiterata (Cass. nn. 13690/2022; 4561/2022). Secondo l’art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 142 del 2015, poi, è richiedente protezione internazionale, non solo il cittadino straniero che ha presentato domanda di protezione internazionale, sulla quale non vi sia stata ancora una pronuncia definitiva, ma anche colui che ha manifestato la volontà di chiedere tale protezione (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24138 del 09/09/2024). Tale principio è, ovviamente, applicabile anche nel caso in cui la domanda di protezione si sostanzia in una richiesta di rinnovo del permesso.

2.2. In secondo luogo, e in particolare, l’errore del Giudice di Pace consiste nell’avere considerato soltanto “l’esposizione del ricorrente al rischio per la propria incolumità nel Paese di provenienza”, mentre nell’impugnazione del decreto di espulsione si era fatto chiaro riferimento all’assunzione del ricorrente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quale fatto rilevante al fine di apprezzare il grado di radicamento dell’immigrato nel territorio nazionale e l’eventuale incompatibilità dell’espulsione con il rispetto della vita privata.

Inoltre, il ricorrente aveva indicato l’assunzione a tempo indeterminato quale fatto sopravvenuto dopo la decisione con cui il Tribunale di Firenze aveva respinto l’impugnazione contro il diniego di proroga della protezione umanitaria.

Pertanto il Giudice di Pace non avrebbe potuto sottrarsi all’esame di tale aspetto con il fugace e anodino cenno (“peraltro”) a quella decisione, privo di qualsiasi considerazione sul contenuto di quel giudicato e sulla sua estensione rispetto al fatto allegato come nuovo dal ricorrente.

3. In considerazione di tali vizi, l’ordinanza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Giudice di Pace di Grosseto, perché decida, in persona di altro magistrato onorario, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte:accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Giudice di Pace di Grosseto, in persona di un diverso magistrato onorario, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2025.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2025.

Allegati

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