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Cassazione civile sez. I, 16/09/2024, n. 24710

Massima

La sospensione della responsabilità genitoriale, ai sensi dell’art. 333 c.c., richiede la dimostrazione di un concreto pregiudizio o pericolo di pregiudizio per il minore derivante dalla condotta del genitore, non essendo sufficiente la mera presenza di difficoltà relazionali o limiti caratteriali del genitore stesso. La decisione deve basarsi su un’attenta valutazione di tutte le circostanze del caso, tenendo conto in particolare delle capacità genitoriali e dell’interesse del minore a mantenere un rapporto con entrambi i genitori.

Supporto alla lettura

Responsabilità genitori

Ai sensi dell’art. 2048 c.c., i genitori sono responsabili dei danni cagionati dai figli minori che abitano con essi, per quanto concerne gli illeciti riconducibili ad oggettive carenze nell’attività educativa, che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della civile coesistenza, vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare. La responsabilità dei genitori e dei precettori affonda le sue radici nel più lontano terreno della visione patriarcale elaborata originariamente dai codici del 1865 e del 1942: prima dell’entrata in vigore della Costituzione e della riforma del diritto di famiglia i figli erano assoggettati ad un forte vincolo di sudditanza nei confronti del pater, il quale, disponendo di forte autorità e di una quasi totale libertà di scelta in nome e per conto del figlio minore, rispondeva, parimenti, in maniera più incisiva dell’illecito dello stesso. La figura del precettore, egualmente, rivestiva un ruolo molto più pregnante: considerato quasi una longa manus del genitore a questo erano demandate pienamente talune funzioni genitoriali. Nella mutata moderna visione, il figlio gode di una soggettività piena. Secondo la giurisprudenza più recente, l’età ed il contesto in cui si è verificato il fatto illecito del minore non escludono né attenuano la responsabilità che l’art. 2048 c.c. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tali fattori, hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, nonché di vigilare sul fatto che l’educazione impartita sia adeguata al carattere e alle attitudini del minore, dovendo rispondere delle carenze educative cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA
1. – La signora (omissis), madre dei minori (omissis) e (omissis), nati, rispettivamente, il (omissis) e il (omissis), ha proposto reclamo avverso il decreto in data 5 maggio 2023, depositato il 12 maggio 2023, con il quale il Tribunale per i minorenni dell’Umbria ha disposto la sua sospensione dall’esercizio delle responsabilità genitoriali sui figli, il collocamento dei minori presso l’abitazione del padre, signor (omissis), e ha dato incarico al Servizio sociale affidatario di regolare i rapporti tra la madre e i figli in modalità esclusivamente osservata.

2. – La Corte d’Appello di Perugia, sezione minorenni, ha respinto il reclamo della signora (omissis) con decreto depositato il 27 luglio 2023.

3. – La Corte distrettuale, preliminarmente, ha escluso la denunciata violazione del diritto all’integrità del contraddittorio, che sarebbe derivato, ad avviso della reclamante, dal fatto che in data 21 aprile 2023, ovvero in una fase in cui le parti erano ormai in attesa della decisione del Tribunale, sia il curatore speciale dei minori che il Servizio sociale hanno depositato note di aggiornamento con l’introduzione di un nuovo fatto, rimasto privo di alcuna interlocuzione con la difesa, che avrebbe avuto efficacia causale sulla decisione adottata.

La Corte d’Appello ha osservato, al riguardo, che le determinazioni assunte dal Tribunale per i minorenni all’esito dell’udienza tenutasi il 13 aprile 2023 si fondano su plurime risultanze processuali riportate nel provvedimento impugnato, acquisite e discusse in contraddittorio tra le parti, rispetto alle quali l’episodio segnalato dai Servizi sociali in data 20 aprile 2023 va solo ad integrare quanto già emerso nel corso di udienze precedenti circa condotte disfunzionali materne. Anche le note depositate dal curatore – ha sottolineato la Corte territoriale – si risolvono in una reiterazione dell’istanza dallo stesso già avanzata all’udienza del 13 aprile 2023.

Nel merito della sospensione dell’esercizio delle responsabilità genitoriali della madre, la Corte di Perugia ha condiviso la valutazione del primo giudice sulla inadeguatezza di alcune condotte poste in essere dalla signora (omissis) e costituenti fonte di pregiudizio per i minori.

Si impone pertanto, ad avviso della Corte distrettuale, un intervento limitativo della responsabilità genitoriale, in attesa che la madre aderisca ai percorsi specialistici alla stessa proposti e che se ne verifichi il buon esito.

In particolare, la Sezione minorenni della Corte di Perugia, richiamando la relazione dell’Equipe della Usl Umbria 1 per la valutazione delle competenze genitoriali, ha osservato che la signora (omissis) non riconosce alcuna qualità al ruolo genitoriale del padre, operando nel corso dei colloqui una “franca svalutazione della sua funzione genitoriale” e mostrando “comportamenti che possono suggerire tratti paranoici”.

È stato altresì riscontrato un disturbo della personalità che afferisce ad uno stile personologico riconducibile all’organizzazione borderline. La (omissis) presenta una incapacità ad autoregolare e contenere i propri stati interni, non solo in occasione degli episodi oggetto delle denunce dalle quali è originato il procedimento. Ciò – prosegue il decreto della Corte d’Appello – risulta confermato dalla valutazione psicologica dei minori effettuata dalla Neuropsichiatria infantile dell’USL Umbria (omissis), sede nella quale si sono evidenziate situazioni di sofferenza psicologica direttamente derivanti da condotte disfunzionali della madre.

Il minore (omissis) – rileva il giudice del reclamo – per far fronte a sentimenti di incertezza e scarsa prevedibilità del contesto ambientale, tende a coltivare fantasie grandiose di sé funzionali a compensare un senso di malinconia e solitudine, sviluppando un’attitudine al con-trollo che si manifesta, tra le diverse forme, in una inversione di ruolo che esercita in particolare nei confronti della madre e che quest’ultima tende a rinforzare attraverso comunicazioni poco filtrate circa le proprie questioni personali.

Il minore (omissis), a sua volta, mostra difficoltà nel reperire strumenti che gli consentano di fronteggiare situazioni connotate da attivazioni emotive dirompenti di segno negativo.

Entrambi i fratelli hanno riferito di soffrire le comunicazioni denigratorie della madre nei confronti del padre, anche se (omissis) riconosce che ad oggi sono diminuite.

Infine, la Corte di Perugia dà atto che all’udienza del 24 marzo 2023 i Servizi segnalavano ingerenze e comportamenti della signora (omissis) che avevano creato situazioni di tensione; il che, secondo la Corte d’Appello, giustifica le forme di tutela adottate dal Tribunale per i minorenni, fin tanto che la madre non svolga il percorso terapeutico al quale pure ha dichiarato di voler aderire.

4. – Per la cassazione del decreto della Corte d’Appello, sezione minorenni, (omissis) ha proposto ricorso, con atto notificato il 24 gennaio 2024, sulla base di quattro motivi.

Ha resistito, con controricorso, l’avv. (omissis), curatore speciale dei minori (omissis) e (omissis)

(omissis) è rimasto intimato.

5. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

La ricorrente ha depositato una memoria in prossimità della camera di consiglio.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – All’esame dei quattro motivi nei quali si articola il ricorso è d’uopo premettere l’ammissibilità della proposta impugnazione.Secondo la giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass., Sez. I, 19 marzo 2024, n. 7311), alla quale il Collegio intende dare continuità, il provvedimento di reclamo avverso il decreto del tribunale dei minorenni avente ad oggetto la limitazione della responsabilità genitoriale, anche nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al D.Lgs. n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), ha carattere decisorio e definitivo, in quanto incide su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale, ed è modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, risultando perciò impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, della Costituzione: ciò, a meno che si tratti di provvedimento strettamente ed espressamente endoprocessuale (caso che non ricorre nella specie), perché contenente l’indicazione di un termine finale anche per relationem.

2. – Il primo motivo denuncia la violazione del diritto al contraddittorio ai sensi degli artt. 111, primo e secondo comma, Cost. e 101, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., giacché il curatore speciale dei minori e il Servizio sociale hanno depositato una nota di aggiornamento e una relazione con le quali avrebbero introdotto un nuovo fatto sul quale non è stata instaurata alcuna interlocuzione con la difesa della (omissis) Tali documenti – si duole la ricorrente – avrebbero finito con l’assumere efficienza causale rispetto al provvedimento impugnato, confermativo delle statuizioni adottate dal Tribunale per i minorenni.

Nello specifico, la ricorrente rileva che, nel corso del giudizio di primo grado, il Tribunale per i minorenni, all’udienza del 13 aprile 2023, concedeva un termine alle parti per il deposito di ulteriori memorie, alla scadenza del quale avrebbe emesso la decisione.

La ricorrente lamenta che la nota e la relazione di aggiornamento depositati dal curatore speciale e dal Servizio sociale avrebbero veicolato un fatto nuovo sul quale non si sarebbe potuto svolgere alcun contraddittorio fra le parti, con conseguente lesione dei diritti di difesa in ordine ad un siffatto elemento di novità, asseritamente rivelatosi determinante.

E ciò in quanto la difesa della reclamante – si sostiene nel ricorso – avrebbe preso conoscenza dell’esistenza di tali documenti solo dopo aver analizzato il contenuto del provvedimento del Tribunale per i minorenni impugnato, poiché gli stessi sarebbero stati ivi citati per la prima volta.

3. – Il motivo è infondato.

3.1. – La decisione processualmente corretta implica che essa venga assunta all’esito di un processo giusto, svoltosi nel rispetto del principio del contraddittorio tra le parti.

Non v’è dubbio che la garanzia del contraddittorio opera anche nei procedimenti aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale e, come tali, riguardanti situazioni indisponibili, nei quali il giudice, a fronte del comportamento del genitore pregiudizievole per il figlio, è investito del potere di adottare, secondo le circostanze, i provvedimenti convenienti a tutela del minore.

Il contenuto di tali provvedimenti è affidato alla discrezionalità del giudice. Per realizzare l’interesse prioritario e prevalente del minore, il giudice adotta i provvedimenti opportuni, ha il potere di ricercare il fatto rilevante rimasto privo di allegazione a iniziativa della parte e dispone dei mezzi di prova al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile.

Questi poteri, tuttavia, vanno esercitati nel rispetto del contraddittorio, giacché i provvedimenti sulla responsabilità genitoriale investono diritti personalissimi di primario rango costituzionale e sono resi nell’ambito di un procedimento di cui non può essere escluso il carattere contenzioso.

Ne consegue che, quando il giudice, per l’accertamento dei fatti rilevanti, si avvale del contributo dei servizi sociali, le parti devono essere poste in grado, non solo di prendere visione della relazione che da essi sia stata presentata su ogni attività compiuta (con le informazioni acquisite, gli accertamenti svolti e le valutazioni formulate), ma anche di dedurre al riguardo e di presentare – se del caso con memorie – le proprie difese.

Il contraddittorio, in altri termini, si esprime per il tramite della facoltà di tutte le parti di esaminare, estrarre copia e svolgere deduzioni o richieste di approfondimenti o di accertamenti ulteriori.

È, dunque, processualmente inutilizzabile l’atto di indagine veicolato attraverso la relazione di servizi sociali che sia stata acquisita senza rispettare le forme appena descritte, e tale inutilizzabilità si riflette e si irradia, con efficacia viziante, sulla decisione assunta dal giudice, sempre che sia dimostrata dalla parte, oltre che la specifica lesione del diritto di difesa, l’influenza determinante sulla decisione.

Si tratta di un principio generale del sistema processuale.

Di esso è espressione quanto enunciato da Cass., Sez. II, 23 febbraio 2011, n. 4401, secondo cui, qualora nel corso del giudizio di primo grado sia stata dichiarata la nullità di una consulenza tecnica d’ufficio perché espletata in difetto dell’integrità del contraddittorio, con conseguente rinnovazione della medesima, il giudice d’appello non può fondare la sua decisione sulle risultanze della prima consulenza tecnica dichiarata nulla ed inutilizzabile, ma deve – per non in-correre nella violazione dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa – statuire sul merito della controversia esclusivamente sulla scorta della consulenza tecnica rinnovata e delle altre prove legittimamente acquisite dopo l’integrazione del contraddittorio.

Al medesimo principio è riconducibile l’indirizzo della giurisprudenza penale che consente, allorché con il ricorso per cassazione si lamenti l’illegale assunzione di una prova, di procedere in sede di legittimità alla c.d. “prova di resistenza”, e cioè di valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta di una certa soluzione sarebbe stata la stessa senza l’utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute sufficienti (Cass. pen., Sez. IV, 14 dicembre 2023, n. 50817).

3.2. – Tanto premesso in via generale, nella specie deve tuttavia escludersi che la pur ipotizzata lesione, derivante dal fatto che non sarebbe stato concesso alla difesa della (omissis) di dedurre sulla relazione di aggiornamento dei Servizi sociali del 20 aprile 2023, abbia avuto efficacia causale sulla decisione del giudice, influenzando il verso del provvedimento adottato.

Nel provvedimento reso in sede di reclamo, quanto segnalato dai Servizi sociali con la relazione di aggiornamento del 20 aprile 2023 e dal curatore dei minori con le note del 21 aprile 2023, dopo l’udienza tenutasi il 13 aprile 2023, non è entrato a far parte delle risultanze istruttorie utilizzate per confermare la disposta sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice del reclamo richiama la relazione solo in chiave confermativa di quanto risultante aliunde.

4. – Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 5), cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale omesso l’esame di rilevanti fatti ed elementi istruttori frutto della relazione dell’Equipe di valutazione della personalità e delle competenze genitoriali del 14 febbraio 2023, delle relazioni di assistenza domiciliare educativa su (omissis) e (omissis) (omissis) in data 13 gennaio 2023 e 24 febbraio 2023, redatte dal dott. (omissis), e delle relazioni di assistenza domiciliare educativa redatte dal dott. (omissis). Ad avviso della ricorrente, da tali atti emergerebbero le sue buone competenze genitoriali in veste di madre, sia rispetto alla mentalizzazione degli stati emotivi e dei bisogni dei figli nelle specifiche funzioni genitoriali di leadership, contenimento e guida, sia di supporto emotivo. Per contro, tali elementi non sarebbero stati considerati né adeguatamente valorizzati dalla Corte d’Appello, sebbene – ad opinione della ricorrente – avrebbero dovuto condurre ad una decisione diversa rispetto a quella concretamente adottata di conferma della sospensione della responsabilità genitoriale.

Il terzo motivo (violazione dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) censura che la Corte d’Appello abbia in parte omesso l’esame dell’esito e dei fatti di cui alla relazione sulla valutazione personologica del 14 febbraio 2023, delle note integrative dell’11 aprile 2023 dell’Equipe multidisciplinare e dell’esito dell’udienza del 13 aprile 2023, per aver travisato alcune circostanze di fatto, ritenendo, ad esempio, l’esistenza di un disturbo della personalità in assenza di diagnosi o di CTU, anche in violazione dell’art. 473-bis.25 cod. proc. civ., e per avere pronunciato la sospensione dalla responsabilità genitoriale al di fuori di idonea prova e accertamento dei fatti. La ricorrente sostiene che non sarebbero state considerate le sue buone capacità e competenze genitoriali in qualità di madre né l’assenza di una diagnosi rispetto al disturbo della personalità riferito nella relazione del 14 febbraio 2023. L’eventuale pregiudizio a carico dei minori sarebbe stato rappresentato come mera ipotesi priva di adeguato riscontro.

Con il quarto motivo (violazione del principio della bigenitorialità, dell’art. 315-bis cod. civ. e dell’art. 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo) la ricorrente si duole che, con il decreto impugnato, sia stata pronunciata la sospensione dalla responsabilità genitoriale in assenza di accertamento di fatti.

5. – I motivi dal secondo al quarto possono essere esaminati con-giuntamente, attesa la loro stretta connessione.

Essi sono fondati, nei termini di seguito precisati.

6. – Questa Corte ha già chiarito che ai fini della sospensione della responsabilità genitoriale ex art. 333 cod. civ., non occorre che la condotta del genitore abbia già causato un danno al figlio, poiché la norma mira ad evitare ogni possibile pregiudizio derivante dalla condotta (anche involontaria) del genitore, rilevando l’obiettiva attitudine di quest’ultima ad arrecare nocumento anche solo eventuale al minore, in presenza di una situazione di mero pericolo di danno (Cass., Sez. I, 11 ottobre 2021, n. 27553).

Avuto riguardo alla formula elastica usata dal codice – il quale ritiene sufficiente, per l’adozione del provvedimento di sospensione della potestà genitoriale, una condotta del genitore che “appare comunque pregiudizievole al figlio” – si è osservato che non occorre, a tal fine, che un tale comportamento abbia già cagionato un danno al figlio minore, potendo il pregiudizio essere anche meramente eventuale per essersi verificata una situazione di mero pericolo di un danno per lo stesso minore. Il legislatore ha, in sostanza, introdotto una disciplina protettiva per il minore allo scopo di evitare, nei limiti del possibile, ogni obiettivo pregiudizio derivante dalla condotta di un genitore, che può essere anche non volontaria, rilevando la mera attitudine obiettiva ad arrecare danno al figlio (Cass., Sez. I, 23 novembre 2023, n. 32537).

Dunque, se non è necessario che un danno si sia già verificato, occorre comunque, affinché si possa adottare il provvedimento di sospensione della responsabilità genitoriale, che vi sia un comportamento del genitore pregiudizievole per il figlio.

Se non vi è un concreto pregiudizio o un pericolo di concreto pregiudizio, l’autorità giudiziaria non può intervenire con misure sospensive, atteso che i provvedimenti modificativi o limitativi della responsabilità genitoriale sono preordinati all’esigenza prioritaria dell’interesse del figlio (Cass., Sez. I, 27 ottobre 2023, n. 29814).

Tali provvedimenti non costituiscono una sanzione a comporta-menti inadempienti dei genitori, ma piuttosto sono fondati sull’accertamento, da parte del giudice, degli effetti lesivi che essi hanno prodotto o possono ulteriormente produrre in danno dei figli, tali da giustificare una limitazione o una sospensione della responsabilità genitoriale (Cass., Sez. I, 7 giugno 2017, n. 14145).

Occorre, dunque, che la condotta del genitore, sebbene non tale da dar luogo ad una pronuncia di decadenza, appaia comunque pregiudizievole al figlio.

Il sistema normativo, d’altra parte, è improntato alla gradualità degli interventi e alla proporzionalità delle misure da adottare. Gradualità e proporzionalità impongono al giudice del merito la ricerca di un equo contemperamento tra l’esigenza, tanto del genitore che del minore, di ricostruire, là dove e fin tanto che sia possibile, la relazione parentale attraverso il sostegno dei servizi sociali, da una parte, e quella di garantire una crescita non traumatica del figlio, dall’altra.

In questo senso indirizza l’art. 5-bis della legge n. 184 del 1983, inserito dall’art. 28, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 149 del 2022, a decorrere dal 28 febbraio 2023, che – in linea con il disegno costituzionale, dove alla Repubblica è affidato il compito di agevolare i compiti della famiglia e di proteggere l’infanzia, demandandosi alla legge di provvedere affinché, nei casi di incapacità dei genitori, siano assolti i loro compiti (artt. 30 e 31) – richiede, ai fini dell’emanazione del provvedimento di limitazione della responsabilità genitoriale, non soltanto che il minore si trovi nella condizione prevista dall’art. 333 cod. civ., ma anche che gli interventi di sostegno si siano rivelati inefficaci o i genitori non abbiano collaborato alla loro attuazione (cfr. Cass., Sez. I, 21 novembre 2023, n. 32290).

Nello stesso senso orienta, come questa Corte ha già avuto occasione di osservare (Cass., Sez. I, 2 febbraio 2023, n. 3272), la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale ha ripetutamente riconosciuto all’autorità giudiziaria nazionale un ampio potere discrezionale in materia di misure relative alla prole, dovendosi considerare adeguatamente sia le oggettive difficoltà che possono

presentare i singoli casi, sia gli interessi e i diritti delle persone coinvolte, tutti raccolti attorno alla protezione offerta alla vita familiare dall’art. 8 Cedu, purché ciò avvenga in tempi contenuti (Corte europea dei diritti dell’uomo, 9 gennaio 2007, Mezl c. Repubblica Ceca).

In particolare, nelle cause in cui gli interessi del minore e quelli dei suoi genitori siano in conflitto, l’art. 8 Cedu esige che le autorità nazionali garantiscano un giusto equilibrio tra tutti questi interessi e che, nel farlo, attribuiscano una particolare importanza all’interesse superiore del minore che, a seconda della sua natura e complessità, può avere la precedenza su quello dei genitori (Corte europea dei diritti dell’uomo, 10 novembre 2022, I.M. e a. contro Italia).

7. – Tanto premesso, la valutazione operata dalla Corte del merito non si sottrae alle doglianze della ricorrente.

8. – In primo luogo, la Sezione minorenni della Corte di Perugia definisce “inadeguate” “alcune condotte poste in essere dalla signora (omissis) e costituenti fonte di pregiudizio per i minori”, dà atto di “condotte disfunzionali della madre” e riferisce della segnalazione, da parte dei Servizi, di “ingerenze e comportamenti” della donna “che avevano creato situazioni di tensione”.

Sennonché, la Corte territoriale, quando si tratta di riempire di sostanza e di contenuto tali condotte disfunzionali, si limita a fare un generico riferimento a “comunicazioni denigratorie della madre nei confronti del padre” (che, tra l’altro, sarebbero “ad oggi… diminuite”, secondo quanto riferito dal figlio (omissis)), ma non descrive ulteriormente tali condotte e non indica fatti o episodi specifici, omettendo perfino di circostanziare “gli episodi oggetto delle denunce dalle quali è originato il presente procedimento”.

Il dare conto, nel provvedimento del giudice del merito, dei fatti accertati, con la giustificazione su basi logiche e razionali delle scelte operate, è invece essenziale per permettere alla Corte di legittimità di esercitare la verifica se la norma che viene in rilievo sia stata interpretata e applicata in modo corretto.

Secondo la posizione ordinamentale della Corte e il sistema processuale del giudizio di cassazione, non rientra nei compiti istituzionali del giudice di legittimità, che esercita il sindacato di violazione di legge, rinnovare l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice del merito né procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie sulle quali quell’accertamento si fonda.

Ma il giudice del merito deve esporre, sia pure concisamente, le ragioni di fatto della decisione adottata senza omissioni o lacune rilevanti e senza travisamenti.

La prescrizione vale in generale, (ma) tanto più là dove, come nella specie, si sia di fronte all’applicazione di una norma elastica che richiama nozioni (la condotta pregiudizievole del genitore; il pregiudizio per i figlio; il provvedimento conveniente rimesso alla discrezionalità del giudice) per la cui perimetrazione in sede interpretativa appa-re fondamentale l’incontro tra la norma e la realtà effettuale, anche per cogliere la struttura relazionale delle posizioni soggettive coinvolte e l’esigenza di una loro tutela improntata alla ricerca di una soluzione equa.

9. – In secondo luogo, il decreto della Corte territoriale presenta un omesso esame di un dato rilevante, perché, pur dando atto, a livello descrittivo, del fatto che la signora (omissis) ha “buone competenze genitoriali”, non considera più questo elemento quando giunge al momento valutativo.

Preme rilevare che dalle conclusioni della relazione della Equipe di valutazione della personalità e delle competenze genitoriali del 14 febbraio 2023, puntualmente richiamato dalla ricorrente nell’atto di impugnazione, è detto espressamente che la (omissis) ha “buone competenze genitoriali rispetto alla mentalizzazione degli stati emotivi e dei bisogni dei figli, nelle specifiche funzioni genitoriali di leadership, contenimento e guida, nonché di supporto emotivo”. In particolare, “rispetto a ogni figlio riesce adeguatamente a riconoscere aspetti evolutivi propri di ogni età, leggendone bisogni e aspettative”; “risulta competente nell’affrontare argomenti a carattere riflessivo ed educativo che riguardano la vita dei minori”; “risulta essere competente nella misura in cui riesce a scindere l’aspetto genitoriale dalla vicenda separativa della coppia”.

Dalle relazioni dell’educatore familiare del gennaio e del febbraio 2023 emerge che “non sono stati osservati comportamenti della madre tali da potersi considerare irrispettosi, squalificanti, offensivi, violenti, dal punto di vista fisico o verbale o psicologico verso i minori”. Un altro dato significativo che emerge da quelle relazioni è che “non sono state mai rilevate da parte della madre esplicite e dirette espressioni volte a sminuire o squalificare il padre di fronte ai minori”. Infine, nel susseguirsi degli accessi non si sono osservati da parte dei minori “acting out di valenza critica e problematica tali da far ipotizzare un disagio o malessere rispetto alla loro permanenza presso il contesto materno” e “risulta evidente un forte legame affettivo con la figura materna”.

La mancata considerazione e valorizzazione di questi elementi e, insieme, del dato che entrambi i figli hanno espresso il desiderio di poter trascorrere con tranquillità del tempo con entrambi i genitori, si risolve in un omesso esame di fatti decisivi suscettibile di inficiare la coerenza logica e la plausibilità delle conclusioni della decisione impugnata.

Infatti, il disagio psicologico vissuto dai figli a seguito della disgregazione della coppia genitoriale, della incertezza e della scarsa prevedibilità del contesto ambientale e del permanere di una certa animosità della madre, anche per i suoi limiti caratteriali, nei confronti del padre dei bambini, manifestatasi attraverso “comunicazioni denigratorie”, non presenta la consistenza del pregiudizio legittimante, a norma dell’art. 333 cod. civ., la pronuncia della sospensione della responsabilità genitoriale della madre, in mancanza di accertate carenze d’espressione delle capacità genitoriali, e considerando altresì il profilo, palesemente trascurato dalla stessa Corte di merito, afferente alle conseguenze sui minori della adottata pronuncia di sospensione in un periodo così delicato per il loro sviluppo fisio-psichico nella fase adolescenziale.

Proprio tali limiti caratteriali della madre avrebbero dovuto essere affrontati e valutati nella prospettiva di un’offerta di opportunità diretta a migliorare i rapporti con i figli, in un percorso scevro da pregiudizi originati da postulate e non accertate psicopatologie.

La Corte territoriale ha considerato le asprezze caratteriali della ricorrente in senso fortemente stigmatizzante, come espressione di un’incapacità di esprimere le capacità genitoriali nei confronti dei figli, pur in mancanza di condotte di oggettiva trascuratezza o incuria; e non ha tenuto conto delle evidenziate buone competenze genitoriali della madre, anche sotto il profilo del supporto emotivo, unite alla sua capacità di interpretare e dare una risposta ai bisogni e alle aspettative dei figli.

10. – Il decreto impugnato è cassato, nei sensi di cui in motivazione.

La causa deve essere rinviata, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Perugia, sezione minorenni, in diversa composizione.

11. – La peculiarità della vicenda oggetto di giudizio, valutata unitariamente alla natura del procedimento, volto al perseguimento del superiore interesse del minore, giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.

12. – In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003.

P.Q.M.
accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Perugia, sezione minorenni, in diversa composizione.Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 settembre 2024.

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