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Cassazione civile sez. I, 13/12/1999, n. 13937

Massima

In tema di tutela del software ai sensi della legge sul diritto d’autore (L. n. 633 del 1941), la legittimazione attiva del cessionario dei diritti di utilizzazione economica verso il terzo che abbia commesso la violazione non è subordinata alla prova scritta (prescritta dall’art. 110 L. 633/41), in quanto la cessione, in tale contesto, è invocata come mero fatto storico e può essere provata con qualsiasi mezzo, incluse le dichiarazioni del cedente. Tale legittimazione può concorrere anche in capo a chi si trovi nel possesso legittimo dei diritti medesimi (art. 167 L. n. 633/41).

Supporto alla lettura

PROPRIETA’ INTELLETTUALE 

La proprietà intellettuale consiste in un sistema di tutela giuridica dei beni immateriali che sono il risultato dell’attività inventiva e creativa dell’uomo. In particolare, si tratta di un insieme di diritti esclusivi riconosciuti sulle creazioni intellettuali, articolandosi, da un lato, nella proprietà industriale relativa a invenzioni (brevetti), marchi, disegni e modelli industriali e indicazioni geografiche e, dall’altro, nei diritti d’autore a copertura delle opere letterarie e artistiche.

Sebbene regolamentati da diverse normative nazionali e internazionali, i diritti di proprietà intellettuale (DPI) sono anche disciplinati dalla legislazione dell’Unione europea.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione notificato in data 31 gennaio – 2 aprile 1985, la (omissis) Italia s.r.l. chiamava in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, la (omissis) s.r.l., la ditta (omissis) di (omissis) c. e la (omissis) S.p.A. esponendo che le convenute erano responsabili della violazione dei suoi diritti su di un programma di elaborazione paghe e stipendi, ed invocava a proprio favore le norme sulla tutela del diritto d’autore e sulla concorrenza. Sosteneva che la Itamati si era resa inadempiente al contratto stipulato il 9 agosto 1982 per la distribuzione – esclusivamente ad utilizzatori finali – del suo programma per elaboratore su sistemi IBM S-23, S-34 ed S-38 nelle provincie di Parma, Reggio Emilia e Piacenza, con impegno a non divulgare altrimenti il programma; all’andamento deludente delle vendite aveva fatto seguito la scoperta di vendite “sommerse”, in particolare alla Prassi, previa illegittima duplicazione e adattamento del suo diverso programma STP-36 (derivato dall’adattamento di STP-34 alla nuova macchina IBM nel frattempo presentata sul mercato, ma significativamente ancora ceduto a Prassi con il nome STP-34), e a (omissis) di (omissis).

Le convenute, costituitesi, eccepivano il difetto di legittimazione della attrice, perché il contratto in questione era stato stipulato dal ragionier (omissis), titolare di una ditta individuale (omissis), e non dalla (omissis) Italia s.r.l., e il difetto di prova circa la proprietà rivendicata; (omissis) e (omissis) deducevano poi di essersi limitate ad ottenere dalla (omissis) di (omissis) e C. s.n.c. il diritto di commercializzare il programma predisposto dalla stessa (omissis), dopo gli opportuni adattamenti e modificazioni.

2. Con altro atto di citazione, notificato il 20 marzo 1985, la (omissis) Italia s.r.l. chiamava in giudizio, davanti allo stesso tribunale, la (omissis), e chiedeva che venisse inibito alla convenuta di duplicare, produrre e vendere le procedure o programmi STP 34, STP 38, e di fare uso delle analisi ad essi relative, di proprietà dell’attrice, in violazione del contratto stipulato tra le parti e comunque in plagio di procedure e programmi di (omissis); chiedeva inoltre la risoluzione del contratto per inadempimento della (omissis) e l’accertamento della sua responsabilità per aver plagiato software di sua proprietà, e per concorrenza sleale, con la condanna al pagamento di una penale per una somma non inferiore a L. duecento milioni, salvo il risarcimento dell’ulteriore danno. Secondo l’esposizione contenuta in citazione, le parti avevano stipulato alla fine del 1981 un contratto per la collaborazione nella realizzazione “di procedure salari e stipendi STP 38 e STP 34” destinate a funzionare sui sistemi IBM 38 e IBM 34. Si trattava di realizzare programmi informatici nella versione cosiddetta sorgente, destinati a produrre programmi oggetto per la gestione di procedure di contabilità e calcolo di salari e stipendi da utilizzare sui sistemi IBM citati.

La (omissis) avrebbe trasmesso ad (omissis) le analisi di sua esclusiva proprietà, ed (omissis) avrebbe realizzato i programmi, li avrebbe provati e li avrebbe consegnati (“testati e funzionanti”) alla (omissis)… La (omissis) dopo aver ricevuto le analisi della procedura, non era però riuscita a derivarne i programmi sorgente nè nel termine pattuito nè successivamente, e aveva eseguito poi direttamente il lavoro di programmazione; dopo la consegna da parte di (omissis) di programmi non funzionanti essa aveva risolto il contratto. La (omissis) aveva contestato il suo inadempimento sostenendo che inadempiente era la stessa attrice, per non aver fornito le analisi, che essa aveva dovuto preparare per proprio conto, ed aveva comunque restituito in fotocopia la documentazione. Ma la (omissis) aveva rinvenuto sul mercato presso terzi programmi sorgente di provenienza diretta o indiretta da (omissis).

La convenuta, costituitasi, resistevano alla domanda, contestandone ogni premessa. Le due cause venivano riunite, ed in esse interveniva il ragionier (omissis), titolare della ditta individuale (omissis), che dichiarava di aver ceduto tutti i suoi diritti in ordine ai programmi per cui è causa alla (omissis) Italia s.r.l., costituita il 19 ottobre 1983; veniva assunta una consulenza tecnica, nonché una prova testimoniale. All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale, con sentenza in data 27 maggio – 20 dicembre 1993, dichiarava estinto il giudizio tra (omissis) s.r.l. nonché (omissis) e (omissis) S.p.A. ed inammissibile l’intervento della (omissis) Associazione italiana Software; riconosceva la legittimazione della (omissis) Italia s.r.l. in quanto cessionaria dei diritti di autore sui programmi per cui è causa; accertava la già intervenuta risoluzione dei contratti tra (omissis) s.r.l. e (omissis), nonché tra a stessa (omissis) s.r.l. e (omissis); dichiarava la responsabilità di (omissis) s.n.c., di (omissis) s.r.l. e di (omissis) di (omissis) per violazione dei diritti di esclusiva spettanti in forza della legge sul diritto d’autore a (omissis) s.r.l. e a (omissis), inibendo la prosecuzione della condotta illecita, e condannando gli autori dell’illecito al risarcimento del danno (Lire 40.000.000. a carico di (omissis) s.n.c., 100.000.000. a carico di Itamati, e 25.000.000. a carico di (omissis)).

I successivi gravami (principale) della (omissis), (omissis) e (omissis) e (incidentali) della (omissis) Italia e di (omissis) venivano tutti integralmente respinti dalla Corte di appello di Milano. Ed avverso quest’ultima sentenza, depositata il 13 dicembre 1996, la (omissis) e la (omissis) ricorrono ora per cassazione. Resiste la (omissis) con controricorso. Le ricorrenti hanno anche depositato memoria.

Motivi della decisione

I L’odierna impugnazione si compone di cinque mezzi che le stesse ricorrenti così testualmente riassumono: 1 “(omissis) Italia non era legittimata ad agire, contro (omissis) e (omissis)”; 2″ ammesso e non concesso che (omissis) Italia fosse stata legittimata ad agire, in ogni caso (omissis) e (omissis) hanno acquistato il programma paghe dal soggetto – (omissis) – titolare del medesimo”; 3 “ammesso e non concesso che (omissis) non fosse titolare del diritto di sfruttare il suddetto programma, questo è stato comunque radicalmente trasformato da (omissis), che ne ha tratto un nuovo programma, del tutto autonomo e non ricollegabile ad alcun altro programma da rapporti di derivazione”; 4 “ammesso e non concesso che (omissis) non fosse titolare del diritto di sfruttare il suddetto programma, e che lo stesso non sia stato radicalmente trasformato da Itamati, è stato comunque acquistato in buona fede da (omissis) e da (omissis)”; 5 “in ogni caso, a prescindere da tutti i superiori rilievi, i programmi che (omissis) Italia rivendica non presentano i requisiti di legge per la tutelabilità sotto il profilo del diritto d’autore”.

II Con il primo motivo – che si risolve in una denuncia di violazione degli art. 2721 ss., 2556 c.c., 110 L. n. 633 del 1941, 2581, co. 2°. c.c. e 2967 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. le ricorrenti più in particolare, addebitano alla Corte di appello di aver “ritenuta sufficiente per rigettare di difetto di legittimazione attiva di (omissis) Italia” la dichiarazione di (omissis) di (omissis), quale intervenuta in causa, di aver trasferito a (omissis) Italia i diritti di utilizzazione economica dei propri programmi per elaboratore e con essi i rapporti contrattuali con i clienti, aventi ad oggetto tali programmi.

E deducono che sarebbero stati con ciò violati i principi relativi alla opponibilità degli atti ai terzi desumibili dagli articoli su citati. Nessuno di tali rilievi però coglie nel segno. Con riguardo all’asserita violazione degli artt. 2721 s.s., 2967 c.c., deve infatti, in premessa escludersi che i limiti, ivi previsti, alla prova di un contratto per cui sia richiesta la prova scritta, ad substantiam o ad probationem, come i limiti di valore per la prova testimoniale, valgono anche quando esso sia dedotto, come mero fatto storico nei confronti di terzi, operando viceversa detti limiti esclusivamente quando il contratto sia invocato in giudizio quale fonte di diritti ed obblighi tra le parti contraenti (cfr. tra altre, Cass. nn. 5029/78; 3351/873562/95).

Allo stesso modo, anche l’art. 2556 cc., nell’imporre la forma scritta ad probationam di negozi attinenti al trasferimento dell’azienda concerne esclusivamente i rapporti fra cedente e cessionario fra i quali è incorsa la convenzione, mentre di questa i terzi, ad essa estranei, sono abilitati a fornire la prova senza soggiacere alla suddetta limitazione (cfr. nn. 2678/80; 575/82; 5029/83; 2518/84…) Quanto infine all’art. 110 L. 1941 n. 633 – che nella specie viene più propriamente in applicazione, una volta che la sentenza impugnata ha risolto il problema di legittimazione sul piano del trasferimento di diritti di utilizzazione economica ed ha statuito solo in ordine a violazione di tali diritto (per la già intervenuta risoluzione dei contratti stipulati tra le parti) – è pur vero che detta norma prescrive che “la trasmissione dei diritti di utilizzazione (spettanti agli autori delle opere) deve essere provata per iscritto”.

Ma anche detta prescrizione (che attiene appunto alla prova e non alla validità delle cessione) si riferisce parimenti all’ipotesi in cui il trasferimento venga invocato dal cessionario nei confronti di chi si vanti titolare del medesimo diritto a lui ceduto e non pure alla diversa ipotesi (nella specie invece ricorrente) in cui il trasferimento sia invocato dal cessionario di diritto di utilizzazione nei confronti del terzo che abbia (come nella specie) violato detto diritto. In quest’ultima evenienza la scrittura è allegata, infatti, quale semplice tatto storico e può quindi essere provata, in quanto tale, con qualsiasi mezzo (cfr. Cass. nn. 1392/944273/98). Per cui corretta si conferma, la decisione dei giudici del merito che hanno fondato la prova della cessione dei diritti in questione dalla (omissis) di (omissis) alla (omissis) Italia sulla base delle dichiarazioni del medesimo cima. E ciò a prescindere dalla ulteriore considerazione che, pacifico essendo, comunque, in fatto il possesso di tali diritti da parte della (omissis) Italia quest’ultima potesse avere un concorrente titolo di legittimazione nell’art.167 L. n. 633/41 cit., per cui li diritti di utilizzazione economica… possono essere anche fatti valere giudizialmente da chi si trovi nel possesso legittimo dei diritti medesimi”.

III Il secondo motivo della impugnazione in quanto volto sostanzialmente a negare che il programma STP 34 fosse opera derivata dal precedente programma STP 23, di proprietà della (omissis), e che perciò, quale adattamento di quello, spettasse alla medesima (omissis) anziché alla (omissis) che ne aveva rivendicato la titolarità originaria ed autonoma – trova poi precluso il suo esame dal giudicato interno formatosi su tal punto, in conseguenza della mancata impugnazione di questo capo della decisione da parte della (omissis), che vi avrebbe avuto interesse.

IV In linea ulteriormente subordinata alle censure che precedono, le ricorrenti, con il terzo motivo della loro impugnazione, hanno – come si è detto – riproposto la tesi che il programma ceduto dalla (omissis) fosse stato comunque trasformato dalla (omissis), divenendo così opera diversa da quella cui si riferivano le rivendicazioni della (omissis); e lamentano che la Corte milanese abbia immotivatamente disatteso siffatta prospettazione. Ma anche per questa parte la sentenza d’appello si sottrae a critica. La Corte di merito ha, infatti, pur dato atto che la (omissis) aveva a sua volta “elaborato” il programma acquistato da (omissis). E da tale premessa (non quindi trascurata) ha però tratto la conclusione che si trattava comunque, nella specie di elaborazione non lecita perché operata senza il consenso della (omissis), effettiva titolare del programma originario.

E per tale profilo la decisione è certo corretta perché fa puntuale applicazione del criterio indicato nell’art. 64 bis della L. 22 aprile 1941 n. 633 – introdotto con D.Lgs. 29 dicembre 1992 n. 518, ma applicabile anche ai programmi creati in precedenza a norma dell’art. 199 bis L. n. 633/1941 cit. – che alla lett. b) estende i diritti esclusivi conferiti dalla legge sui programmi per elaboratore a “la traduzione, l’adattamento, la trasformazione e ogni altra modificazione del programma per elaboratore, n nonché la riproduzione dell’opera che ne risulti, senza pregiudizio dei diritti di chi modifica il programma” (alla stessa conclusione potendo, peraltro, pervenirsi anche prima della novella n. 518 del 1992, in base agli artt. 1 e 18 della L. n. 633 del 1941, già ritenuti applicabili ai programmi per elaboratore dalla giurisprudenza).

V Del pari non fondata è la quarta censura con cui si assume che la Corte territoriale abbia escluso la buona fede di esse ricorrenti con motivazione insufficiente e contraddittoria. Sul punto la motivazione della sentenza impugnata è viceversa più che congrua, esaustiva e coerente; e fa perno tra l’altro sull’assorbente considerazione che la riscontrata evidente derivazione del programma STP 34 dal precedente programma STP 23 della STP (omissis), non poteva sfuggire alla (omissis), la quale aveva stipulato con il (omissis) un contratto (quello poi consensualmente risolto) per la commercializzazione non solo del programma STP 34, ma dello stesso programma STP 23.

Per cui “se un errore ci fu all’origine del convincimento di (omissis), allora si trattò di errore di diritto sulla possibilità di vantare un titolo originario di acquisto del diritto di autore in base ad un adattamento di un’opera dell’ingegno altrui, e non di un errore di fatto sull’autore del programma”. Non rilevando, infine, che il programma per cui è causa fosse stato ceduto dalla Elcon, poiché la pur apparente titolarità di questa in ordine all’oggetto materiale venduto (il pacchetto o prodotto) non autorizzava di per sè ad inferirne una corrispondente titolarità anche sul tema immateriale (programma).

VI Priva di giuridica consistenza è, infine, anche la residua doglianza relativa all’asserito “difetto di originalità” dei programmi in questione. Sulla base degli accertamenti tecnici già esperiti in primo grado, ed in consonanza con le conclusioni peritali (già condivise dal Tribunale), la Corte di merito ha, infatti, dato atto che, in detti programmi, “molti elementi, non solo accessori, erano arbitrari (architettura e struttura delle varie parti del programma, procedure di comando, correlazione logica fra i vari programmi, conformazione dei files, codici dei titoli di biblioteca, corpo del cedolino paga e sua disposizione”), dando così luogo ad “un’opera complessa e non banale, frutto di sforzo intellettuale per la risoluzione del problema dato”.

Alla quale non poteva, pertanto, negarsi “originalità”, nei limiti in cui tale requisito è compatibile con un’opera dell’ingegno destinata ad un lavoro (come quello relativo alla elaborazione di busta paga) il cui contenuto è de terminato dalla normativa vigente, e che si avvale di un linguaggio logico anteriormente costituito. E tali conclusioni non restano certo scalfite dalla generica asserzione delle ricorrenti che siano stati trascurati dai giudici a quibus contrari rilievi formulati dal proprio consulente.

VII Il ricorso va, pertanto, integralmente rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivi.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in Lire 1.022.600 oltre a Lire 6.000.000 per onorario.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 1999.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 1999

Allegati

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