Il (omissis) si costituiva chiedendo che la separazione fosse pronunciata con addebito a carico della moglie, in quanto aveva abbandonato ingiustificatamente il domicilio coniugale.
Il Tribunale, con sentenza 24 febbraio 1996, pronunciava la separazione con addebito a carico della (omissis); assegnava la casa coniugale al marito; compensava fra le parti le spese processuali. La (omissis) proponeva appello, chiedendo l’esclusione dell’addebito a proprio carico, l’assegnazione della casa coniugale, nonché un assegno di mantenimento di lire 1.500.000, con decorrenza dalla domanda. Il (omissis) resisteva chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza 20 gennaio 1996, riformava parzialmente la sentenza impugnata, escludendo l’addebito a carico della (omissis) e ponendo a carico del marito ed in suo favore un assegno di lire 600.000 mensili. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il (omissis) formulando tre motivi, ai quali la (omissis) resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Diritto
Motivi della decisione
1 Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 146, 147 e 151 cod.civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi. Si lamenta in proposito che la Corte di appello abbia escluso l’addebito della separazione a carico della (omissis), stabilito dal Tribunale per abbandono del domicilio coniugale, in quanto era avvenuto dopo il deposito del ricorso per separazione. Si sostiene che la Corte avrebbe omesso di considerare che non si era trattato nel caso di specie di un mero allontanamento dal domicilio coniugale, ma di vero e proprio abbandono, con violazione degli obblighi di assistenza verso la prole e l’altro coniuge. In memoria si aggiunge che, non essendosi la (omissis) allontanata dal domicilio coniugale subito dopo la presentazione del ricorso per separazione, non poteva più allontanarsene a suo piacimento.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 146 e 151 cod. civ., nonché l’omessa ed erronea valutazione delle prove e l’omessa, erronea ed apparente motivazione su punti decisivi. Ciò poiché la Corte di appello aveva escluso l’addebito a carico della (omissis) con riferimento alla relazione adulterina allegata dal (omissis), perché non esisteva alcuna prova certa e comunque, i sospetti di infedeltà, erano inidonei a costituire offesa alla dignità del (omissis), in quanto (omissis) era stata notata in compagnia di altro uomo in Vittoria, località distante da Caltanissetta. Si osserva al riguardo che la Corte aveva omesso di valutare adeguatamente il carattere del fatto accertato, lesivo della dignità e del decoro dell’altro coniuge ed idoneo ad ingenerare nei terzi un giusto sospetto di infedeltà.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 cod. civ., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo, per essere stato l’assegno di mantenimento in favore della (omissis) quantificato senza adeguato riferimento ai redditi del (omissis), gravato del mantenimento del figlio, delle spese per il completamento della casa e del mutuo su di questa gravante, nonché con decorrenza retroattiva e con indicizzazione.
2 Il primo motivo è infondato.
Secondo un principio giurisprudenziale consolidato, l’abbandono della casa familiare, che di per sè costituisce la violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, di addebito della separazione, non concreta tale violazione se si provi che esso è stato determinato da giusta causa (da ultimo Cass. 29 ottobre 1997, n. 10648; 28 agosto 1996, n. 7920). A norma dell’art. 146, comma 2 cod. civ., la proposizione della domanda di separazione costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza coniugale, venendo così ad essere stata legislativamente tipizzata una giusta causa di allontanamento dalla casa familiare, la quale non costituisce violazione dell’obbligo matrimoniale di coabitazione e non può dare luogo all’addebito della separazione.
Nel caso di specie la Corte di appello ha accertato che l’odierna resistente si allontanò dal domicilio domestico successivamente alla presentazione della domanda di separazione e pertanto, sulla base del sopra esposto principio, esattamente ha negato che la separazione potesse esserle addebitata per il solo fatto di tale allontanamento, senza che possa rilevare – al contrario di quanto sostiene il ricorrente – il tempo intercorso fra la presentazione della domanda e l’allontanamento, nè la provvisorietà o la definitività dell’allontanamento, che sono circostanze estranee alla ratio della norma sopra citata, che è quella di escludere l’obbligo di convivenza per chi abbia presentato domanda di separazione personale.
Nè può essere presa in considerazione in questa sede l’affermata violazione di obblighi di assistenza connessi con la coabitazione, in quanto indicati del tutto genericamente e senza specifico riferimento alla loro allegazione in fase di merito.
3 Parimenti infondato è il secondo motivo.
Questa Corte, in tema di addebitabilità della separazione, ha affermato che la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 cod. civ. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa all’onore e alla dignità dell’altro coniuge (Cass. 14 aprile 1994, n. 3511; 3 gennaio 1991, n. 26) e la relativa valutazione è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata.
Nel caso di specie la Corte di appello, partendo in diritto dall’affermazione di tali principi – con la conseguente insussistenza del vizio di violazione di legge dedotto con il motivo – ha negato in fatto la ricorrenza dei presupposti di addebitabilità della separazione alla (omissis) sotto il profilo allegato, in quanto i fatti addotti dall’odierno ricorrente si erano sostanziati unicamente nella circostanza che, dopo l’allontanamento della moglie dal domicilio coniugale in conseguenza dell’inizio della causa di separazione, il ricorrente, con alcune persone poi indicate come testimoni, aveva pedinato tale (omissis), amico di famiglia, accertando che egli si incontrava con la (omissis), passeggiando con lei per le vie di Vittoria. Secondo la Corte “siffatte risultanze non costituiscono prova certa di una relazione adulterina, nè – in considerazione delle circostanze e degli aspetti esteriori riferiti dai testi – può affermarsi che la sussistenza di sospetti di infedeltà comporti, nel caso di specie, offesa alla dignità dell’altro coniuge, giacché la (omissis) è stata notata in compagnia del (omissis) in Vittoria (località molto distante dall’ambiente di Caltanissetta in cui vive il marito) soltanto nei primi del mese di marzo 1995, allorquando la stessa, dopo la presentazione della domanda di separazione, si era allontanata dal domicilio domestico, tanto più che vi è prova in atti che la (omissis), priva di qualsiasi reddito o altra risorsa finanziaria, vive a Caltanissetta fin dal marzo 1995, ospite di una sua amica, (omissis), così come riferito da quest’ultima in qualità di teste”.
Trattasi di una valutazione di merito, che esclude non solo la prova dell’adulterio, ma anche l’esistenza di un comportamento che, potendo farlo sospettare nell’ambiente di vita dei coniugi, possa costituire comunque offesa all’altro coniuge. Essendo tale motivazione immune da vizi logici, essa risulta incensurabile in questa sede.
4 Infondato, infine, è anche il terzo motivo, essendo stato l’assegno di mantenimento in favore della (omissis) liquidato in esatta applicazione dell’art. 156 cod. civ., a norma del quale il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri, disponendo che l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato. Detto assegno, infatti, le è stato attribuito in relazione alla mancanza di addebito, alla totale mancanza di redditi propri, all’età, che le rende estremamente difficile trovare un lavoro, nonché tenendosi conto del reddito dell’odierno ricorrente (di circa 2.100.000 mensili), assegnatario della casa in comproprietà e della circostanza che con lui vive un figlio maggiorenne, ma non ancora economicamente autonomo. La determinazione di detto assegno nella misura di lire 600.000 mensili, con decorrenza dalla domanda e indicizzazione Istat annua, rappresenta una valutazione di merito incensurabile in questa sede, mentre la indicizzazione, come già affermato da questa Corte, è consentita in forza dell’interpretrazione analogica dell’art. 5, comma 7, della legge n. 898 del 1970, come modificato dall’art. 10 della legge n. 74 del 1987, attesa la natura eminentemente assistenziale tanto dell’assegno di divorzio che di quello di separazione (Cass. 2 marzo 1994, n. 2051).
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese del grado, che si liquidano nella misura di lire duecentomila per spese vive e lire due milioni per onorari.
Così deciso in Roma il 25 febbraio 1998, nella camera di consiglio della prima sezione civile.