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Cassazione civile sez. I, 10/08/2022, n. 24610

Massima

L’addebito della separazione non può basarsi unicamente sulla violazione dei doveri matrimoniali, ma richiede la prova di un nesso causale tra tale violazione e l’intollerabilità della convivenza.

Supporto alla lettura

Separazione

In generale, la separazione è una sospensione temporanea del matrimonio e dei suoi effetti civili. La separazione è stata istituita per permettere ai coniugi di trovare una riconciliazione. La separazione di fatto è determinata dall’interruzione volontaria della vita matrimoniale dei coniugi, in seguito al raggiungimento di un accordo, anche se quest’ultimo non ha una validità giuridica (se non quando i coniugi richiedono l’omologazione del Tribunale). Invece, la separazione legale è caratterizzata dall’intervento del Giudice, dell’Ufficiale di stato Civile o degli avvocati, in caso di negoziazione assistita. Esistono due tipi di separazione legale, quella consensuale in cui i coniugi sono d’accordo su come regolare i loro rapporti e chiedono che il Tribunale prenda atto della loro volontà e quella giudiziale in cui invece questo accordo non c’è ed è il Tribunale che decide, dopo gli opportuni accertamenti, le condizioni della separazione. Dal 2014 con l’art. 12 legge 10.11.2014 n. 162 i coniugi che arrivano ad una separazione consensuale, possono scegliere di:

  • presentare la domanda (ricorso) congiunta al Tribunale, attivando la procedura già regolata dal codice civile, oppure
  • intraprendere la procedura di negoziazione assistita da almeno due avvocati, uno per ogni coniuge, secondo le nuove disposizioni della legge

Inoltre, solo per il caso in cui non vi siano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ovvero economicamente non autosufficienti, i coniugi possono optare per la procedura avanti all’Ufficiale dello Stato civile del Comune di residenza. Con la ”Riforma Cartabia” si sono introdotte nuove norme affinché tutte le controversie relative alla famiglia, e quindi anche la separazione ed il divorzio, vengano affrontate utilizzando un unico rito processuale, prevedendo inoltre che in un prossimo futuro sia istituito il Tribunale della famiglia, che si occuperà specificamente dei procedimenti in materia di relazioni familiari, persone e minorenni. La domanda dovrà essere proposta al Tribunale del luogo di residenza abituale dei figli minori, dovrà essere corredata da un piano genitoriale che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relative alla scuola, al percorso educativo, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto

Considerato che:

La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 5177/2019, accoglieva parzialmente l’appello proposto da C.D. nei confronti di (omissis) avverso la pronuncia n. 9967/2018 del Tribunale della medesima città, addebitando la separazione in capo all’appellata e confermando nel resto l’impugnata decisione relativamente alla assegnazione della casa coniugale ed al quantum dell’assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni ma non autosufficienti.

La Corte di appello, per i profili che qui rilevano, osservava, alla luce del materiale istruttorio acquisito in corso di causa, che la moglie aveva violato l’obbligo di fedeltà consumando un rapporto sessuale sulla pubblica via nel (omissis), circostanza questa non contestata, cui aveva fatto seguito nel mese successivo il deposito del ricorso per separazione, che quindi era da porre in stretta correlazione con il tradimento. Sottolineava che, anche se si era trattato di un unico episodio, le modalità con le quali era avvenuto ed il suo forte impatto emotivo sull’altro coniuge erano certamente in grado di giustificare la pronuncia di addebito.

La Corte, nel prendere in esame le argomentazioni difensive svolte dall’appellata, affermava che le circostanze di fatto riferite da quest’ultima non potevano ritenersi indicative di una convivenza già esaurita, ma piuttosto di un rapporto in crisi che entrambi i coniugi cercavano di conservare nell’interesse dei figli.

Su queste basi revocava l’assegno di mantenimento disposto in suo favore ai sensi dell’art. 156 c.c. con l’assorbimento dell’appello incidentale diretto ad ottenere una modifica del quantum dell’emolumento concesso dal Tribunale.

Avverso tale decisione (omissis) propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso (omissis).

Diritto
Considerato che:

Con il primo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 116 e 132 c.p.c., nonché degli artt. 143, 151, 2697 e 2712 c.c., per avere la Corte di appello posto a fondamento della decisione esclusivamente il materiale probatorio fornito dall’appellante, omettendo di valutare le allegazioni documentali dell’appellata che sarebbero state sufficienti ad inficiare la tesi di parte ricorrente.

Si lamenta che il giudice del gravame ha riconosciuto valenza probatoria al materiale fotografico prodotto in causa dal marito, malgrado la formale opposizione espressa dall’appellata, e non ha dato il giusto rilievo all’accesa conflittualità esistente da anni fra gli stessi coniugi ed al comportamento violento tenuto dal marito.

Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la Corte omesso di considerare il comportamento del marito, il quale non solo determinava il fallimento della terapia di coppia intrapresa nel (omissis), ma convocava la moglie dinnanzi al legale per discutere della separazione nel (omissis), ignorando le deduzioni dell’odierna ricorrente in ordine ad una ipotizzata relazione extraconiugale, cui si era fatto riferimento sin dal primo grado di giudizio.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sulle domande formulate con l’appello incidentale relative ad una riforma parziale della decisione in ordine al quantum dell’assegno di mantenimento disposto dal Tribunale.

Il secondo motivo è fondato laddove prospetta una violazione di legge rispetto alla disciplina dell’addebito con l’assorbimento dei restanti.

Questa Corte ha più volte riconosciuto che la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posti dall’art. 143 c.c. a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale.

La dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza; pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito (Cass. 27 giugno 2006, n. 14840).

Inoltre, secondo i principi generali, in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l’addebito l’onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l’efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (Cass. 5 agosto 2020, n. 16691).

Ciò posto, il giudice del gravame non ha fatto corretta applicazione di tali principi laddove ha ritenuto che le circostanze dedotte dalla parte appellata – vale a dire l’attivazione, sin dall’anno (omissis), di una terapia di coppia ed il suo successivo fallimento, nonché la convocazione della moglie nel maggio (omissis) da parte del marito presso un suo legale ai fine di valutare gli accordi per una possibile separazione consensuale – non fossero espressione di una crisi matrimoniale capace di minare la convivenza coniugale, proseguita unicamente nell’interesse dei figli.

Le affermazioni su cui la Corte di appello ha fondato il suo convincimento sono fra loro in contrasto e difettano di coerenza non potendosi, da un lato, accertare l’anteriorità della crisi della coppia rispetto all’infedeltà della moglie e, dall’altro, ritenere che la convivenza sia proseguita nel mero interesse dei figli; il che esclude, all’evidenza, ogni possibilità di ricondurre detta crisi ai denunciati comportamenti della moglie.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte la decisione va cassata e rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di questa fase.

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di questa fase.Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2022

Allegati

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