Fatto
RILEVATO CHE
1.- Li.Ri., nata in Costa d’Avorio, proponeva opposizione avverso il provvedimento emesso il 16 agosto 2022 dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Palermo con il quale era stata respinta sia la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, sia la domanda subordinata di protezione sussidiaria. Con lo stesso provvedimento erano stati, invece, ritenuti sussistenti i presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, in considerazione della durata della permanenza in Italia, della vulnerabilità della ricorrente e del fatto che la stessa in data 31/07/2021 a L ha dato alla luce una figlia.
Il Tribunale ha respinto il ricorso.
La ricorrente aveva rappresento, dopo avere ricordato di avere riferito su ciò già nel corso dell’audizione dinanzi alla Commissione territoriale, di essere stata costretta, nel 2006, a sposare secondo il rito tradizionale un uomo per volere della famiglia dal quale aveva avuto due bambine e di avere subito ripetute violenze fisiche da parte sua, di avere più volte tentato di scappare riuscendovi, poi, nel 2015, e raggiungendo in seguito, dopo una serie di varie vicende personali l’Italia; aveva espresso la volontà di non rientrare in patria per il timore di subire vessazioni da parte della famiglia del padre, da cui era stata costretta al matrimonio combinato e aveva esposto al Tribunale il timore di essere uccisa dal primo marito, in caso di rientro in Patria, perché minacciata anche per il fatto che non era stato restituito “il prezzo della sposa”.
Il Tribunale, per quanto interessa, ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non ravvisando la ricorrenza di un rischio reale di grave danno ai sensi delle lett. a) e b) dell’art. 14, D.Lgs. 251/2007, in quanto ha
ritenuto, come già la Commissione, non credibile il racconto della ricorrente in merito alla ricorrenza di elementi idonei a configurare un concreto ed attuale pericolo di danno grave o di persecuzione. In particolare, il Tribunale ha affermato “Va, altresì, aggiunto che il timore della reazione da parte del primo marito della ricorrente appare inverosimile, considerato che i due sono separati da più di dieci anni; che il marito, subito dopo la separazione, nonostante avesse saputo che la ricorrente si trovava a casa della zia, sempre nello stesso paese, non le avrebbe fatto nulla di male; che lo stesso, anzi, avrebbe avuto timore della zia, in quanto “donna decisa”; che la ricorrente non ha più contatti con il primo marito già da tempo, ovvero dal 2015, come dichiarato dalla stessa in sede di audizione; che le due figlie vivono senza problemi con la madre della ricorrente, a dimostrazione dell’inverosimiglianza delle presunte minacce del marito di non farle vedere più le figlie. Inoltre, come già allegato dalla Commissione, è inverosimile che la famiglia della ricorrente possa costringerla a tornare dal primo marito, dopo aver accettato la dote offerta da parte del nuovo compagno.” (fol.4 del decr. imp.).
La cittadina straniera ha presentato ricorso per cassazione con un motivo.
L’Amministrazione ha depositato mero atto di costituzione.
Non sono state depositate memorie.
È stata disposta la trattazione camerale.
Diritto
CONSIDERATO CHE
2.1.- L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 3 co. 3 e 5 ed art. 14 lett. b) D.Lgs. n. 251/2007, art. 115, primo comma, c.p.c. e l’omesso esame di un documento da cui risulta un fatto rilevante e decisivo, non contestato da controparte. Erronea valutazione della credibilità della ricorrente. Vizio di motivazione risultante dal provvedimento impugnato, dal verbale di audizione dinanzi la
Commissione Territoriale, dal verbale di audizione dinanzi al Tribunale, dalla produzione documentale del 18.05.2023 e del 14.05.2024 (cfr. docc. lett. B, lett. E, lett. G, lett. H, lett. I, allegati al presente ricorso).
La ricorrente critica la decisione impugnata rimarcando che il Giudice di primo grado ha completamente omesso l’esame, e dunque la relativa motivazione, circa l’allegazione da parte della ricorrente di documentazione attestante l’attualità del pericolo della ricorrente di subire un grave danno ai sensi della lett. b) dell’art. 14 D.Lgs. 251/2007, in quanto vittima di minacce attuali da parte del coniuge che la stessa è stata costretta a sposare, nonostante tali circostanze fossero state allegate sin dalla audizione svoltasi dinanzi alla Commissione.
Lamenta che non siano stati presi in considerazione e valutati i fatti emergenti dalla documentazione prodotta in data 17.05.2023, consistente in una lettera sottoscritta dallo zio paterno della ricorrente, che ha preso il posto di suo padre dopo il decesso di questi, datata 28.01.2023, la cui traduzione legalizzata è stata fornita in sede di note di trattazione scritta del 14.05.2024 quale ulteriore conferma dell’attualità del pericolo di subire un grave danno in caso di rimpatrio. Rimarca che, a suo parere, tale lettera è importante in quanto nella stessa si evince che la madre della ricorrente è stata bandita dal villaggio, per averla aiutata a fuggire, contiene la prova della vicenda del matrimonio forzato narrato dalla ricorrente ed in particolare della volontà del padre, reiterata da suo zio paterno incaricato della questione, affinché ella ritorni dal marito violento da cui è fuggita, per ripagare il debito di 10.000.000 F “Ho affidato la Questione a mio fratello Mo.Ro., che ti farà tornare da tuo marito in modo che io possa estinguere il debito di dieci milioni” ed attesta l’attualità del pericolo di subire un grave danno in caso di rimpatrio.
Denuncia, inoltre, che il mancato approfondimento istruttorio a mezzo delle COI in merito al fenomeno del matrimonio forzato in Costa D’Avorio, anche ai fini della valutazione di credibilità soggettiva della ricorrente, in merito a quanto risultante dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio – consistente nella lettera dello zio della ricorrente, attestante l’attualità del pericolo di subire un grave danno in caso di rimpatrio – che non è stata contestata da controparte e neppure valutata nella decisione oggi impugnata.
2.2.- Il motivo è fondato e va accolto.
2.3.- Al riguardo va ricordato che questa Corte, in tema di protezione internazionale, ha più volte preso in esame la fattispecie della costrizione ad un matrimonio non voluto sia con riferimento alla ipotesi più diffusa, in danno di soggetto femminile, che per quella più rara, in danno di soggetto maschile.
In tema di protezione sussidiaria, può essere qualificata, all’esito della doverosa acquisizione di specifiche C.O.I., in termini di “danno grave” per “trattamento inumano o degradante” ai sensi dell’art. 14, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 251 del 2007, ovvero anche quale grave violazione della dignità della persona, la coercizione esercitata mediante minaccia su una persona (donna o uomo) finalizzata a contrarre un matrimonio forzato in base a norme consuetudinarie del Paese d’origine, proveniente anche da soggetti diversi dallo Stato, qualora le autorità pubbliche o le organizzazioni che controllano lo Stato, o una sua parte consistente, non possano o non vogliano fornire protezione adeguata (Cass. n. 6573 del 09/03/2020) con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (Cass. n. 25463/2016; Cass. n. 21437/2020; Cass. n. 6573/2020; Cass. n. 606/2023).
In materia di protezione internazionale, se il giudice del merito accerti che l’istante si è trovata di fronte a pressioni per indurla al matrimonio che, seppur reiterate e di taglio “insinuativo”, non hanno raggiunto il livello della vera e propria imposizione, sì da esporla a trattamenti in sé stessi lesivi della dignità personale, non ricorrono le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria; tuttavia, qualora le pressioni ed induzioni in fatto subite abbiano comportato forti disagi e sofferenze nella persona della ricorrente, ed abbiano così inciso sulla sua facoltà di autodeterminazione e di positiva esplicazione della libertà personale, ponendola in una situazione di peculiare vulnerabilità, ricorrono i “seri motivi di carattere umanitario” di cui all’art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998. (Cass. n. 6228 del 05/03/2021)
La vicenda in esame, relativa ad un matrimonio “imposto” già contratto, al quale la ricorrente si è riuscita a sottrarre solo successivamente, allontanandosi dal suo Paese, imponeva di verificare l’applicabilità dei principi anzidetti, laddove si consideri che il matrimonio imposto può indurre una perdurante condizione di coercizione, esercitata anche dai familiari mediante minacce, pressioni o induzioni in fatto, al fine di preservare o far riallacciare il vincolo coniugale, contro la volontà della persona già a ciò costretta, in modo da esporla a continuati trattamenti lesivi della dignità personale, anche in ragione degli accordi familiari di natura economica – a cui la persona costretta al coniugio è estranea – che, spesso, contraddistinguono queste vicende.
Nella specie, il giudice di merito ha ritenuto illegittimamente di poter omettere tale verifica, mentre sarebbe stato invece suo dovere esaminare la documentazione prodotta ed apprezzarne il contenuto, anche in relazione alla valutazione di credibilità della ricorrente, ed avrebbe dovuto assumere, anche d’ufficio, informazioni sulla situazione generale della Costa d’Avorio, con riferimento al tipo di problema posto dalla richiedente, attraverso i canali indicati al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, o mediante altre fonti che fossero in concreto disponibili, e solo all’esito di ciò formulare una pertinente valutazione.
3.- In conclusione, il ricorso va accolto, il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Palermo per il riesame alla luce dei principi espressi e la statuizione sulle spese.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
– Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
Così deciso in Roma il 7 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2025.
