Svolgimento del processo
1. (omissis) s.r.l.s unipersonale, a seguito del deposito, da parte di (omissis) Srl, di un ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale dinanzi il Tribunale di Latina, domandava, ai sensi dell’art. 40, comma 10,C.C.I.I., di accedere agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza previsti dalla nuova normativa con concessione di un termine per il deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti o di altro strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, oltre che dell’ulteriore documentazione di cui agli articoli da 39 a 44 C.C.I.I.. Il tribunale, con provvedimento del 29 marzo 2023, fissava un termine di sessanta giorni per il deposito della proposta di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all’art. 39, commi 1 e 2,C.C.I.I.oppure di altri strumenti consentiti dalla legge, nominava il commissario giudiziale e ordinava al debitore di versare, entro il termine perentorio di dieci giorni, la somma di Euro 10.000 -determinata in applicazione estensiva/analogica e nei limiti della compatibilità dell’art. 47, comma 2, lett. d),C.C.I.I., in base alle risultanze documentali ed emergenze processuali – per spese processuali.
2. (omissis) s.r.l.s presentava reclamo avanti alla Corte d’appello di Roma chiedendo che fosse disposto, in parziale riforma di tale provvedimento, il pagamento della somma di Euro 1.000 o di quella ritenuta più equa per le spese di procedura eventualmente occorrenti fino alla scadenza del termine fissato ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. a),C.C.I.I..
La Corte distrettuale dichiarava il reclamo manifestamente inammissibile, non essendo previsto dal C.C.I.I..
3. (omissis) s.r.l.s ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 19 luglio 2023, prospettando due motivi di doglianza.
Le intimate (omissis) Srl e (omissis) Srl non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
4. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, e ultimo comma, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.: la pronuncia di inammissibilita resa dalla Corte d’appello non risulta sorretta da adeguata motivazione, poiché la mera affermazione di una mancata, e non meglio circostanziata, previsione del reclamo da parte della normativa di riferimento non assolve la funzione di spiegare la ragione di fondo che sorregge il provvedimento giurisdizionale, il quale quanto meno doveva richiamare lo specifico parametro normativo da cui aveva tratto il proprio convincimento.
5. Il secondo motivo di ricorso prospetta, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, e ultimo comma, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 124 C.C.I.I., che prevede espressamente che contro i decreti del tribunale il debitore possa proporre reclamo avanti alla Corte d’appello.
L’assenza di un costrutto motivazionale avversativo di questa disposizione di legge rende altresì incomprensibile – a dire della ricorrente – la declaratoria di inammissibilità del reclamo.
6. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, non sono fondati.
6.1 La motivazione assume carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 22232/2016). Nel caso di specie la corte territoriale ha fornito una chiara ed inequivoca spiegazione delle ragioni poste a base della propria decisione, là dove ha affermato che “Il reclamo … è manifestamente inammissibile non essendo previsto dai CCDI”, poiché in questo modo ha rappresentato che la propria statuizione di inammissibilità era fondata sul fatto che il gravame era stato proposto malgrado la disciplina del C.C.I.I. non prevedesse alcuna possibilità di impugnazione del provvedimento reso dal tribunale exart. 44, comma 1, lett. d),C.C.I.I..
Nessun vizio di motivazione, quindi, può essere predicato.
6.2 Il C.C.I.I. prevede al suo titolo III, capo IV, sezione II, in un quadro sistematico ispirato a finalità di semplificazione, una serie di norme – costituite dagli articoli da 40 a 53 – che regolano in linea generale il procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza.
A queste norme di carattere generale fanno seguito altre, di carattere peculiare, che disciplinano le singole procedure. L’art. 124C.C.I.I.riguarda la procedura di liquidazione giudiziale e non può essere esteso o applicato analogicamente a procedure diverse, in mancanza di uno specifico richiamo (come avveniva nel concordato preventivo di vecchio conio, dove l’art. 164l. fall.prevedeva espressamente che i decreti del giudice delegato erano soggetti a reclamo a norma dell’art. 26l. fall.).
6.3 La Corte d’appello, correttamente, ha risolto la questione facendo riferimento alle regole che presidiano il procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, al cui interno l’art. 44, nel disciplinare l’accesso al concordato preventivo e al giudizio per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione”, stabilisce, al primo comma, lett. d), che il tribunale, “in caso di nomina del commissario giudiziale, ordina al debitore il versamento, entro un termine perentorio non superiore a dieci giorni, di una somma per le spese della procedura, nella misura necessaria fino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lettera a)”.
La norma non prevede che il debitore possa presentare reclamo avverso il contenuto di questo provvedimento, in particolare al fine di contestare la quantificazione operata dal tribunale delle spese di procedura necessarie fino alla scadenza del termine per il deposito della proposta di concordato preventivo con il piano e la correlata documentazione oppure degli accordi di ristrutturazione dei debiti. La scelta del legislatore non è affatto casuale, perché questa quantificazione è il frutto di un provvedimento discrezionale assunto dal tribunale rispetto a un aspetto organizzativo della procedura nella sua fase di avvio.
Inoltre, se il tribunale provvede con decreto non soggetto a reclamo nell’ipotesi (patologica) di mancato versamento della somma fissata (a mente dell’art. 44, comma 2, ultimo periodo, secondo cui “nello stesso modo” – e dunque con decreto non soggetto a reclamo, nel senso previsto al primo periodo della norma – “il tribunale provvede in caso di violazione dell’obbligo di cui al comma 1, lettera d)”), del pari è logico ritenere che statuisca con provvedimento di identica natura con riguardo all’individuazione (fisiologica) della misura delle spese da versare (torna, a questo proposito, di attualità quanto questa Corte ebbe a scrivere tempo addietro, quando osservò che “sarebbe pertanto (ben) strano considerare ammissibile il ricorso per cassazione avverso un siffatto decreto, per la sola parte in cui questo dispone in ordine alle future spese di procedura, quando il medesimo ricorso risulterebbe invece inammissibile ove proposto nei confronti della principale disposizione contenuta nel provvedimento, ossia contro la decisione di ammettere o meno l’imprenditore alla procedura concordataria…”; cfr.Cass. 10821/1996).
Ogni eventuale doglianza in ordine alla misura delle spese fissata ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d),C.C.I.I.viene perciò a essere convogliata – a mente degliartt. 49, commi 1 e 2, e 51C.C.I.I.– nei motivi di reclamo avverso la sentenza con cui il tribunale, una volta definita la domanda di accesso a una procedura di regolazione concordata della crisi proposta, dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale. In conclusione, vanno fissati i seguenti principi:
i) l’art. 124C.C.I.I.– a differenza delle norme contenute negli articoli da 40 a 53 dello stesso codice, che regolano in linea generale, a fini di semplificazione, il procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza – riguarda la procedura di liquidazione giudiziale e non può essere esteso o applicato analogicamente a procedure di diversa natura, in mancanza di uno specifico richiamo normativo;
ii) il decreto con cui il tribunale ordina al debitore, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d),C.C.I.I., il versamento, entro un termine perentorio non superiore a dieci giorni, di una somma per le spese della procedura, nella misura necessaria fino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lett. a), non è soggetto a reclamo ed ogni eventuale doglianza in ordine alla misura delle spese così fissata può essere presentata nei motivi di reclamo avverso la sentenza con cui il tribunale, una volta definita la domanda di accesso a una procedura di regolazione concordata della crisi proposta, dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale.
7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto. La mancata costituzione in questa sede delle società intimate esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, deld.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, dellalegge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 26 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria l’8 maggio 2024.
