SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 2003, una pluralità di Aziende Agricole, tra le quali le attuali controricorrenti, convenivano in giudizio la Coop. La Lombarda s.c. a r.l. (di seguito Coop. La Lombarda) e AG.E.A. – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (di seguito, AGEA), per sentir accogliere le seguenti conclusioni “con-fermato il provvedimento pronunciato dal G.I. dott.ssa Ma. e di cui all’ordinanza del 6.06.2002, accertare e dichiarare il diritto dell’azienda agricola ricorrente di essere interamente pagata per le consegne di latte effettuate nel corso delle annate dal 1995/96 alla presente 2002/2003 senza subire trattenute, non essendo stata data applicazione in Italia alla normativa comunitaria in materia di quote latte con le garanzie imposte dalla stessa e quindi a far condannare parte convenuta al pagamento dell’intero prezzo sulle consegne di latte, per le stesse annate e a non escutere le garanzie fideiussorie eventualmente ordinate per gli stessi titoli e ad AGEA a ordinare di non richiedere sia alla ricorrente che all’acquirente il versa-mento delle somme a titolo di prelievo supplementare per le annate di cui è causa”.
Con sentenza n. 5/2009 il Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda) su tali domande così decideva “accerta il diritto delle aziende agricole ricorrenti di essere integralmente pagate per le consegne di latte effettuate nel corso delle annate 1995/1996 alla presente 2002/ 2003 senza trattenute; Alla luce della Sentenza della Corte Costituzionale del 26434 del 2006 va disattesa la domanda nei confronti della contumace La Lombarda. Inibisce all’AGEA di non richiedere ai ricorrenti e/o all’acqui-rente il versamento delle somme a titolo di prelievo supplementare per le annate in causa Condanna l’AGEA alla rifusione delle spese dell’intero giudizio…”
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 24/10/2018 le attuali ricorrenti adivano il Tribunale di Milano chiedendo “condannare l’AGEA – Agenzia per le erogazioni in agricoltura – (…) a cancellare e/o annullare e/o rimuovere e/o azzerare dal registro contenente la situazione debitoria della azienda agricola Ma.Pa. e Figli Società Agricola e da ogni altro bol-lettino o registro i debiti ivi contenuti e precisamente (…) complessivi Euro 202.502,41; condannare L’AGEA – Agenzia per le erogazioni in agricoltura – (…) a cancellare e/o annullare e/o rimuovere e/o azzerare dal registro contenente la situazione debitoria del sig. In.Ro. quale titolare dell’azienda agricola In.Ro. Farm e da ogni altro bollettino o registro i debiti ivi contenuti e precisamente (…) complessivi Euro 522.538,14.”
A fondamento di tali domande i ricorrenti esponevano, in sintesi – di occuparsi della conduzione di terreni e dell’allevamento di bestiame; – di aver prodotto, nel corso delle campagne lattiero-casearie dal 1995-1996 al 2001/2002, un quantitativo di latte superiore a quello assegnato e di essere stati, quindi, destinatari per ogni singola annata di annotazioni per c.d. prelievo supplementare per i quantitativi prodotti in eccedenza; – che dai regi-stri AGEA risultavano annotazioni a debito per “prelievi dovuti” per gli anni dal 1995/1996 al 2000/2001 per complessivi Euro 202.502,41 a carico di Società Agricola Ma.Pa. e per gli anni dal 1995/1996 al 2001/2002 per complessivi Euro 552.538,14 a carico di In.Ro.; – che la sentenza del Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda) n. 5/2009, passata in giudicato, aveva accertato il loro diritto ad essere pagati integralmente, senza trattenute, per le consegne di latte effettuate dal 1995/1996 al 2002/2003 ed aveva inibito ad AGEA di richiedere il versamento delle somme a titolo di prelievo supplementare per le suddette annate; – che AGEA non aveva cancellato dai propri registri i prelievi calcolati dal 1995/ 1996 al 2001/2002 in cui il latte era stato consegnato a primi acquirenti diversi dalla Coop. La Lombarda (unica cooperativa convenuta in giudizio, unitamente ad AGEA, davanti al Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda); – che il rifiuto di AGEA di cancellare i prelievi relativi a consegne effettuate ad acquirenti diversi da La Lombarda era già stato censurato in altri procedimenti, intrapresi da altre aziende agricole davanti ad altri Tribunali, i quali, con provvedimenti ormai definitivi, avevano condannato AGEA a cancellare i debiti iscritti nei registri; – che il giudicato di cui alla citata sentenza del Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda) si era formato anche su questioni non dedotte, ma che costituivano presupposto essenziale e indefettibile, e, pertanto, l’assenza in giudizio dei primi acquirenti diversi da La Lombarda non poteva paralizzare la pretesa dei ricorrenti di ottenere la cancellazione delle somme indicate nei registri per tutti i periodi e per tutte le forniture.
L’AGEA si costituiva davanti al Tribunale ed eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, chiedendo, in subordine, nel merito, il rigetto delle domande.
Il Tribunale di Milano, previo mutamento del rito, definiva il giudizio con la sentenza n. 2552/2020, con cui condannava AGEA a cancellare dai registri contenenti la situazione debitoria delle due attrici i debiti relativi ai periodi e agli importi specificamente indicati nell’atto introduttivo.
AGEA proponeva appello avverso la decisione di primo grado, il quale, nel contraddittorio con gli appellati, veniva respinto.
In particolare il Giudice di secondo grado, per quanto in questa sede di interesse, rilevava che il sistema delle “quote latte” prevedeva che, nel rispetto di obblighi comunitari, fossero fissati dei limiti alla produzione di latte per ogni allevatore e che le produzioni eccedenti fossero assoggettate ad un prelievo supplementare, cioè ad un pagamento, che doveva fungere da deterrente e che doveva essere concretamente trattenuto dal c.d. primo acquirente del latte sul prezzo da pagare al produttore che glielo aveva venduto; il primo acquirente versava poi all’Erario questo prelievo. AGEA iscriveva questi prelievi in un registro e poi regolava i conti con gli allevatori, anche mediante compensazioni con contributi a cui gli allevatori avevano diritto ad altro titolo.
In tale ottica, secondo la Corte di merito, il giudicato della sentenza del Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda) conteneva una inibitoria ma non la condanna alla cancellazione, richiesta e disposta invece con la sentenza appellata, che non realizzava, pertanto, alcuna duplicazione di titolo.
Inoltre, sempre secondo la Corte d’Appello, il giudicato posto a fondamento della domanda, derivante dalla sentenza del Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda) per il carattere generale delle affermazioni contenute anche nella motivazione della sentenza, si era formato nei confronti di AGEA su tutte le annualità indicate e senza la limitazione, eccepita da AGEA, alle consegne effettuate all’unico acquirente citato in giudizio, Coop. La Lombarda. AGEA era, infatti, destinataria dell’inibitoria che era riferita al prelievo supplementare per le annate in causa, senza ulteriori specificazioni. Il rigetto della domanda verso Coop. La Lombarda, risultante dal dispositivo della sentenza, confermava ulteriormente che la decisione doveva essere interpretata in modo ampio, essendo irrilevante il soggetto primo acquirente. Né era possibile una diversa ricostruzione del contenuto della sentenza, attraverso il collegamento con la domanda svolta, non essendo stati prodotti da AGEA, che ne aveva l’onere, dato che aveva eccepito l’indebita estensione del giudicato, gli atti relativi al giudizio conclusosi con la sentenza più volte citata.
Sulla pretesa erronea interpretazione del rapporto fra giudicato e diritto dell’Unione Europea, la Corte territoriale ricordava che la S.C. ha individuato in modo rigoroso i casi eccezionali nei quali possono essere disapplicate le norme processuali di diritto interno relative al giudicato e la presente fatti-specie non rientra in alcuno di essi, richiamando Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5939 del 04/03/2021 (ove questa Corte ha precisato che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, senza che il diritto dell’Unione europea, così come costantemente interpretato dalla Corte di giustizia UE, imponga al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne da cui deriva l’autorità di cosa giudicata di una decisione, con riguardo al medesimo tributo, in relazione ad un diverso periodo di imposta, nemmeno quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione, salvo le ipotesi, assolutamente eccezionali, di discriminazione tra situazioni di diritto comunitario e situazioni di diritto interno, ovvero di pratica impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario ovvero di contrasto con una decisione definitiva della Commissione europea emessa prima della formazione del giudicato).
La Corte d’Appello ha aggiunto che anche la Corte di giustizia UE si è pronunciata in tal senso, affermando che “in assenza di una normativa dell’Unione in materia, le modalità di attuazione del principio dell’intangibilità del giudicato rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, ai sensi del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, nel rispetto tuttavia dei principi di equivalenza e di effettività. Al riguardo, il diritto dell’Unione non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con detto diritto” (CGUE, Seconda Sezione, Impresa Pizzarotti E C. Spa contro Comune di Bari e altri, causa C-213/13, sentenza del 10/07/2014).
Avverso tale sentenza l’AGEA ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi di doglianza.
Le intimate si sono difese con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione degli art. 2909 e 2697 c.c., in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’Appello confermato la sen-tenza appellata da AGEA in punto di “ampia” portata del giudicato formatosi fra le parti – considerandolo, perciò, riferito non soltanto a quanto dovuto dalle aziende agricole intimate per l’avvenuto conferimento di latte in eccedenza rispetto al QRI a ciascuna di esse rispettivamente attribuito, ai sensi dell’art. 4 della L. n. 468 del 1992, alla Coop. La Lombarda convenuta unitamente ad AGEA nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 5/2009 del Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda) nel corso delle campagne lattiero-casearie 2002/03 (Società Agricola Ma.Pa. e Figli) e 2001/02-2002/03 (In.Ro. Farm di In.Ro.), ma anche a quanto dalle medesime aziende agricole dovuto per l’avvenuto con-ferimento di latte in eccedenza rispetto al QRI a ciascuna di esse rispettiva-mente attribuito, ai sensi dell’art. 4 della L. n. 468 del 1992, nel corso delle campagne lattiero-casearie 1995/96-2001/02 (Società Agricola Ma.Pa. e Figli) e 1995/96-2000/01 (Azienda Agricola In.Ro. Farm), ai primi acquirenti non evocati nel giudizio conclusosi con la predetta sentenza – senza procedere alla ricostruzione della portata dello stesso in corretta applicazione delle norme indicate nella rubrica del motivo di ricorso, non essendosi in alcun modo premurata di verificare se la portata ampia della motivazione della predetta sentenza – che, in realtà, si segnalava per la sua stringatezza e ermeticità come dimostrato dai numerosi contrapposti precedenti formatisi riguardo alla portata dello stesso all’esito di giudizi instaurati da altre aziende agricole, cui pure detto giudicato si riferiva, sia dinanzi all’Autorità Giudiziaria Ordinaria che dinanzi al Giudice Amministrativo – poteva o meno trovare la sua logica spiegazione nella circostanza che si trattava di sentenza pronunciata a conclusione di un giudizio svoltosi fra una pluralità (oltre cento aziende agricole) di parti istanti in posizione non omogenea fra loro (per quel che riguardava il primo acquirente cui aveva conferito latte nel corso delle campagne lattiero-casearie ricomprese fra il 1995/96 e il 2002/03) e una pluralità di parti convenute (Coop. La Lom-barda e AGEA) senza collegare la motivazione della sentenza al dispositivo caratterizzato da gravi inesattezze (se non da errori) e, soprattutto, senza in alcun modo collegare la motivazione della sentenza alle conclusioni rassegnate con l’atto introduttivo del giudizio, nonostante il chiaro insegna-mento di codesta Corte secondo cui ogni incertezza riguardo alla portata del giudicato (interno o esterno) formatosi fra le parti deve essere risolta ricostruendo la portata del dispositivo dello stesso avendo riguardo alla motivazione e alle domande spiegate nell’atto introduttivo del giudizio a conclusione del quale si è venuto a formare nonché addebitando all’AGEA di non aver assolto ad onere probatorio che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., avuto riguardo alla posizione delle parti in causa, non gravava affatto su di essa.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applica-zione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., per non avere la Corte d’Appello di Milano considerato che, se il giudicato formatosi fra le parti – sentenza n. 5/2009 del Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Casano d’Adda) – aveva l’ampia portata attribuitagli dalle aziende intimate, così come affermato nella sentenza impugnata, le stesse, mediante l’azione esperita, non potevano assicurarsi alcun risultato utile e giuridicamente apprezzabile diverso ed ulteriore rispetto a quello che già gli era garantito da tale giudicato, sicché ne avrebbe dovuto essere dichiarata l’inammissibilità per carenza d’interesse ad agire.
Secondo la ricorrente, inoltre, anche a voler ritenere l’impossibilità di agire nei confronti dell’AGEA ex art. 612 c.p.c. per ottenere l’esecuzione del giudicato, comunque le stesse potevano tranquillamente adire il Giudice amministrativo, mediante ricorso ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), c.p.c., chiedendo di accertare l’esatta portata del giudicato e di assumere ogni statuizione necessaria a garantire l’adempimento dell’obbligo di AGEA di conformarsi pienamente ed integralmente ad esso, anche mediante espunzione delle annotazioni di partite creditorie dal Registro delle imprese dedite alla produzione di latte, che non aveva ritenuto di cancellare.
2. La ricorrente nella memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. ha eccepito la tardività del controricorso, evidenziando che il ricorso per cassazione è stato notificato il 27/01/2023 e i controricorrenti, pur avendo proceduto alla notifica del controricorso l’08/03/2023, hanno provveduto ad effettuare il deposito dello stesso solo il 27/03/2023.
L’eccezione è fondata.
Com’è noto il testo novellato dell’art. 370, comma 1, c.p.c. prevede che “La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da depositare entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso. In mancanza, essa non può presentare memorie ma soltanto partecipare alla discussione orale.”
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 7170 del 18/03/2024; v. già Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 3559 del 07/02/2024) hanno precisato che l’art. 370 c.p.c. – che, dopo la modifica apportata dall’art. 3, comma 27, del D.Lgs. n. 149 del 2022, non prevede più la notifica del controricorso, ma soltanto il suo deposito entro quaranta giorni dalla notifica-zione del ricorso – si applica ai giudizi introdotti successivamente al 1 gennaio 2023, poiché, in forza dell’art. 35, comma 5, del citato D.Lgs., come modificato dalla L. n. 197 del 2022, tutte le disposizioni del capo III del titolo III del libro secondo del codice di rito, nella loro nuova formulazione, hanno effetto a decorrere dalla predetta data e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso ad essa successivamente notificato (ad eccezione di alcune disposi-zioni, tra cui non è compreso l’art. 370 c.p.c., che operano anche per i pro-cedimenti già pendenti a tale data).
Ai fini della verifica della tempestività del controricorso, occorre, dunque, considerare la data di deposito dello stesso.
Nella specie, il controricorso risulta depositato il 27/03/2023, ben oltre il termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione, effettuata il 27/01/2023.
La tardività del deposito del controricorso ne determina l’inammissibilità (cfr. Cass., Sez. L, Ordinanza n. 23921 del 29/10/2020, pronunciata con riferimento alla disciplina previgente).
3. I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, per violazione dei principi di sinteticità e di chiarezza di cui all’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
Nonostante l’inammissibilità del controricorso, l’eccezione veicola una questione astrattamente rilevabile d’ufficio, sicché è opportuno statuire sul punto.
L’eccepita inammissibilità del ricorso è insussistente.
È, infatti, sufficiente leggere l’atto d’impugnazione per comprendere chiaramente il tenore delle censure, la cui complessità ha richiesto una de-scrizione articolata in fatto e in diritto.
4. Il primo motivo di ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile.
4.1. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass, che Sez. U, Sentenza n. 24664 del 28/11/2007 e Cass., Sez. U, Sentenza n. 11501 del 09/05/2008; v. anche Cass, Sez. L, Sentenza n. 2732 del 05/02/2008; Sez. 1, Sentenza n. 21200 del 05/10/2009; Cass., Sez. L, Sentenza n. 10537 del 30/04/2010; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 12159 del 06/06/2011; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 15339 del 12/06/2018; Cass, Sez. 3, Ordinanza n. 30838 del 29/11/2018).
4.2. Nel Caso di specie, la stessa ricorrente ha dedotto che – nella convinzione di essersi visti assegnare, a partire dalla campagna 1995/1996 e fino alla campagna 2002/2003, un QRI che non corrispondeva in alcun modo a quello loro spettante, poiché non si fondava su oggettive verifiche dei quantitativi di latte prodotto e commercializzato in epoca precedente al 1995, bensì su accertamenti di tipo statistico e induttivo in palese violazione della normativa sovranazionale di riferimento, e, oltretutto, era stato loro di volta in volta comunicato con grave ritardo rispetto all’inizio di ciascuna campagna annuale e, quindi, di non essere affatto tenute a corrispondere alcunché (o, comunque, di essere tenute a versare importi di molto inferiori rispetto a quanto richiesto, in conseguenza dell’entità del rispettivo sfora-mento rispetto alla consistenza del proprio QRI) – le attuali controricorrenti, insieme a numerose altre aziende agricole con sede in territorio lombardo, attive nella produzione del latte, nel corso del 2002 adivano il Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda con ricorso ex art. 700 c.p.c. al fine di vedersi accordare misura cautelare volta a impedire l’assunzione di qualsivoglia iniziativa preordinata al recupero di quanto da ciascuna di esse dovuto a titolo di prelievo supplementare stante l’avvenuto supera-mento del rispettivo QRI nelle annate dal 1995/96 al 2002/2003 da parte di AGEA e della Coop. La Lombarda. Vistesi accordare l’invocata tutela cautelare, detto numeroso gruppo di aziende agricole con atto di citazione ex art. 669 octies c.p.c., notificato nel giugno 2003, sollecitava l’accoglimento delle seguenti conclusioni “confermato il provvedimento pronunciato dal G.I. dott.ssa Ma. e di cui all’ordinanza del 6.06.2002, accertare e dichiarare il diritto dell’azienda agricola ricorrente di essere interamente pagata per le consegne di latte effettuate nel corso delle annate dal 1995/96 alla presente 2002/2003 senza subire trattenute, non essendo stata data applicazione in Italia alla normativa comunitaria in materia di quote latte con le garanzie imposte dalla stessa e quindi a far condannare parte convenuta al pagamento dell’intero prezzo sulle consegne di latte, per le stesse annate e a non escutere le garanzie fideiussorie eventualmente ordinate per gli stessi titoli e ad AGEA a ordinare di non richiedere sia alla ricorrente che all’acquirente il versamento delle somme a titolo di prelievo supplementare per le annate di cui è causa”.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 5/2009, ha così statuito su detta domanda “Le aziende agricole ricorrenti premesso di aver presentato ricorso ex art 700 c.p.c. in data 27.3.2003, che la produzione di latte vaccino dal 1984 è sottoposto al regime delle “quote latte” in ambito CEE secondo la diversa normativa succedutasi nel tempo che prevede l’assegnazione a ciascun Stato Membro e da questi a ciascun produttore singole quote latte di riferimento che permette di conoscere la quantità di latte commerciabile senza incorrere nel rischio del prelievo supplementare. Tale assegnazione è stata oggetto di dettagliata specificazione dai regolamenti comunitari, con la previsione di campagne lattiero casearie dal 1.4. al 31.3., l’assegnazione agli Stati membri di un quantitativo globale garantito, la suddivisione di tale quantitativo tra gli allevatori o tra i primi acquirenti e l’aggiornamento da parte dello Stato del QRI, quantitativo individuale di riferimento, di anno in anno prima dell’inizio di ogni periodo di commercializzazione e la comunicazione dello stesso ai produttori ed ai primi acquirenti, la quantificazione a fine campagna 15 maggio di ogni periodo, del prelievo supplementare imputabile ai produttori sulla base delle effettive quantità di latte prodotte e previa compensazione a livello nazionale tra produttori e /o acquirenti. La riscossione del prelievo supplementare ha luogo tramite l’acquirente, al quale è concessa la facoltà di trattenere l’importo del latte consegnato che supera il QRI del produttore (art.2 Reg. Cee 3950/92). Tuttavia la politica agricola di applicazione di quella europea sopra citata non sembra in armonia con le previsioni – prevalenti – introdotte dalle fonti normative comunitarie né con i principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento in quanto in particolare 1) le assegnazioni succedutesi dal 1994 ad oggi (avvenute con bollettini reiteratamente modificati a campagne in corso o già finite e poi sospesi in sede giurisdizionale) non sono state effettuate prima dell’inizio di ogni campagna di latte (così impedendo nella forma e nella sostanza un’efficace programmazione aziendale, 2) tali assegnazioni di quote non sono basate su oggettive verifiche delle quantità di latte prodotto e commercializzato all’interno dello Stato, bensì, con D.M. del 17.2.1998 su accertamenti di tipo statistico ed induttivo in contrasto con la normativa CEE da ultimo n. 1263/99 che prescrivono l’accertamento delle produzioni reali. Consistendo detti accertamenti sostanzialmente nella mera riproposi-zione con effetti retroattivi di precedenti assegnazioni già sospese dal TAR in più occasioni e da ritenersi quindi illegittime. Dette illegittimità non possono che riflettersi direttamente sui procedimenti di calcolo delle somme che si pretendono maturate a titolo di prelievo supplementare. Risulta quindi impossibile controllare l’iter logico giuridico e le procedure contabili che hanno condotto alla loro quantificazione con riferimento alle annate 1995/1996 ad oggi; ad esempio, con riferimento alla compensazione 2001/ 2002 vi è l’ordinanza del TAR Lazio n. 5065/02. Tali considerazioni valgono per le annate oggetto del presente giudizio, riassumendo, il fatto che le comunicazioni delle quote latte individuali, determinate a seguito delle ope-razioni di compensazione nazionale per le campagne produttive di cui al ricorso siano state notificate ai ricorrenti quando l’annata di riferimento era ormai conclusa, con ovvia impossibilità per l’azienda agricola di rispettare il limite imposto, risulta già di per sé sufficiente ad escludere l’elemento soggettivo dell’illecito, così come il principio di irretroattività della legge ne esclude l’elemento oggettivo.”
Sulla base di tali argomenti, il menzionato Tribunale ha ritenuto che le domande delle ricorrenti dovessero essere accolte, così provvedendo in dispositivo “accerta il diritto delle aziende agricole ricorrenti di essere integralmente pagate per le consegne di latte effettuate nel corso delle annate 1995/1996 alla presente 2002/2003 senza trattenute; Alla luce della Sen-tenza della Corte Costituzionale n. 26434 del 2006 va disattesa la domanda nei confronti della contumace La Lombarda. Inibisce all’AGEA di non richiedere ai ricorrenti e/o all’acquirente il versamento delle somme a titolo di prelievo supplementare per le annate in causa Condanna l’AGEA alla rifusione delle spese dell’intero giudizio…”.
La Corte d’Appello, nella sentenza in questa sede impugnata, nel valutare la statuizione contenuta nella sentenza appena riportata, divenuta definitiva, in ragione del carattere generale delle affermazioni contenute anche nella motivazione della sentenza, ha ritenuto che il giudicato si fosse formato nei confronti di AGEA su tutte le annualità indicate, senza la limita-zione, eccepita da AGEA, alle consegne effettuate all’unico acquirente citato in giudizio, la Coop. La Lombarda, rilevando come AGEA fosse la destinata-ria dell’inibitoria, riferita al prelievo supplementare per le annate in causa, senza ulteriori specificazioni.
4.3. La soluzione interpretativa della Corte d’Appello è condivisa da questo Collegio, emergendo chiaramente, dalla sequenza degli atti come sopra riportati, che il Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Cassano d’Adda), con la sentenza n. 5/2009 ha accolto l’azione come sopra proposta e, per l’effetto, ha ingiunto ad AGEA di non chiedere le somme a titolo di prelievo supplementare per le annate dal 1995 al 2003, quindi anche per quelle di cui è causa nel presente giudizio.
La statuizione è passata in giudicato e tale giudicato è opponibile ad AGEA, parte in quel giudizio, avente ad oggetto gli stessi rapporti in questa sede controversi, come, del resto, già statuito in più occasioni dal TAR per la Lombardia in controversie relative all’impugnazione degli atti amministrativi costituenti presupposto o comunque relativi alle richieste di pagamento (v. da ultimo TAR Lombardia, Sez. 2, Sentenza n. 1678 del 30/06/2023; TAR Lombardia Brescia, Sezione 2, Sentenza n. 62 del 21/01/2019; TAR Lombardia, Sezione 1, Sentenza n. 2329 dll’11/12/2017; TAR Lombardia, Brescia, Sezione 1, Sentenza n. 1070 del 23/08/2017; TAR Brescia, Sezione 1, Sentenza n. 1130 del 22/08/2016).
4.4. Nella motivazione della decisione in questa sede impugnata, la Corte d’Appello, dopo avere offerto l’interpretazione del giudicato nei ter-mini sopra menzionati, ha aggiunto che non era possibile “una diversa ricostruzione del contenuto della sentenza, attraverso il collegamento con la domanda svolta, non essendo stati prodotti da AGEA, che ne aveva l’onere avendo eccepito l’indebita estensione del giudicato, gli atti relativi al giudizio conclusosi con la sentenza più volte citata.”
La ricorrente ha dedotto che, in questo modo, la Corte d’Appello ha violato i criteri di riparto dell’onere della prova, ma la censura è evidentemente riferita ad un argomento posto in aggiunta alla interpretazione del giudicato in precedenza compiuto, mediante una argomentazione ad abundantiam, da ritenersi inammissibile per difetto di interesse, in quanto non incidente sull’esito della decisione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1770 del 24/01/2025; Cass., Sez. L, Sentenza n. 22380 del 22/10/2014).
5. Anche il secondo motivo di ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile.
5.1. Com’è noto, l’accertamento dell’interesse ad agire, inteso quale esigenza di provocare l’intervento degli organi giurisdizionali per conseguire la tutela di un diritto o di una situazione giuridica, deve compiersi con ri-guardo all’utilità del provvedimento giudiziale richiesto rispetto alla lesione denunziata, prescindendo da ogni indagine sul merito della controversia e dal suo prevedibile esito (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 34388 del 22/11/ 2022).
5.2. Nel caso di specie già l’AGEA aveva eccepito davanti al Giudice di merito che, ad interpretare il giudicato nella portata estesa inteso dalle controparti, queste ultime avrebbero ottenuto una indebita duplicazione del titolo, che, tuttavia, la Corte d’Appello ha escluso, evidenziando che la sen-tenza passata in giudicato conteneva una inibitoria, ma non la condanna alla cancellazione, richiesta e disposta nel presente procedimento.
Tale statuizione, peraltro non impugnata, evidenzia come sussista l’interesse delle imprese agricole ad agire, poiché, come già evidenziato dalla Corte d’Appello, queste ultime, nel presente giudizio, hanno chiesto la con-danna di AGEA a cancellare e/o annullare e/o rimuovere e/o azzerare dal Registro previsto ex lege la posizione debitoria erroneamente indicata, e non la sola inibitoria, contenuta nella sentenza passata in giudicato.
La ricorrente ha anche dedotto che le controparti, sulla scorta della sola sentenza passata in giudicato, avrebbero potuto agire davanti al Giudice amministrativo, quale Giudice dell’ottemperanza, perché, interpretata la portata della sentenza definitiva, venissero adottati tutti i provvedimenti necessari a darvi attuazione, per il tramite un commissario ad acta che ben poteva compiere gli atti oggetto della condanna in questa sede disposta.
È tuttavia evidente che tale allegazione non porta ad escludere l’interesse ad agire, ma a valutare il tipo di azione esperibile e conseguentemente la giurisdizione del giudice adito, che la parte – sotto questo profilo – non risulta avere contestato in precedenza, emergendo dalla sentenza impugnata il rigetto di un’eccezione di difetto di giurisdizione fondata su altre ragioni, con una statuizione non impugnata in sede di legittimità che, per-tanto, preclude ogni rilievo anche ufficioso sul punto.
6. In conclusione il ricorso deve essere respinto.
7. Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata in ragione dell’inammissibilità del controricorso depositato tardivamente.
8. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a norma dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115 del 2002, essendo parte ricorrente un’amministrazione statale (Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2025.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2025.
