Massima

In materia di fallimento di una società estinta e cancellata dal registro delle imprese (L.Fall., art. 10), il procedimento concorsuale, se avviato entro l’anno dalla cancellazione, implica che la società non perda la sua capacità processuale. Pertanto, il procedimento prefallimentare e le successive fasi impugnatorie continuano a svolgersi, per fictio juris, nei confronti della società estinta.

Supporto alla lettura

FALLIMENTO

Il fallimento, nell’ordinamento giuridico italiano, è una procedura concorsuale liquidatoria, finalizzata alla soddisfazione dei creditori mediante la liquidazione del patrimonio dell’imprenditore, a cui si può ricorrere in presenza di determinati requisiti.

Essa coinvolge l’imprenditore commerciale con l’intero patrimonio e i suoi creditori. Tale procedura è diretta all’accertamento dello stato di insolvenza dell’imprenditore, all’accertamento dei crediti vantati nei suoi confronti e alla loro successiva liquidazione secondo il criterio della par condicio creditorum, tenendo conto delle cause legittime di prelazione.

È regolata dal Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 ma la disciplina è stata più volte modificata nel corso del tempo. Alternativamente, il superamento della crisi dell’impresa è possibile esperendo un concordato preventivo, oppure tentando una ristrutturazione aziendale o la richiesta di amministrazione straordinaria, per consentire il salvataggio dell’impresa attraverso accordi tra l’imprenditore e i creditori. Tale procedura è stata abrogata e resta in vigore solo per i procedimenti ancora in corso.

Il D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 e con l’entrata in vigore il 15 luglio 2022 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il fallimento è stato sostituito da una nuova procedura concorsuale, la liquidazione giudiziale.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. – Con ricorso depositato il 12 novembre 2008 (omissis) s.a.s., in liquidazione, chiedeva la dichiarazione di fallimento di (omissis) s.r.l., pure in liquidazione, società cessata e cancellata dal registro delle imprese in data 22 aprile 2008.

(omissis) non si costituiva in giudizio e il Tribunale di Brescia, con sentenza del 17 aprile 2009, accertata la sussistenza dei necessari presupposti, ne dichiarava il fallimento.

2. – La pronuncia era fatta oggetto di reclamo da parte del liquidatore della società dichiarata fallita e, nel contraddittorio con (omissis), che si costituiva, la Corte di appello di Brescia con sentenza del 5 agosto 2009, accertata la nullità della notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di convocazione della fallita, dichiarava la nullità della decisione del giudice di primo grado.

3. – Proposto ricorso per cassazione, questa Corte, con sentenza n. 8455 del 23 aprile 2012, cassava la decisione impugnata e rinviava la causa alla Corte di Brescia.

4. – Quest’ultima, in sede di rinvio, rigettava il reclamo proposto da (omissis) e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza di primo grado con cui era stato dichiarato il fallimento della medesima.

5. – (omissis) e (omissis), nella loro qualità di ex-soci di (omissis), ricorrono per cassazione avverso detta pronuncia facendo valere un unico motivo di impugnazione che è illustrato da memoria. Non vi sono controricorrenti.

Motivi della decisione

1. – La sentenza impugnata è censurata per l’inesistenza della notifica della citazione in riassunzione, oltre che per violazione o falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., artt. 81, 159 e 160 c.p.c.. Viene lamentato che la citazione in riassunzione sia stata notificata a (omissis), liquidatore di (omissis), la quale era stata cancellata dal registro delle imprese in data 22 aprile 2008; si sostiene, in particolare, che, in considerazione di ciò, la notifica era stata effettuata a un soggetto non legittimato a riceverla. Si spiega, in proposito, che con l’estinzione della società conseguente alla cancellazione del registro delle imprese si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali, sotto il profilo processuale, acquisiscono anche la legittimazione attiva e passiva per la società. E’ aggiunto che la legittimazione del liquidatore della società cancellata persiste, ai fini fallimentari, fino a quando non sia decorso l’anno dalla cancellazione dell’ente dal registro delle imprese. Analoga eccezione, in punto di legittimazione, è svolta con riferimento al curatore fallimentare, il quale è stato evocato nel giudizio di reclamo (anche se non si è in quella sede costituito). Viene osservato, al riguardo, che a seguito della pubblicazione della prima sentenza della Corte di appello di Brescia, poi cassata, (omissis) era da considerare società in bonis, e non già un soggetto fallito; ad avviso del ricorrente “(n)on esisteva, quindi, un curatore fallimentare cui notificare la citazione riassunzione”, la quale avrebbe dovuto essere notificata ai soci, quali successori della società estinta.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Come è noto a norma della L.Fall., art. 10 una società cancellata dal registro delle imprese può essere dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione; tale previsione implica che il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuino a svolgersi, per fictio juris, nei confronti della società estinta, non perdendo quest’ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale (Cass. 1 marzo 2017, n. 5253; Cass. 6 novembre 2013, n. 24968; Cass. 13 settembre 2013, n. 21026; il principio è stato enunciato da Cass. Sez. U. 12 marzo 2013, n. 6070, ma non risulta massimato); in termini generali, nel corso della procedura concorsuale la posizione processuale del fallito è sempre impersonata dalla società e da chi legalmente la rappresentava: si tratta, appunto, di una finzione, che postula come esistente ai soli fini del procedimento concorsuale un soggetto ormai estinto (Cass. Sez. U. 12 marzo 2013, n. 6070 cit., sempre in motivazione).

In piena coerenza con detto principio, il presente giudizio, anteriormente alla proposizione del ricorso per cassazione di cui ci si deve occupare, è stato trattato nel contraddittorio con la società fallita. Gli ex soci di questa non ne sono stati parte.

Il ricorso per cassazione è stato invece proposto da (omissis) e (omissis), nella loro qualità di ex soci di (omissis).

Ora, i medesimi (omissis) risultano privi della legittimazione ad impugnare la sentenza resa dalla Corte di appello in esito al rinnovato giudizio di reclamo. Risulta difatti assorbente, ai fini che interessano, il rilievo per cui coloro che non sono stati parti del giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento non sono legittimati a ricorrere per cassazione avverso la sentenza della corte d’appello confermativa della menzionata dichiarazione, atteso che la legittimazione a proporre impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, nè la specialità del reclamo fallimentare prevale sul sistema impugnatorio ordinario in materia di ricorso per cassazione (Cass. 5 novembre 2018, n. 28096; Cass. 6 marzo 2017, n. 5520).

3. – Nulla è da statuire in punto di spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002,art. 13, comma 1 quater, inserito dallaL. n. 228 del 2012,art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

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