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Cassazione civile sez. I, 05/06/2025, n. 15055

Massima

In tema di amministrazione di sostegno, l’atto di designazione del futuro amministratore di sostegno, effettuato dal beneficiario mediante atto notarile, costituisce espressione di autodeterminazione che vincola il giudice tutelare nella scelta, a norma dell’art. 408 c.c., e pertanto deve essere rispettata. Il giudice può disattendere la nomina volontaria solo in presenza di gravi motivi, i quali devono essere oggettivamente accertati ed esplicitati nel provvedimento con una motivazione rigorosa e rafforzata.

Supporto alla lettura

Amministrazione di sostegno

Le ragioni sottese all’introduzione dell’amministrazione di sostegno (avvenuta, come è noto, ad opera dell’art. 3, legge 9 gennaio 2004, n. 6 , vanno rinvenute nelle avvertite esigenze di tutela dell’individuo e dei correlati interessi, patrimoniali e non. Oltre cioè alla gestione del patrimonio dell’incapace, l’istituto, disciplinato dagli artt. 404 ss. c.c., mira infatti a tutelare la sfera personale dell’incapace e a consentirne lo sviluppo. L’amministratore di sostegno viene nominato dal giudice tutelare del luogo in cui il soggetto beneficiario ha la residenza o il domicilio, su ricorso proposto dallo stesso soggetto infermo o menomato, dal coniuge, dal tutore, dal P.M., dal curatore, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dalla persona stabilmente convivente. Nello scegliere la persona da nominare amministratore di sostegno, il giudice deve preferire un soggetto familiare al beneficiario.
Il beneficiario conserva la capacità di agire per gli atti che non richiedono l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva dell’amministratore di sostegno.
Gli atti che l’amministratore di sostegno può compiere in nome e per conto del beneficiario sono stabiliti dal giudice tutelare con il decreto di nomina.
E’ fondamentale l’ascolto dell’interessato prima dell’adozione di un provvedimento che lo concerne direttamente (e non potrebbe essere altrimenti).

Mentre nel processo di interdizione, l’esame dell’interdicendo serve a saggiarne la capacità di intendere e volere; maggiormente ampia e complessa risulta la funzione esplicata dall’audizione del beneficiario nella procedura di amministrazione di sostegno. Non si tratta tanto o solamente di saggiare il tasso di autonomia della persona in correlazione alla disabilità, ma piuttosto di “ascoltare” l’interessato per raccoglierne “i bisogni e le richieste”, individuandone le effettive, concrete esigenze esistenziali e personali.
Le indicazioni fornite dal beneficiario in sede di ascolto sono estremamente significative ed il giudice ne deve “tener conto” agli effetti, ad es., della designazione dell’amministratore di sostegno, per la determinazione degli atti che l’amministratore di sostegno può compiere in sostituzione o in assistenza al disabile e che quest’ultimo non è in grado di effettuare in modo autonomo; come pure agli effetti dell’istituzione di un’amministrazione di natura prettamente patrimoniale, ovvero, anche (o esclusivamente) di tipo personale, volta alla protezione di esigenze esistenziali, ovvero, alla cura della salute personale.
Appare chiara la centralità e rilevanza dell’audizione del beneficiario della procedura, ben maggiore rispetto all’essenzialità dell’esame dell’interdicendo, nel processo di interdizione.
Può concludersi sul punto affermando che l’atto istruttorio più importante dell’intera procedura è appunto l’audizione del beneficiario.

Ambito oggettivo di applicazione

IN FATTO

RILEVATO CHE:

Su istanza di Ra.Ma. è stata aperta amministrazione di sostegno in favore della di lei madre To.Si., la quale aveva in precedenza designato con atto notarile quale suo futuro amministratore di sostegno l’avv. (omissis), oggi ricorrente; nomina che è stata disattesa dal Giudice tutelare che ha nominato quale amministratore Ra.Ma.

La Corte d’Appello, adita dall’avv. (omissis) ha ritenuto corretta tale decisione sia perché la nomina risaliva a più di vent’anni prima, sia perché la figlia è la persona che si prende cura della madre sotto tutti i profili di salute, assistenziali e patrimoniali.

Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’avv. (omissis) affidandosi a due motivi. Si è costituita con controricorso Ra.Ma.

Non costituite le altre parti.

Diritto

IN DIRITTO

RITENUTO CHE:

1. Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art.360 n.3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di norme di legge, e la nullità della sentenza per violazione, falsa o mancata applicazione di legge degli artt.408 c.c., e 2697 c.c. Il ricorrente deduce che interpretando ed applicando correttamente l’art.408 c.c. il Giudice, nella scelta e nomina dell’amministratore, ha l’obbligo di attenersi alla designazione fatta dal beneficiario, incardinando nell’ufficio il soggetto indicato nelle forme speciali previste dall’art.408 c.c.; egli può disattendere la nomina volontaria solo in presenza di gravi motivi, oggettivamente accertati, che possano mettere seriamente in dubbio la fiducia nelle capacità del designato ad assolvere alla mansione dell’ufficio, il tutto da esplicitare nel provvedimento con motivazione rigorosa e rafforzata. La nomina contenuta nell’atto notarile non necessita di ulteriori elementi, se non l’avveramento della condizione di incapacità del beneficiario. Nulla doveva quindi allegare esso ricorrente se non l’atto notarile di nomina; l’efficacia della scelta volontaria è impedita (elemento negativo) solo dall’accertamento dell’esistenza oggettiva di gravi motivi che si riflettano sulla capacità del designato e che giustifichino di non dar corso alla nomina notarile. Secondo il ricorrente è irrilevante, in questo contesto, la circostanza che sia la figlia ad occuparsi della madre, unico elemento che i giudici di merito hanno tenuto in considerazione per disattendere la nomina.

2. Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ex art.360 n.4 c.p.c. la nullità del provvedimento per violazione degli artt.132 comma 2 n. 4, 134 e 737 c.p.c.118 disp. att. c.p.c. e art.12 delle preleggi alla luce dell’art.111 sesto comma Cost. Deduce che il provvedimento, per poter legittimamente disattendere la volontà espressa dalla sig.ra To.Si. con l’atto del 2004, doveva essere redatto con una motivazione cd. rafforzata e/o rigorosa, così come da giurisprudenza della Corte di Cassazione, condizione che il provvedimento impugnato non soddisfa, atteso che, in questi casi, al giudicante è richiesta una diligenza superiore e specifica rispetto a quella ordinariamente domandata.

3. Preliminarmente si osserva che il ricorrente ha omesso di notificare il ricorso per cassazione alla beneficiaria To.Si., ricorso notificato invece alla amministratrice di sostegno. Il contraddittorio non può quindi dirsi integro nel presente grado di giudizio (Cass. n. 34854 del 29/12/2024; Cass. n. 451 del 08/01/2024). Tuttavia, poiché la beneficiaria ha partecipato personalmente al giudizio di primo grado, è stata ascoltata dal giudice tutelare e l’odierno ricorso, come appresso si dirà, è da respingere, non vi sono ragioni per disporre la integrazione del contraddittorio nei confronti della beneficiaria -che in sede di audizione personale non ha espresso volontà contraria alla nomina della figlia quale amministratrice di sostegno- poiché detto adempimento sarebbe in concreto ininfluente e lesivo del principio della ragionevole durata del processo (Cass. n. 10839 del 18/04/2019; Cass. n. 12515 del 21/05/2018).

4. I motivi sono infatti infondati.

Si può convenire con il rilievo che colui che è stato designato quale futuro amministratore di sostegno con atto notarile non debba allegare elementi per dimostrare la opportunità e convenienza della nomina. In questo caso rileva la volontà della persona -manifestata in un momento in cui è in possesso delle sue facoltà mentali – che è espressione di autodeterminazione e che va rispettata salvo che sussistano gravi motivi (Cass. 21/11/2023, n.32219; Cass., 15/05/2019, n.12998; Cass. 08/02/2024, n.3600). Null’altro che la designazione deve essere dedotto e allegato da chi intende fare valere la nomina notarile; è piuttosto il Giudice tutelare che deve indicare quali sono i gravi motivi che inducono a disattenderla.

5. Nel caso di specie i motivi per disattendere la designazione, contrariamente a quanto assume il ricorrente, sono stati indicati da entrambi i giudici di merito, in senso sostanzialmente conforme, e sono rilevanti.

5.1. In primo luogo si è evidenziato che nel lasso di tempo invero significativo che è intercorso tra la designazione notarile (2004) e il momento in cui è stata aperta la misura di protezione, si è instaurata una relazione di cura tra la beneficiaria e la figlia, che ha assunto la funzione di caregiver. Si tratta di una circostanza che, diversamente da quanto deduce il ricorrente, non è irrilevante, perché la presenza di un caregiver può considerarsi indicativa del fatto che si è instaurata tra la persona curata e il soggetto che se ne prende cura una relazione fiduciaria anche più forte di quella precedentemente espressa nell’atto di designazione; e quindi il giudice di merito ben può ritenere che il caregiver sia, in base alle circostanze concrete, persona più idonea a realizzare i migliori interessi della persona beneficiaria rispetto alla persona designata come amministratore di sostegno, anche in ragione di fatti ed elementi sopravvenuti alla designazione.

5.2. Inoltre, diversamente da quanto deduce il ricorrente, la motivazione del giudice del reclamo non si basa sulla valutazione di un unico elemento, bensì di una pluralità di elementi. La Corte d’Appello ha infatti esaminato la documentazione depositata dalla figlia della beneficiaria, dalla quale si desume che sin dagli anni 2021- 2022 è stata la figlia ad assumere la gestione del patrimonio della madre e che quest’ultima ha rilasciato in favore della figlia una procura ad operare sui suoi conti; mentre di contro la To.Si., prima della apertura della misura, ha revocato l’autorizzazione continuativa su conto titoli UBS, in precedenza rilasciata all’odierno ricorrente, indice questo del venir meno del rapporto fiduciario. Ed ancora, il giudice del reclamo ha rilevato che le funzioni di caregiver ma anche di gestione del patrimonio sono state assunte dalla figlia con il consenso di tutti i parenti; inoltre che anche soggetti terzi (come il medico e la badante) hanno dichiarato che è la figlia a curare la madre e che ella riceve visite solo da alcuni parenti e non anche dall’odierno ricorrente.

Tutti questi elementi, unitamente valutati, hanno indirizzato la scelta del giudice di merito che risulta adeguatamente motivata, avuto riguardo da un lato, ad altre e più recenti (rispetto alla designazione notarile) manifestazioni di volontà rese dalla beneficiaria in ordine alla persona cui affidare la gestione del proprio patrimonio, dall’altro in considerazione dei suoi migliori interessi, e delle esigenze di cura soddisfatte dalla caregiver.

Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi oltre euro 200,00 per spese non documentabili, spese forfettarie nella misura del 15 per cento, e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/2003.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2025.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2025.

Allegati

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