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Cassazione penale sez. IV, 13/12/2011, n.2396

Massima

Tra il reato permanente di detenzione di sostanze stupefacenti, iniziato in epoca pregressa e imprecisata, e quello di resistenza a pubblico ufficiale, commesso al momento del controllo effettuato dagli organi di polizia, non è configurabile l’unicità del disegno criminoso che è alla base della continuazione. (Da queste premesse, la Corte, accogliendo il ricorso del procuratore generale, ha annullato con rinvio la sentenza che, invece, aveva ritenuto la continuazione tra il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, relativo alla detenzione illecita di involucri contenenti cocaina, e quello di cui all’art. 337 c.p., commesso nei confronti degli operatori di polizia che avevano effettuato la perquisizione che aveva portato al rinvenimento della droga).

Supporto alla lettura

RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale si configura quando una persona usa violenza o minaccia nei confronti di un pubblico ufficiale, cioè colui che esercita una funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Le prime due funzioni sono riferibili a parlamentari, consiglieri regionali e giudici; la funzione amministrativa, invece, è riferibile a tutti coloro che dipendono da una pubblica amministrazione (es. medici, cancellieri, docenti, carabinieri, poliziotti ecc.)

Caratteristica fondamentale del reato di resistenza a pubblico ufficiale è che l’atto di ufficio sia già iniziato e che la violenza o la minaccia sia contemporanea allo svolgimento dell’attività.

Perché il reato sia configurabile, è necessario che:

  • la condotta dell’imputato sia attiva: deve esserci un’azione concreta diretta a ostacolare il pubblico ufficiale;
  • l’atto sia intenzionale: l’accusato deve aver agito con la volontà di impedire o ostacolare il pubblico ufficiale;
  • il pubblico ufficiale sia in servizio e stia esercitando le sue funzioni: come un controllo stradale, un arresto o un’operazione di ordine pubblico.

In altre parole, la persona che si oppone al pubblico ufficiale o all’incaricato del pubblico servizio deve influire negativamente sulla libertà di movimento del pubblico funzionario.

Il Codice Penale prevede per questo reato una pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni.

Se vi sono aggravanti, come l’uso di armi o l’aver causato lesioni al pubblico ufficiale, la pena può aumentare. Inoltre, se il reato viene commesso in concorso con altre persone, le sanzioni possono essere ulteriormente aggravate.

Esistono tuttavia circostanze attenuanti, che possono ridurre la pena, ad esempio:

  • se l’atto di resistenza è stato proporzionato e non ha provocato danni gravi;
  • se l’imputato ha agito in stato di necessità o legittima difesa;
  • se la condotta può essere ridimensionata rispetto all’accusa formulata.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. S.C. è stato giudicato dal tribunale di Sanremo per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per la detenzione di nove involucri contenenti cocaina, e per resistenza ai pubblici ufficiali che si accingevano ad effettuare la perquisizione della cantina dove si trovava nascosto lo stupefacente. Ritenuta l’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5 e la continuazione tra i due reati, il tribunale lo ha condannato alla pena di mesi 10 di reclusione e Euro 2000,00 di multa.

2.Ha presentato ricorso per cassazione il procuratore Generale della Repubblica di Genova. Denuncia violazione di legge per il ravvisato vincolo della continuazione tra i reati ascritti all’imputato; la motivazione fornita dal tribunale ha tenuto conto della contiguità temporale tra. le due violazioni e del fatto che la resistenza al pubblico ufficiale è stata posta in essere per impedire la perquisizione del locale dove poi è stato rinvenuto lo stupefacente;

essa è, secondo il ricorrente, giuridicamente errata; fra il delitto di detenzione di stupefacenti, la cui consumazione non è certamente iniziata nel momento della perquisizione, bensì risalente ad epoca imprecisata, ma comunque pregressa, e la successiva resistenza opposta nel momento dell’intervento dei pubblici ufficiali intervenuti non è possibile ipotizzare identità del disegno criminoso, atteso che non può sostenersi, o comunque manca del tutto la prova, che nel momento in cui l’imputato ha deciso di ricevere e di ritenere lo stupefacente avesse già ipotizzato di essere controllato da appartenenti alla polizia di Stato e di opporre loro esistenza. Si tratta pertanto di episodi delittuosi del tutto autonomi l’uno dall’altro non sorretti da identità di disegno criminoso.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

Come è stato chiarito da questa Corte (sez. 4, 17.12.2008 n.16066 rv 243632) in tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. E si è altresì precisato (sez. 6, 24.5.2007 n. 35805 rv 237643) che l’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l’occasionalità di uno dei due.

Nella specie, come ha messo in luce il pubblico ministero ricorrente, nessun concreto elemento consentiva di ritenere che l’imputato, fin dal momento della detenzione dello stupefacente, avesse progettato di opporre resistenza agli agenti che effettuassero dei controlli, tanto più che tale comportamento generalmente è determinato da circostanze contingenti ed è sorretto da una autonoma decisione.

2. Deve pertanto essere annullata la sentenza impugnata limitatamente alla applicata continuazione con rinvio alla Corte di appello di Genova che, ferma restando la pena già determinata per il reato, ritenuto più grave, di violazione della normativa sugli stupefacenti, provvedere ad aggiungervi quella autonomamente determinata per il reato di resistenza nella misura che la Corte riterrà di giustizia.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicata continuazione con rinvio alla Corte di appello di Genova per la determinazione della pena in ordine al reato di resistenza.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2012

Allegati

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