FATTO e DIRITTO
1. Con appello notificato il 9 ottobre 2020 e depositato il 19 ottobre successivo, il dottor -OMISSIS- ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza del Tribunale amministrativo per il Lazio -Roma, Sezione III Stralcio, –(omissis)-, che ha rigettato il suo ricorso proposto “per l’annullamento della decadenza dalla nomina a dirigente di seconda fascia con conseguente risoluzione del contratto individuale di lavoro”.
Dopo una lunga ricostruzione in fatto, la citazione delle memorie inviate all’Amministrazione a seguito della comunicazione ex articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed il richiamo dei motivi di ricorso in prime cure, l’appellante affida il proprio gravame a due mezzi di censura, con i quali ripropone, anche in chiave critica della sentenza impugnata, le doglianze svolte in primo grado, lamentando:
“I – ERRORES IN IUDICANDO E IN PROCEDENDO: VIOLAZIONE ART. 112 C.P.C. – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA CHIESTO E PRONUNCIATO – ERRONEITÀ DELLA SENTENZA IN RELAZIONE ALLE DEDOTTE CENSURE DI: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 3, PUNTO 11 DEL BANDO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 75 D.P.R. N. 445/2000 – VIOLAZIONE ARTT. 2, 3 E 10 L. N. 241/90 S.M.I.- VIOLAZIONE ART. 445 C.P.P. – ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE CIRCOLARE MINISTERO INTERNO N. 4 DEL 25.11.1998 – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ – CONTRADDITTORIETA’ – ILLOGICITÀ – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – DIFFORMITÀ RISPETTO AGLI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI – ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO”: con tale mezzo, il dottor -OMISSIS-contesta la sentenza impugnata, nella parte in cui il Tar ha stabilito che legittimamente l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale – INPS (di seguito anche “INPS) ha disposto l’esclusione dell’interessato dal concorso a dirigente di seconda fascia per cui è causa, considerato che nella domanda del 20 luglio 2007 di partecipazione redatta ai sensi del d.P.R. dicembre 2000, n. 445, il ricorrente aveva omesso di dichiarare di aver riportato una condanna di un anno ed otto mesi, emessa dal GIP del Tribunale di Bologna il 12 luglio 2000 ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., per i reati di falso ideologico, falso materiale e peculato, aggravati e continuati, come è risultato dai successivi controlli effettuati dall’Amministrazione;
“II – ERRORES IN IUDICANDO E IN PROCEDENDO: VIOLAZIONE ART. 112 C.P.C. – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA CHIESTO E PRONUNCIATO – ERRONEITÀ DELLA SENTENZA IN RELAZIONE ALLE DEDOTTE CENSURE DI: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 3, PUNTO 11 DEL BANDO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 75 D.P.R. N. 445/2000 – VIOLAZIONE ARTT. 2, 3 E 10 L. N. 241/90 S.M.I.- VIOLAZIONE ART. 445 C.P.P. – ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE CIRCOLARE MINISTERO INTERNO N. 4 DEL 25.11.1998 – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ – CONTRADDITTORIETA’ – ILLOGICITÀ – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – DIFFORMITÀ RISPETTO AGLI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI – ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO – VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA, PROPORZIONALITÀ ED EQUITÀ “: l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, anche nella parte in cui ha stabilito che l’applicazione della decadenza non fosse eccessiva e sproporzionata, avendo deciso il Tar che si trattava di atto vincolato, rispetto al quale non residuano margini di discrezionalità in capo all’Amministrazione procedente, obbligata ad adottare il provvedimento espulsivo.
L’INPS si è costituita in giudizio con memoria depositata il 30 ottobre 2020 ed ha prodotto memoria ex articolo 73 c.p.a. il 23 dicembre 2022.
Hanno depositato difensiva memoria il dottor -OMISSIS-il 15 gennaio 2023 e l’INPS il 17 gennaio 2023.
L’appellante ha replicato con memoria del 23 gennaio 2023.
Con ordinanza collegiale –(omissis)-, in esito all’udienza del 16 febbraio 2023, la Sezione, vista l’assenza del difensore dell’appellante, ha disposto un rinvio della causa, avendo sollevato d’ufficio, ai sensi dell’articolo 73, comma 3, c.p.a., la questione relativa al possibile autonomo effetto “escludente” della clausola del bando che prescrive, a pena di esclusione, di non aver riportato sentenze penali di condanna ed ha invitato le parti a depositare una memoria vertente sulla questione indicata.
In adempimento di quanto disposto in via istruttoria dalla Sezione, le parti hanno depositato memoria ex articolo 73 c.p.a. rispettivamente il 20 marzo 2023 (l’appellante) e il 24 marzo 2023 (l’INPS).
All’udienza del 23 novembre 2023 la causa è passata in decisione.
2. L’appello è infondato nel merito, per cui il Collegio può prescindere dall’esame di possibili profili di inammissibilità del gravame.
3. Occorre preliminarmente inquadrare la fattispecie contenziosa nell’ambito delle regole recate dalla lex specialis per il concorso a dirigente generale di seconda fascia indetto dall’INPS e delle vicende che ne sono originate.
L’articolo 3 del bando prevede che “nella domanda di partecipazione il candidato deve espressamente dichiarare, a pena di esclusione, nella consapevolezza delle sanzioni penali previste dall’art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 in caso di falsità in atti o dichiarazioni mendaci, quanto segue…:
11) l’assenza di condanne penali e di procedimenti penali in corso. In caso contrario indicare le condanne riportate, le date della sentenza e l’autorità giudiziaria emanante (da indicare anche se sia stata concessa amnistia, condono, indulto, perdono giudiziale o non menzione, etc.) nonché i procedimenti penali eventualmente pendenti”.
L’appellante ha dichiarato di non aver subito condanne penali di alcun genere, confermando la circostanza anche in occasione della dichiarazione del 5 luglio 2010 resa in vista della stipula del contratto individuale di lavoro e della presa di servizio presso l’ente del 12 luglio 2010.
Con nota n. prot. –(omissis)-del 14 ottobre 2010, l’INPS ha contestato all’interessato di aver reso, in sede di presentazione della domanda di partecipazione, false dichiarazioni, di cui l’ente aveva appreso l’esistenza a seguito di verifiche effettuate nella prospettiva della stipula del contratto di lavoro, con particolare riferimento alle seguenti circostanze, che avrebbero impedito l’attivazione e, comunque, la prosecuzione del rapporto di servizio con la P.A.:
1) la mancata indicazione della condanna penale riportata;
2) l’attestazione di aver svolto “lodevole servizio” presso l’Azienda Unità Sanitaria di Bologna.
Con la determina presidenziale n. –(omissis)-del 16 dicembre 2010, trasmessa con nota n. prot. –(omissis)-del 22 dicembre 2010 a seguito dell’invio di osservazioni da parte del dottor -OMISSIS-, l’INPS ha disposto l’esclusione dal concorso del candidato e la decadenza dalla graduatoria e dalla nomina a dirigente generale di seconda fascia in applicazione dell’articolo 3, comma 2, punto 11 del bando, limitando, in sostanza, la motivazione del provvedimento espulsivo alla falsa dichiarazione sulla condanna penale subita.
4. Nel corso del giudizio di secondo grado, l’appellante ha dedotto, producendo in giudizio la relativa pronuncia, di essere stato assolto per il reato di falso ideologico con formula piena perché il fatto non sussiste con sentenza della Corte di Cassazione, Sezione V Penale, 19 aprile 2022, n. 22271, alla quale l’interessato attribuisce valenza dirimente ai fini del decidere.
In sostanza, il dottor –(omissis)-ha sostenuto sia in primo che in secondo grado (con il primo mezzo di gravame) di non aver reso dichiarazioni mendaci in occasione della presentazione della domanda e della stipula del contratto di lavoro, atteso che il reato per il quale è stato condannato si sarebbe, oramai, estinto ipso iure per il decorso del termine di cinque anni previsto dall’articolo 445, comma 2, del Codice di procedura penale, ai sensi del quale “il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l’applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena”.
Orbene, osserva al riguardo il Collegio che la questione debba essere posta in termini differenti.
Non viene qui tanto in rilievo l’elemento soggettivo del dolo per la dichiarazione non corrispondente al vero, ma la clausola del bando che imponeva ai partecipanti di dichiarare – a pena di esclusione – di aver subito condanne penali.
In altre parole, l’aspetto che assume valenza decisiva è il mancato rispetto da parte dell’interessato di una regola della lex specialis, che il ricorrente ha in ogni caso omesso di impugnare e che imponeva ai partecipanti al concorso di segnalare di aver subito una condanna, indipendentemente dalle (eventuali) vicende successive alla pronuncia penale (estinzione del reato) ed in disparte l’orientamento variegato (per la cui ricostruzione, cfr. Consiglio di Stato, Sezione VII, 1° marzo 2023, n. 2184) che si registra in giurisprudenza sulla necessità (in materia di appalti, Consiglio di Stato, Sezione II, 20 febbraio 2023, n. 1697, in materia di assunzione di personale, Sezione VII, 19 dicembre 2022, n. 11691, secondo cui la “estinzione del reato non è solo collegata al mero decorso del termine, ma presuppone anche, ai fini dell’estinzione di tutti gli effetti penali della condanna, l’accertamento da parte del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 676 c.p.p. che non siano stati commessi, in quel lasso temporale, reati della stessa indole”; cfr. altresì Consiglio di Stato, Sez. VII, 29 dicembre 2022, n. 11691, Sezione III, 8 agosto 2022, n. 7014, Sezione V, 13 aprile 2022, n. 2812) o meno che l’estinzione del reato venga disposta dal giudice dell’esecuzione (Consiglio di Stato, Sezione VII, 17 novembre 2022, n. 10116, e Sezione VII, 29 dicembre 2022, n. 11609).
Ne deriva, dunque, che, al di là dell’estinzione del reato per il mero decorso del tempo, come sostiene l’appellante, il dato oggettivo che emerge è che il candidato ha omesso di indicare la condanna subita, così contravvenendo ad una specifica clausola del bando, che imponeva ai partecipanti al concorso di darne conto contestualmente alla formulazione della domanda di partecipazione.
Pur volendo, come sostiene l’appellante, attribuire all’articolo 11, comma 11, punto 11 il valore di una clausola che introduce ipotesi tassative per l’esclusione dal concorso, non suscettibili di applicazione ampliativa nel rispetto del principio di par condicio e di affidamento (la disposizione prevede l’obbligo di segnalare le condanne subite “da indicare anche se sia stata concessa amnistia, indulto, perdono giudiziale o non menzione, etc.”, non comprendendo esplicitamente l’estinzione del reato), resta il fatto che il candidato non l’ha rispettata, omettendo ogni riferimento alla condanna subita, alla quale, indipendentemente dalle vicende successive che hanno, o meno, condotto all’estinzione dei reati accertati in giudizio, deve riconoscersi la consistenza di un dato storico, che l’appellante aveva il preciso dovere di segnalare all’ente in sede di presentazione della domanda, non essendo in ogni caso affatto scontato, come dimostrano i diversi orientamenti della giurisprudenza, che si potessero e dovessero considerare estinti i gravi reati per i quali il candidato è stato condannato con sentenza irrevocabile (sull’autonomia della sfera amministrativa rispetto a quella penale in presenza di reati, cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 15 settembre 2023, n. 8364, Sezione VI, 18 ottobre 2023, n.9056, Sezione II, 4 luglio 2023, n. 6499; cfr., altresì, Sezione III, 19 aprile 2023, n. 3975, secondo cui “l’estinzione del reato non comporta l’estinzione degli effetti penali della condanna diversi da quelli espressamente previsti né può fondare alcun giudizio positivo sulla personalità del reo”).
Il primo motivo di appello è, dunque, infondato.
5. Parimenti da respingere è la seconda censura dedotta dal dottor –(omissis)-, con la quale l’appellante si duole del capo della sentenza impugnata, che ha respinto il motivo con il quale il ricorrente ha dedotto la violazione dell’articolo 75 del d.P.R. n. 445/2000 e del principio di proporzionalità, trattandosi, secondo il Tar, di provvedimento vincolato dalla norma “che prevede la decadenza dai benefici conseguiti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione riscontrata come non veritiera in sede di controllo postumo”.
Osserva al riguardo la Sezione che la decisione impugnata è immune dal vizio dedotto, considerato che l’articolo 75, stabilisce che “fermo restando quanto previsto dall’articolo 76, qualora dal controllo di cui all’articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera” (comma 1), e che “la dichiarazione mendace comporta, altresì, la revoca degli eventuali benefici già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza” (comma 1-bis).
Il dato obiettivo della mancata indicazione della condanna subita – indipendentemente dall’esito del giudizio penale che ne è scaturito e che si è concluso con l’assoluzione dell’imputato – costituisce un fatto storico che l’interessato era obbligato a comunicare e che attesta la violazione della regola del bando che imponeva ai candidati di indicare, in ogni caso, l’eventuale sussistenza di precedenti penali o di procedimenti penali in corso.
D’altra parte, in applicazione dei principi immanenti al sistema di trasparenza e leale collaborazione tra P.A. e privato, ben si giustifica la clausola di cui all’articolo 3, comma 2, del bando, che risponde all’esigenza di consentire al datore di lavoro pubblico di conoscere i dati del dipendente da assumere e di dare rilievo, considerandole adeguatamente anche ai fini del suo impiego in specifiche mansioni, alle sue dichiarazioni ai fini della regolare attivazione del contratto di lavoro, che non potrebbe mai prescindere da un rapporto improntato alla fiducia reciproca (cfr. nota della Direzione Centrale Risorse Umane dell’INPS n. prot. 29657/2010).
Nel caso in esame, non v’è dubbio che la non veridicità della dichiarazione dell’appellante (o, rectius, la mancata segnalazione della condanna subita) gli ha fatto conseguire illegittimamente – perché la lex specialis ha previsto l’onere informativo a pena di esclusione – un vantaggio non dovuto, con la conseguenza che legittimamente l’ente ha disposto la decadenza dal beneficio conseguito, poiché la semplice omissione del precedente penale comportava, a termini di bando, l’esclusione dalla procedura pubblica.
Ciò che, in definitiva, viene in rilievo nella fattispecie non è tanto la non veridicità della dichiarazione allegata alla domanda, quanto il mancato rispetto della prescrizione prevista dal bando a pena di esclusione, che imponeva ai partecipanti di autocertificare espressamente “l’assenza di condanne penali e di procedimenti penali in corso”.
7. Né può condividersi il dubbio di costituzionalità che l’appellante solleva in via gradata, atteso che la questione non è stata argomentata sul piano sia della rilevanza che della non manifesta infondatezza, in considerazione della particolare natura di strumento di semplificazione del meccanismo delle dichiarazioni autocertificative, cui sono connessi rilevanti obblighi di leale collaborazione e autoresponsabilità in capo al cittadino, per cui non sembra affatto violare il principio di ragionevolezza la comminatoria anche in via automatica della “decadenza” da ogni beneficio in caso di mendacio.
8. In base a tutte le considerazioni che precedono, in conclusione, l’appello non può trovare accoglimento, sussistendo, tuttavia, giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del grado.
Va precisato che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cassazione, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209, 13 settembre 2022, n. 7949, e 18 luglio 2016, n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso (n.r.g. 8051/2020), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante e le persone fisiche e giuridiche citate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere
(omissis), Consigliere, Estensore