• Home
  • >
  • Corte appello Roma sez. VII, 28/04/2023, n. 2993

Corte appello Roma sez. VII, 28/04/2023, n. 2993

Massima

Nelle controversie per cui è prevista la mediazione obbligatoria i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del monitorio, l’onere di promuovere la procedura di mediazione incombe sul creditore opposto con la conseguenza che ove questi non si attivi, il giudice dovrà pronunciare l’improcedibilità e disporre la revoca del decreto ingiuntivo.

Supporto alla lettura

Opposizione decreto ingiuntivo

L’opposizione a decreto ingiuntivo (articolo 653 codice di procedura civile) è quella fase che viene avviata dal debitore ingiunto a seguito della notifica del decreto ingiuntivo e che deve essere proposta nel termine di quaranta giorni che decorrono dalla notifica stessa. Il termine è perentorio, ossia il debitore deve avviare la fase di opposizione entro questo termine, diversamente non può più farlo e quanto stabilito nel decreto ingiuntivo stesso diventa “incontrovertibile”.

Sul tema della Riforma Cartabia e dell’opposizione al decreto ingiuntivo nella disciplina della mediazione trattato nel nuovo articolo 5 bis del decreto legislativo n. 28/2010, si ricorda che questa novità entrerà in vigore a partire dal 30 giugno 2023.  Questa innovazione si è resa necessaria dopo una lunga querelle sorta sulla corretta individuazione della parte a cui spetta l’onere di avviare la mediazione dopo l’opposizione a decreto ingiuntivo. Pertanto la Riforma Cartabia all’interno dell’art. 5 bis chiarisce una questione di estrema importanza.  Il nuovo art. 5 bis dispone nello specifico che, quando una delle azioni per le quali il precedente art. 5 prevede la mediazione come condizione di procedibilità, viene avviata con il ricorso per decreto ingiuntivo, nel successivo procedimento di opposizione l’onere di avviare la mediazione è a carico del creditore, ossia del soggetto “che ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo.”

Ambito oggettivo di applicazione

Con atto di citazione notificato in data 14.06.2014 la Soc. dell’Arancio s.r.l. in liquidazione ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 6441/2014 emesso dal Tribunale di Roma in data 18.03.2014 per la somma di Euro 20.659,85, oltre interessi, per oneri condominiali non corrisposti al Condominio di via Tomacelli 103 Roma.

A sostegno dell’opposizione la società eccepiva la nullità del decreto ingiuntivo, richiesto dal Geom. G.A. che si era qualificato Amministratore del Condominio, senza esserlo e l’insussistenza del debito, essendo essa creditrice del Condominio sia per quote ordinarie non accreditatele nei rendiconti condominiali, sia per somme per lavori condominiali eseguiti negli anni 1987/89, deliberati sin dal 20.06.1996 (come da delibera in atti), non ancora pagati.

Si costituiva il Condominio che contrastava l’opposizione.

Intervenivano in giudizio, sostenendo le ragioni del condominio, i condomini S.A.L., F.C. PALIO D’ASTI 89 S.r.l e DOMUS VIATOR S.R.L.

Nel corso del giudizio di primo grado, il giudice assegnava il termine per esperire la procedura di mediazione.

Quindi, rilevato il mancato esperimento della mediazione, il giudice di primo grado ha dichiarato improcedibile l’opposizione avverso decreto ingiuntivo;

condannato l’opponente al pagamento delle spese di lite sostenute dal Condominio e compensato le spese di merito tra l’opponente ed i terzi intervenuti.

La Società dell’Arancio ha proposto appello avverso la sentenza.

Il Condominio ha eccepito l’inammissibilità dell’appello la sua nullità nonché la nullità della relativa notifica.

Entrambi gli appellati hanno contrastato nel merito il gravame.

Il Condominio ha pregiudizialmente eccepito l’inesistenza dell’atto di appello per non essere stato sottoscritto dal difensore, né in formato digitale, né in formato autografo.

Ha altresì dedotto che non potrebbe superare l’eccezione la firma del procuratore di certificazione contenuta nella procura dal momento che la stessa è solo allegata all’atto di citazione e non apposta allo stesso.

L’eccezione è infondata.

Sul punto va ribadito il principio secondo il quale soltanto il totale difetto di sottoscrizione comporta l’inesistenza dell’atto, non quando quell’elemento formale, al quale l’ordinamento attribuisce la funzione di nesso tra il testo ed il suo apparente autore, sia desumibile da altri elementi indicati nell’atto stesso. Devesi, pertanto, escludere l’inesistenza dell’atto introduttivo allorché la sottoscrizione del difensore, pur mancando in calce ad esso, figuri apposta per certificare l’autenticità della firma di rilascio della procura alle liti, redatta a margine dell’atto stesso, giacché, in tal caso, la firma del difensore ha lo scopo non solo di certificare l’autografia del mandato, ma anche di sottoscrivere la domanda di ingiunzione e di assumerne, conseguentemente, la paternità. (Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 02/11/2022, n. 32176).

Nel caso di specie almeno una dei difensori, l’avv. Rosamaria Montone, ha autenticato la firma della procura alle liti allegata all’atto di citazione ed è irrilevante, ai sensi dell’art. 83 cpc che la stessa sia solo congiunta all’atto di citazione.

Lamenta, poi, l’appellato che il foglio allegato al messaggio PEC e denominato “relata di notifica via pec CONDOMINIO”, è in formato .docx (riscrivibile e modificabile) e non in formato pdf.

Sul punto si rammenta che “L’irritualità della notificazione di un atto (…) a mezzo PEC non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, con estensione “doc”, anziché nel prescritto formato “pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale; scopo che deve senz’altro ritenersi raggiunto nel caso in cui il contribuente si sia difeso con il ricorso.” (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 18/12/2017, n. 30372).

Nel caso di specie il raggiungimento dello scopo è dimostrato dalla costituzione del Condominio che ha avuto modo di difendersi pienamente dall’impugnazione.

Infine, il Condominio ha eccepito il difetto di legittimazione processuale, dato che l’atto non è supportato da valida procura ad litem.

L’eccezione, più correttamente da inquadrare nel difetto di procura, è infondata per quanto esposto in precedenza.

L’appellante affida la propria impugnazione a tre motivi di gravame costituiti dalla carenza di legittimazione del soggetto che ha ottenuto il decreto ingiuntivo; dall’erronea dichiarazione di improcedibilità dell’opposizione avverso decreto ingiuntivo n. 6441/2014, per non essere stato messo in grado di procedere ad introdurre il procedimento di mediazione nel termine assegnato, peraltro indicato erroneamente nell’ordinanza ammissiva e per non essere debitore del Condominio ma piuttosto creditore in ragione di pregressi pagamenti.

Sulla base del principio della ragione più liquida, per la quale deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale, va trattato il secondo motivo d’appello il cui esame è idoneo a definire il giudizio.

Il giudice di primo grado, sulla scorta di una giurisprudenza che vedeva contrapposti soprattutto i giudici di merito, ha sostenuto che “in considerazione della natura bifasica del giudizio monitorio – nel quale la fase dell’opposizione è solo eventuale (per cui, in caso di mancata proposizione, il decreto ingiuntivo diviene definitivo consolidando la tutela concessa nella prima fase), sia per l’evidente analogia fra l’ipotesi di estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per inattività delle parti e l’improcedibilità di cui alla disposizione in commento” la mancata attivazione della mediazione disposta dal giudice, al di là della terminologia utilizzata dal Legislatore e dalla sanzione prevista (improcedibilità della domanda giudiziale, anche in appello), altro non è che una forma qualificata di inattività delle parti, per avere le stesse omesso di dare esecuzione all’ordine del giudice.

L’estinzione del processo per inattività delle parti non trova alcuna modificazione di disciplina per l’ipotesi di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo anche se, in tale fattispecie, si verifica la drastica conseguenza dell’irrimediabile consolidarsi del decreto ingiuntivo, ossia il passaggio in giudicato della condanna ivi stabilita.

Di talché, secondo il Tribunale, nell’ipotesi di mancata attivazione del procedimento di mediazione delegata nel giudizio di opposizione a D.I. cosi come per i procedimenti di appello, la locuzione “improcedibilità della domanda giudiziale” deve interpretarsi alla stregua di improcedibilità/estinzione dell’opposizione (o dell’impugnazione in caso di appello) e non come improcedibilità della domanda monitoria consacrata nel provvedimento ingiuntivo.

La decisione non può essere condivisa.

Va, infatti, rilevato che a seguito di ordinanza interlocutoria di rimessione alle Sezioni Unite operata dalla Terza Sezione civile della S.C. ( cfr. ordinanza 12 luglio 2019, n. 18741) che ha anche osservato che, nel silenzio della legge circa l’individuazione del soggetto onerato alla proposizione dell’istanza di mediazione, le SS UU con sentenza del 18 settembre 2020, n. 19596 hanno stabilito che nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.

Va, pertanto, modificata la sentenza di primo grado e revocato il decreto ingiuntivo opposto.

Va, altresì, rigettata la domanda dell’appellante di restituzione delle somme corrisposte in pagamento delle spese legali, in assenza di prova del pagamento.

Le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio vanno compensate fra le parti in ragione dell’obiettiva incertezza giurisprudenziale della questione posta a fondamento della presente decisione.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto da Soc. dell’Arancio s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t. avverso la sentenza n. 7738/2016 emessa dal Tribunale di Roma in data 15.04.2016, così provvede:

1- in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, revoca il decreto ingiuntivo n 6441/2014 emesso dal Tribunale di Roma in data 18/03/2014; 2- rigetta la domanda di restituzione proposta da Soc. dell’Arancio s.r.l. in liquidazione; 3- compensa fra le parti le spese processuali di entrambi i gradi.

Roma, 14.04.2023

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi