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Cassazione penale sez. IV, 09/06/2022, n.32441

Massima

Furto al supermercato: la rimozione della placca antitaccheggio integra l’aggravante della violenza sulle cose

Supporto alla lettura

Il furto consiste nella sottrazione illegittima e dolosa della cosa altrui a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Il furto è disciplinato dall’art. 624 c.p. e sanziona l’impossessamento della cosa mobile altrui attraverso la sottrazione del bene al soggetto detentore al fine di trarne profitto per sé o per altri. Circa l’elemento soggettivo, il furto è reato a dolo specifico, in quanto richiede non solo la coscienza e volontà di sottrarre al detentore la cosa mobile altrui e di impossessarsene, ma altresì il fine di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto. A differenza del reato di truffa, il furto si concretizza in un’azione realizzata sul bene altrui contro o in assenza della volontà del titolare, che viene definitivamente spogliato della cosa detenuta. La carica offensiva del delitto di furto risiede, dunque, nella condotta di sottrazione lesiva della sfera del consenso del detentore del bene, con conseguente danno alla sua integrità patrimoniale. Ai fini della realizzazione del furto, non è necessaria la manifestazione di una volontà contraria all’apprensione del bene, data per presunta anche nelle ipotesi in cui l’impossessamento avvenga fuori dalla sfera di controllo del detentore in maniera clandestina ovvero sfruttando la sua momentanea carenza di attenzione. Qualora il furto venga commesso mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa si ravvisa l’integrazione della fattispecie autonoma di reato di cui all’art. 624 bis c.p., introdotta dalla legge n. 128/2001, oggetto peraltro di una recente riforma che ha ulteriormente inasprito la pena originariamente prevista. La formulazione della norma in esame persegue lo scopo di estendere la tutela della sfera domestica alla sfera del domicilio penalisticamente inteso, assorbendo nella nozione di privata dimora, certamente più ampia e comprensiva di quella di abitazione, tutti quei luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere atti della loro vita privata ovvero attività di carattere culturale, professionale e politico.

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di Appello di Salerno con la sentenza impugnata in parziale riforma della sentenza di primo grado, qualificati i fatti di cui all’imputazione quale ipotesi di furto tentato con violenza sulle cose e, riconosciuta la circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, trattandosi della sottrazione di una bottiglia di whisky e confermato il giudizio di equivalenza tra circostanze di senso contrario, rideterminava la pena nei confronti di B.L.A. in mesi due di reclusione ed Euro 120 di multa.

2.Con riferimento al riconoscimento della circostanza aggravante della violenza sulle cose in ragione della rimozione sulla bottiglia della placca antitaccheggio, così da consentire la disapplicazione del meccanismo acustico di rilevazione, evidenziava che si era comunque in presenza di una modifica e di un’alterazione della merce sottratta, cui era stata applicata la placca antitaccheggio, che ne costituiva elemento integrante, applicata richiamando sul punto giurisprudenza di legittimità.

  1. Ha proposto ricorso per la cassazione della suddetta sentenza la difesa del B. il quale, mediante un unico motivo di ricorso, rileva come il giudice di appello non avesse bene interpretato il senso della doglianza atteso che l’appellante non intendeva disquisire sulla natura e la funzione della placca antitaccheggio, che faceva corpo con il bene oggetto di condotta predatoria, ma voleva richiamare l’attenzione della corte distrettuale sulla circostanza dell’eventuale manomissione, alterazione, distruzione della suddetta placca in quanto, se l’imputato si fosse limitato a sfilarla o a staccarla senza produrre alcuna manomissione della stessa, così da renderla non più utilizzabile non sarebbe stato possibile riconoscere la violenza, ma si sarebbe trattato di mera manipolazione. A tale proposito richiamava i principi espressi da una recente giurisprudenza di legittimità che aveva fatto il punto proprio in relazione a ipotesi analoga di rimozione del sistema antitaccheggio dal collo di una bottiglia di liquore, la quale aveva indicato la necessità di accertare se gli strumenti antitaccheggio fossero stati resi inservibili o danneggiati o soltanto rimossi ai fini della verifica della sussistenza della circostanza aggravante. Previa pertanto verifica di tale evenienza chiedeva pronunciarsi l’annullamento della sentenza impugnata e la pronuncia di proscioglimento dell’imputato per non essere stata proposta querela.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.II ricorso è infondato e deve essere disatteso. Il giudice distrettuale ha correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità che riconosce la circostanza aggravante di cui all’art. 625 comma 1 n. 2 c.p. quando la violenza sia esercitata sull’apparato antitaccheggio applicato sulla merce esposta in vendita, trattandosi di meccanismo che costituisce parte integrante della res furtiva (sez.5, n. 33898 del 12/06/2017, Temelie, Rv. 270478-01; sez.2, n. 3372 del 18/12/2012, Moisescu, Rv.254782-01).

  1. Quanto poi alla necessità di procedere ad una ulteriore verifica, non svolta dai giudici di merito, sul fatto che, nella specie, si fosse trattato di una mera manipolazione del sistema antitaccheggio, che non lo aveva distrutto, alterato o reso inservibile, inidonea ad alterare la destinazione della res, dal cui accertamento dovrebbe discenderebbe l’esclusione della circostanza aggravante della violenza sulla cosa, la prospettazione difensiva non risulta cogliere nel segno.
  2. Invero stabilisce l’art. 392 c.p.comma 2 che si ha “violenza sulle cose, allorché la cosa viene danneggiata o trasformata o ne è mutata la destinazione”. Ne consegue che in tema di furto, l’aggravante della violenza sulle cose non è configurabile ove l’energia spiegata sulla cosa, mediante la sua forzatura, non determina una manomissione ma si risolve in una semplice manipolazione che non comporta alcuna rottura,. guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un’attività di ripristino (sez.4, n. 57710 del 13/11/2018, Rv.274771-01; sez.5, n. 20476 del 17/01/2018, Sforzato, Rv.272705 in relazione ai calci sferrati su un portone di ingresso; sez.5, n. 11720 del 29/11/2019, Romeo, Rv.279042 in relazione all’effrazione di un nastro che teneva chiusa un’apertura).
  3. Orbene applicando i principi sopra esposti alla fattispecie in esame e riconosciuto che la placca antitaccheggio risulta essere parte integrante della res che si intende salvaguardare dall’azione furtiva? trattandosi di merce esposta al pubblico e pertanto suscettibile di agevole apprensione, il semplice distacco dell’apparato (placca, etichetta, collarino) che determina l’attivazione dei segnali acustici una volta che il bene sia stato portato oltre il controllo della cassa, determina una trasformazione dello stesso, sia sotto il profilo strutturale, in quanto non più integro nelle sue componenti principali ed accessorie, sia dal punto di vista funzionale, laddove la rimozione dell’apparato che consente il controllo a distanza e la localizzazione del prodotto, ne preclude definitivamente, con riferimento a quella specifica res, la funzione di protezione. In sostanza, a seguito della eliminazione del sistema antitaccheggio, il bene viene a smarrire una sua componente, che ne integra la struttura, essenziale per la sua protezione, e nessuna rilevanza può assumere, con riferimento all’ambito dello strumento di protezione antitaccheggio applicato sulla res, la circostanza che la placca (etichetta, collarino, apparato mobile), sia stata sfilata o rimossa, piuttosto che distrutta o strappata ovvero che la stessa possa essere nuovamente applicata allo stesso prodotto, da cui era stata rimossa, ovvero ad un nuovo prodotto. La placca antitaccheggio viene in considerazione nella specie quale strumento di completamento e di protezione della res principale, cui accede mediante un collegamento organico e stabile, con la conseguenza che, sotto il profilo strutturale la rimozione dell’apparato antitaccheggio determina una trasformazione oggettiva della res, che smarrisce una sua componente essenziale e, sotto il profilo funzionale, viene precluso lo scopo di protezione della merce dal pericolo di furto, in quanto l’apparato antitaccheggio risulta inefficace ed inutile e il bene risulta più facilmente aggredibile.
  4. Va infatti ulteriormente evidenziato che l’azione furtiva risulta diretta sul prodotto dotato di apparato antitaccheggio e l’azione di rimuovere l’apparato rappresenta una manifesta espressione della volontà dell’autore di separare la protezione dal prodotto, così da renderne più agevole la sottrazione, ma in tale modo si realizza una irreversibile trasformazione di quel bene specifico, che perde una sua componente strutturale e diventa privo di protezione, mentre il fatto che le modalità del distacco dell’apparato antitaccheggio non siano violente o non determinino la distruzione o l’impossibilità del reimpiego della placca risulta del tutto irrilevante, atteso l’irreversibile mutamento della res nella sua composita struttura originaria mediante distacco e l’inutilizzabilità definitiva della protezione rimossa a difesa della res principale.

4.1 Sul punto va richiamata e ribadita la più recente giurisprudenza del S.C. che ha affermato che la circostanza aggravante della violenza sulle cose si realizza tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da rendere necessaria un’attività di ripristino per restituire alla “res” la propria funzionalità, ponendo appunto in rilievo (in relazione al furto di pneumatici rimossi da un’autovettura), la relazione tra la res nel suo complesso e componenti essenziali della stessa e riconoscendo la circostanza della violenza sulle cose in ragione della trasformazione realizzata a seguito del distacco di una componente, così da rendere necessaria una attività di ripristino (sez.5, n. 13431 del 25/02/2022, Pirroncello, Rv.282974).

  1. In conclusione il ricorso deve esser rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2022

 

Allegati

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