SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in atti, (omissis) adiva questa Corte ed impugnava l’avviso di accertamento n. (omissis)/2017, per IMU 2017, notificatogli dal Comune di Castellaneta, invocandone l’annullamento, in quanto l’imposta andava a colpire l’abitazione principale e la sua pertinenza, come tali esenti per legge.
All’odierna udienza, la causa veniva posta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ pacifico che si tratti della prima ed unica casa di abitazione di proprietà del ricorrente, acquistata nel corso del 2017.
E’ pacifico, inoltre, che la casa necessitava di lavori di ristrutturazione e che il ricorrente aveva presentato apposita SCIA.
Nelle controdeduzioni, il Comune ha confermato la circostanza ed ha persino precisato che, a causa di ciò, “sino al 9 gennaio 2018, le due UIU (abitazione principale e pertinenza) erano interessate da lavori di ristrutturazione che le rendevano, di fatto, inabitabili”… tanto che lo stesso ricorrente…otteneva annullamento Tari per l’annualità oggetto di contestazione.
Dunque, il dato di fatto incontrovertibile è che il ricorrente sarebbe stato impossibilitato a trasferire la propria residenza anagrafica nell’abitazione, sua prima ed unica casa di proprietà, immediatamente dopo l’acquisto, perché la stessa necessitava di lavori di manutenzione straordinaria per essere resa abitabile. Lavori effettivamente occorsi, dall’acquisto e sino a tutto il 2017, come riconosciuto dall’ente impositore.
Il Collegio ritiene necessario dare una interpretazione coerente ed orientata della normativa riguardante la singolare fattispecie al vaglio, per offrirne la giusta soluzione.
Come è noto, l’abitazione principale ed unica gode di esenzione IMU, se il titolare e ha ivi la residenza anagrafica e la dimora, almeno abitualmente.
Di primo acchito, il caso sembrerebbe rientrare nell’ipotesi degli immobili inagibili, di cui all’art. 13, comma 3, del d.l.201/2011, suscettibili di riduzione d’imposta del 50%, subordinatamente richiamato dal Comune.
A ben vedere, però, l’ipotesi della riduzione del 50% non ha alcun punto in comune con il regime riservato all’abitazione principale.
Quest’ultima, infatti, appartiene all’area delle esenzioni e non delle agevolazioni o riduzioni, che dir si voglia.
La riduzione prospettata riguarda gli immobili comunque assoggettabili a tributo, ma assistiti da un alleggerimento fiscale in costanza di situazioni, che, se non si verificassero, lascerebbero integra l’obbligazione tributaria, con la conseguenza che il tributo sarebbe dovuto per intero.
Per meglio compenetrarsi nella vicenda, si fa osservare che il caso dell’acquirente di un immobile da adibire ad abitazione principale, momentaneamente non abitabile, perché soggetto ad indispensabili ristrutturazioni, è perfettamente identico a quello del titolare che non possa momentaneamente continuare ad utilizzare la casa principale già abitata ed esente, per sopravvenuti urgenti lavori della medesima portata, e che sia perciò costretto a trovare sistemazione provvisoria altrove, sino a fine lavori.
La legge non disciplina espressamente né l’uno né l’altro caso, per i quali non sarebbe appropriato il riferimento al citato art. 13, comma 3, per il semplice motivo che l’ipotesi della riduzione del 50% per lavori di ripristino appartiene ad altro ambito, cioè all’area delle agevolazioni in senso lato e non delle esenzioni.
D’altra parte, per tornare all’esempio fatto, nessuno considererebbe giusto privare il titolare di un’esenzione in atto, il quale debba momentaneamente trasferirsi altrove, per causa di forza maggiore, dovuta alla necessità di effettuare lavori di manutenzione straordinaria finalizzati al ripristino della abitabilità dell’immobile.
Ma, non c’è nessuna differenza fattuale tra questa ipotesi e quella di chi non possa ancora trasferirsi nella casa principale appena acquistata per la medesima causa di forza maggiore.
Né si può pretendere che il nuovo acquirente di casa di abitazione principale inabitabile sia messo nelle condizioni di dover richiedere un trasferimento di residenza virtuale, anzi non veritiero, al solo fine di mantenere un’esenzione IMU, perché ciò contrasterebbe con le regole che governano la materia della residenza anagrafica. Si tratterebbe di condotta inesigibile.
Quid iuris, allora?
Com’è noto, qualora un caso non risulti specificamente regolato dalla legge, soccorrono i criteri ermeneutici offerti dalle preleggi al codice civile. In ultima analisi, poi, occorre far ricorso ai principi generali dell’ordinamento, tra i quali v’è quello secondo cui ad impossibilia nemo tenetur, cioè nessuno può essere costretto a fare ciò che è impossibile fare, che, nella
fattispecie, appare calzante.
Di conseguenza, si deve ritenere che la necessità di eseguire lavori per rendere abitabile la casa da adibire o già adibita ad abitazione principale non fa venir meno l’esenzione IMU durante il tempo in cui la possibilità di abitarvi è impedita dai lavori medesimi.
Circostanza che, nel caso in esame, appare pacifica.
L’ eventuale, omessa comunicazione preventiva al Comune dei lavori comporta come unica conseguenza la facoltà per l’ente impositore, magari ignaro, di emettere avviso di accertamento, ma non anche quella di privare dell’esenzione il titolare del diritto, ove si accerti, anche giudizialmente, che esisteva un impedimento oggettivo ad abitare ed a trasferire immediatamente la residenza, a causa di quei lavori, in assenza di una norma di legge che sanzioni quell’omissione con la decadenza dal beneficio, in effetti nemmeno concepibile da un punto di vista logico, perché il rovescio della medaglia dell’esenzione altro non è che la riconosciuta assenza del presupposto di fatto del tributo.
La particolarità del caso trattato giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso ed annulla l’avviso di accertamento impugnato. Spese compensate.
Taranto, 20.9.2023
