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Cassazione penale sez. IV, 14/11/2022, n. 43074

Massima

Il conducente di un veicolo è tenuto ad osservare, in prossimità degli attraversamenti pedonali, la massima prudenza e a mantenere una velocità particolarmente moderata, tale da consentire l’esercizio del diritto di precedenza, spettante in ogni caso al pedone che attraversi la carreggiata nella zona delle strisce, essendo al riguardo ininfluente che l’attraversamento avvenga sulle dette strisce o nelle vicinanze.

Supporto alla lettura

OMICIDIO STRADALE

La legge n. 41, con la quale il reato di omicidio stradale (o pirateria stradale) è stato introdotto nell’ordinamento italiano, è stata promulgata il 2016 a seguito di iniziativa popolare risalente al 2010, che ha proposto l’istituzione di questa figura delittuosa, che comminerebbe pene intermedie tra l’omicidio volontario e quello colposo, con l’arresto in flagranza di reato e l’interdizione a vita dalla guida di veicoli (c.d. “ergastolo della patente”).

L’art. 589-bis c.p. individua tale fattispecie di reato le cui caratteristiche fondamentali sono:

  • la morte di una persona dopo la violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale;
  • la non volontarietà dell’evento.

La sua regolamentazione prevede tre diverse ipotesi delittuose riconducibili all’omicidio stradale, ma di diversa gravità, alle quali corrispondono tre diversi trattamenti sanzionatori:

  • chiunque cagiona, per colpa, la morte di una persona a seguito della violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale (reclusione da 2 a 7 anni);
  • morte della persona causata per colpa da chiunque si ponga alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica (tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l) o in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (reclusione da 8 a 12 anni);
  • morte di una persona cagionata per colpa dal conducente di un veicolo a motore che si trovi in stato di ebbrezza alcolica quantificato con un tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 g/l (reclusione da 5 a 10 anni).

E’ prevista anche una circostanza aggravante il cui verificarsi comporta un aumento delle pene previste dall’art. 589-bis c.p.. Tale aggravante si identifica con il caso in cui il veicolo a motore con il quale è compiuto il fatto sia di proprietà del conducente e sia sporvvisto di assiurazione obbligatoria, o con il caso in cui l’omicidio stradale sia derivato dalla condotta di una persona sprovvista di patente di guida, o che sia stata sospesa o revocata.

Nel regolamentare il reato di omicidio stradale il legislatore non ha omesso di prendere in esame il caso in cui la condotta di guida veda coinvolte più vittime. In tal caso la pena è quella prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo (massimo 18 anni di reclsione).

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale cittadino per aver revocato la confisca dell’autovettura, ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di (omissis) per il reato di cui all’art. 589-bis cod. pen., perché per colpa generica e per
inosservanza delle norme del codice della strada, alla guida dell’autoveicolo (omissis), in ora notturna, procedendo ad una velocità di circa 55 k/h, e pertanto superiore al limite, non prestando la necessaria attenzione alla situazione dei luoghi e non avvedendosi della presenza del pedone (omissis), di anni 81, che stava attraversando la carreggiata in prossimità delle strisce pedonali, la investiva, caricandola sul cofano e sospingendola ad una distanza di 17 metri, procurandole lesioni gravissime al capo che ne determinavano il decesso immediato.

2. Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell’imputato, il quale solleva due motivi.

2.1. Con il primo motivo, si duole, in particolare, dell’erronea valutazione di prove che hanno carattere di decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale, nonché nel travisamento di altre prove, sia per quanto attiene alla visibilità, alla presenza di altri soggetti, alla scarsa avvistabilità da parte dell’imputato, perché influenzata dall’auto che proveniva dal senso opposto, sia per quanto attiene alla velocità tenuta, frutto di travisamento della prova.

2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e travisamento della prova: la Corte di merito non ha adeguatamente considerato quanto emerso dall’esame reso in udienza dal perito, a seguito del quale è emersa una totale incertezza in ordine all’effettiva distanza del pedone dalle strisce pedonali, alla velocità da questo tenuta al momento dell’attraversamento, alla traiettoria seguita. La Corte di merito
non ha indicato in base a quali elementi ha ritenuto che l’automobilista investitore fosse, nel caso
concreto, in condizione di percepire la presenza del pedone, vestito di scuro, fuori dalle strisce pedonali. in mancanza di tali indicazioni, la regola di cui all’articolo 141 cod. strada è stata applicata sul presupposto che sia sempre probabile la presenza di un pedone fuori dalle strisce, che attraversi improvvisamente la carreggiata, in zona scarsamente illuminata e non si fermi, pur avvedendosi della presenza dei veicoli in transito. Né sono state adeguatamente valorizzate le sole informazioni certe, provenienti dall’unico testimone presente ai fatti, (omissis).

3. Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché sviluppa sul piano del fatto una prospettazione alternativa della vicenda e delle prove, già oggetto di approfondita argomentazione nella sentenza impugnata.

2. Va premesso che, nella specie, ricorre l’ipotesi di una “doppia conforme” pronuncia di responsabilità, in cui le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado si saldano per formare un unico apparato logico-argomentativo a cui il giudice di legittimità deve riferirsi per valutare la congruità e la completezza della motivazione che sorregge la decisione assunta. Il travisamento della prova, per
utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606,comma 1, lett. e), cod. proc. pen., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti – con specifica deduzione – che il dato probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (ex multis, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina e altro, Rv. 269217), ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Va, inoltre, ribadito il divieto di deducibilità, nel giudizio di legittimità, del travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Rv. 238215).

3. Ciò detto, si osserva che tutte le argomentazioni addotte dal ricorrente, afferiscono alla dinamica del sinistro, e, come tali, debbono ricondursi al vizio del “travisamento del fatto”: la difesa prospetta infatti una erronea interpretazione delle circostanze emerse nel corso del dibattimento, e fornisce una diversa versione dei fatti, sollecitando una rilettura delle emergenze processuali, non consentita nella
presente sede di legittimità, come in più occasioni ribadito da codesta Corte (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601). In tema di giudizio di Cassazione, invero, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal
ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. A ciò si aggiunga che la ricostruzione della dinamica di un incidente stradale, nella sua dinamica ed eziologia, è rimessa al solo giudice di merito, trattandosi di apprezzamenti in fatto sottratti al giudice di legittimità se sorretti da congrua e logica motivazione, come avvenuto nella specie (ex multis, Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679).

4. Nella specie, l’affermazione di responsabilità è supportata da un congruo apparato motivazionale. La Corte territoriale ha, infatti, adeguatamente esaminato e confutato i motivi di doglianza, reiterati nella presente sede. Con riguardo all’analisi del perito, ing. (omissis), le cui conclusioni ha ritenuto condivisibili, ha rilevato come il consulente della difesa, ing. (omissis), nulla abbia obiettato su una
considerazione del perito dalla Corte di merito ritenuta decisiva, ossia che, quale che fosse la velocità tenuta dall’imputato, la stessa non era adeguata alla condizione dei luoghi, atteso che l’imputato avrebbe, comunque, avuto tutto il tempo per avvistare il pedone, visibile sia per le condizioni dell’illuminazione, sia per il tempo di attraversamento della prima corsia a sinistra, e quindi per evitare l’investimento. Se non lo ha fatto, si legge in sentenza, «è solo perché in quell’istante era “distratto”…». La Corte di appello ha affermato, con motivazione congrua ed esente dai censurati vizi, che ciò che è mancato nella condotta dell’imputato è proprio l’osservanza della basilare regola cautelare dell’obbligo di attenzione che il conducente di veicolo deve tenere ai sensi dell’art. 191 cod. strada, al fine di avvire
tempestivamente il pedone e porre efficacemente in essere gli opportuni accorgimenti, atti a prevenire un rischio di investimento. Si tratta di un dovere di attenzione che si sostanzia negli obblighi di “ispezionare” la strada percorsa, di mantenere un costante controllo del veicolo, di prevedere tutte le situazioni di pericolo, comprese le imprudenze e le trasgressioni degli altri utenti della strada.

Alla luce di quanto sopra, correttamente la Corte di appello ha escluso che, nella vicenda in esame, potesse ravvisarsi alcuna causa eccezionale, idonea, in quanto tale, ad escludere la responsabilità del conducente, per quanto sin qui detto, che egli si fosse trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne i movimenti.

4.1. Il Giudice di appello ha anche rinvenuto il nesso di causa tra la violazione delle contestate regole cautelari e l’evento dell’investimento, così facendo corretta applicazione del consolidato principio secondo il quale, in tema di circolazione stradale, il conducente di un veicolo è tenuto ad osservare, in prossimità degli attraversamenti pedonali, la massima prudenza e a mantenere una velocità particolarmente moderata, tale da consentire l’esercizio del diritto di precedenza, spettante in ogni caso al pedone che attraversi la carreggiata nella zona delle strisce zebrate, essendo al riguardo ininfluente che l’attraversamento avvenga sulle dette strisce o nelle vicinanze (Sez. 4, n. 47290 del 09/10/2014, S., Rv. 261073; Sez. 4, n. 47204 dei 14/11/2019, Sapienza Francesca c/ Mangano Carlotta, Rv. 277703).

5. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 22 giugno 2022

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