…omissis…
Rilevato
Cu.Ch. conveniva in giudizio davanti al Giudice di Pace di Torre Annunziata Tr.Ci., in qualità di proprietario del motoveicolo Honda SH 150 targato omissis, e la SSS Assicurazioni, quale assicuratrice per la r.c. di tale veicolo, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per le lesioni personali patite nel sinistro avvenuto il 25 luglio 2009 alle 12:15 quando, alla guida del proprio ciclomotore Honda SH 50 veniva urtata dal motociclo di proprietà e condotto dal Tr.Ci. che non concedeva la dovuta precedenza invadendo l’incrocio mentre ella stava transitando.
Si costituiva resistendo la sola SSS Assicurazioni, tra l’altro formulando eccezione di inammissibilità della domanda, attesa la perpetrata violazione del divieto di frazionamento del credito, dal momento che Cu.Ch., in relazione al medesimo sinistro, aveva già promosso altra domanda risarcitoria per i danni subiti al ciclomotore con giudizio definito con sentenza del Giudice di Pace di Castellammare di Stabia e decisa in appello dal Tribunale di Torre Annunziata in data 7 gennaio 2014.
Con sentenza del 13 luglio 2016 il Giudice di Pace di Torre Annunziata accoglieva la domanda, seppure in misura minore rispetto a quanto richiesto da parte attrice.
Avverso tale decisione Cu.Ch. proponeva appello, sostanzialmente lamentando l’erroneità della sentenza di prime cure in relazione alla mancata liquidazione del danno da invalidità permanente.
Si costituiva resistendo e proponendo appello incidentale la sola SSS Assicurazioni.
Con sentenza n. 1206/2021 depositata il 7 giugno 2021 il Tribunale di Torre Annunziata rigettava l’appello principale proposto dalla Cu.Ch., accoglieva l’appello incidentale proposto dalla compagnia assicurativa ed in riforma dell’impugnata sentenza dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria.
Avverso tale sentenza Cu.Ch. propone ora ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
Resiste con controricorso la SSS Assicurazioni.
Resta intimato il Tr.Ci..
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ.
Il PM non ha depositato conclusioni
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 333, 343 e 346 c.p.c., per avere il tribunale qualificato l’appello incidentale promosso dalla compagnia assicurativa quale mera riproposizione di eccezione già disattesa in primo grado.
Censura la sentenza impugnata che, dopo aver – illegittimamente – rigettato l’eccezione dell’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo, ha ritenuto ulteriormente di precisare e aggiungere che, nella specie, trattandosi di riproposizione di un’eccezione disattesa implicitamente dal giudice di pace, era sufficiente la mera riproposizione della stessa ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ.
Così argomentando il giudice di appello “(avrebbe) fa(tto) confusione fra eccezioni che si intendono riproposte anche in grado di appello laddove il giudice di prime cure non le abbia esaminate (art. 346 cod. proc. civ.) ed eccezioni che sono state implicitamente rigettate e che per tale motivo devono essere oggetto di appello incidentale (artt. 333 e 343 cod. proc. civ.)”.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 329, 333, 334, 343 cod. proc. civ. in riferimento agli artt. 325 e 327 cod. proc. civ. per avere il tribunale affermato l’ammissibilità dell’appello incidentale tardivo proposto dalla compagnia assicurativa sull’eccezione di inammissibilità della domanda principale, senza erroneamente considerare che la SSS aveva prestato acquiescenza sul capo della sentenza che aveva rigettato l’eccezione di inammissibilità.
Lamenta che il giudice d’appello sia incorso nella violazione delle sopraindicate norme di diritto e non abbia considerato che, secondo precedenti di questa Corte di Cassazione che richiama, l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile là dove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell’impugnazione principale; tale principio è applicabile al caso di specie, in cui la compagnia assicurativa aveva interesse ad impugnare la sentenza del giudice di pace, senza dover attendere l’impugnazione principale, ed aveva l’obbligo impugnarla nei termini al fine di scongiurare il passaggio in giudicato della pronuncia sul punto.
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 2, 3 e 111 Cost. in relazione all’art. 100 cod. proc. civ. e 1175 cod. civ., violazione e falsa applicazione del principio di diritto enunciato da Cass., 4090/2017, per avere il tribunale ritenuto che essa danneggiata, essendo guarita clinicamente al momento dell’introduzione del primo giudizio per risarcimento dei danni al ciclomotore, poteva e doveva cumulare anche la domanda di risarcimento per lesioni. Così argomentando, il tribunale avrebbe omesso sia di valutare il comportamento contra legem della compagnia, che aveva procrastinato l’esperimento della perizia medico-legale a distanza di oltre un anno dall’atto di citazione introduttivo del giudizio per risarcimento dei danni al ciclomotore, sia di considerare, in correlazione al comportamento della SSS Assicurazioni ed ai principi di diritto posti dalla sentenza della Cassazione citata nell’intestazione del motivo, l’interesse oggettivo della danneggiata alla proposizione separata ed autonoma domanda per il risarcimento delle lesioni subite in conseguenza del sinistro oggetto di causa. Neppure infine il tribunale avrebbe tenuto conto che era onere della compagnia assicurativa argomentare e provare il difetto di interesse al frazionamento della domanda, onere e obbligo che invero non è stato assolto né in primo né in secondo grado.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. (omesso esame di un fatto decisivo) degli artt. 24 e 111 Cost. e 100 e 279 comma 2, n. 2, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione del principio di diritto enunciato da Cass., n. 4090/2017, per avere il tribunale dichiarato l’inammissibilità della domanda in primo grado in un’ipotesi non prevista dal codice di procedura civile.
Lamenta che la pronuncia che ha deciso sulla questione del frazionamento del credito è illegittima ed erronea, perché non è prevista alcuna sanzione di inammissibilità in caso di plurime domande giudiziali proposte dal danneggiato in un sinistro stradale e la pronuncia n. 4090/2017, espressamente richiamata, ulteriormente chiarirebbe questo principio.
Ne deriva che, in caso di plurime domande giudiziali proposte dal soggetto danneggiato in un sinistro stradale, il rimedio, lungi dall’essere quello della declaratoria di inammissibilità, è piuttosto quello della riunione di cause, laddove possibile.
5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 3 e 24 Cost., in relazione all’art. 100 cod. proc. civ., e 152 cod. proc. civ. per avere il tribunale escluso l’applicabilità del principio dell’overruling pur in presenza di una decadenza maturata per il mutato orientamento giurisprudenziale.
Lamenta che, pur in presenza di una decadenza maturata per il mutato orientamento giurisprudenziale, la sentenza impugnata avrebbe escluso l’applicazione al caso di specie del principio dell’overruling.
6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione sotto il profilo di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. dell’art. 92 cod. proc. civ., ratione temporis applicabile nella versione precedente alle modifiche apportate dalla legge 162 del 10 novembre 2014, per non avere il tribunale ritenuto che esistevano altre gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese di lite, ovvero violazione e falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ. nella versione attuale, per non avere il giudice tenuto conto del mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, nonché del comportamento extra ed endoprocessuale delle parti.
Lamenta che il tribunale ha liquidato e posto le spese di lite a suo carico, mentre invece, più correttamente, avrebbe dovuto integralmente compensarle.
7. Con il settimo motivo la ricorrente, nell’ipotesi in cui questa Corte, superata ogni altra questione, intenda cassare senza rinvio, deduce “violazione e falsa applicazione delle norme sul procedimento, violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., omessa pronuncia su tutta la domanda, omessa valutazione di fatti non contestati, omessa valutazione delle prove, omessa valutazione della consulenza medica non contestata”.
Lamenta appunto, riproponendo i motivi dell’appello alla sentenza del giudice di pace, l’omessa considerazione della domanda e dei fatti non contestati, nonché l’omessa valutazione delle prove e delle risultanze della consulenza medico-legale.
8. Il primo motivo è inammissibile.
Censura infatti non una vera e propria ratio decidendi, ma una mera considerazione svolta dalla sentenza impugnata ad abundantiam (il giudice di appello infatti usa l’espressione “va solo aggiunto”), in cui si dice che sarebbe stato sufficiente ricorrere al meccanismo di cui all’art. 346 cod. proc. civ., ma dando per pacifico che comunque la compagnia assicurativa aveva proposto appello incidentale, ritenuto ammissibile con la motivazione pregressa, che fa buon governo del costante orientamento di questa Suprema Corte, secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile ex art. 334, comma 1, prima parte, cod. proc. civ., anche in relazione a parti della decisione diverse da quelle oggetto del gravame ovvero se investe la stessa parte ma per motivi diversi da quelli già fatti valere (Cass., Sez. Un., 27/11/2007, n. 24627; Cass., 30 maggio 2018, n. 13651).
Peraltro, se pure si assegnasse alla motivazione in esame valore decisivo, si dovrebbe rilevare che il riferimento del giudice d’appello al disposto dell’art. 346 cod. proc. civ. è errato. Tuttavia, la conseguente constatazione della fondatezza del motivo non potrebbe comportare la cassazione della sentenza, attesa la sorte – di cui di seguito – del secondo motivo.
Come questa Corte, a Sezioni Unite, ha già avuto modo di affermare, qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 cod. proc. civ., anche quando l’eccezione sia a regime di rilevazione d’ufficio da parte del giudice.
Viceversa, l’art. 346 cod. proc. civ., con l’espressione “eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado”, nell’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione, né attraverso un’enunciazione in modo espresso, né attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca. Quando la mera riproposizione (che dev’essere espressa) è possibile, la sua mancanza rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di rilevazione riguardo ad essa è riservato alla parte, mentre, se il potere di rilevazione compete anche al giudice, non impedisce – ferma la preclusione del potere del convenuto – che il giudice d’appello eserciti detto potere a norma del secondo comma dell’art. 345 cod. proc. civ. (così, Cass., Sez. Un., 12/05/2017, n. 11799; i medesimi principi sono contenuti anche in Cass., Sez. Un., 19/04/2016, n. 7700).
Orbene, nel caso di specie, di fronte all’omissione di pronuncia da parte del giudice di pace sull’eccezione di inammissibilità della domanda attorea per frazionamento del credito, la compagnia assicurativa convenuta non avrebbe potuto limitarsi alla c.d. riproposizione dell’eccezione, che, come espressamente previsto dall’art. 346 cod. proc. civ., sarebbe stata configurabile solo se la domanda della allora attrice, ora ricorrente, fosse stata respinta per altre ragioni, mentre invece la domanda venne accolta, così determinandosi una soccombenza della compagnia, che doveva quindi necessariamente proporre appello incidentale, come appunto ha provveduto a fare.
9. Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto l’appello incidentale tardivo era pienamente ammissibile, giacché proposto dalla parte contro la quale era rivolta l’impugnazione principale e considerato che l’art. 334, comma 1, prima parte, cod. proc. civ. ammette automaticamente la parte in questione ad impugnare i capi di sentenza per i quali è soccombente verso la parte che nei suoi confronti ha impugnato. E’ appena il caso di rilevare che è assolutamente privo di pregio l’assunto della parte ricorrente che la proposizione dell’appello principale non facesse sorgere l’interesse dell’assicurazione ad impugnare l’omessa pronuncia: è sufficiente osservare che la pronuncia impugnata con l’appello principale presupponeva l’omessa pronuncia riguardo alla inammissibilità della domanda per frazionamento.
10. Il terzo motivo è infondato.
Presuppone infatti l’applicazione del principio dettato da Cass., Sez. Un., 16/02/2017, n. 4090, che invoca tuttavia erroneamente, dal momento che la sentenza ammette, nella sussistenza di un oggettivo interesse dell’attore, la proposizione in separati processi di domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, mentre nel caso di specie il diritto azionato è unico, sebbene per il risarcimento di voci di danno diverse.
L’erronea invocazione del principio di diritto rende altresì ultronea la censura, peraltro anche svolta senza il rispetto dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., di quella parte di motivazione in cui è stata ritenuta tardiva la contestazione della eccezione di inammissibilità della domanda, in quanto dedotta soltanto in comparsa conclusionale, posto che comunque tale contestazione era in ogni caso basata su un principio di diritto non applicabile al caso di specie.
11. Il quarto motivo è manifestamente infondato come il terzo, per irrilevanza nel caso di specie del principio di diritto di cui a Cass., Sez. Un., 4090/2017, espressamente richiamata nella rubrica del motivo, ma non pertinente, per le ragioni tutte esposte in sede di scrutinio del precedente terzo motivo; ne deriva che non è affatto esistente il preteso contrasto di giurisprudenza che viene lamentato nel motivo.
12. Il quinto motivo è infondato.
Come già questa Corte ha avuto modo di affermare (Cass., 929/2017; Cass., 17019/2018), la proposizione di separate azioni risarcitorie per danni diversi nascenti dallo stesso fatto illecito, avvenuta anteriormente all’arresto delle Sezioni Unite che ha affermato il principio dell’infrazionabilità della domanda giudiziale per crediti derivanti da un unico rapporto, si sottrae all’applicazione del cd. prospective overruling, secondo cui restano salvi gli effetti degli atti processuali compiuti dalla parte che abbia fatto incolpevolmente affidamento sulla stabilità di una previgente interpretazione giurisprudenziale, atteso che quella decisione non ha comportato il mutamento dell’interpretazione di una regola del processo che prevede una preclusione o una decadenza, ma sancito l’improponibilità delle domande successive alla prima il ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile per contrasto con il principio costituzionale del giusto processo che non consente di accordare protezione ad una pretesa caratterizzata dall’uso strumentale del diritto di azione.
Nella sentenza impugnata il tribunale ha richiamato tale insegnamento ed ha fatto buon governo dei suddetti principi di diritto.
Peraltro, al momento della proposizione della domanda proposta per prima era già stata pronunciata la sentenza delle Sezioni Unite, 15/11/2007, n. 23726, come ben sottolinea la resistente.
13. Il sesto motivo è manifestamente infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., Sez. Un., 15/07/2005, n. 14989; Cass., 26/04/2019, n. 11329).
14. Il settimo motivo è inammissibile.
Si tratta di “non motivo”, atteso che auspica un effetto che suppone l’accoglimento di alcuno dei motivi precedenti.
15. In conclusione, il ricorso va rigettato.
16. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.