Con atto di citazione notificato in data 4 giugno 2020 e tempestivamente iscritto a ruolo il successivo 12 giugno, Tamoil Italia S.p.a. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli nord i sig.ri Vi. Vi. e Vi. Fe., al fine di vedersi accogliere la domanda di inefficacia relativa ex art. 2901 c.c. proposta nei loro confronti ed avente ad oggetto la seguente vendita (con riserva del diritto di abitazione sull’appartamento, in favore dell’alienante Vi. Vi.): rogito Notaio Es. Ci. con sede a Afragola in data 19/11/2019 numero di repertorio (omissis), relativa ai seguenti immobili siti in Casoria, Via (omissis) e precisamente:
A) appartamento posto al piano secondo composto da cinque vani e mezzo (vani 5,5) catastali; confinante con via Astone, cortile interno di proprietà aliena; in catasto al fol (omissis) Via (omissis) superf. Catastale 125 mq RC Euro 397,67;
B) i diritti pari ad ¼ (un quarto) del locale garage al piano terra di circa 107 (centosette) metri quadrati; confinante con il cortile su più lati e proprietà aliena; in catasto al (omissis), consistenza 107 mq. Superf. Catastale 114 mq. RC Euro 337,09.
La società attrice rappresentava di vantare, nei confronti del Vi. Vi., alienante, un credito pari ad euro 26.625,83 oltre interessi e risarcimento del danno (da liquidarsi in separata sede) riconosciuto dalla sentenza n. 4684/2019 del Tribunale di Napoli.
Secondo la ricostruzione effettuata da parte attrice, sussisterebbero, nel caso di specie, tutti i requisiti (oggettivi e soggettivi) previsti dall’art. 2901 c.c. ai fini della revocabilità dell’atto, atteso che, con l’atto dispositivo impugnato, il convenuto si sarebbe privato dell’unico bene immobile nella propria disponibilità (cfr. visura catastale, documento n. 2 in allegato alla citazione), così, di fatto, minando le aspettative della società attrice di vedere soddisfatto il proprio credito.
Con atto del 24 novembre 2020, si costituiva in giudizio il convenuto Vi. Vi., concludendo per il rigetto della domanda formulata da controparte.
Ad avviso del Vi., infatti, mancherebbero i presupposti per la dichiarazione di inefficacia relativa, in quanto difetterebbero sia in capo al disponente, che in capo al terzo acquirente, vale a dire la figlia, Vi. Fe., i requisiti tipici di cui all’art. 2901 c.c.
In quest’ottica il convenuto rappresentava che il prezzo della compravendita, pattuito in circa 70.000,00 euro, doveva ritenersi congruo e che in ogni caso l’alienazione era stata effettuata proprio nella prospettiva di garantire al Vi. Vi. la provvista per ottemperare alla sentenza passata in giudicato. Si osservava, poi, che i pagamenti erano stati effettivamente compiuti dalla acquirente, Vi. Fe.. Proprio a tal fine il convenuto Vi. Vi. si riservava di produrre in atti l’assegno circolare di euro 20.000,00 con cui sarebbe stato corrisposto in parte il prezzo (cfr. pag. 2 della comparsa).
In virtù di ciò, il convenuto insisteva per il rigetto della avversa domanda, con vittoria di spese.
Nel corso del giudizio, veniva dichiarata la contumacia della convenuta Vi. Fe. e venivano concessi, su richiesta delle parti costituite, i termini di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c.
All’esito delle memorie istruttorie la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 18 maggio 2023, tenutasi in modalità cartolare, le parti precisavano le proprie conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione.
Le parti depositavano in atti le rispettive comparse conclusionali. Parte attrice provvedeva al deposito di una memoria di replica.
Con la comparsa conclusionale parte attrice rappresentava che i convenuti, Vi. Fe. e Vi. Vi., avevano ulteriormente alienato (rispettivamente la piena proprietà ed il diritto di abitazione insistente su) gli immobili in questione, in favore di un terzo, sig. Fu. Ma., in pendenza di giudizio e precisamente in data 18 novembre 2020. Sul punto, parte attrice faceva rilevare, in primo luogo, che gli immobili in questione sarebbero stati venduti per un prezzo superiore, e pari quasi al doppio di quello relativo al primo atto di disposizione. In secondo luogo, manifestava di avere ancora interesse alla dichiarazione di inefficacia dell’atto, in quanto tale accertamento costituirebbe altresì il presupposto per far valere un diritto di credito alla restituzione del corrispettivo incassato dal nuovo acquirente ex art. 2901, ultimo comma, c.c.
Il convenuto, con la propria comparsa, faceva invece rilevare che, essendosi già verificate le preclusioni di rito, parte attrice non poteva modificare le conclusioni già rassegnate e non poteva pertanto richiedere la condanna della prima acquirente contumace, Vi. Fe., al pagamento del corrispettivo incassato con la nuova alienazione.
Con la memoria di replica parte attrice evidenziava di non aver affatto modificato le conclusioni già formulate in precedenza e precisava, pertanto, di aver richiesto la mera dichiarazione di inefficacia dell’atto, riservandosi di soddisfarsi sul ricavato della nuova vendita, ottenuto dal primo acquirente, direttamente in sede esecutiva.
1. La domanda proposta da parte attrice ai sensi dell’art. 2901 c.c. è fondata e va accolta per i motivi che si vanno ad esporre.
Come è noto, lo scopo dell’azione revocatoria è quello di tutelare il creditore nei confronti degli atti con i quali il debitore tenda in modo fraudolento a impedire o a rendere più difficile la soddisfazione del credito, sottraendo i propri beni alla responsabilità patrimoniale. L’azione mira a produrre nei confronti del creditore l’inefficacia parziale e relativa dell’atto dispositivo del debitore, evitando che il bene alienato sia sottratto all’azione esecutiva dei creditori dell’alienante e giovando al solo creditore che ha esercitato l’azione.
In sintesi, i presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria, come disciplinati dall’art. 2901 c.c., sono i seguenti: l’esistenza, al momento della proposizione dell’azione, di un credito, anche litigioso, verso il debitore; l’eventus damni, vale a dire il pregiudizio che alle ragioni del creditore possa derivare dall’atto da revocare, essendo sufficiente all’uopo il profilarsi del pericolo concreto che il debitore non adempia l’obbligazione e che l’azione esecutiva proposta nei suo confronti sia infruttuosa (cfr. Cass. nn. 16464/2009 e 7452/2000); nei casi in cui l’atto dispositivo sia successivo al sorgere del credito, la consapevolezza da parte del debitore del carattere pregiudizievole del proprio comportamento rispetto alle ragioni creditorie (cfr. Cass. nn. 23509/2015 e 13343/2015), nonché, qualora l’atto dispositivo sia a titolo oneroso, la conoscenza da parte del terzo avente causa che l’atto di disposizione diminuisce la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori. Va poi ulteriormente precisato che la prova del requisito della scientia damni può essere fornita anche tramite presunzioni (da ultimo, Cassazione civile sez. III, 18/01/2019, n. 1286), l’elaborazione giurisprudenziale, infatti, ha individuato una pluralità di elementi da cui desumere la consapevolezza del pregiudizio ai creditori da parte sia del debitore che del terzo.
2. Ciò premesso, in primo luogo si osserva che può ritenersi provata la qualità di creditore dell’alienante da parte della Tamoil S.p.a. Quest’ultima, infatti, ha prodotto in atti la sentenza n. 4684/2019 del Tribunale di Napoli che le riconosce un credito pari ad euro 26.625,83 oltre interessi e risarcimento del danno (da liquidarsi in separata sede) nei confronti del disponente, Vi. Vi. (cfr. sentenza di cui all’allegato n. 1 della citazione).
Sussiste, invero, anche l’elemento dell’eventus damni richiesto dalla norma ai fini della revocabilità dell’atto. L’atto di compravendita stipulato tra il Vi. Vi. e la figlia, Vi. Fe., ha compromesso le aspettative di soddisfazione del credito vantato dalla società attrice, poiché, sulla base del suo compimento, il patrimonio del disponente è divenuto incapiente.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “a determinare l’eventus damni è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore … in tal caso determinandosi, nei confronti del credito già sorto, il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, della cui insussistenza incombe al convenuto, che nell’azione esecutiva l’eccepisca, fornire la prova” (Cassazione civile sez. VI, 24/03/2021, n. 8217). La modificazione qualitativa del patrimonio del debitore, per effetto dell’atto di disposizione in esame, è evidente, atteso che la società attrice ha visto sostanzialmente compromesse le possibilità di soddisfarsi sul cespite oggetto dell’atto di compravendita, il quale costituiva l’unico bene immobile nella titolarità del Vi. Vi. (a riprova di ciò, si veda la visura catastale prodotta in allegato alla citazione, doc. 2). Deve pertanto rilevarsi la sussistenza dell’eventus damni.
3. Quanto, poi, al requisito soggettivo, occorre precisare che, nel caso di specie, essendo stata richiesta la dichiarazione di inefficacia di un atto a titolo oneroso compiuto successivamente al sorgere del credito, vantato dalla società attrice nei confronti disponente, dovrà essere rintracciato il requisito della scientia damni in capo ai due soggetti coinvolti nell’operazione negoziale in esame ai fini della revocabilità dell’atto de quo.
Con riferimento alla predisposizione psicologica del disponente, Vi. Vi., si osserva che, al momento della stipula dell’atto di compravendita, questi non poteva ignorare l’esposizione debitoria maturata nei confronti della Tamoil Italia S.p.a. Basti considerare, da questo punto di vista, il fatto che la sentenza (che ha riconosciuto la sussistenza del credito vantato dalla società attrice e che lo ha concretamente liquidato) è stata pubblicata il 6 maggio 2019, mentre invece l’atto di compravendita è successivo, essendo stato concluso in data 19 novembre 2019.
Alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche in relazione al terzo acquirente, Vi. Fe.. Molteplici elementi inducono infatti a ritenere provata per presunzioni la consapevolezza, di questa, di ledere le aspettative dei creditori del dante causa, Vi. Vi..
Depongono in questo senso, infatti:
– lo stretto legame di parentela (padre-figlia) intercorrente tra l’alienante, Vi. Vi., ed il terzo acquirente, Vi. Fe., tale per cui è ragionevole ritenere che quest’ultima non potesse non sapere dell’esistenza del credito in esame;
– la tempistica sospetta con cui è stato realizzato il trasferimento immobiliare in questione, atteso, che, come già evidenziato, la compravendita è stata effettuata nei mesi immediatamente successivi alla insorgenza del titolo esecutivo;
– il fatto che l’alienante si sia privato, in tale occasione, dell’unico bene immobile nella sua titolarità (cfr. visura catastale prodotta dalla società attrice, circostanza, questa, peraltro non contestata dall’alienante, costituito) e quindi dell’unico bene che, con maggiore difficoltà, poteva essere sottratto alla garanzia patrimoniale offerta ai creditori. Sul punto ci si riporta all’ormai noto orientamento giurisprudenziale per cui “In tema di revocatoria, nei casi di vendita contestuale in favore di un terzo di una pluralità di beni del debitore, ovvero di vendita dell’unico bene immobile di proprietà del debitore, l’esistenza e la consapevolezza del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio patrimoniale che tali atti recano alle ragioni del creditore, ai fini dell’esercizio da parte di questi dell’azione pauliana, possono ritenersi “in re ipsa”( Tribunale Pescara, 30/08/2017, n. 1046).
Può quindi ragionevolmente ritenersi, sulla base degli evidenziati indizi (gravi, precisi e concordanti ex art. 2729 c.c.), che anche la Vi. Fe. fosse consapevole della portata lesiva (scientia damni) dell’atto dispositivo impugnato.
4. Sussistono dunque tutti gli elementi richiesti dall’art. 2901 c.c., sicché la domanda proposta da parte attrice deve essere accolta e per l’effetto deve dichiararsi l’inefficacia dell’atto dispositivo impugnato.
Le spese di lite sono poste a carico dei soccombenti in solido, Vi. Vi. e Vi. Fe., e vengono liquidate in dispositivo, facendo applicazione dei parametri minimi di cui al DM 55/2014, attesa la non particolare complessità delle questioni trattate.
Si precisa che per giurisprudenza consolidata (e da ultimo, come dallo stesso tariffario ex art. 5, comma 1): “Ai fini della liquidazione degli onorari a carico della parte soccombente nei giudizi relativi ad azione revocatoria, il valore della causa si determina sulla base non già dell’atto impugnato, bensì del credito per il quale si agisce, anche se il valore dei beni alienati, o comunque sottratti al creditore, risulti superiore o inferiore, e ciò in considerazione del carattere conservativo del rimedio, volto a paralizzare l’efficacia degli atti aggrediti per assicurare al creditore l’assoggettabilità ad esecuzione dei beni resi indisponibili dal debitore” (così Cass. n. 10089/2014; nello stesso senso V. Cass. 3697/2020).
P.Q.M.
Il Tribunale di Napoli nord, nel procedimento iscritto al n. 5309/2020 del ruolo generale degli affari civili contenziosi, così provvede:
– Accoglie la domanda ex art. 2901 c.c. e per l’effetto dichiara l’inefficacia, nei confronti della società attrice, Tamoil S.p.a., dell’atto di compravendita stipulato per atto del Notaio Ci. Es. in data 19 novembre 2019, con il quale il Vi. Vi. alienava in favore della Vi. Fe. l’appartamento sito in Casoria (NA) alla Via (omissis) e diritti pari a ¼ del relativo locale garage, identificati al catasto rispettivamente Foglio (omissis);
– Condanna i convenuti, Vi. Vi. e Vi. Fe., in solido, al pagamento delle spese di lite in favore della Tamoil S.p.a. che si liquidano in euro 566,49 per spese ed euro 2.540,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, CPA ed IVA come per legge.
Aversa, 9 ottobre 2023.
