…omissis…
Fr.Cr. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Reggio Calabria Ca.Pa. e la XXX Assicurazioni S.p.A. per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, conseguenti ad un sinistro stradale di cui era stato vittima quando, nel mentre si apprestava ad attraversare la strada, fu investito violentemente dal Ca.Pa. che, alla guida di una Fiat Panda, nell’effettuare una manovra di retromarcia, non si avvedeva della sua presenza;
si costituì in giudizio la sola compagnia contestando la domanda e chiedendone il rigetto;
il Tribunale adito, istruito il giudizio con prova testimoniale e consulenza tecnica d’ufficio, accolse parzialmente la domanda condannando la compagnia assicuratrice e il Ca.Pa. in solido a risarcire la somma di Euro 128.043,13, oltre interessi e spese;
a seguito di appello della Verti Assicurazioni S.p.A., succeduta alla XXX S.p.A., la Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza pubblicata in data 31/10/2022, ha accolto il gravame e per l’effetto ha rigettato la domanda risarcitoria condannando il Fr.Cr. alle spese del doppio grado; per quanto ancora qui di interesse la Corte del gravame ha ritenuto che, dovendosi applicare i principi concernenti il riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., l’attore avrebbe dovuto dare prova del fatto storico, dell’evento dannoso e del nesso causale mentre tale onere non era stato assolto, restando del tutto incerta sia la dinamica del sinistro, quindi il fatto costitutivo della domanda, sia il nesso causale;
avverso la sentenza Fr.Cr. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;
ha resistito la Verti Assicurazioni S.p.A. con controricorso;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
occorre preliminarmente rilevare che il ricorso è proposto da Fr.Cr., rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente, dagli avvocati C. S., che non risulta essere iscritto all’albo speciale dei cassazionisti, e dall’avvocato S. D.;
essendovi procura anche disgiuntiva ed essendo stata la procura autenticata anche dall’avvocato S. D., il ricorso è ammissibile in quanto sottoscritto da quest’ultimo;
si procede allo scrutinio dei motivi di ricorso;
con il primo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, co. primo n. 3 c.p.c. sotto l’aspetto dell’omesso adempimento dell’onere probatorio in carico al danneggiato – il ricorrente lamenta che la sentenza ha ritenuto non assolto l’onere della prova del fatto storico, dell’evento dannoso e del nesso causale quando l’attore avrebbe, invece, provato tramite la testimonianza resa in giudizio da Vi.Cr., le modalità del sinistro stradale e tutti gli altri elementi costitutivi della domanda;
con il secondo motivo di ricorso – violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. erronea ripartizione dell’onere della prova – il ricorrente assume che la Corte d’Appello ha fatto malgoverno delle disposizioni relative al riparto dell’onere della prova nella parte in cui ha affermato che il danneggiato non era stato in grado di giustificare le anomalie fattuali eccepite dalla convenuta quando, invece, sarebbe spettato alla compagnia, che aveva sollevato le relative eccezioni, darne conto e prova: si sarebbe trattato, in altri
termini, di fatti estintivi ed impeditivi, il cui onere gravava sul convenuto, e non anche di fatti costitutivi della domanda;
i motivi possono essere trattati congiuntamente perché presentano i medesimi profili di inammissibilità;
entrambi pretendono di dedurre la violazione dell’art. 2697 c.c. assumendola verificata per effetto del preteso erroneo apprezzamento della testimonianza di Vi.Cr. In tal modo, la violazione di quella norma è dedotta senza rispettare i criteri indicati da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 5/8/2016, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, ed, ex multis, da Cass. n. 26769 del 2018 secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni”;
pertanto, entrambi i motivi si risolvono in una manifestazione di dissenso dall’apprezzamento della detta testimonianza e, solo all’esito di tale preteso errore, il ricorrente sostiene che si sia verificata la violazione della regola sull’onere della prova. In tal modo si impinge in evidente inammissibilità sollecitando una rivalutazione della quaestio facti non consentita, vigente l’attuale testo dell’art. 360, n. 5 c.p.c. (Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014);
con il terzo motivo di ricorso – violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. motivazione inesistente ed incomprensibile – il ricorrente assume che la motivazione dell’impugnata sentenza è apparente e certamente inferiore al minimo costituzionale di cui all’art. 111 Cost. in quanto le ragioni espresse a sostegno della ritenuta assenza di prova circa l’effettivo verificarsi del fatto, con le modalità indicate dall’attore, risulterebbero meramente apodittiche e non sostenute da adeguati riferimenti normativi: in particolare il ritenere “alquanto strano” che sul luogo del sinistro non fossero intervenute le forze dell’ordine, affatto interpellate, non troverebbe base in alcun precetto normativo che preveda ed imponga di avvisare le forze dell’ordine all’atto di accadimento di un sinistro stradale; così come il “ritenere strano” che il responsabile del sinistro abbia provveduto personalmente a trasportare il danneggiato al pronto soccorso dopo averlo investito non troverebbe base in un obbligo a tenere una condotta contraria, non esistendo alcun precetto normativo che imponga di chiamare un’ambulanza o che vieti al responsabile dell’incidente di accompagnare in ospedale il danneggiato;
il motivo è privo di pregio, in quanto si risolve nell’affermare che le circostanze considerate dalla motivazione non avrebbero dovuto essere apprezzate come lo sono state, ma ciò sulla base di mere manifestazioni di dissenso consistenti nella possibilità che esse non sarebbero state idonee con certezza a giustificare l’inferenza fattane dalla Corte territoriale. In tal modo, non si prospetta che la motivazione sia apparente o intrinsecamente contraddittoria, ma si lamenta soltanto che le circostanze apprezzate in un certo modo dalla corte di merito, avrebbero potuto essere apprezzate in altro modo, così sollecitando questa Corte a compiere inammissibilmente un apprezzamento del fatto, riservato al giudice di merito ed estraneo ai paradigmi dell’art. 360 c.p.c.;
la doglianza, peraltro, non è formulata deducendo la violazione delle norme dell’art. 2729 c.c., la quale comunque avrebbe dovuto rispettare, ove dedotta, i criteri indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto (si vedano i parr. 4 e ss., cui si rinvia);
con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., errore di percezione della prova; violazione dell’art. 116 in relazione all’art. 360 co. 1 nr. 4 e 5 c.p.c. omessa valutazione prova legale, vizio di motivazione;
il motivo prospetta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. senza rispettare i criteri indicati da Cass. n. 11892 del 2016, ribaditi, in motivazione espressa, sebbene non massimata, da Cass. Sez. Un., n. 15698 del 2016 ed ora, ex multis, da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020: ” In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre. In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione”;
infine si rileva che la motivazione della sentenza impugnata si estende con considerazioni ulteriori agli elementi sui quali parte ricorrente dissente inammissibilmente, fra cui l’essere il testimone cugino del ricorrente: la presenza di tali considerazioni ulteriori assegna ai motivi anche una carenza di correlazione all’effettività della motivazione;
alle su esposte considerazioni consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 4000 (oltre Euro 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
