Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Napoli confermava la condanna di (omissis) e di (omissis) per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale rispettivamente loro contestati in relazione ai fallimenti della (omissis) s.a.s., della (omissis) s.a.s. e della (omissis) di (omissis). In parziale riforma della pronunzia di primo grado la Corte territoriale dichiarava non doversi procedere nei confronti del B. per i reati di associazione a delinquere e truffa per cui era stato condannato rilevandone l’estinzione per intervenuta prescrizione, provvedendo conseguentemente a rimodulare il trattamento sanzionatorio riservato al suddetto imputato.
2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati.
2.1 Il ricorso proposto dal (omissis) a mezzo del proprio difensore articola nove motivi.
2.1.1 Con i primi due il ricorrente ripropone le eccezioni di inutilizzabilità dell’esame testimoniale reso dal figlio dell’imputato e delle individuazioni fotografiche svolte nel dibattimento già rigettate dalla Corte territoriale. Nel primo caso il ricorrente lamenta l’omessa somministrazione al teste degli avvisi di cui all’art. 199 c.p.p., comma 2, mentre nel secondo la mancata utilizzazione di modalità di assunzione della prova equivalenti a quelle previste dall’art. 213 c.p.p. per le ricognizioni di persona e, inoltre, il ricorso a domande suggestive.
2.1.2 Con il terzo motivo il ricorrente deduce il difetto di motivazione sulle questioni rassegnate con la memoria difensiva del 12 gennaio 2012 in merito alla configurabilità del reato associativo e al ruolo svolto in seno al presunto sodalizio criminoso dall’imputato, nonchè in merito alla sussistenza dei reati di bancarotta contestati in riferimento alla (omissis) alla luce delle modifiche intervenute nel 2006 e nel 2007 dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti per la declaratoria di fallimento. Analogo difetto di motivazione viene denunciato con il quarto motivo in relazione alla richiesta avanzata con il gravame di merito di riqualificare la partecipazione del (omissis) all’associazione di cui al capo a) ai sensi dell’art. 416 c.p., comma 2, anzichè del primo.
2.1.3 Con il quinto motivo il ricorrente lamenta ulteriori carenze motivazionali della sentenza in ordine al ritenuto concorso del (omissis) nei reati di bancarotta documentale di cui ai capi m), o) e ggg), nonchè la mancata considerazione dei rilievi difensivi svolti sul punto con i motivi d’appello. Con il sesto motivo analoghe doglianze vengono sollevate con riguardo alla prova del coinvolgimento dell’imputato nelle distrazioni contestate.
2.1.4 Con il settimo motivo viene eccepita l’inconfigurabilità dei reati di bancarotta contestati in relazione al fallimento della (omissis), rilevandosi in proposito come alla luce delle modifiche normative subite dalla legge fallimentare tra il 2006 e il 2007 si tratterebbe di società non più assoggettabile al fallimento.
2.1.5 Con l’ottavo e il nono motivo il ricorrente deduce infine vizi motivazionali in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio operata dalla Corte territoriale, la quale peraltro, pur avendo dichiarato l’estinzione del reato associativo, non avrebbe effettuato la riduzione della pena conseguente a tale decisione.
2.2 Il ricorso proposto personalmente dalla L. con unico motivo lamenta l’errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione in merito alla ritenuta responsabilità dell’imputata per i fatti distrattivi a lei contestati in difetto di qualsiasi prova del suo effettivo e consapevole coinvolgimento nei medesimi e sulla base, invece, della sola circostanza che la stessa era l’amministratrice di diritto della fallita, carica ricoperta invero solo formalmente. Sotto altro profilo la ricorrente deduce analoghi vizi motivazionali in ordine alla mancata revisione del giudizio di mera equivalenza delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo del ricorso del (omissis) è inammissibile.
1.1 La Corte territoriale ha infatti sostenuto come l’eventuale declaratoria dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni dibattimentali rese dal figlio dell’imputato non avrebbe inciso sulla capacità del restante compendio probatorio a sostenere l’affermazione di responsabilità del (omissis). In tal senso i giudici d’appello hanno dunque ritenuto di non utilizzare le suddette dichiarazioni e di conseguenza manifestamente infondata è la replica del ricorrente circa il dovere di definire l’eccezione attesa la carenza di qualsiasi interesse dell’imputato al mero ristabilimento della legalità processuale una volta che la prova non è stata in concreto utilizzata per fondare la conferma della condanna.
1.2 Non di meno deve evidenziarsi come l’eccezione di inutilizzabilità fosse comunque manifestamente infondata. Come da tempo chiarito da questa Corte, infatti, l’omissione dell’avvertimento relativo alla facoltà per i prossimi congiunti dell’imputato di astenersi dal deporre determina non l’inutilizzabilità della testimonianza del congiunto non avvertito, bensì una nullità, peraltro solo relativa, che, come tale, deve essere eccepita immediatamente dalla parte che assiste alla deposizione e comunque, a pena di decadenza, entro i termini fissati all’art. 181 c.p.p. (ex multis Sez. 5, n. 13591 del 12 marzo 2010, D’E. e altro, Rv. 246715). In tal senso non risulta che la difesa abbia eccepito l’omesso avviso all’atto dell’assunzione della deposizione del teste cui aveva assistito (nè il ricorrente lo ha altrimenti sostenuto) e dunque la nullità in questione deve ritenersi essersi sanata.
2. Infondato è invece il secondo motivo del (omissis).
2.1 In punto di diritto va infatti ricordato che il giudice di merito può trarre il proprio convincimento anche da ricognizioni non formali (quale, appunto, l’individuazione fotografica), utilizzabili in virtù dei principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice, atteso che la valenza dimostrativa della prova sta non nell’atto in sè, bensì nella testimonianza che da conto dell’operazione ricognitiva (Sez. 4 n. 25658 del 27 giugno 2011, Sula Taulant, non massimata; Sez. 2 n. 33567 del 13 maggio 2009, Perrone, non massimata). E ciò in quanto l’individuazione di un soggetto – sia personale che fotografica – è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta, una specie del più generale concetto di dichiarazione; pertanto la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 6 n. 6582/08 del 5 dicembre 2007, Major, rv 239416). Conseguentemente l’utilizzabilità di una dichiarazione di tal genere non dipende dall’adozione di formalità analoghe a quelle dettate dall’art. 213 c.p.p., ferme restando le ordinarie regole sulla valutazione dell’attendibilità della stessa.
2.2 Quanto alla presunta suggestività delle domande poste ai testimoni, la doglianza si appalesa innanzi tutto come generica, atteso che la stessa si è sostanzialmente concentrata su di una singola domanda posta ad un uno solo dei testimoni cui la sentenza ha fatto riferimento. Sotto altro profilo deve evidenziarsi come l’ostensione della fotografia dell’imputato al testimone nelle forme criticate dal ricorso non viola il divieto di domande suggestive, atteso che non si risolve in un enunciato verbale anticipatorio del contenuto della risposta. Infine va ricordato che l’eccezione circa la proposizione di domande suggestive deve essere proposta al giudice innanzi al quale si forma la prova, essendo rimessa al giudice dei successivi gradi di giudizio soltanto la valutazione in ordine alla motivazione del provvedimento di accoglimento o di rigetto della eccezione stessa (Sez. 3, n. 47084 del 23 ottobre 2008, Perricone e altri, Rv. 242255). In tal senso deve dunque osservarsi che il ricorrente non ha in alcun modo allegato di aver svolto l’eccezione nel corso dell’udienza in cui vennero auditi i testimoni, talchè la stessa deve ritenersi inammissibile perchè tardiva.
3. Il terzo, il quarto ed il settimo motivo sono invece nuovamente inammissibili.
3.1 Come ricordato dallo stesso ricorrente, infatti, la Corte distrettuale ha dichiarato l’estinzione per prescrizione del reato associativo e dunque sul medesimo non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. Un., n. 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 244275).
3.2 Quanto invece alle doglianze avanzate circa la configurabilità dei reati di bancarotta in relazione al fallimento della New Point va ricordato come le Sezioni Unite abbiano già chiarito che il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, sicchè le modifiche apportate al R.D. n. 267 del 1942, art. 1, dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non esercitano influenza ai sensi dell’art. 2 c.p. sui procedimenti penali in corso (Sez. Un., n. 19601 del 28 febbraio 2008, Niccoli, Rv. 239398).
3.3 La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi e dunque non rileva l’eventuale difetto di motivazione sui rilievi esposti sul punto con la memoria difensiva citata nel ricorso, atteso che il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacchè ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza (Sez. 2, n. 19696 del 20 maggio 2010, Maugeri e altri, Rv. 247123; Sez. Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri, in motivazione).
4. Infondati al limite dell’inammissibilità risultano il quinto e il sesto motivo del ricorso del (omissis), atteso che il ricorrente si è sostanzialmente limitato a ribadire le censure svolte nei motivi d’appello ed a riproporre la propria soggettiva valutazione del compendio probatorio, senza confrontarsi con la motivazione effettivamente resa dalla Corte territoriale in risposta a tali censure per evidenziare la pluralità di elementi convergenti nel dimostrare che il (omissis) avesse di fatto gestito la fallita assumendo gli oneri propri dell’amministratore in tema di giustificazione della destinazione dei beni non rinvenuti (alla cui illecita acquisizione egli stesso aveva peraltro ammesso di essere concorso) e della tenuta e conservazione delle scritture contabili.
5. Certamente inammissibili sono invece le doglianze avanzate con l’ottavo motivo in ordine al diniego delle attenuanti generiche, atteso che la Corte territoriale ha adeguatamente e logicamente motivato sul punto, confutando specificamente i rilievi mossi con i motivi d’appello in merito attenendosi ai principi fissati dal giudice di legittimità in materia.
6. Infondato, infine, è anche il nono motivo del (omissis).
La Corte territoriale non ha infatti proceduto a ridurre la pena inflitta all’imputato conseguentemente alla rilevata estinzione per prescrizione del contestato reato associativo, per la semplice ragione che in prime cure il Tribunale – come agevolmente si evince dalla relativa pronunzia – aveva omesso (evidentemente per mera dimenticanza) di computare qualsiasi aumento per la continuazione del reato di bancarotta ritenuto più grave con quello menzionato. Errore non più rimediabile in difetto di impugnazione da parte del pubblico ministero, ma di cui i giudici d’appello hanno correttamente tenutocela rideterminazione del trattamento sanzionatorio, provvedendo ad eliminare solo gli aumenti di pena irrogati per le truffe di cui parimenti è stata rilevata la prescrizione.
7. Il ricorso della (omissis) è parimenti infondato al limite dell’inammissibilità, perchè generico e sostanzialmente versato in fatto. Ed infatti la ricorrente sostanzialmente si limita a riproporre le medesime doglianze avanzate con il gravame di merito in relazione al concorso dell’imputata nella bancarotta patrimoniale e all’esito del giudizio di bilanciamento, omettendo il doveroso confronto con la motivazione resa sui punti menzionati dalla Corte territoriale, la quale ha esaurientemente indicato gli elementi dai quali è stata estratta la prova del concorso consapevole della (omissis) nelle attività distrattive poste in essere dal (omissis) e le ragioni della conferma del trattamento sanzionatorio, mentre la soggettiva rilettura del compendio probatorio proposta con il ricorso si traduce nel tentativo di sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 settembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2014
