SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1498 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
(omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis)in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale Sul Minore (omissis) (omissis), (omissis) qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale Sul Minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul Minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), (omissis) in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul minore (omissis), rappresentati e difesi dagli avvocati Matteo Spatocco e Simone Petrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda Usl Toscana Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore della Giunta pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
per l’accertamento
previa adozione dei più opportuni provvedimenti cautelari anche ai fini propulsivi e di riesame
– del diritto soggettivo dei minori ricorrenti a ricevere dalla Azienda USL Toscana Centro, in via diretta o in via indiretta ovvero sostenendo le spese relative alle ore di terapia ricevute da terzi, il trattamento specifico, individualizzato e intensivo con terapia cognitivo comportamentale ad indirizzo ABA (Applied Behavior Analysis) nella misura di almeno 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei LEA oltre alla logopedia ed il parent training, per il periodo di almeno 48 mesi, ovvero nella misura maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia,
nonché per l’accertamento
– dell’illegittimità dei dinieghi opposti e dei rigetti dei ricorsi amministrativi presentati e/o della condotta omissiva tenuta dall’amministrazione sanitaria e la conseguente violazione dell’obbligo da parte della stessa di provvedere all’erogazione della terapia ABA in forma intensiva come previsto nei LEA;
e per l’accertamento
– dell’illegittimità e/o errata applicazione della deliberazione del Direttore Generale della Azienda USL Toscana Centro numero 711 del 10 agosto 2017 recante “regolamento di applicazione aziendale per l’attuazione della normativa regionale” ed allegata procedura aziendale per l’attuazione (codice PA.DS.07)
e per la condanna
– della Azienda USL Toscana Centro ad erogare l’intervento comportamentale con metodo A.B.A. ai minori ricorrenti come indicato dalle Linee Guida dell’I.S.S. in misura pari ad almeno 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei L.E.A., la logopedia e il parent training, in via diretta ovvero in via indiretta, sostenendo le spese relative alle ore di terapie con metodo A.B.A. ricevute da terzi, per un periodo di almeno 48 mesi, ovvero nella misura maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, ovvero all’adozione di ogni più opportuno provvedimento giudiziale idoneo alla effettiva tutela del diritto soggettivo dei ricorrenti con espressa riserva di risarcimento del danno in separato giudizio;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 26/3/2024:
per l’accertamento
anche ai fini propulsivi e di riesame
– del diritto soggettivo dei minori ricorrenti a ricevere dalla Azienda USL Toscana Centro, in via diretta o in via indiretta ovvero sostenendo le spese relative alle ore di terapia ricevute da terzi, il trattamento specifico, individualizzato e intensivo con terapia cognitivo comportamentale ad indirizzo ABA (Applied Behavior Analysis), nella misura di almeno 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei LEA, oltre alla logopedia ed il parent training, per il periodo di almeno 48 mesi, ovvero nella misura maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia
nonché per l’accertamento
anche ai fini propulsivi e di riesame
– dell’illegittimità dei dinieghi opposti e dei rigetti dei ricorsi amministrativi presentati e/o della condotta omissiva tenuta dall’amministrazione sanitaria o del riconoscimento di soli pochi mesi del trattamento specifico, individualizzato e intensivo con terapia cognitivo comportamentale ad indirizzo ABA e la conseguente violazione dell’obbligo da parte della stessa di provvedere all’erogazione della terapia ABA in forma intensiva di 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei LEA
nonché per l’accertamento/declaratoria
– della illegittimità della Delibera GRT 1481 del 11.12.2023
– nonché di ogni atto regionale o della ASL Toscana Centro, ancorché incognito, ove preclusivo del diritto dei minori ricorrenti a ricevere il trattamento specifico, individualizzato e intensivo con terapia cognitivo comportamentale ad indirizzo ABA (Applied Behavior Analysis) nella misura di almeno 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei LEA ed espressamente della procedura aziendale di attuazione della DGRT 1481/2023 codice pa.ds.12 della Az. USL Toscana Centro
nonché ove occorrer possa
per l’accertamento/declaratoria
– della illegittimità delle Raccomandazioni della linea guida sulla diagnosi e sul trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti – da ora in avanti Linee Guida 2023 nonché di ogni atto ancorché incognito ove preclusivo del diritto dei minori ricorrenti a ricevere il trattamento specifico, individualizzato e intensivo con terapia cognitivo comportamentale ad indirizzo ABA (Applied Behavior Analysis) nella misura di almeno 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei LEA.
nonchè per la condanna
– della Azienda USL Toscana Centro ad erogare l’intervento comportamentale con metodo A.B.A. ai minori ricorrenti in misura pari ad almeno 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei L.E.A., la logopedia e il parent training, in via diretta, ovvero in via indiretta sostenendo le spese relative alle ore di terapie con metodo A.B.A. ricevute da terzi, per un periodo di almeno 48 mesi, ovvero nella misura maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, ovvero all’adozione di ogni più opportuno provvedimento giudiziale idoneo alla effettiva tutela del diritto soggettivo dei ricorrenti con espressa riserva di risarcimento del danno in separato giudizio.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda Usl Toscana Centro, della Regione Toscana e del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2024 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli odierni ricorrenti sono tutti genitori di minori cui è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico che sono stati presi in carico presso il Servizio di Salute Mentale Infanzia Adolescenza della USL Toscana Centro, nelle diverse zone territoriali, in relazione al luogo di residenza. Ciascuno è stato inserito in percorsi di intervento riabilitativo – terapeutico o trattamento naturalistico evolutivo e per la maggior parte sono stati elaborati e aggiornati singoli P.T.R.I. (Progetto Terapeutico Riabilitativo Individuale).
Tali interventi, in alcuni casi, hanno previsto la sottoposizione a terapie comportamentali con metodo ABA (Applied Behaviour Analysis) mentre è pacifico in atti che tutti hanno ricevuto tale trattamento su base volontaria presso strutture private, chiedendo allo scopo un rimborso parziale delle spese sostenute alla ASL, sulla base di un canale di finanziamento previsto dalla delibera del DG della AUSL Toscana Centro n. 711/2017 e relativa procedura aziendale (entrambe in esecuzione della DGRT n. 493/2001).
Nel corso del 2023 alcuni interessati ((omissis), (omissis), (omissis) e (omissis)), a seguito della presentazione delle domande di erogazione del contributo, si sono visti negare il citato contributo in quanto la terapia per la quale veniva richiesto si sovrapponeva ad altre già erogate dal SSN. In due casi ((omissis) e (omissis)) tale valutazione è stata altresì confermata in sede di riesame dalla ASL. In altri casi ((omissis), (omissis) e (omissis)) si lamenta l’impossibilità di poter presentare la domanda in ragione della mancata sottoscrizione, da parte dei medici competenti, della documentazione necessaria. Negli altri casi ((omissis) e (omissis)), per i quali manca agli atti tale documentazione, la ASL non nega che gli stessi si trovino nella medesima condizione degli altri concorrenti. Per il ricorrente (omissis), invece, il parere risulta favorevole al riconoscimento della terapia ABA, sebbene in misura ridotta rispetto alle pretese (cfr. doc. n. 1 allegato al ricorso).
2. Ritenendosi lesi da tali comportamenti e decisioni gli interessati hanno notificato ricorso (il 21.12.2023), con cui chiedono, in via principale, l’accertamento del diritto soggettivo dei minori a ricevere dall’Azienda USL Toscana Centro, in via diretta o in via indiretta (vale a dire sostenendo le spese relative alle ore di terapia ricevute da terzi), il trattamento ABA in forma intensiva nella misura di almeno 25 ore settimanali ciascuno, oltre alla logopedia ed il parent training, per il periodo di almeno 48 mesi ovvero nella misura maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia con relativa condanna dell’amministrazione.
In subordine i ricorrenti chiedono:
– l’accertamento dell’illegittimità dei dinieghi opposti e dei rigetti dei ricorsi amministrativi presentati e/o della condotta omissiva tenuta dall’amministrazione sanitaria e la conseguente violazione dell’obbligo da parte dell’Azienda USL Toscana Centro di provvedere all’erogazione della terapia ABA in forma intensiva come previsto nei LEA;
– l’accertamento dell’illegittimità e/o errata applicazione della citata deliberazione del Direttore Generale della Azienda USL Toscana Centro numero 711 del 10 agosto 2017 ed allegata procedura aziendale per l’attuazione (codice PA.DS.07).
Per resistere al gravame si è costituita la Azienda USL Toscana Centro (il 9.01.2024), che ha depositato memoria il 26.01.2024, eccependo difetto di giurisdizione, nonché parziale inammissibilità ed irricevibilità del ricorso.
Sulla scorta delle deduzioni di controparte ed avverso le nuove delibere regionali ed aziendali attuative in esse citate (in particolare della DGRT n. 1481 del 11.12.2023), i ricorrenti hanno notificato ricorso per motivi aggiunti (il 23.03.2024) proponendo le medesime domande di cui al primo ricorso.
Con tale ricorso vengono altresì impugnate in via principale sia le Linee guida dell’Istituto Superiore di sanità (aggiornamento 2023), sia la delibera regionale n. 1481/2023 (che revoca e sostituisce la precedente DGRT n. 493/2001) sia le procedure attuative della ASL Toscana Centro, lamentandone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Salute (il 28.03.2024) e la Regione Toscana (il 19.04.2024). La AUSL (il 9.05.2024), i ricorrenti (il 10.05.2024) e la Regione Toscana (il 10.05.2024), la quale eccepisce altresì incompetenza territoriale di questo Tribunale e inammissibilità del ricorso, hanno depositato memorie.
Ha fatto seguito il deposito di memoria di replica della Regione Toscana (il 21.05.2024) con cui si eccepisce improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei due ricorsi, dei ricorrenti (il 21.05.2024), con la quale si rinuncia alla impugnazione delle Linee guida ISS di cui al ricorso per motivi aggiunti, nonché della ASL Toscana Centro (il 21.05.2024).
Alla udienza pubblica del 11.06.2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Il ricorso originario e quello per motivi aggiunti sono in parte improcedibili ed in parte infondati.
4. Il Collegio ritiene di dover scrutinare preliminarmente le plurime eccezioni di rito sollevate dalla difesa della Azienda USL Toscana Centro e dalla Regione toscana.
4.1. La ASL Toscana Centro eccepisce inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, in via generale, nonché, in subordine, nei confronti dei ricorrenti (omissis), (omissis) e (omissis) in ragione del fatto che per questi ultimi il ricorso tenderebbe a contestare l’efficacia dei piani terapeutici approvati e non il diritto al riconoscimento di un determinato trattamento in luogo di altri.
L’eccezione non persuade.
In ottemperanza al principio della lettura graduata delle pretese nel ricorso nel processo amministrativo, occorre prendere atto che, dal suo complessivo esame, ne risulta chiaro il petitum che si sostanzia nella condanna della amministrazione all’erogazione di uno specifico trattamento sanitario rientrante nei LEA.
Il Collegio ritiene pertanto di doversi conformare all’ordinanza n. 1781/2022 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, resa in un’analoga controversia, secondo la quale “la domanda di condanna dell’ASL al riconoscimento del diritto di un disabile ad uno specifico ed individualizzato trattamento terapeutico, sia in modalità diretta che per equivalente monetario, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 104 del 2010, non essendo dubbio che, in presenza di un “pubblico servizio”, debba considerarsi impugnabile, quale “provvedimento negativo”, l’omissione provvedimentale della P.A. sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente”.
Anche il Consiglio di Stato, peraltro, in tema di diritti fondamentali (quali quello alla salute) ha avuto modo di evidenziare che “la cognizione e la tutela dei diritti fondamentali, infatti, intendendosi per tali quelli costituzionalmente garantiti, non appare affatto estranea all’ambito della potestà giurisdizionale amministrativa, nella misura in cui il loro concreto esercizio implica l’espletamento di poteri pubblicistici, preordinati non solo alla garanzia della loro integrità, ma anche alla conformazione della loro latitudine, in ragione delle contestuali ed equilibrate esigenze di tutela di equivalenti interessi costituzionali” (Cons. Stato, Ad Plen. 12/04/2016, n. 7).
Anche con riferimento alle posizioni singole oggetto di eccezione risulta palese che la loro evidenziazione nel ricorso non risulta finalizzata alla impugnazione dei singoli piani terapeutici e trattamenti sanitari (peraltro neanche richiamati o allegati al ricorso) ma solo a rimarcare la necessità di un trattamento più intensivo quale quello oggetto della domanda principale.
Per tale ragione sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo in ordine alla domanda principale presentata.
4.2. La Regione Toscana eccepisce altresì incompetenza territoriale di questo Tribunale in ragione della impugnativa, recata nel ricorso per motivi aggiunti, delle Linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità (recanti Raccomandazioni della linea guida sulla diagnosi e sul trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti) adottate nell’ottobre 2023.
Come sopra evidenziato, nella memoria di replica i ricorrenti rinunciano alla impugnazione delle citate linee guida.
L’eccezione è pertanto respinta.
4.3. La AUSL T.C. eccepisce altresì irricevibilità del ricorso per il ricorrente (omissis) (omissis) che sarebbe decaduto dall’azione essendo inutilmente spirato il termine decandeziale di 60 giorni previsto per l’introduzione della domanda giudiziale, tanto avverso il parere negativo rilasciato dalla Commissione (ricevuto a mezzo A/R in data 22.8.2023, cfr. doc. 1 di parte resistente), quanto avverso il provvedimento di rigetto del ricorso amministrativo (ricevuto a mezzo pec in data 21.9.2023 – cfr. doc. 2).
Con riferimento invece al ricorrente (omissis), la ASL solleva eccezione di inammissibilità in quanto sostiene che nei suoi confronti l’Azienda resistente non avrebbe mai espresso alcun diniego (non avendo presentato lo stesso alcuna domanda di contributo), né tanto meno tenuto un comportamento omissivo (il quale non sarebbe dimostrato dagli scambi di mail private con terzi soggetti, come pretende di fare la difesa di parte ricorrente).
La questione involve le domande giudiziali poste in via secondaria, vale a dire la declaratoria di illegittimità dei dinieghi o dei comportamenti omissivi che avrebbero impedito di proporre istanza di contributo.
Come di seguito evidenziato tali domande subordinate sono improcedibili.
L’eccezione pertanto è respinta.
4.4. A diverso esito conduce lo scrutinio dell’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse al ricorso sollevata dalla Regione Toscana nella memoria di replica.
La Regione Toscana ha adottato, in corso di giudizio, la DGR n. 575 del 13.05.2024 con la quale, alla luce delle Linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità del 30.10.2023 sulla diagnosi e trattamento del disturbo dello spettro autistico e allo scopo di dare continuità e sostegno ai trattamenti nei confronti delle persone con disturbi dello spettro autistico, provvede a:
– istituire un gruppo di lavoro regionale volto alla elaborazione di un Piano Regionale Autismo al fine di: assicurare ai bambini e agli adolescenti con disturbi dello spettro autistico la presa in carico globale, avvalendosi dei trattamenti consigliati nelle citate Linee Guida nazionali; predisporre percorsi di presa in carico da parte delle Aziende Sanitarie dei pazienti con disturbi dello spettro autistico garantendo a carico del SSR tutte le terapie comportamentali, compresi i trattamenti ABA (punto 1 del deliberato);
– garantire un regime transitorio dell’erogazione della prestazione, fino alla definizione del suddetto piano regionale, nonché all’attuazione dello stesso, con le stesse modalità previste dalla delibera Giunta regionale n. 1481 del 2023. Sul punto la delibera prevede la garanzia di prosecuzione di tutte le terapie ABA, e “la presa in carico di tutte le richieste presentate dal 1 giugno 2023 ad oggi con rimborso giornaliero pari a 15 euro con tetto massimo mensile di 475 euro, che a vario titolo sono state rimborsate almeno una volta dal SSR” [inciso espunto con DGR correttiva n. 614 del 20.05.2024]. Precisa altresì le modalità di richiesta e riconoscimento del contributo prevedendo che “l’erogazione del contributo sopraindicato avviene su richiesta del paziente da presentare alla Commissione di cui alla delibera GRT n.1481 del 2023, alla quale dovrà essere allegata proposta di piano di trattamento terapeutico redatto da un medico specialista del SSR; il piano terapeutico di trattamento deve essere limitato ad un periodo non superiore a sei mesi e può essere rinnovato solo dietro relazione dello specialista del SSR, comunque non oltre il 31 dicembre 2024; la liquidazione del contributo avviene esclusivamente dietro presentazione di idonea documentazione probante le spese sostenute dall’assistito e la conformità del trattamento al piano terapeutico proposto; le ASL dovranno garantire la presa in carico delle nuove prescrizioni di terapie ABA secondo le modalità di cui al punto 4 fino all’approvazione del piano di cui al punto 1”.
Tale delibera risulta ad oggi non impugnata.
Emerge in modo palese che la nuova delibera, in continuità con il regime previgente (di cui alla DGR n. 493/01), riconosce il finanziamento integrativo che è stato negato ai ricorrenti (cfr. doc. n. 1 allegato al ricorso).
Disciplinando il periodo pregresso la DGR prevede che tali finanziamenti vengano garantiti (mediante presa in carico) a coloro che dal mese di giugno 2023 alla data di adozione della delibera abbiano presentato domanda. Per il futuro, invece, per coloro che non si trovassero nella situazione appena citata, la delibera descrive il percorso e la misura del contributo riconosciuto, prevedendo espressamente che, sempre nel periodo transitorio, le ASL garantiscano la presa in carico delle nuove prescrizioni di terapie ABA, secondo il percorso illustrato al richiamato punto 4 della delibera.
Per quanto consta agli atti del presente giudizio, tutti i ricorrenti rientrano in una delle menzionate posizioni.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dei ricorrenti, pertanto, la delibera non reca alcuna discriminazione tra le posizioni dei ricorrenti i quali ben possono trovare possibile soddisfazione nel percorso di sostegno delineato dalla DGR 575/2024, inclusi i casi di coloro che hanno presentato domanda ad ottobre 2023 e non ha mai in precedenza ricevuto finanziamenti.
Ne consegue che l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla Regione è parzialmente fondata, limitatamente alle domande poste in via subordinata nel ricorso introduttivo, volte ad acclarare l’illegittimità dei dinieghi al riconoscimento del finanziamento o la cagionata “impossibilità” di seguire un percorso amministrativo finalizzato a tale scopo.
Tali domande risultano improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, giacché, alla luce della sopravvenuta deliberazione regionale, chi ha presentato domanda nell’arco temporale suindicato viene automaticamente preso in carico dal SSR, mentre chi non ha avuto modo di presentarla ha oggi un nuovo canale procedurale che consente di raggiungere tale scopo. Anche in caso di annullamento degli opposti dinieghi nonché dell’accertamento della illiceità dei dedotti comportamenti ostruzionistici tenuti dai professionisti sanitari nel perfezionamento delle procedure volte alla adozione dei piani terapeutici, le domande sarebbero comunque valutate alla luce della nuova delibera regionale che disciplina, come sopra evidenziato, sia il periodo pregresso che il futuro nonché le domande che dovessero essere proposte per la prima volta.
Sussiste invece interesse al ricorso per la domanda di accertamento del diritto al trattamento ABA nella misura richiesta nel ricorso originario ed in quello per motivi aggiunti nonché alla illegittimità degli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti nella misura in cui gli stessi non riconoscerebbero il trattamento ABA come prestazione rientrante nei LEA.
4.5. Il Collegio infine ritiene di poter prescindere, in ragione degli esiti nel merito della controversia, dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti avverso la DGRT n. 1481/2023, sollevata dalla Regione, per carenza di lesività e per l’insussistenza di un interesse concreto.
5. Passando al merito della vicenda, con l’unica doglianza del ricorso originario e di quella del ricorso per motivi aggiunti, trattati congiuntamente per ragioni di connessione oggettiva, si lamenta violazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; della legge n.134/2015; degli artt. 97 e 98 Cost. e della L. 241/90; del DPCM del 12 gennaio 2017 inerenti i c.d. L.E.A.; delle linee guida dell’ISS “trattamento dei disturbi dello spettro autistico” (adottate ne 2011, aggiornate nel 2018), della DGRT 493/2001 e successiva DGRT 493/2004 nonché delle linee di indirizzo “per la promozione e il miglioramento della qualità e della appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico” assunte dalla Conferenza unificata (repertorio n. 53 del 10 maggio 2018); illegittimità delle linee guida 2023 e della Delibera GRT 1481/2023 per genericità, indeterminatezza e violazione diritto alla salute (art. 32 Costituzione) e contraddittorietà con le linee di indirizzo “per la promozione e il miglioramento della qualità e della appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico” assunte dalla Conferenza unificata repertorio n. 53 del 10 maggio 2018; dell’art. 55 del Codice del terzo settore del 2017 e della Convenzione Onu sulla disabilità del 2006 (per mancato obbligatorio coinvolgimento della Associazioni nelle stesura delle nuove Linee guida 2023); eccesso di potere per carenza di presupposti (contraddittoria applicazione della procedura aziendale di attuazione della DGR 493 del 2001, codice PA.DS.07).
I ricorrenti sostengono, in sintesi, che l’ordinamento riconoscerebbe un livello minimo di trattamento secondo la metodologia ABA di tipo intensivo pari a quello oggetto di domanda giudiziale e che i percorsi terapeutici riconosciuti dalla AUSL sarebbero per tale ragione inadeguati giacché non giungono a riconoscere tale metodologia in tale misura minima che, secondo la ricostruzione di parte, rientrerebbe nella prescrizione dei LEA e pertanto andrebbe garantita.
Ciò anche alla luce di quanto rilevato nei motivi aggiunti, in cui si lamenta che le linee guida ISS 2023, non prevedendo più un minimo di trattamento intensivo in termini di orario e durata (come invece facevano le precedenti linee guida del 2011 prescrivendo in via di standard una durata di 25 ore a settimana) violerebbero le evidenze scientifiche sulla efficacia del metodo e, di conseguenza, il pregresso e vigente quadro normativo che ha consentito alla giurisprudenza di collocare tale metodo nei LEA. Tali linee guida si presenterebbero inoltre come contraddittorie giacché non individuerebbero in maniera chiara una alternativa terapia con criteri univoci ed oggettivi e per questo sarebbero foriere di gravi disparità di trattamento.
Da qui la ulteriore censura relativa ai dinieghi di erogazione dei contributi che sarebbero illegittimi proprio perché, in contrasto con l’ordinamento, oltre che contraddittori (in quanto avrebbero interrotto una erogazione già riconosciuta a legislazione e regolazione invariata rispetto al passato), avrebbero violato il legittimo affidamento dei ricorrenti (che sino al settembre 2023 avrebbero beneficiato di tali contributi) ed il principio del buon andamento impedendo, in alcuni casi, il perfezionamento della domanda.
Nei motivi aggiunti tali censure evolvono verso la delibera n. 1481/2023 la quale non includerebbe la terapia ABA tra i trattamenti rimborsabili, pregiudicando così la possibilità di fruire delle prestazioni garantite dai livelli essenziali di assistenza; pregiudicherebbe alla fonte il riconoscimento del minimo di terapia “garantito” (pari a 25 ore settimanali per 48 settimane) e rimetterebbe l’an e il quantum di terapia ad indebite valutazioni discrezionali delle competenze mediche delle ASL.
Tali censure vengono estese anche alle procedure adottate dalla AUSL T.C. avverso le quali i ricorrenti lamentano anche illogicità, per disparità di trattamento, poiché a differenza di quanto emergerebbe dalle omologhe linee guida della AUSL Toscana Sud Est, queste includono tra i casi di esclusione del contributo “ulteriori trattamenti riabilitativi che si sovrappongono od integrano trattamenti già in essere, trattamenti di patologie oncologiche che si sovrappongono ai protocolli riconosciuti e dispensati dal SSN”.
Sempre nei motivi aggiunti si lamenta l’illegittimità delle citate linee guida nazionali del 2023 che sarebbero state adottate in violazione della Convenzione Onu sulla disabilità del 2006 e dell’art. 55 del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 116/2017) in quanto non sono state interpellate le Associazioni di settore maggiormente rappresentative (affidandosi a tale scopo ad una critica aperta formulata dal presidente A.P.R.I. (Associazione Cimadori per la Ricerca Italiana sulla Sindrome di Down, l’Autismo e il Danno celebrale).
Le doglianze non sono fondate.
5.1. Come sopra evidenziato, il Collegio prende atto che i ricorrenti hanno rinunciato alla impugnativa delle sopra richiamate Linee guida ISS del 2023. A seguito dell’estinzione parziale del ricorso, tale parte della censura non può quindi essere scrutinata.
Occorre altresì evidenziare che non vi è interesse allo scrutinio delle doglianze afferenti l’illegittimità dei dinieghi e degli ostacoli posti al riconoscimento dei finanziamenti, in ragione della improcedibilità delle domande, poste in via subordinata, sia nel ricorso originario che in quello per motivi aggiunti.
5.2. Passando allo scrutinio delle restanti doglianze, afferenti le domande poste in via principale, per il prosieguo della trattazione appare utile una ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 all’art. 1 prescrive che: “Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dalla L. 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 1 e 2, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse”.
All’art. 3-septies prevede che “5. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali”.
Il successivo comma 7 dispone poi che: “Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate”.
Pertanto il Servizio sanitario nazionale è preposto alla tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Requisito imprescindibile per l’erogazione da parte del Servizio Sanitario della prestazione richiesta e/o il diritto al rimborso delle spese sostenute è costituito dall’evidenza scientifica di un significativo beneficio in termini di salute.
Ancora, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 134/2015, “l’Istituto Superiore di Sanità aggiorna le Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base dell’evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali”.
Il successivo art. 3 prevede che “Nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica … si provvede all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l’inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili”.
L’art. 4 dispone che “il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all’aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all’accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale”.
In data 10 maggio 2018 è stata quindi stipulata un’intesa, ai sensi dell’art. 4, comma 1, l. n. 134/2015, tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali – recante “Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbo dello Spettro Autistico” – nell’ambito della quale si dispone che “La presa in carico della persona nello spettro autistico e della sua famiglia, nell’ambito della gestione integrata e in raccordo con il più ampio progetto individuale, richiede la predisposizione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) in cui l’intervento più appropriato sia identificato sulla base di bisogni specifici nelle diverse epoche di vita della persona. È necessario quindi identificare percorsi mirati per sottogruppi di pazienti verso i quali la risposta organizzativa e gestionale e il follow up devono essere diversificati a seconda del grado di complessità assistenziale. La persona con sospetto diagnostico e/o diagnosi di ASD e i suoi familiari devono essere il centro di una rete assistenziale regionale integrata di cui fanno parte i servizi afferenti agli ambiti di salute, sociale, istruzione e lavoro. La presa in carico della famiglia delle persone nello spettro autistico è indispensabile fin dall’avvio del percorso di valutazione, proseguendo nelle fasi della comunicazione della diagnosi, della costruzione e attuazione del progetto terapeutico e nel momento di valutazione della sua efficacia. È necessario predisporre percorsi secondo un modello di rete clinica e di approccio multi professionale, interdisciplinare ed età specifico per la diagnosi, la costruzione e attuazione del progetto abilitativo individualizzato e con intensità di cure differenziate. La rete assistenziale regionale deve adeguarsi in modo fluido e coordinato ai bisogni della persona nelle diverse epoche di vita garantendo una particolare attenzione alle fasi di transizione e alla presa in carico dell’età adulta” (cfr. pagg. 7 e 8 dell’Intesa).
Il 4 dicembre 2015 il Ministero della Salute ha assegnato all’Istituto Superiore di sanità (tramite la stipula di un Accordo di collaborazione, approvato con decreto dirigenziale) la realizzazione di un “osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico“, il quale mira a costruire di una rete pediatria-neuropsichiatria infantile, volta all’individuazione precoce dei disturbi del neuro sviluppo, con particolare riguardo ai disturbi dello spettro autistico.
Sempre nel 2015, l’ISS ha aggiornato le linee guida n. 21 del 2011 concernenti «il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti», le quali contengono un chiaro riferimento al fatto che «a oggi rimane immutata la considerazione del SIGN sul fatto che la maggioranza dei programmi intensivi comportamentali per i disturbi dello spettro autistico si basano sui principi della modificazione comportamentale utilizzando l’analisi comportamentale applicata (Applied behaviour intervention, ABA). Questi programmi sono intensivi, di solito da 20 a 40 ore la settimana. L’obiettivo primario è l’intervento precoce rivolto a bambini di età prescolare, solitamente mediato dai genitori, con il supporto di professionisti specializzati». Tra le raccomandazioni contenute nelle linee guida del 2011 il Panel di studiosi ha evidenziato che “tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l’analisi comportamentale applicata (Applied behaviour intervention, ABA): gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l’utilizzo del modello ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico. Dai pochi studi finora disponibili emerge comunque un trend di efficacia a favore anche di altri programmi intensivi altrettanto strutturati, che la ricerca dovrebbe approfondire con studi randomizzati controllati (RCT) finalizzati ad accertare, attraverso un confronto diretto con il modello ABA, quale tra i vari programmi sia il più efficace. È presente un’ampia variabilità a livello individuale negli esiti ottenuti dai programmi intensivi comportamentali ABA; è quindi necessario che venga effettuata una valutazione clinica caso-specifica per monitorare nel singolo bambino l’efficacia dell’intervento, ossia se e quanto questo produca i risultati attesi”. Tale documento è stato aggiornato il 10.05.2018 (con approvazione del relativo documento da parte della Conferenza unificata tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali).
Nel 2016 è, invece, stato istituito presso il Ministero della salute, ai sensi dell’art. 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 uno specifico “Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico”, le cui modalità di utilizzo sono state definite nel Decreto interministeriale del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 30 dicembre 2016.
Nel mese di ottobre 2023 l’ISS ha aggiornato le linee guida (approvando il documento “Raccomandazioni della linea guida sulla diagnosi e sul trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti”, cfr. doc. n. 23 di parte ricorrente).
Tra le raccomandazioni recate nel documento (cfr. pagg. 88 e ss. e 97 e ss.) è dato leggere che il Panel della Linea Guida sulla diagnosi e trattamento del disturbo dello spettro autistico suggerisce di usare interventi comprensivi individuali (nonché di individuali focalizzati su comportamenti specifici) basati sui principi dell’Applied Behavior Analysis (ABA) in bambini e adolescenti con ASD (raccomandazione condizionata basata su una qualità molto bassa delle prove). Il Panel riconosce che le prove esaminate sono relative alla popolazione di bambini fino ai sette anni di età (con età compresa tra i due e gli 11 anni per gli interventi focalizzati).
A giustificazione di ciò viene evidenziato che “Il Panel riconosce che gli effetti desiderabili sono superiori a quelli indesiderabili”, pur precisando, per gli interventi focalizzati, che il “corpo di letteratura valutato è limitato e la qualità delle prove è molto bassa”.
Il Panel, in continuità con le precedenti linee guida, ha “tenuto conto che nonostante la limitata disponibilità di studi clinici randomizzati controllati vi fossero prove a supporto dell’efficacia dell’intervento provenienti da studi non randomizzati …”.
Il Panel evidenzia che “che gli interventi individuali focalizzati su comportamenti specifici basati sui principi dell’ABA presi in esame rappresentano strategie utilizzabili per differenti fasce d’età e diversi contesti clinici e educativi…”.
Nelle considerazioni per l’implementazione degli interventi comprensivi individuali “il Panel ha ampiamente discusso il tema della fattibilità dell’implementazione dell’intervento nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale e, sulla base della propria esperienza e professionalità, sottolinea che la tipologia, la modalità e la relativa intensità dell’intervento (monte ore assegnato) devono essere personalizzati e calibrati sulle caratteristiche cliniche e sul profilo di funzionamento tenendo conto dell’età e dei molteplici contesti di implementazione…”.
Quanto alle modalità di intervento specifica inoltre che “Il Panel ha ampiamente discusso la possibilità di indicare il numero minimo e/o massimo di ore per l’intervento comprensivo basato sui principi dell’ABA ed ha verificato che la letteratura attualmente disponibile non riporta dati che permettano di indicare una intensità (numero di ore) ottimale. A questo proposito, già la LG 21 (pag.54) riportava la non disponibilità “… di dati su quale dovrebbe essere il numero di ore ottimale erogato settimanalmente per evitare il rischio di un training eccessivamente intensivo e stancante.” Il Panel concorda che l’estrema eterogeneità dell’espressione clinica del disturbo dello spettro autistico impedisce di formulare una indicazione standardizzata del numero di ore di intervento ABA comprensivo necessario ma, sulla base della propria esperienza e professionalità, evidenzia una significativa correlazione tra l’intensità dell’intervento e i bisogni di supporto del bambino e adolescente con ASD. Il Panel indica che l’intervento comprensivo individuale basato sui principi dell’ABA dovrebbe essere implementato all’interno di un progetto condiviso tra operatori sanitari, scuola e famiglia. Inoltre, il Panel ritiene che l’intervento dovrebbe essere effettuato e coordinato da professionisti sanitari adeguatamente formati in analisi del comportamento e che gli obiettivi e le strategie terapeutiche e abilitative/riabilitative dovrebbero essere condivise con la famiglia e con il personale scolastico con l’obiettivo di dare continuità all’intervento”.
Con DPCM del 12 gennaio 2017 sono stati definiti i nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) ed è stato ribadito che “…ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche” (art. 60).
5.3. Sul piano giurisprudenziale si deve rilevare, con riferimento all’utilizzo del metodo ABA per il trattamento del disturbo dello spettro autistico, che la giurisprudenza ne ha affermato l’inclusione nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA).
In particolare, come evidenziato sia nel ricorso che nella DGR n. 575/2023, il Consiglio di Stato ha sottolineato “sulla scorta della giurisprudenza costituzionale, che il trattamento ABA (omissis) rientra certamente tra i livelli essenziali di assistenza (LEA) a norma dell’articolo 60 del d.P.C.M. 12 gennaio 2017 e delle conseguenti Linee di indirizzo dell’Istituto superiore di sanità, da ultimo approvate in Conferenza unificata in data 10 maggio 2018, in attuazione della legge 18 agosto 2015, n.134 (cfr. sent. n. 2129/2022). Del resto, non risulta ragionevole opporsi alla necessità – per vero irrinunciabile – di assicurare l’effettivo trattamento ABI – nella misura sufficiente prevista dalle Linee di indirizzo dell’Istituto superiore di sanità – dovendosi ritenere che tali prestazioni, anche attraverso l’erogazione indiretta e, dunque, strumentale, debbano concorrere a realizzare quella “prestazione di risultato” rappresentata dal visto riconoscimento del trattamento Aba nei Lea” (Con Stato, Sez III, 6/10/2023, sent. n. 8708).
La giurisprudenza ha poi rilevato che “l’analisi comportamentale applicata (metodo ABA) è una prestazione socio-sanitaria ad elevata integrazione sanitaria per la quale sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, come tali ricomprese nei LEA, ovvero tra le prestazioni che devono essere assicurate dal sistema sanitario pubblico ai sensi degli artt. 1, comma 7, e 3-septies, commi 4 e 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 nonché dell’art.60 del DPCM 12 gennaio 2017. In tal senso si esprime chiaramente da ultimo il Consiglio di Stato, sebbene in vicenda diversa da quella oggetto del presente giudizio (cfr., Consiglio di Stato, sez. III, n. 2119/2022 del23.3.2022), resa sulla sentenza del T.A.R. Napoli n. 3735/2021 che, sul punto specifico, si era soffermata diffusamente (attesa la rilevanza specifica, in quel contenzioso, dell’individuazione esatta della natura giuridica delle prestazioni inerenti alla metodologia ABA)” (Tar Lazio, sez. III-quater, 20/07/2023, sent. n. 12259).
Fermi restando tali principi, è stato altresì rilevato, prima ancora della emanazione delle sopra richiamate linee guida ISS del 2023, che “la sussunzione nei LEA del metodo A.B.A. non determina l’automatico riconoscimento, in capo al privato richiedente, di un diritto soggettivo all’erogazione del trattamento nella misura richiesta, anche perché, nonostante le linee guida n. 21 del 2011 indichino espressamente che la maggioranza dei trattamenti dei disturbi dello spettro autistico si basano sul metodo A.B.A., esse rappresentano pur sempre una serie di raccomandazioni da rispettare nel trattamento dell’autismo, dalle quali non è possibile far discendere «un automatico diritto all’erogazione di una determinata terapia, per consistenza ed entità predeterminata, quanto piuttosto la pretesa a che il paziente sia inserito nell’apposito percorso socio-sanitario per essere al meglio diagnosticato e quindi curato secondo le più opportune terapie» (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7giungo 2023, n. 3511). Detto altrimenti, l’astratta validità del trattamento richiesto non implica la sua concreta idoneità a migliorare le condizioni di vita del singolo paziente, in assenza del riconoscimento dell’appropriatezza della prestazione da parte dell’amministrazione, che deve svolgersi sulla base di una valutazione tecnico-discrezionale della stessa: il trattamento deve, infatti essere «calibrato sul singolo paziente, considerando le sue peculiari esigenze e i suoi specifici bisogni assistenziali e di cura, quindi sulla necessità di un costante aggiornamento dei moduli terapeutici, ad esito delle periodiche visite e valutazioni, preordinate all’adeguamento della terapia somministrata» (cfr. Tar Napoli, sez. VI, 11 aprile 2023 n. 2223). La scelta dell’intervento clinico più appropriato da utilizzare nella cura dell’autismo su singoli pazienti, è, infatti, «basata su valutazioni tecnico-discrezionali e caso-specifiche che, nella misura in cui sono riconosciute dal servizio sanitario nazionale, non possono essere certo rimesse alla libera ed esclusiva scelta delle famiglie, come inesattamente asserito, bensì al Nucleo Territoriale di Neuropsichiatria Infantile che deve preliminarmente valutarne l’appropriatezza, in base alla scienza medica, rispetto alle specifiche esigenze del paziente» (cfr. Consiglio di Stato, sent. 2129/22 cit.), anche perché, soprattutto nel caso della sindrome autistica, il trattamento non è affatto standardizzabile né determinabile a priori, con riferimento sia al metodo da applicare sia alla sua intensità, intesa come numero di ore settimanali di prestazione. Del resto, le stesse linee guida prevedono espressamente che l’intensità dei programmi A.B.A. varia «di solito da 20 a 40 ore la settimana» (Tar Piemonte, sez. I, 14/11/2023, sent. n. 896).
Tali considerazioni ben possono ritenersi ancora valide ed applicabili anche alla luce delle nuove linee guida ISS del 2023 e delle conclusioni degli studi sopra richiamate, come confermato anche da recente giurisprudenza (cfr. Tar Lazio, sez. III quater, 29/02/2024, sent. n. 4016).
Di recente, infatti, è stato altresì evidenziato che “se, come detto, da un lato, l’inclusione nei LEA del metodo A.B.A. non comporta l’automatico riconoscimento in capo al richiedente di un diritto all’erogazione del trattamento nella misura richiesta sulla base di quanto indicato dai soggetti erogatori privati, dall’altro, l’ambito di discrezionalità tecnica riconosciuto all’Amministrazione sanitaria, trattandosi di prestazioni rientranti nei LEA e volte a tutelare il diritto alla salute del richiedente, riguarda la scelta del trattamento terapeutico più adeguato nel caso di specie e, tra più “forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze”, di quella che garantisce un “uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza” (art. 1, comma 7, d.lgs. n. 502/1992)” (TAR Lombardia, Brescia, 2/05/2024, sent. n. 365).
5.4. Da questa prima disamina normativo-giurisprudenziale emerge l’infondatezza delle doglianze di parte ricorrente, recate nei motivi aggiunti in via principale, relativamente alla illegittimità della DGRT n. 1481/2023 e delle procedure aziendali attuative.
Come ben evidenziato dagli arresti giurisprudenziali richiamati, dai quali non vi è ragione di discostarsi, per il nostro ordinamento sanitario la inclusione nei LEA del metodo ABA non ha mai implicato sul pano giuridico l’automatico riconoscimento, in capo al richiedente, di un diritto all’erogazione del trattamento nella misura richiesta o, comunque, in una misura minima standardizzata valida per tutti.
Quanto emerge nelle linee guida ISS del 2023 si pone in decisa continuità con tali canoni ermeneutici.
Tale nuovo approdo dell’ordinamento, quindi, non rimette, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso per motivi aggiunti, all’arbitrio delle strutture sanitarie la scelta del trattamento da somministrare ma, in linea con la precedente regolazione, ha sempre postulato valutazioni demandate alla discrezionalità tecnica riconosciuta all’Amministrazione sanitaria, trattandosi di prestazioni rientranti nei LEA e volte a tutelare il diritto alla salute del richiedente, per la scelta del trattamento terapeutico più adeguato tra diverse forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze (tra le quali prediligere quella che garantisce un uso efficiente delle risorse).
A quanto precede si aggiunga che non risultano fondate neanche le censure in ordine alla contraddittorietà della DGRT 1481/2023 con le risultanze delle linee guida nazionali nonché con gli esiti dell’intesa raggiunta in sede di conferenza stato regioni nel 2012 sopra riportata, nella parte in cui non contemplerebbe più la possibilità di avvalersi dei relativi contributi per affrontare le terapie basate sul metodo ABA.
Ciò è negato sia dalle evidenze documentali – giacché alla luce della sopravvenuta DGR n. 575/2024, la delibera n. 1481/2023 viene individuata come la fonte del percorso amministrativo per ottenere il rimborso per i trattamenti ABA – sia dalla piana lettura della delibera stessa che non reca alcuna preclusione sul punto.
Ciò viene altresì espressamente negato dalla Regione Toscana che riferisce anche di dichiarazioni rese in sede consiliare dal competente assessore secondo cui “la delibera 493/2001 è stata sostituita dalla delibera 1481/2023 che disciplina una nuova procedura per accedere alle cure, anche di natura farmaceutica, non previste nei livelli essenziali di assistenza ed il metodo Aba si colloca in questo quadro. Inoltre, con circolare del 29 gennaio 2024 sono state fatte delle precisazioni rispetto al percorso disegnato dalla delibera 1481/2023 in assoluta continuità assistenziale con la deliberazione abrogata 493/2001, stabilendo che i piani terapeutici in essere sono validi” (cfr. pag. 12 della memoria regionale).
Ne consegue che, in continuità con il passato, le terapie ABA possono essere finanziate con i fondi di cui alla DGR 1481/2023 (e oggi della DGR 575/2024), previo esame della commissione istituita presso ciascuna azienda sanitaria e richiesta dello specialista del SSN che ha in carico il paziente.
Per tali ragioni le doglianze di cui al ricorso per motivi aggiunti in ordine alla legittimità della DGRT 1481/2023 e della connessa procedura aziendale della AUSL Centro, sono infondate.
5.5. Passiamo ora ad esaminare la fondatezza della ulteriore domanda, posta in via principale in entrambi i ricorsi, vale a dire l’accertamento del diritto dei ricorrenti a vedersi riconosciuto il trattamento ABA nonché la condanna alla relativa erogazione.
La risposta non può essere affermativa e questo a prescindere dal fatto che il trattamento educativo e riabilitativo sia assicurato o meno dai LEA.
5.5.1. Nelle proprie memorie la Regione Toscana e la AUSL sostengono che il trattamento ABA non avrebbe più legittima cittadinanza all’interno dei LEA, in ragione della revisione delle linee guida ISS 2023 (nonché delle risultanze dei lavori di un “Gruppo di lavoro di esperti in materia di disturbi dello spettro autistico”, istituito dal Ministero della Salute nel febbraio 2024, cfr. doc. 27 di parte resistente), che avrebbero messo in discussione le evidenze scientifiche su cui il metodo si basa.
Tale posizione non può essere condivisa.
Anche a prescindere dal contenuto della intervenuta DGR n. 575/2024 – che, come sopra riportato, attiva un gruppo tecnico di lavoro per la redazione di Piano Regionale Attuativo per l’autismo partendo dal presupposto che la terapia ABA rientra nei LEA ai sensi dell’art. 60 del DPCM 12 gennaio 2017 – entrambe le amministrazioni non offrono inconfutabili argomentazioni sul punto ma si limitano ad evidenziare, anche nel commentare l’impatto delle nuove linee guida ISS del 2023, come negli ultimi studi l’efficacia del metodo sia stata ridimensionata.
Nelle proprie memorie infatti, le amministrazioni evidenziano che le Linee Guida nazionali del 2023 hanno individuato come efficaci vari programmi intensivi comportamentali e, tra questi programmi, si riconosce anche quello ABA che però non è l’unico; che la prescrizione di un metodo rispetto ad un altro non possa prescindere dalla analisi del singolo caso contestualizzato in ragione delle relative caratteristiche personali (soprattutto per quanto riguarda la fascia di età del minore, visto che numerose evidenze limiterebbero il metodo ABA alla fascia pre-scolare), sociali, familiari; che non sussiste alcuna certezza o evidenza relativamente al livello di intensità e durata del trattamento (quanto alla distribuzione oraria, giornaliera o settimanale piuttosto che alla durata complessiva) che renda il metodo più o meno appropriato in assoluto, a prescindere cioè dall’analisi del singolo caso concreto.
Per quanto consta agli atti prodotti in giudizio, le controdeduzioni delle amministrazioni resistenti sono condivisibili solo nella misura in cui sostengono che non esiste nessuna indicazione che faccia propendere per una maggiore efficacia degli interventi comprensivi o focalizzati basati sull’ABA o su altri metodi definiti ‘commerciali’ (ESDM, DIR, etc) rispetto agli interventi abilitativi fondati sul supporto alla comunicazione, alla regolazione emotiva, alla promozione degli interessi e dei talenti del bambino, progettati sulla base di un profilo funzionale individuale e mediati dall’azione dei genitori e degli educatori, così come sono forniti dal Servizio Sanitario Nazionale.
La ASL, in particolare, sostiene altresì che, nel caso di specie, non vi è alcuna prova scientifica che i miglioramenti delle condizioni di vita e dell’autonomia dei minori presi in carico siano riconducibili univocamente all’esecuzione di terapia con metodo ABA. Sostiene anzi che detti miglioramenti, riscontrati anche nei minori che non hanno seguito terapie con metodo ABA, ben possano ricondursi ai precipui PDTA elaborati dall’Azienda USL Toscana Centro (peraltro somministrati da personale maggiormente qualificato rispetto ai professionisti che erogano esclusivamente il metodo ABA, cfr. doc. n. 26 di parte resistente).
Tali argomentazioni, però non costituiscono condizione necessaria e sufficiente, alla luce delle nuove Linee Guida ISS, per poter ritenere superato quanto sopra sancito dalla giurisprudenza in ordine alla inclusione del metodo ABA all’interno delle prestazioni con caratteristiche di evidenza scientifica che consentono di inserirlo nei LEA.
Corollario di quanto appena evidenziato è che, visto che il metodo ABA rientri ancora nei LEA – giacché le linee guida ISS 2023, come sopra riportato, comunque non negano l’evidenza scientifica di un significativo beneficio in termini di salute individuale giungendo, sebbene a determinate condizioni, a raccomandare il trattamento – il diniego di tale trattamento può risultare giustificato solo a fronte dell’erogazione da parte dell’Amministrazione sanitaria di altra terapia che possa contrastare altrettanto efficacemente la disabilità di cui è portatore il minore, ai sensi dell’art. 1, comma 7, d.lgs. n. 502/1992 (a norma del quale “Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che: […] c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza”).
5.5.2. Ciò premesso occorre tuttavia formulare alcune precisazioni con riferimento alle pretese azionate dai ricorrenti.
L’impostazione del ricorso originario e di quello per motivi aggiunti muove dal presupposto della necessaria esistenza di una unica terapia certamente idonea a migliorare le condizioni dei piccoli pazienti nonché dell’esistenza di una sorta di obbligo di risultato di miglioramento. Nel ricorso originario e, più marcatamente, in quello per motivi aggiunti i ricorrenti chiedono (anche alla luce delle nuove linee guida ISS del 2023) l’accertamento del diritto ad un trattamento connotato da un minimo di ore settimanali ed una durata standardizzata. Sulla base di tali parametri, infatti, sostengono altresì l’insufficienza del trattamento ABA comunque riconosciuto ad alcuni minori presi in carico dalla AUSL T.C.
Come sopra evidenziato, per il nostro ordinamento il riconoscimento della natura giuridica del metodo ABA quale prestazione sanitaria o comunque socio-sanitaria a elevata integrazione sanitaria per la quale sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, e come tali ricomprese nei LEA, non determina, tuttavia, il riconoscimento, in capo al privato richiedente, di un diritto soggettivo perfetto all’erogazione del predetto trattamento da parte delle AASSLL a carico del SSR nella misura indicata dai ricorrenti.
La scelta finale della terapia da erogarsi nei confronti del singolo paziente spetta all’esclusiva competenza dell’AUSL e implica l’attivazione delle relative strutture sanitarie, secondo schemi di valutazione tecnico-scientifica del caso specifico, essendo il diritto alla miglior prestazione in materia conformato dalla legge e il percorso socio-sanitario delineato nella pertinente regolamentazione nazionale e regionale.
In particolare, la AUSL, attraverso le proprie strutture, deve stabilire la durata e la frequenza degli interventi terapeutici sulla base di oggettivi riscontri normativi e/o scientifici – adattati alla peculiarità del caso clinico – che attengono al corretto svolgimento del protocollo previsto nella normativa nazionale e regionale al riguardo. La scelta del trattamento deve essere, comunque, individuale, ovvero rispondente alle specifiche esigenze del singolo bambino sulla base della maggiore o minore gravità del suo peculiare caso, del suo contesto socio-ambientale e del suo personale percorso di recupero.
Per quanto precede, quindi la domanda di accertamento (con relativa conseguente condanna) del diritto soggettivo dei minori ricorrenti a ricevere dalla Azienda USL Toscana Centro, in via diretta o in via indiretta sostenendo le spese relative alle ore di terapia ricevute da terzi, il trattamento specifico, individualizzato e intensivo con terapia cognitivo comportamentale ad indirizzo ABA, nella misura standardizzata e non personalizzata di almeno 25 ore settimanali ciascuno come previsto nei LEA, oltre alla logopedia ed il parent training, per il periodo di almeno 48 mesi, non può essere accolta.
Alle medesime conclusioni si deve giungere con riferimento alla domanda di riconoscere in via giudiziale una diversa misura del trattamento ABA.
Da una piana lettura delle norme come sopra sinteticamente descritte, infatti, si deduce che se da un lato compete alla AUSL stabilire il percorso terapeutico più rispondente alle necessità del paziente, dall’altro sussiste il diritto del paziente ad essere preso in carico dall’Azienda sanitaria e ad essere curato attraverso un percorso terapeutico preventivamente individuato in un progetto individuale, che definisca in modo puntuale le prestazioni che gli devono essere erogate a carico del SSR.
Orbene, per nessuno dei casi dedotti in giudizio i ricorrenti hanno contestano in maniera compiuta ed argomentata, né con il ricorso originario né con quello per motivi aggiunti, i piani di cura individuali predisposti dall’AUSL, sia per quanto riguarda la tipologia di prestazione e le modalità di erogazione individuate sia per quanto riguarda il numero delle ore attribuite.
I generici riferimenti alla durata ed alle modalità di trattamento, nel caso dei ricorrenti (omissis), (omissis) e (omissis) contenuti nel ricorso originario non costituiscono sufficiente articolazione di un motivo di censura, ai sensi dell’art. 40 del c.p.a. e, come evidenziato nello scrutinio delle eccezioni di rito, non risultano finalizzati alla impugnazione dei singoli piani terapeutici e trattamenti sanitari (peraltro neanche tutti richiamati o allegati al ricorso) ma solo a supportare la domanda principale di accertamento e condanna.
Non consta altresì che i ricorrenti abbiano espressamente e formalmente richiesto alla ASL la presa in carico con adozione di piani di intervento basati sul metodo ABA nella misura richiesta nel presente gravame, avendo preferito proseguire con la richiesta del contributo di cui alla abrogata DGRT 493/2001 nella misura parziale dalla stessa riconosciuta.
Non sono state prodotte, da parte dei ricorrenti, a sostegno delle proprie censure, valutazioni cliniche effettuate presso centri sanitari qualificati.
Del pari non è stato offerto alcun principio di prova circa i percorsi intrapresi dai minori, le loro caratteristiche quali-quantitative né i dedotti miglioramenti nelle facoltà cognitivo comportamentali imputabili al metodo ABA piuttosto che alle diverse tipologie di intervento predisposte dalla AUSL.
Come evidenziato non assolvono a tale scopo i risicati, dedotti e non comprovati riferimenti, riportati in entrambi i ricorsi, sulla durata settimanale dei trattamenti e alla dedotta insufficienza e modalità di svolgimento del trattamento destinate a tre dei minori presi in carico dalla AUSL ((omissis), (omissis) e (omissis)).
Tutto ciò a fronte di quanto invece documentato dalla ASL che ha depositato relazioni peritali sui percorsi terapeutici generali dei singoli assistiti (aggiornate ai mesi di gennaio ed aprile 2024).
L’insufficienza degli elementi probatori forniti dai ricorrenti (sia in termini di progetti terapeutici intrapresi che di miglioramenti ottenuti, anche solo in via presuntiva, con il metodo ABA presso le strutture private per cui chiedono il denegato contributo) non consentono né l’eventuale riconoscimento del diritto alla misura richiesta nel ricorso (neanche in termini di riconoscimento di continuità terapeutica) né la sua determinazione invocata secondo giustizia.
L’assenza di controvalutazioni tecniche da parte dei ricorrenti, cui spetta l’onere della prova, non consente neanche il proficuo esperimento di verificazioni o consulenze tecniche d’ufficio che possano consentire di valutare necessari elementi in ordine all’attendibilità e alla correttezza delle valutazioni tecniche espresse dall’Amministrazione sanitaria con riferimento alla tipologia di prestazione e alle modalità di erogazione delle stesse nonché al numero delle ore più adatte per i minori.
Come sancito dalla giurisprudenza, infatti, “nel processo amministrativo la consulenza tecnica, così come la verificazione, ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche non possedute e non può esonerare la parte dalla prova dei fatti dedotti e posti a base delle richieste, fatti che devono essere dimostrati dalla parte in ragione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova posti dall’art. 2697 c.c.” (T.A.R. Campania Salerno, Sez. III, 19/06/2023, n. 1457)
Nelle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi dal connotato più o meno patrimoniale, infatti, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. e 63, comma 1, e 64, comma 1, del D.Lgs. n. 104/2010, non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio. Altrimenti concludendo, infatti, verrebbe surrogato l’onere di allegazione dei fatti sancito dal Codice del processo amministrativo.
Spetta a colui che chiede l’accertamento o la reintegrazione della propria posizione giuridica lesa l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda.
Ciò ha come corollario che in tali ipotesi non può darsi ingresso alle valutazioni di tipo equitativo né può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato completo assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato. Difatti, la consulenza tecnica d’ufficio o la verificazione verrebbe inammissibilmente impiegata per l’accertamento di fatti che la parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare in giudizio, rientrando tale incombenza nella piena ed esclusiva disponibilità della stessa (cfr. ex multis T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 27/02/2023, n. 597).
La domanda principale formulata nel ricorso originario ed in quello per motivi aggiunti, pertanto, è infondata e deve essere respinta.
6. I ricorrenti nella memoria di replica formulano altresì richiesta di condanna dell’amministrazione al rimborso di 15 euro al giorno, o la maggior somma ritenuta congrua, a ciascuno dei ricorrenti per il monte ore minimo accertato dalla data di interruzione del rimborso per 48 mesi, al fine di garantire la necessaria continuità della terapia.
La domanda si presenta innanzitutto inammissibile giacché posta per la prima volta nella memoria di replica e non nel ricorso, con ciò pregiudicando altresì il diritto di difesa delle amministrazioni resistenti.
In secondo luogo la domanda così come formulata non può essere accolta in considerazione del rigetto della domanda principale di accertamento in via giudiziale di una misura standardizzata o equitativa del diritto al trattamento ABA.
7. Il ricorso originario e quello per motivi aggiunti, nel loro complesso sono infondati, quanto alla domanda di accertamento posta in via principale e, pertanto, devono essere respinti. Le domande poste in via subordinata sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
8. Le spese di lite possono essere compensate in ragione dei fatti di causa e delle sopravvenienze intervenute nonché della parziale novità delle questioni affrontate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso originario e su quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, in parte li dichiara improcedibili ed in parte li respinge, come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
