Massima

La proroga della sottoposizione al visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti sottoposti al regime speciale ex art. 41-bis Ord. pen. è legittima e rispetta l’obbligo di motivazione specifica, derivante dall’Art. 15 Cost. e dall’Art. 18-ter Ord. pen., qualora il provvedimento giurisdizionale (Tribunale di sorveglianza) dia adeguatamente conto, sulla base di risultanze istruttorie, della permanente pericolosità del detenuto e dei suoi stretti collegamenti con la cosca di riferimento, tuttora operante, nella quale il ricorrente riveste un ruolo primario.

Supporto alla lettura

ART. 41 BIS E 4 BIS ORDINAMENTO PENITENZIARIO

Il 41 bis ord.pen. dispone il regime di detenzione speciale del cd. carcere duro che limita in modo significativo i diritti del detenuto, come le visite, le comunicazioni e la possibilità di partecipare ad attività ricreative con l’obiettivo di impedire che i detenuti possano continuare a mantenere contatti con l’esterno, in particolare con i gruppi criminosi di appartenenza. Il 41-bis, viene applicato in presenza di specifici reati indicati proprio dall’articolo della legge penitenziaria in questione. Si tratta, naturalmente, di crimini considerati più gravi a livello legale e sono quelli:

• aventi finalità di terrorismo;
• di associazione a delinquere di stampo mafioso;
• commessi per agevolare l’attività delle associazioni mafiose;
• di riduzione o mantenimento in schiavitù;
• di sfruttamento della prostituzione minorile;
• di tratta di persone;
• di acquisto o alienazioni di schiavi;
• di violenza sessuale di gruppo;
• di sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione;
• di associazione a delinquere per contrabbando di tabacchi lavorati all’estero;
• di associazione a delinquere per traffico di sostanze psicotrope o stupefacenti.

Invece, il 4-bis ord. pen. elenca una serie di reati cd. ostativi e  riguarda le condizioni e i termini per l’accesso ai benefici previsti dalla legge n. 354/1975   per chi è condannato per reati di mafia o terrorismo, in particolare in relazione alla collaborazione con la giustizia. Il d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modifiche, dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, ha novellato l’art. 4-bis ord. pen., prendendo le mosse dall’ord. n. 97 del 2021 (e prima ancora dalla Corte EDU), con la quale la Corte costituzionale ha accertato – senza però dichiararla – l’illegittimità del c.d. ergastolo ostativo, statuendo la necessità di superare l’equazione “mancata collaborazione-pericolosità sociale-divieto assoluto di accesso ai benefici”.

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 27 febbraio 2023, il Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia aveva prorogato, per la durata di tre mesi, dal 20 marzo 2023 al 20 giugno 2023, la sottoposizione al visto di controllo sulla corrispondenza epistolare e telegrafica di (omissis) sottoposto al regime speciale ex art. 41-bis Ord. pen., rilevando la pericolosità sociale del detenuto in ragione della tipologia dei reati commessi e condividendo le ragioni del mantenimento della misura indicate dalla direzione della Casa di reclusione di (omissis) essendovi il fondato pericolo che, nella corrispondenza, potessero essere inseriti contenuti costituenti elementi di reato ovvero determinanti pericolo per la sicurezza e la disciplina dell’istituto.

1.1. Con ordinanza in data 26 settembre 2023, il Tribunale di sorveglianza di Bologna aveva rigettato il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 18-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354, avverso il provvedimento di proroga, osservando che il decreto, pur richiamando il contenuto di altri provvedimenti e atti, era stato congruamente motivato, sicché il controllo delle missive, in entrata e in uscita, appariva necessario al fine di evitare il mantenimento di legami attuali con i capi della cosca di riferimento.

1.2. Con sentenza n. 14675 in data 23 febbraio 2024, la Prima Sezione della Corte di cassazione annullava l’ordinanza impugnata, in quanto non motivata adeguatamente, essendosi essa limitata ad affermare che il provvedimento reclamato fosse motivato, senza però chiarire gli elementi atti a supportare tale affermazione, in tal modo evitando il confronto con le specifiche deduzioni difensive, in specie in relazione alla automatica derivazione fra l’assoggettamento al regime ex art. 41-bis Ord. pen. e la applicazione del visto di controllo alla corrispondenza del detenuto. Quanto al dato della perdurante pericolosità del soggetto, essa era stata tratta dalla gravità dei reati in espiazione e dalla sottoposizione al regime differenziato, senza confrontarsi con la deduzione difensiva relativa al lungo periodo di sottoposizione a tale regime detentivo e all’interruzione dei colloqui con i familiari.

1.3. Con ordinanza in data 9 luglio 2024, il Tribunale di sorveglianza di Bologna dichiarava non luogo a provvedere sul reclamo proposto nell’interesse di (omissis) rilevando che il provvedimento impugnato aveva cessato i suoi effetti in data 20 giugno 2023, di talché doveva ritenersi venuto meno il suo interesse rispetto a un’eventuale pronuncia di accoglimento, anche tenuto conto del fatto che, nelle more, non vi era stato alcun trattenimento della corrispondenza.

1.4. Avverso detta ordinanza (omissis) per mezzo dell’avv. (omissis) proponeva ricorso per cassazione lamentando la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 18-ter Ord. pen., 627, 568, comma 4 e 591, comma 1, cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza dell’interesse a impugnare.

1.4. La Quinta Sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 4950/25 del 22 gennaio 2025, accoglieva il ricorso ritenendo sussistente l’interesse del detenuto ad impugnare il provvedimento di sottoposizione al visto di controllo della corrispondenza, con il conseguente annullamento della ordinanza impugnata e rinvio al Tribunale di sorveglianza di Bologna per la decisione nel merito sul reclamo di (omissis).

1.5. Con la ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Bologna, giudicando in sede di rinvio, respingeva il reclamo in considerazione della necessità di sottoporre al visto di controllo la corrispondenza del detenuto, alla luce della sua permanente pericolosità visti i suoi stretti legami con l’omonimo clan mafioso. In sostanza, il Tribunale evidenziava che le risultanze istruttorie avevano dato atto dell’attuale operatività del clan di riferimento del ricorrente, del mantenimento all’interno di questo di un ruolo di rilievo da parte di (omissis)
di provvedimenti di trattenimento di inserti di giornali, nel periodo compreso tra il 1 ° gennaio 2020 ed il 19 luglio 2024, ravvisandosi ragioni di sicurezza finalizzate a evitare contatti del detenuto in regime speciale con il citato sodalizio.

2. Avverso tale ordinanza (omissis) per mezzo dell’avv. (omissis) ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per il suo annullamento.

Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 18-ter, lett. a), 18 e 41-bis Ord. pen. e dell’art. 3 CEDU con riferimento all’art. 627 del codice di rito, nonché il vizio di motivazione. Al riguardo osserva che il Tribunale di sorveglianza, pur giudicando in sede di rinvio, ha utilizzato ( copiandola) la motivazione di un’altra ordinanza emessa dal medesimo Tribunale in data 19 novembre 2024 (relativa ad un procedimento analogo riguardante sempre (omissis) richiamando unicamente elementi ormai risalenti nel tempo per formulare un giudizio di persistente operatività della cosca (omissis) e della pericolosità del detenuto, senza invece alcun elemento attuale a conferma delle effettive ragioni di sicurezza che possono legittimare la sottoposizione al visto in oggetto.

3. Il Sostituto Procuratore generale (omissis) ha depositato conclusioni scritte con la quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

2. Anzitutto, va evidenziato che la sentenza rescindente si era limitata a dichiarare la sussistenza dell’odierno a proporre il reclamo, di talché il giudice del rinvio non doveva attenersi ad alcun principio fissato in sede di legittimità ad eccezione di quello riguardante la ritenuta ammissibilità del reclamo. Inoltre, in tema di motivazione dei provvedimenti, è legittimo il ricorso alla tecnica redazionale del c.d. ‘copia e incolla’, laddove – come nel caso di specie – richiami il contenuto di una ordinanza relativa ad una fattispecie del tutto sovrapponibile, quando sia accompagnata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall’esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n.13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Rv. 281127 – 01).

3. Chiarito quanto sopra, deve rammentarsi che l’art. 18-ter Ord. pen. individua le tipologie di limitazioni che possono essere imposte alla libertà e alla segretezza della corrispondenza, i relativi presupposti e tempi, nonché le autorità competenti e i meccanismi di tutela giurisdizionale; tale disposizione prevede, al primo comma, che per esigenze attinenti alle indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’Istituto, possano essere disposte, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi, tre diverse forme di restrizione all’invio e alla ricezione di missive, connotate da un crescente grado di intrusività .. La limitazione più intensa (quella applicata all’odierno ricorrente) consiste, invece, nell’inibizione totale o parziale della facoltà di spedire o di ricevere corrispondenza, cui è propedeutica la sottoposizione al visto di controllo, operazione di lettura e analisi – ad opera dell’autorità giudiziaria ovvero, su sua delega, del Direttore del carcere o di un appartenente all’Amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore – del contenuto delle missive in entrata ed in uscita. La citata disposizione, pur contenendo una specifica disciplina anche della successiva operazione di trattenimento, non individua in modo specifico le ragioni che lo consentono. La giurisprudenza di questa Corte legittimità ha precisato che – vista la connessione con il visto di censura – il trattenimento può essere disposto qualora, dall’esame dei contenuti della corrispondenza, l’Autorità giudiziaria ritenga che sussista una situazione di pericolo concreto per quelle esigenze di ordine e di sicurezza pubblica che costituiscono i presupposti per l’adozione del visto di controllo (tra le altre, Sez. 1, n. 51187 del 17/05/2018, Falsane, Rv. 274479, e Sez. 5, n. 32452 dei 22/02/2019, Falsane, Rv. 277527, entrambe in motivazione).

3.1. Tale disciplina viene derogata dall’art. 41-bis Ord. pen. che contiene, tra l’altro, regole specificamente dedicate alla tutela della libertà e della segretezza della corrispondenza epistolare e telegrafica con specifico riferimento ai detenuti sottoposti al regime differenziato. Tale disposizione – nel testo modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 – contiene al comma 2-quater, un elenco puntuale di limitazioni al trattamento penitenziario tra le quali, alla lett. e), la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia. L’utilizzo di un termine («censura») diverso da quello indicato all’art. 18-ter («controllo») non ha impedito la sostanziale assimilazione in giurisprudenza, dei concetti in quanto rimandano, in entrambi i casi, all’esame di una missiva, effettuato dall’Autorità preposta, attività strumentale ad evitare la trasmissione di informazioni suscettibili di mettere a repentaglio i valori a cui presidio le disposizioni sono rispettivamente poste. La ritenuta sostanziale equivalenza tra visto di controllo (art. 18-ter) e visto di censura (art. 41-bis) consente di affermare che tra le disposizioni che, rispettivamente, li prevedono sussiste un rapporto di specialità e che, quindi, nell’ipotesi di lettura della corrispondenza nei confronti dei detenuti sottoposti al regime speciale, la previsione di cui all’art. 18-ter cit. si applica limitatamente agli aspetti non disciplinati dall’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. e) Ord. pen. (Sez. 1, n. 43313 del 27 /20/2021, Pesce, non massimata).

3.2. Deve poi ricordarsi che la Corte costituzionale, con la sentenza n.18 del 2022, ha sottolineato che il legislatore non ha mai espressamente chiarito quale rapporto intercorra tra la previsione della «sottoposizione a visto di censura della corrispondenza» dei detenuti e internati in regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen. e la disciplina sui «controlli della corrispondenza» applicabile alla generalità dei detenuti e internati, contenuta oggi nell’art. 18-ter Ord. pen. Il Giudice delle leggi ha, però, segnalato che occorre stabilire se, in base all’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. e), Ord. pen. la sottoposizione a «visto di censura» della corrispondenza – misura che, malgrado la differente denominazione, di fatto coincide con quella, menzionata nell’art. 18-ter, comma 1, Ord. pen., del «controllo della corrispondenza» – possa e, anzi, debba (dopo la modifica apportata alla disposizione censurata dalla legge n. 94 del 2009), essere disposta direttamente dal Ministro della giustizia, proprio con il medesimo provvedimento applicativo del regime penitenziario differenziato di cui allo stesso art. 41-bis Ord. pen., ovvero continui a dover essere disposta dall’Autorità giudiziaria indicata come competente dall’art. 18-ter, comma 3, Ord. pen. Al riguardo la Corte costituzionale ha richiamato plurimi precedenti di legittimità, riconoscendone la corrispondenza ad una interpretazione costituzionalmente orientata, in ragione del fatto che la libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in virtù di quanto stabilito dall’art. 15 Cost., solo con un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, specificamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti indicati dai commi da 1 a 4 dell’art. 18-ter Ord. pen., come modificato dalla legge n. 95 del 2004 (Sez. 5, n. 32452 del 22/02/2019; conf. Sez. 1, n. 51187 del 17/05/2018, Falsane, Rv. 274479, in motivazione; Sez. 1, n. 43522 del 20/06/2014; Sez. 1, n. 48365 del 21/11/2012, Di Trapani, Rv. 253978 – 01).

4. Ciò posto, si osserva che il provvedimento impugnato appare rispettoso dei principi giurisprudenziali sopra richiamati; in particolare, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha dato conto delle risultanze dell’istruttoria svolta esponendo, con motivazione adeguata ed esente da evidenti vizi di carattere logico, le ragioni poste a fondamento del visto di controllo desunte, oltre che dalle imputazioni per le quali (omissis) è stato irrevocabilmente riconosciuto colpevole, dai collegamenti acclarati con la cosca di riferimento, con la conseguente necessità di impedire che la corrispondenza, in entrata o in uscita, potesse fungere da canale di collegamento con l’esterno e rendere possibile lo scambio di informazioni con i componenti dell’omonima consorteria, tuttora operante nel territorio di riferimento, e nella quale l’odierno ricorrente ancora riveste un ruolo primario.

Ne consegue che l’obbligo motivazionale richiesto da questa Corte è stato rispettato, mentre il ricorrente – pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione – vorrebbe pervenire ad una differente (e non consentita in sede di legittimità) valutazione degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice del rinvio per respingere il reclamo. Deve poi aggiungersi che la valutazione operata dal Tribunale è stata correttamente riferita all’epoca (2023) in cui era stata disposta la sottoposizione al visto di controllo, di talché appare inconferente il richiamo operato dal ricorrente all’epoca attuale, dato che – per valutare la legittimità del provvedimento impugnato – occorre necessariamente considerare la situazione esistente quando era stato emesso il decreto in questione.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in

Roma, il 26 settembre 2025.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2025.

Allegati

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