SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 603 del 2020, proposto da
-ricorrenti-, rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
ASL Verbano Cusio Ossola, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
per accertare e dichiarare il diritto di (omissis) a ricevere, a carico della Azienda sanitaria locale del Verbano Cusio Ossola, in via diretta ovvero mediante rimborso delle corrispondenti ore di terapia ricevute da terzi, l’erogazione del trattamento riabilitativo prescritto dal dott. (omissis) – medico chirurgo, specialista in neuropsichiatria infantile, psicopedagogista dell’educazione e della formazione, esperto in analisi del comportamento, iscritto all’Ordine dei medici di Caserta al n. 5777 – nella consulenza tecnica di parte depositata agli atti, di venticinque ore settimanali fino alla maggiore età ovvero fino a diverse indicazione terapeutiche di un supervisore certificato B.C.B.A., mediante la metodologia A.B.A. indicata nella Linea guida 21 per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti
nonchè condannare l’Azienda sanitaria locale del Verbano Cusio Ossola ad erogare direttamente, ovvero a rimborsare le corrispondenti ore di terapia ricevute da terzi, il prescritto trattamento riabilitativo di venticinque ore settimanali fino alla maggiore età ovvero fino a diverse indicazione terapeutiche di un supervisore certificato B.C.B.A., mediante la metodologia A.B.A. indicata nella Linea guida 21 per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della ASL Verbano Cusio Ossola;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2023 il dott. (omissis) e vista l’istanza congiunta di passaggio in decisione senza discussione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il 26 novembre 2019 gli odierni ricorrenti, genitori del piccolo (omissis), minore affetto da disturbo dello spettro autistico, chiesero alla locale ASL l’erogazione del prescritto trattamento riabilitativo di venticinque ore settimanali, e fino alla maggiore età ovvero fino a diverse indicazioni terapeutiche di un supervisore certificato B.C.B.A., mediante la metodologia A.B.A. (analisi comportamentale applicata – Applied Behaviour Analysis) indicata nella Linea guida 21 per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti e, stante il mancato riscontro dell’amministrazione procedente, il 23 dicembre 2019, proposero al giudice ordinario un ricorso ex art. 700 c.p.c., per veder accertato il diritto del figlio al trattamento de quo, in via diretta ovvero per equivalente.
2. – Il 27 aprile 2020 il Giudice adito ha dichiarato, con ordinanza, il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice amministrativo competente per territorio, innanzi al quale il giudizio è stato riassunto con ricorso, notificato il 25 agosto 2020 e depositato il giorno successivo.
3. – All’udienza camerale del 23 settembre 2020 il Collegio ha respinto l’istanza cautelare dei ricorrenti, avanzando, al contempo, dubbi circa la propria giurisdizione.
4. – In prossimità dell’udienza di merito le parti hanno depositato documenti, memorie conclusionali e di replica nei termini di rito.
5. – All’udienza pubblica del 17 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
6. – La res controversa è già venuta all’attenzione della Sezione in precedenti giudizi, definiti con le pronunce n. 778-779-780 del 5 ottobre 2023, dai cui esiti il Collegio non intende discostarsi stante l’affinità delle fattispecie concrete e l’identità delle cadenze censorie.
7. – In via preliminare, il Collegio deve ribadire la propria giurisdizione in virtù dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile n. 1781 del 20 gennaio 2022, che ha innovativamente sancito che «la domanda di condanna dell’ASL al riconoscimento del diritto di un disabile ad uno specifico ed individualizzato trattamento terapeutico, sia in modalità diretta che per equivalente monetario, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 104 del 2010, non essendo dubbio che, in presenza di un “pubblico servizio”, debba considerarsi impugnabile, quale “provvedimento negativo”, l’omissione provvedimentale della P.A. sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente».
8. – Sempre in via preliminare, il Collegio è tenuto a valutare l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevato dall’amministrazione resistente perché, a suo dire, la decisione ex art. 700 c.p.c., essendo resa su un provvedimento cautelare, non darebbe luogo a una statuizione definitiva sulla giurisdizione e, come tale, non consentirebbe l’applicazione dell’istituto della translatio iudici.
Per la tesi in esame, inoltre, anche se si volesse ritenere applicabile l’istituto de quo, l’impugnazione sarebbe inammissibile in quanto, trattandosi di una mera trasposizione dell’originario ricorso ex art. 700 c.p.c., sarebbe priva dei requisiti minimi di un ricorso amministrativo.
Le eccezioni sono infondate.
Come noto, l’art. 11, comma 2, c.p.a. prevede espressamente che «quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato».
Ipotesi, questa, che si è verificata nel caso di specie in cui il giudice adito ha concluso il giudizio con un’ordinanza in cui ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a favore del Giudice amministrativo.
Né è possibile sostenere che il ricorso sia inammissibile per mancanza dei suoi requisiti essenziali perché dal suo esame se ne comprende chiaramente il petitum: condannare l’amministrazione all’erogazione di uno specifico trattamento sanitario, asseritamente rientrante nei LEA.
9. – Nel merito, i ricorrenti asseriscono che il proprio figlio sarebbe privo di adeguato trattamento terapeutico in quanto l’ASL resistente si limiterebbe a fornirgli una terapia articolata in logopedia, psicomotricità e sostegno psicoeducativo, anche con l’ausilio di un insegnante di sostegno, mentre, a loro dire, egli dovrebbe essere sottoposto al trattamento A.B.A., che gli assicurerebbe significativi miglioramenti.
10. – Prima di esaminare il merito della controversia appare di fondamentale importanza riassumere il quadro normativo, nazionale e regionale, di riferimento per comprendere se il trattamento A.B.A. (analisi comportamentale applicata – Applied Behaviour Analysis), invocato dai ricorrenti, rientri nel novero delle prestazioni sanitarie per le quali sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, di cui all’art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 502/1992, e, come tale, sia sussumibile nei c.d. Livelli di Assistenza Sanitaria (LEA) erogati dal Servizio sanitario nazionale: come è noto, infatti, ai sensi della disposizione de qua «sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate».
Nello specifico, il successivo art. 3-septies, ha distinto le prestazioni in “sanitarie a rilevanza sociale” e “sociali a rilevanza sanitaria”, da un lato, che non rientrano nei LEA, e, quelle “sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria“, che, sono, invece, ricomprese nei LEA, in quanto caratterizzate «da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative» (art. 3-septies, comma 4, del d.lgs. 502/92).
Tali prestazioni sono, quindi, «assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali» (art. 3-septies, comma 5, del d.lgs. 502/92).
10.1. – Ciò posto, con specifico riferimento ai disturbi dello spettro autistico, il legislatore nazionale ha previsto, con la legge n. 134/2015 (avente ad oggetto «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e riabilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie») che:
a. i trattamenti per i disturbi dello spettro autistico devono essere individuati con apposite linee guida aggiornate dall’Istituto superiore di sanità (ISS) «sulla base dell’evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali» (art. 2);
b. nel rispetto degli equilibri della finanza pubblica si deve provvedere «all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l’inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili» (art. 3);
c. le regioni (e le province autonome di Trento e di Bolzano) devono assicurare il funzionamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con disturbi dello spettro autistico, stabilendo percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico, verificandone l’evoluzione. Esse sono, inoltre, tenute a adottare le misure idonee al conseguimento di una serie di obiettivi, specificatamene indicati nell’art. 3, comma 2, della legge de qua;
d. il Ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro centoventi giorni dall’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, deve provvedere, «in applicazione dei livelli essenziali di assistenza medesimi, all’aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all’accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012, che sono aggiornate con cadenza almeno triennale» (art. 4).
10.2. – Il 4 dicembre 2015 il Ministero della Salute ha assegnato all’Istituto Superiore di sanità (tramite la stipula di un Accordo di collaborazione, approvato con decreto dirigenziale) la realizzazione di un “osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico“, il quale mira a costruire una rete pediatria-neuropsichiatria infantile, volta all’individuazione precoce dei disturbi del neurosviluppo, con particolare riguardo ai disturbi dello spettro autistico.
Sempre nel 2015, l’ISS ha aggiornato le Linee guida n. 21 del 2011 concernenti «il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti», le quali contengono un chiaro riferimento al fatto che «a oggi rimane immutata la considerazione del SIGN sul fatto che la maggioranza dei programmi intensivi comportamentali per i disturbi dello spettro autistico si basano sui principi della modificazione comportamentale utilizzando l’analisi comportamentale applicata (Applied behaviour intervention, ABA). Questi programmi sono intensivi, di solito da 20 a 40 ore la settimana. L’obiettivo primario è l’intervento precoce rivolto a bambini di età prescolare, solitamente mediato dai genitori, con il supporto di professionisti specializzati».
Nel 2016 è, invece, stato istituito presso il Ministero della salute, ai sensi dell’art. 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 uno specifico “Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico”, le cui modalità di utilizzo sono state definite nel Decreto interministeriale del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze del 30 dicembre 2016.
10.3. – Il successivo Decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 (avente a oggetto la «definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502») ha, poi, definito i nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA), che hanno sostituito integralmente il precedente D.P.C.M. 29 novembre 2001.
In particolare, per quanto qui di interesse, l’articolo 60, comma 1, ha previsto che «ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche», con la precisazione, di cui al comma successivo, secondo cui «ai sensi dell’art. 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall’adozione del presente decreto, il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all’aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all’accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale».
10.4. – Il 26 luglio 2017 è stato siglato un accordo di collaborazione tra l’ISS e il Ministero della Salute volto alla realizzazione del progetto denominato «i disturbi dello spettro autistico: attività previste dal Decreto Ministeriale del 30 dicembre 2016» il quale prevede, all’art. 1, comma 1, punto b, l’impegno a svolgere un’attività di supporto al Ministero della Salute ai fini dell’aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all’accordo della Conferenza unificata del 22 novembre 2012 e alle attività ad esse collegate.
Il successivo 10 maggio 2018 è stata stipulata un’Intesa, in sede di Conferenza Unificata tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali (“Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi dello Spettro Autistico”), la quale ha individuato, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge 18 agosto 2015, n. 134, le linee di indirizzo nazionali per la programmazione, riorganizzazione e potenziamento dei modelli assistenziali e dei servizi socio sanitari a livello regionale e locale.
Obiettivo del documento è individuare finalità e azioni prioritarie per fornire indicazioni omogenee per la programmazione, attuazione e verifica dell’attività della rete dei servizi per le persone nello spettro autistico (Autism Spectrum Disorders, A.S.D.), in modo da assicurare la diagnosi e l’intervento precoci, che sono essenziali per favorire positivamente l’evoluzione, l’inclusione e il complessivo miglioramento della qualità della vita delle persone affette da disturbo dello spettro autistico e delle loro famiglie.
L’approccio strategico di sanità pubblica deve, quindi, essere incentrato su una rete di servizi coordinata intersettorialmente che ponga al centro dell’intervento il bambino e la sua famiglia, in modo da promuovere la sorveglianza dello sviluppo e la predisposizione di adeguati interventi di sostegno.
Il primo passo per il raggiungimento dei suddetti obiettivi è la presa in carico del soggetto affetto dal disturbo autistico e della sua famiglia, a cui consegue la predisposizione di un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale (PDTA), volto a individuare le modalità di intervento più appropriate.
10.5. – Il 25 luglio 2019 sono state, poi, approvate, sempre in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, le “Linee di indirizzo sui disturbi neuropsichiatrici e neuropsichici dell’infanzia e della adolescenza”.
Il documento, dopo aver inquadrato l’ampio gruppo di disturbi neuropsichiatrici e neuropsichici dell’infanzia e della adolescenza – dando atto che essi colpiscono complessivamente fino al 20% della popolazione minorenne, ed includono: quelli neurologici (conseguenti a malattie acquisite o genetiche del sistema nervoso, con sequele spesso gravemente invalidanti), quelli di sviluppo (disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico, disturbi specifici del linguaggio e dell’apprendimento, disturbo da deficit di attenzione con iperattività, ecc.) nonché quelli psichiatrici (psicosi, disturbi affettivi, disturbi della condotta, disturbi del comportamento alimentare e molti altri), che si caratterizzano da un complesso intreccio tra predisposizione genetica, vulnerabilità neurobiologica e variabili ambientali – ha sancito che la loro gestione deve avvenire in modo coordinato, multiprofessionale e multidisciplinare.
10.6. – A livello regionale nell’ambito piemontese, la D.G.R. n. 26-1653 del 29 giugno 2015 (“Intervento regionale a sostegno della cura dei pazienti cronici con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico”) ha approvato il “progetto integrato: disturbi dello spettro autistico”, in cui sono state dettate le indicazioni essenziali per la diagnosi precoce dei disturbi e la valutazione clinica multidisciplinare del paziente (neuropsichiatrica, psicodiagnostica e funzionale), le quali devono essere effettuate da un centro territoriale specialistico e si devono concludere con la predisposizione di un trattamento condiviso, condotto secondo le metodologie educative raccomandate dalle Linee Guida nonché concettualmente suddiviso in sanitario (attuato dai servizi sanitari competenti) e integrato (che comprende oltre all’intervento degli operatori sanitari, tutte quelle attività di carattere educativo effettuate da operatori socio assistenziali, insegnanti e genitori).
Nello specifico, la delibera in esame prevede espressamente che il trattamento sanitario «deve essere condotto secondo le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità. Tutti i progetti di trattamento devono essere in linea con le Raccomandazioni delle Linee Guida», con la precisazione secondo cui «il trattamento precoce, deve prevedere un monte ore indicativo di 5 ore settimanali (di intervento diretto e indiretto), fino al momento dell’inserimento nella scuola dell’infanzia», mentre, «nelle fasi successive, il trattamento sanitario verrà condotto sulla base delle esigenze emerse durante i periodici aggiornamenti della valutazione funzionale e sarà parte del più ampio trattamento integrato».
Il successivo 20 dicembre 2018, la Regione Piemonte ha recepito l’intesa tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali (53/CU 10 maggio 2018) e, con la deliberazione della Giunta Regionale n. 16-6173 del 7 dicembre 2022, è stato approvato il nuovo “modello, programmatorio, di indirizzo, coordinamento ed organizzativo della rete per i disturbi dello spettro autistico” con il quale l’Ente si è, tra l’altro, impegnato ad adottare «metodi e strumenti basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili, nell’ambito di trattamenti individualizzati e costantemente valutabili nella loro efficacia», con l’ulteriore specificazione secondo cui i singoli nodi erogativi della rete sono tenuti, tra l’altro, a erogare i LEA.
Con particolare riferimento al percorso terapeutico relativo all’età evolutiva, occorre, infine, evidenziare che esso è articolato in sette fasi: individuazione precoce, invio al Servizio Specialistico e accoglienza, valutazione clinica multiprofessionale, restituzione della diagnosi, valutazione funzionale, trattamento (sanitario e integrato) e passaggio dai servizi per l’età evolutiva a quelli per l’età adulta.
11. – Dall’analisi del quadro normativo di riferimento e, segnatamente dalle menzionate linee guida, emerge che, tra i programmi utilizzati nella cura dell’autismo, il modello più studiato è l’analisi comportamentale applicata (Applied BehaviourAnalysis – A.B.A.): si tratta di una metodica basata sull’uso della scienza del comportamento per la modifica di comportamenti socialmente significativi, che, come del resto affermato dallo stesso Consiglio di Stato, «rientra pienamente nella previsione di cui all’art. 1, comma 7, d.lvo n. 502/1992, intercettando tipologie di assistenza, servizi e prestazioni sanitarie “che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate”, nonché tra le metodiche basate sulle più avanzate evidenze scientifiche di cui all’art. 60 del DPCM 12 gennaio 2017» (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 23 marzo 2022, n. 2129).
Tuttavia, la sussunzione del metodo A.B.A. nel novero dei LEA non determina l’automatico riconoscimento, in capo al privato richiedente, di un diritto soggettivo all’erogazione del trattamento nella misura richiesta, anche perché, nonostante le linee guida n. 21 del 2011 indichino espressamente che la maggioranza dei trattamenti dei disturbi dello spettro autistico si basano sul metodo A.B.A., esse rappresentano pur sempre una serie di raccomandazioni da rispettare nel trattamento dell’autismo, dalle quali non è possibile far discendere «un automatico diritto all’erogazione di una determinata terapia, per consistenza ed entità predeterminata, quanto piuttosto la pretesa a che il paziente sia inserito nell’apposito percorso socio-sanitario per essere al meglio diagnosticato e quindi curato secondo le più opportune terapie» (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7 giugno 2023, n. 3511).
Detto altrimenti, l’astratta validità del trattamento richiesto non implica la sua concreta idoneità a migliorare le condizioni di vita del singolo paziente, in assenza del riconoscimento dell’appropriatezza della prestazione da parte dell’amministrazione, che deve svolgersi sulla base di una valutazione tecnico-discrezionale della stessa caso per caso: il trattamento deve, infatti essere «calibrato sul singolo paziente, considerando le sue peculiari esigenze e i suoi specifici bisogni assistenziali e di cura, quindi sulla necessità di un costante aggiornamento dei moduli terapeutici, ad esito delle periodiche visite e valutazioni, preordinate all’adeguamento della terapia somministrata» (cfr. Tar Napoli, sez. VI, 11 aprile 2023 n. 2223).
La scelta dell’intervento clinico più appropriato da utilizzare nella cura dell’autismo su singoli pazienti, è, infatti, «basata su valutazioni tecnico-discrezionali e caso-specifiche che, nella misura in cui sono riconosciute dal servizio sanitario nazionale, non possono essere certo rimesse alla libera ed esclusiva scelta delle famiglie, come inesattamente asserito, bensì al Nucleo Territoriale di Neuropsichiatria Infantile che deve preliminarmente valutarne l’appropriatezza, in base alla scienza medica, rispetto alle specifiche esigenze del paziente» (cfr. Consiglio di Stato, sent. 2129/22 cit.), anche perché, soprattutto nel caso della sindrome autistica, il trattamento non è affatto standardizzabile né determinabile a priori, con riferimento sia al metodo da applicare sia alla sua intensità, intesa come numero di ore settimanali di prestazione. Del resto, le stesse linee guida prevedono espressamente che l’intensità dei programmi A.B.A. varia «di solito da 20 a 40 ore la settimana».
12. – In virtù di quanto chiarito nel paragrafo precedente, il Collegio è tenuto a rammentare che, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali, potendo anche attribuire al rapporto giuridico dedotto in giudizio una configurazione diversa da quella indicata dalle parti, purché non venga operato d’ufficio un mutamento sostanziale della domanda giudiziale originaria, modificandone i tratti distintivi o fondandosi su una realtà fattuale diversa da quella allegata in giudizio e, in ossequio al generale principio di conservazione degli atti processuali, il giudice è, altresì, abilitato a disporre la conversione dell’azione, se non vi ostano preclusioni di ordine formale o sostanziale.
Ipotesi, questa, che si verifica nel caso di specie dove i ricorrenti, in difetto di un riscontro dell’ASL, si sono rivolti al giudice per veder accertato sia il diritto del figlio a ricevere un trattamento riabilitativo non inferiore a venticinque ore settimanali con il metodo A.B.A. (fino alla maggiore età, ovvero fino a diverse indicazioni terapeutiche di un supervisore certificato B.C.B.A.), sia la conseguente condanna dell’amministrazione resistente all’erogazione del trattamento in via diretta ovvero per equivalente, mediante il rimborso delle spese sostenute.
Come noto, l’azione contro l’inerzia della pubblica amministrazione, regolata dagli artt. 31 e 117 del c.p.a., prescrive che, decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere e che, in caso di totale o parziale accoglimento, il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni.
Con la precisazione secondo cui la possibilità di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio è consentita solo nelle ipotesi di attività vincolata ovvero qualora non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e sempre che non siano necessari adempimenti istruttori, che debbano essere compiti dall’amministrazione (cfr. art. 31, comma 3, c.p.a).
Alla luce di quanto esposto appare, quindi, evidente che l’ASL, a fronte di una circostanziata istanza dei ricorrenti, volta a ottenere la rimodulazione del trattamento terapeutico in atto, perché asseritamente inadeguato, aveva l’obbligo di provvedere, non ricorrendo alcuna ipotesi di manifesta irricevibilità, inammissibilità o infondatezza della domanda. Riscontro che era, a maggior ragione, doveroso in quanto la richiesta aveva ad oggetto un’asserita lesione del diritto alla salute ed era compendiata da ampia documentazione scientifica.
Tuttavia, non è possibile per il Collegio condannare l’amministrazione a provvedere in senso conforme all’istanza e, quindi, ordinarle di erogare il trattamento richiesto, stante il divieto imposto sia dal menzionato art. 31, comma 3, c.p.a. sia dal successivo art. 34, comma 2, a fronte del quale «in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati».
Come precedentemente esposto, infatti, il riscontro dell’istanza dei ricorrenti implica l’esercizio di un potere discrezionale da parte dell’amministrazione la quale è tenuta a valutare l’opportunità di erogare un trattamento più confacente alle reali condizioni di salute del minore, come risultanti dagli atti del procedimento e/o dagli accertamenti che l’ASL vorrà disporre, tenuto conto di quanto contenuto nella presente decisione circa l’inquadramento normativo del metodo A.B.A., nonché di tutti gli altri elementi che concorrono a determinare la personalizzazione del trattamento (età, concreta efficacia, concorrente trattamento in ambiente scolastico, o altro).
13. – In conclusione, alla luce di quanto esposto il ricorso, riqualificato come azione avverso il silenzio della pubblica amministrazione, è fondato, nei limiti di quanto indicato nei precedenti paragrafi, e va, quindi, accolto, con conseguente obbligo dell’Amministrazione di provvedere sull’istanza dei ricorrenti nel termine di giorni trenta (30) dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza, reputato congruo in ragione della natura sensibile degli interessi coinvolti, con riserva di nomina, previa richiesta di parte ricorrente, di un Commissario ad acta che provveda, in sostituzione dell’Amministrazione, qualora essa sia inadempiente alla scadenza del termine sopra indicato.
14. – Alla luce delle peculiarità della vicenda e della natura della presente decisione, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dispone quanto segue:
a) riqualifica, ai sensi dell’art. 32 c.p.a., l’impugnazione proposta in azione avverso il silenzio della pubblica amministrazione ex art. 117 c.p.a.;
b) accoglie il ricorso avverso il silenzio nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione;
c) compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli articoli 6, paragrafo 1, lettera f), e 9, paragrafi 2 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, e all’articolo 2-septies, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
