Massima

In materia di tutela del diritto alla salute, in particolare nell’individuazione del trattamento riabilitativo per minori affetti da Disturbo dello Spettro Autistico, la scelta della terapia da erogarsi spetta all’esclusiva competenza dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) e rientra nell’ambito delle valutazioni tecnico-scientifiche alla stessa demandate.

Supporto alla lettura

DIRITTO ALLA SALUTE

Si tratta di un principio fondamentale riconosciuto a livello internazionale e, in Italia, è sancito dall’art. 32 Cost. Riguarda il benessere fisico, mentale e sociale di ogni individuo.

L’attuazione del diritto alla salute in Italia è avvenuta attraverso il Servizio Sanitario Nazione (SSN), istituito con la L. 833/1978 di riforma sanitaria che prevede un modello di tutela universalistico, che garantisce l’accesso alle cure a tutti, indipendentemente dalla condizione economica e sociale (in precedenza, l’assistenza sanitaria si basava su un sistema mutualistico legato alla posizione lavorativa, che non garantiva la copertura a tutti i cittadini).

Il concetto di tutela del diritto alla salute è molto ampio, infatti include diversi aspetti:

  • diritto alle prestazioni sanitarie: garantisce l’accesso alle cure e ai servizi medici necessari per mantenere e ripristinare la salute;
  • diritto all’integrità psicofisica: protegge la persona da lesioni e danni alla propria salute fisica e mentale;
  • diritto a un ambiente salubre: include la protezione dell’ambiente, considerato fondamentale per la salute della collettività;
  • diritto di rifiutare le cure: si basa sul principio di autodeterminazione, consent al paziente di rifiutare un trattamento medico, previa corretta informazione (c.d. “consenso informato”), a meno che non sia imposto dalla legge per motivi di salute pubblica.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3328 del 2025, proposto dai sig.ri (omissis) e (omissis), quali genitori del minore (omissis), rappresentati e difesi dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

– la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
– l’Azienda Sanitaria Locale Roma 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, n. 19508/2024, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale Roma 3;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 17 luglio 2025, il Cons. (omissis) e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza appellata, il T.A.R. per il Lazio ha parzialmente (ovvero limitatamente alla domanda risarcitoria) accolto il ricorso proposto dai sig.ri (omissis) e (omissis) al fine di ottenere dalla Azienda Sanitaria Locale Roma 3 la predisposizione di un progetto individualizzato che, oltre a realizzare la presa in carico del figlio minore (omissis), affetto da disturbo autistico di livello 1, da parte delle strutture sanitarie, prevedesse l’erogazione, in forma diretta o indiretta, del trattamento riabilitativo comportamentale con metodo A.B.A. in forma intensiva, ovvero nella misura di almeno 20 ore settimanali, da svolgersi anche in ambito scolastico, oltre a 2 ore di logopedia e 2 ore di psicomotricità, ovvero nella misura maggiore o minore che sarebbe stata ritenuta di giustizia.

Va premesso che i ricorrenti agivano altresì per ottenere la condanna delle Amministrazioni intimate al pagamento delle spese che la famiglia aveva dovuto sostenere per la terapia ABA erogata da terzi, per un totale di € 8.134,51, e che, con i motivi aggiunti proposti avverso il piano terapeutico individualizzato finalmente elaborato dalla ASL, contestavano in particolare la scelta della stessa di porre in essere a vantaggio del minore, in chiave limitativa rispetto a quanto da loro auspicato:

– un incremento dell’intervento domiciliare individuale da 1 a 2 volte a settimana per 2 ore cadauna, sicché da consentire un miglioramento della reciprocità relazionale, della pragmatica comunicativa e della flessibilità cognitiva del minore;

– l’introduzione di un intervento in piccolo gruppo per favorire l’iniziativa e lo scambio relazionale con i coetanei;

– parent training a frequenza mensile;

– inserimento in attività di gruppo sportivo – ludico”.

2. Il T.A.R., con ordinanza n. 15528 del 9 dicembre 2023, considerato che “la verifica della fondatezza della tesi della parte ricorrente, piuttosto che di quella dell’Amministrazione sanitaria, esige il possesso di conoscenze mediche tecnico-specialistiche”, disponeva una consulenza tecnica d’ufficio, nominando all’uopo la dott.ssa (omissis), Neuropsichiatra Infantile presso la UOSD di Neuropsichiatria Infantile del (omissis), la cui relazione veniva depositata in data 11 giugno 2024.

Il quesito era così formulato:

accerti il CTU se i progetti terapeutici di cui alle note dell’Asl Roma 3 del 3 luglio 2023, protocollo n. -OMISSIS- e del 27 luglio 2023 protocollo n. (omissis) costituiscano la terapia più adatta per la cura del minore, in caso contrario individui la terapia più idonea nonché le relative modalità di svolgimento e il numero delle ore di terapia di cui il minore necessiti”.

3. Con la sentenza appellata il T.A.R., delineata la cornice normativa della materia, premesso che “il metodo ABA è soltanto uno dei possibili interventi a supporto dei minori con disturbo dello spettro autistico” e che “la valutazione della sua appropriatezza rispetto allo specifico caso concreto, anche alla luce delle Linee guida ISS che attualmente prevedono al riguardo raccomandazioni “condizionate basate su una qualità molto bassa delle prove” non può che essere rimessa l’Amministrazione competente, ossia al Dipartimento TSMREE della Asl”, ha rilevato che “non si configura dunque il riconoscimento, in capo al privato richiedente, di un diritto soggettivo perfetto all’erogazione del predetto trattamento da parte delle Aziende sanitarie e a carico del SSR, secondo modalità indicate in certificazioni provenienti da strutture specializzate pubbliche o private”, atteso che “la scelta finale della terapia da erogarsi nei confronti del singolo paziente spetta dunque all’esclusiva competenza dell’ASL e implica l’attivazione delle relative strutture sanitarie, secondo schemi di valutazione tecnico-scientifica del caso specifico, essendo il diritto alla miglior prestazione in materia conformato dalla legge e il percorso socio-sanitario delineato nella pertinente regolamentazione nazionale e regionale nella materia”.

Quindi, ribadito che “la scelta del trattamento deve essere, comunque, individuale, ovvero rispondente alle specifiche esigenze del singolo bambino sulla base della maggiore o minore gravità del suo peculiare caso, del suo contesto socio-ambientale e del suo personale percorso di recupero”, il T.A.R. ha ritenuto di condividere le risultanze della espletata CTU, laddove concludeva:

si ritiene che progetti terapeutici di cui alle note dell’Asl Roma 3 del 3 luglio 2023, protocollo n. (omissis) e del 27 luglio 2023 protocollo n. (omissis) risultino, allo stato attuale, congrui in termini di intensità e di modalità di svolgimento e corrispondano ai bisogni assistenziale del bambino e al suo specifico momento evolutivo.

Nel dettaglio, si ritiene adeguata la proposta della ASL Roma 3 di intervento cognitivo-comportamentale secondo metodologia ABA così articolato:

– intervento domiciliare due volte a settimana per 2 ore ciascuna “a sostegno del miglioramento della reciprocità relazionale, della pragmatica comunicativa, della flessibilità cognitiva;

– intervento a scuola 2 volte a settimana di 1 ora ciascuno al fine di generalizzare le abilità acquisite in altri contesti e di definire le strategie utili ad affrontare le difficoltà che si presentano nella traiettoria delle abilità degli apprendimenti;

– intervento in piccolo gruppo per 1 ora a settimana “per favorire l’iniziativa e lo scambio relazionale con i coetanei”;

– parent training a frequenza mensile essenziale al fine di apportare e supportare un significativo miglioramento nello stile di vita e nelle competenze adattive della minore;

– consigliato l’inserimento in attività di gruppo sportivo-ludico.

Il percorso riabilitativo, così come proposto dalla ASL Roma 3, dovrebbe avvenire senza periodi di interruzioni, garantendo al bambino una continuità terapeutica ed avere una durata non inferiore a 24 mesi, sempre tenendo conto di possibili variazioni ed integrazioni legate all’evoluzione della sintomatologia e al momento evolutivo di (omissis)”.

4. Il T.A.R., come accennato, ha invece accolto in parte la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno patrimoniale consistente nel mancato rimborso delle spese sostenute dai ricorrenti in ragione della condotta inerte della ASL, quantificate in euro 8.134,51, relativi alle spese di terapia comportamentale erogata da terzi privati, affermando il diritto della parte ricorrente “al rimborso delle spese documentate già sostenute per le terapie relative al trattamento riabilitativo con metodo ABA, nei limiti delle ore quantificate poi nel Piano redatto dalla Asl nel corso del giudizio e la cui appropriatezza è stata verificata anche in sede di CTU”.

5. La sentenza costituisce oggetto dell’appello proposto dalla originaria parte ricorrente, al cui accoglimento si oppone l’Azienda Sanitaria Locale Roma 3.

6. In via preliminare, come preannunciato dal Collegio in sede cautelare – senza che la parte appellante abbia formulato osservazioni sul punto né proposto istanza di autorizzazione ai sensi degli artt. 6 o 7 del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 dicembre 2016 -, deve darsi atto del superamento dei limiti dimensionali nella stesura del ricorso introduttivo del giudizio di appello, il quale si sviluppa per 47 pagine, corrispondenti a 78.355 caratteri (escludendo gli spazi e le parti relative all’epigrafe, alle conclusioni e all’istanza cautelare), con conseguente sforamento di 8.355 caratteri rispetto al limite (di 70.000 caratteri) stabilito dall’art. 3, comma 1, lettera b), del citato decreto: al predetto superamento consegue, ai sensi dell’art. 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a., l’applicazione a carico della parte ricorrente della sanzione pecuniaria quantificabile, alla luce dell’entità dello sforamento e della misura del contributo unificato prevista per il presente giudizio (pari ad € 64,50), in complessivi € 100,00.

7. La parte appellante lamenta in primo luogo che la ASL Roma 3 non ha fornito alcuna motivazione a sostegno della presunta ragionevolezza e congruità dell’intervento riabilitativo proposto in sede di elaborazione del piano terapeutico, che il piano terapeutico adottato con le note del 3 luglio 2023 e del 27 luglio 2023 è stato predisposto senza alcuna preventiva valutazione da parte dell’equipe multidisciplinare, come sarebbe stato necessario in base alla delibera n. 75/2018 ed alle Linee Guida Regionali, che la ASL non ha mai effettuato la valutazione del minore attraverso la somministrazione di test standardizzati specifici, benché il medesimo sia in carico dal 2021, e che il piano terapeutico della ASL non indica neppure le ore di intervento ludico/ricreativo prescritto al bambino, né contempla delle ore di supervisione mensili svolte dall’analista del comportamento BCBA: sulla base di tali deduzioni, la parte appellante deduce che “è evidente l’erroneità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui per relationem condivide le conclusioni del CTU che non ha neppure considerato che il progetto della Asl non indica le ore di attività ludico/ricreativa prescritte e manca delle ore di supervisione ABA mensili”.

7.1. Le censure, ad avviso del Collegio, sono inammissibili, essendo del tutto estranee sia al contenuto del ricorso introduttivo del giudizio sia, soprattutto, a quello dei motivi aggiunti, proposti avverso le note della ASL del 3 luglio 2023 e del 27 luglio 2023, recanti l’approvazione del piano individualizzato concernente il minore.

Né la loro valenza critica potrebbe essere processualmente recuperata sulla scorta della considerazione conclusiva della parte appellante, intesa a rilevare che la sentenza appellata ha apoditticamente recepito le conclusioni del CTU, nonostante questi abbia omesso di rilevare i suddetti vizi del piano elaborato dalla ASL e del relativo procedimento formativo.

In primo luogo, infatti, il recepimento da parte del giudice delle risultanze della CTU non esige una particolare motivazione – a differenza del caso in cui esso intendesse discostarsi dalle conclusioni istruttorie e salvo il caso in cui l’elaborato prodotto dal CTU sia affetto da evidenti profili di carenza istruttoria o illogicità argomentativa – in ragione del carattere specialistico dell’indagine allo stesso demandata, implicante la devoluzione al professionista prescelto dell’analisi dei profili strettamente tecnico-scientifici della controversia.

In secondo luogo, il CTU, nella fattispecie in esame, ha proceduto ad una verifica diretta ed autonoma dell’adeguatezza terapeutica delle misure predisposte dalla ASL, la quale è stata riscontrata alla luce delle specifiche condizioni cliniche del minore, con la conseguente irrilevanza, al fine di inficiare le conclusioni da esso raggiunte, degli eventuali vizi e/o lacune presenti nel procedimento che ha condotto alla formazione del piano individualizzato da parte della medesima ASL.

8. Prima di esaminare le successive deduzioni della parte appellante, occorre rilevare che la CTU costituisce uno strumento istruttorio di cui può avvalersi il giudice amministrativo laddove la controversia involga questioni concernenti l’applicazione di regole tecnico-scientifiche particolarmente complesse, insuscettibili di soluzioni univoche in ragione della molteplicità degli approcci metodologici emergenti dal contesto scientifico e del carattere evolutivo delle acquisizioni maturate nella specifica materia, le quali difficilmente possono ritenersi approdare a posizioni definitive ed immutabili ma esigono il costante confronto con il procedere delle conoscenze teoriche e delle relative prove sperimentali.

In tali casi, coerentemente con i limiti in cui deve muoversi il sindacato del giudice amministrativo laddove impinga in materie caratterizzate dall’attribuzione all’Amministrazione di poteri tecnico-discrezionali e, più in generale, con la posizione di alterità in cui l’organo giurisdizionale si colloca rispetto all’Amministrazione, la CTU non assurge a modalità sostitutiva delle valutazioni spettanti alla P.A., ma a strumento di controllo che queste non siano affette da profili di travisamento fattuale, carenza istruttoria, illogicità e inattendibilità, sia quanto alle norme tecniche utilizzate che al relativo procedimento applicativo.

A tali canoni di carattere generale non si sottrae il tema oggetto del presente giudizio, dal momento che la strumentalità del potere della P.A. alla tutela del diritto alla salute dei cittadini non elide lo spessore tecnico-scientifico delle valutazioni alla stessa demandate quanto alla individuazione del trattamento terapeutico maggiormente appropriato, in relazione alle più evolute conoscenze scientifiche ed alle specifiche condizioni del soggetto assistito.

Con particolare riferimento al disturbo autistico ed alla idoneità terapeutica del metodo comportamentale denominato A.B.A. (Applied Behaviour Analysis), le Linee Guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità, costituenti uno strumento fondamentale ai fini della ricognizione delle “più avanzate evidenze scientifiche” cui le vigenti disposizioni (cfr. art. 3 l. n. 134/2015) rimandano ai fini della selezione dei trattamenti terapeutici integranti i livelli essenziali di assistenza in materia di cura della sindrome suindicata, precisano che “è presente un’ampia variabilità a livello individuale negli esiti ottenuti dai programmi intensivi comportamentali ABA; è quindi necessario che venga effettuata una valutazione clinica caso-specifica per monitorare nel singolo bambino l’efficacia dell’intervento, ossia se e quanto questo produca i risultati attesi”, rimarcando quindi l’esigenza di una attenta valutazione caso per caso della appropriatezza del trattamento, sia quanto all’an della sua somministrazione che al quomodo della sua concreta applicazione (cfr. pag. 55).

9. Chiariti, quindi, la funzione della CTU in siffatta tipologia di controversie e l’approccio metodologico corretto ai fini della individuazione del trattamento maggiormente appropriato nella specifica fattispecie, può senz’altro procedersi all’esame delle censure della parte appellante intese, attraverso la critica mossa alle risultanze del suddetto mezzo istruttorio, a dimostrare l’erroneità della sentenza appellata, che sulle stesse fonda la struttura portante della sua ratio decisoria.

10. Deduce in primo luogo la parte appellante che la CTU, sulla quale come si è detto si fonda il percorso argomentativo della sentenza appellata, non ha preso in considerazione le valutazioni svolte dall’(omissis), nonostante le stesse si fondassero sulla somministrazione di test standardizzati per la valutazione del livello di sviluppo e degli aspetti sintomatologici e comportamentali, quali i test Griffith III e Ados, ribadendo la necessità di generalizzare l’intervento comportamentale nei vari ambiti di vita, a casa, a scuola e in piccolo gruppo.

10.1. La deduzione, ad avviso del Collegio, non pone in evidenza specifici profili di inattendibilità del mezzo istruttorio espletato in primo grado.

10.2. La Relazione dell’(omissis) afferma per quanto di interesse che “in relazione alla diagnosi di base e al profilo clinico sopradescritto, si ritiene necessario avviare intervento abilitativo in atto, di tipo cognitivo-comportamentale, modello ABA, come indicato da linee guida ISS per il trattamento di bambini e adolescenti affetti da Disturbo dello Spettro Autistico, al fine di lavorare sulle difficoltà emerse dalla presente valutazione, con particolare riferimento all’area del potenziamento delle abilità verbali e del loro utilizzo a scopo sociale, all’espansione delle abilità relazionali e di attenzione sociale condivisa, all’ampliamento degli interessi ludici e della flessibilità cognitiva. L’intervento dovrebbe coinvolgere sia l’ambito familiare sia quello scolastico, per rendere coerente la programmazione del lavoro ed aumentarne l’efficacia, in particolar modo condividendo gli obiettivi a breve e medio termine del trattamento con la coppia genitoriale ed il personale docente, al fine di favorire la generalizzazione delle competenze acquisite del bambino e sostenerne l’adattamento nei contesti di vita quotidiana. A tal fine, si consiglia d’introdurre un percorso psicoeducativo di Parent-Training/Terapia mediata dai genitori, rivolto alla coppia genitoriale e finalizzato a favorire la generalizzazione delle competenze acquisite da (omissis) nel contesto terapeutico e coadiuvare i genitori nella gestione degli aspetti comportamentali maggiormente disfunzionali”.

10.3. Anche nella successiva relazione del 14 aprile 2022 si afferma quanto segue:

Alla luce di quanto emerso dalla presente valutazione, si conferma al momento attuale la necessità di proseguire l’intervento terapeutico in atto, ad approccio cognitivo-comportamentale () si consiglia inoltre di proseguire il percorso di terapia diadica/in piccolo gruppo, al fine di lavorare sull’acquisizione e generalizzazione delle abilità sociali e sulla modulazione del comportamento in relazione all’altro. Si ritiene inoltre indispensabile promuovere il più possibile la generalizzazione delle abilità acquisite nel contesto terapeutico nei diversi contesti di vita. Pertanto, l’intervento dovrebbe coinvolgere sia l’ambito familiare sia quello scolastico, per rendere coerente la programmazione del lavoro ed aumentarne l’efficacia, in particolar modo condividendo gli obiettivi a breve e medio termine del trattamento con la coppia genitoriale ed il personale docente, al fine di favorire la generalizzazione delle competenze acquisite del bambino e sostenerne l’adattamento nei contesti di vita quotidiana. A tal fine, si ritiene utile prevedere periodicamente degli incontri psicoeducativi di Parent-Training rivolto alla coppia genitoriale, finalizzato a favorire la generalizzazione delle competenze acquisite da -OMISSIS- nel contesto terapeutico e coadiuvare i genitori nella gestione degli aspetti comportamentali e nell’espansione delle competenze del bambino”.

10.4. Ebbene, se da un lato la parte appellante non svolge alcuna specifica deduzione al fine di contestare la CTU relativamente all’aspetto diagnostico ed alla analisi sintomatica del minore, dall’altro lato le citate relazioni si limitano a suggerire un approccio terapeutico di carattere poliedrico, funzionale a generalizzare le abilità acquisite dal medesimo nei diversi contesti di vita, senza esprimere alcuna specifica osservazione in ordine alla intensità del relativo trattamento, da cui desumere l’inidoneità di quello prescritto dalla ASL con il piano individualizzato da essa predisposto: quest’ultimo, del resto, è appunto caratterizzato dalla molteplicità dei contesti (domiciliare, scolastico, sportivo) in cui deve svolgersi l’azione terapeutica, conformemente alle indicazioni delle citate Relazioni.

Del resto, la stessa sentenza appellata, con statuizione non specificamente censurata dalla parte appellante, evidenzia che nelle “valutazioni cliniche effettuate presso l’(omissis), ove per il vero “si conferma al momento attuale la necessità di proseguire l’intervento terapeutico in atto, ad approccio cognitivo-comportamentale””, “non si quantifica l’intensità di tale trattamento in 20 ore settimanali”.

11. Lamenta ancora la parte appellante che la CTU non ha tenuto in alcun conto il progetto redatto dalla dott.ssa (omissis), analista del comportamento ABA e supervisore del minore, la quale ha redatto una valutazione recante la previsione di un intervento da svolgersi in ambito scolastico, a casa, in piccolo gruppo ed anche in ambito ludico-sportivo, oltre a prevedere l’indispensabile supervisione sia a casa che a scuola, così suddiviso: n. 6 ore di intervento settimanale a scuola, n. 4 ore di intervento settimanale presso il domicilio, n. 5 ore terapia settimanale durante le attività ludico-sportive, n. 3 ore settimanali di terapia piccolo gruppo e n. 2 ore settimanali di supervisione.

11.1. Nemmeno la suddetta deduzione è suscettibile di inficiare l’attendibilità della espletata CTU e, quindi, la correttezza della sentenza che ne ha recepito le conclusioni.

11.2. Deve osservarsi che la stessa dott.ssa (omissis), con la sua relazione del 30 ottobre 2021 (all. n. 7 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado), formulava una proposta di intervento terapeutico sostanzialmente coincidente con quella recepita dalla ASL con le note impugnate mediante motivi aggiunti, prevedendo:

– n. 4 ore settimanali in ambiente domestico (corrispondenti ai due interventi domiciliari settimanali per 2 ore ciascuno previsti dalla ASL);

– una consulenza alla scuola senza indicazione delle ore, “da valutare a seguito di un primo colloquio ed eventuale osservazione diretta”, a fronte di un intervento a scuola 2 volte a settimana di 1 ora ciascuno previsto dalla ASL;

– una attività di gioco in piccolo gruppo per n. 4 ore mensili, corrispondente all’intervento in piccolo gruppo per 1 ora a settimana previsto dalla ASL.

Per contro, la suddetta proposta della dott.ssa (omissis) non recava alcuna previsione, a differenza della proposta della ASL, del parent training a frequenza mensile e dell’inserimento in attività di gruppo sportivo-ludico.

11.3. Sebbene la dott.ssa (omissis), con la proposta di intervento prodotta dalla parte ricorrente in allegato ai motivi aggiunti, abbia modificato il piano originario, prevedendo un maggior numero di ore di terapia settimanale, il contrasto tra i due documenti è di per sé indice della impossibilità di trarre dalle valutazioni svolte dalla suddetta terapista indicazioni univoche quanto al trattamento terapeutico più idoneo a favore del minore, tali da assurgere a parametro sufficientemente affidabile di verifica della attendibilità delle risultanze della CTU.

12. Allega altresì la parte appellante che la CTU, nella propria valutazione del profilo funzionale, non ha evidenziato alcuni segni clinici/fenomenologici, come riportati nel verbale G.L.O. del 3 giugno 2024, ovvero: marcato deficit di attenzione condivisa, ecolalie costanti associate ad ipercinesia nei momenti di attività libera e manierismi motori compulsivi a carico delle mani, con il bisogno di impegnare le stesse con laccetti dei pantaloni, oppure con la zip della felpa.

12.1. Nemmeno la suddetta deduzione è meritevole di accoglimento.

12.2. Si legge nella relazione del CTU che “in conclusione, dall’osservazione clinica diretta non strutturata, si evidenzia un quadro clinico caratterizzato da ridotta flessibilità cognitiva, presenza di interessi assorbenti, labilità attentiva, tratti di ipercinesia, atipie socio-comunicative, scarsa modulazione del contatto oculare. Le abilità linguistiche sono discrete con una prosodia peculiare per ritmo e tono”: ne consegue che il CTU ha tratteggiato un quadro sintomatico sostanzialmente corrispondente a quello delineato dal G.L.O., ponendo in evidenza i principali aspetti disfunzionali caratterizzanti la situazione del minore dal punto di vista comunicativo e comportamentale.

13. Allega nel prosieguo la parte appellante che la sentenza appellata si rivela illogica e contraddittoria laddove, citando alcuni passaggi delle Linee Guida 2011 e 2023 in tema di autismo, giunge alla conclusione che l’intervento ABA costituisce solo “uno dei possibili interventi a supporto di minori con disturbo dello spettro autistico” e un “metodo utilizzabile negli interventi cognitivo-comportamentali da valutarsi da parte dei neuropsichiatri”, aggiungendo che la sua raccomandazione da parte delle Linee Guida sarebbe “basata su una qualità molto bassa delle prove”.

Osserva in senso critico la parte appellante che tra i trattamenti riabilitativi maggiormente efficaci per l’autismo individuati dalle Linee Guida vi è appunto la terapia ABA, atteso che il Panel a pag. 88 ha espressamente suggerito “di usare gli interventi comprensivi comportamentali individuali basati sui principi dell’Applied Behavior Analysis (ABA) in bambini e adolescenti con ASD”.

Evidenzia altresì la parte appellante che l’intervento ABA è stato prescritto dalla stessa ASL al minore, con la nota del 27 luglio 2023, e, pertanto, è certamente appropriato ed efficace per il bambino.

13.1. La deduzione è insuscettibile di inficiare il fondamentale percorso motivazionale della sentenza appellata, la quale non si prefigge di sminuire la rilevanza terapeutica del metodo ABA, ma di evidenziare che, come posto in evidenza nelle stesse Linee Guida, esso costituisce solo uno dei possibili approcci che la più avanzata scienza medica mette a disposizione degli specialisti al fine di assicurare un trattamento della sindrome coerente con la sua complessità diagnostica e sintomatologica.

Così ragionando, la sentenza appellata sottolinea quindi condivisibilmente la necessità di fare leva su metodologie diverse, destinate reciprocamente ad integrarsi, sulla scorta di una valutazione multidisciplinare che è svolta dalla ASL ed ha la finalità di individuare l’approccio terapeutico più appropriato in relazione alle condizioni cliniche dell’assistito.

13.2. Del resto, le stesse Linee Guida approvate ad ottobre 2023 precisano che “il Panel ritiene che i diversi interventi possano essere integrati tra di loro, se appropriato, all’interno di un progetto terapeutico complessivo che tenga conto delle caratteristiche specifiche di ogni bambino/adolescente, della sua età, del suo profilo di funzionamento e del suo contesto”, aggiungendo, con particolare riguardo al metodo ABA, che “il Panel indica che l’intervento comprensivo individuale basato sui principi dell’ABA dovrebbe essere implementato all’interno di un progetto condiviso tra operatori sanitari, scuola e famiglia”.

13.3. Anche le Linee Guida 21, alle pagg. 107 e 108, evidenziano che “mancando ancora nella letteratura internazionale prove scientifiche sufficienti a stabilire il miglior profilo di efficacia dei modelli di fornitura di servizi, il panel, dal confronto tra le diverse posizioni ed esperienze rappresentate al suo interno, ha individuato alcuni principi generali, che si auspica ispirino la strutturazione di modelli di organizzazione dei servizi rivolti a persone con disturbi dello spettro autistico.

I principi generali sono:

– multidisciplinarietà e promozione di un lavoro integrato all’interno del gruppo di operatori coinvolti nella cura e assistenza ai soggetti con disturbi dello spettro autistico e alle loro famiglie…”.

13.4. Ne consegue che la tesi incentrata sulla valutazione atomistica del trattamento ABA, ai fini della individuazione del migliore approccio terapeutico alla sindrome autistica, sconta il difetto di assolutizzare la suddetta terapia quale modello assistenziale, trascurando la molteplicità degli interventi previsti a tal fine e la necessità di coordinarli entro un progetto unitario che vede il coinvolgimento di tutti gli attori (familiari, scolastici, sanitari) del complessivo percorso di cura.

14. Prosegue la parte appellante lamentando che il CTU non ha tenuto in alcun modo conto delle indicazioni delle Linee Guida che prescrivono un intervento intensivo tra le 20 e le 40 ore settimanali.

14.1. La deduzione non può essere accolta, considerando che anche la più recente versione delle Linee Guida chiarisce che:

Il Panel ha ampiamente discusso la possibilità di indicare il numero minimo e/o massimo di ore per l’intervento comprensivo basato sui principi dell’ABA ed ha verificato che la letteratura attualmente disponibile non riporta dati che permettano di indicare una intensità (numero di ore) ottimale. A questo proposito, già la LG 21 (pag.54) riportava la non disponibilità “… di dati su quale dovrebbe essere il numero di ore ottimale erogato settimanalmente per evitare il rischio di un training eccessivamente intensivo e stancante.” Il Panel concorda che l’estrema eterogeneità dell’espressione clinica del disturbo dello spettro autistico impedisce di formulare una indicazione standardizzata del numero di ore di intervento ABA comprensivo necessario”.

14.2. E’ vero che le Linee Guida, come sottolinea anche la parte appellante, danno atto che il Panel, “sulla base della propria esperienza e professionalità, evidenzia una significativa correlazione tra l’intensità dell’intervento e i bisogni di supporto del bambino e adolescente con ASD”: tuttavia, nella fattispecie in esame, non è offerto alcun elemento indicativo della insufficienza del trattamento previsto dalla ASL rispetto al bisogno assistenziale del minore, non essendo sufficiente la generica affermazione attorea della inadeguatezza del numero di ore di terapia da essa indicato.

14.3. Allo stesso modo, non sono offerti dalla parte ricorrente specifici argomenti per dimostrare che il piano predisposto dalla ASL non sia individualizzato in relazione alle caratteristiche dell’assistito e non preveda il coinvolgimento di tutti gli ambiti di vita del bambino/adolescente (ovvero educativo, sanitario e familiare), limitandosi essa a sostenere che un numero di sole 7 ore settimanali non possa consentire di svolgere un intervento adeguato a garantire la salute del minore ed il suo pieno sviluppo psico-fisico.

Premesso che anche il piano terapeutico predisposto dalla ASL contempla un intervento destinato a ricevere attuazione nei diversi contesti di vita del minore, deve invero ribadirsi che la tesi della parte appellante si fonda sulla generica deduzione della inadeguatezza del numero di ore di terapia in cui esso si articola, senza tuttavia fornire alcune precisa indicazione tecnico-scientifica a dimostrazione di quanto sostenuto.

15. Allega ancora la parte appellante che il CTU, omettendo di indicare – come richiesto dal CTP – le fonti scientifiche a sostegno di un intervento che preveda sole 7 ore settimanali, rileva che l’intervento intensivo di 30-40 settimanali richiesto sarebbe importato dal sistema anglosassone e non praticabile in Italia, altresì evidenziando che il bambino a scuola è affiancato dalle figure dell’insegnante di sostegno e AEC.

Deduce in proposito la parte appellante che essa ha chiesto con il ricorso introduttivo di ricevere un intervento di 20 ore settimanali, ripartite in tutti i contesti in cui si svolge la vita del bambino (casa, scuola, attività sportiva ecc.), e non un intervento di 30 o 40 ore settimanali, e ribadisce che il CTU ha omesso di spiegare le ragioni cliniche per le quali l’intervento di 7 ore settimanali risponderebbe alle esigenze terapeutiche del minore.

15.1. La censura non può essere accolta.

15.2. Deve in primo luogo osservarsi che, alla data in cui è stata svolta la CTU, il minore aveva pressoché compiuto gli 8 anni.

Ebbene, uno studio di prognosi richiamato dalle Linee Guida 21, inteso ad indagare il rapporto tra due variabili indipendenti – l’età al momento dell’ingresso nel programma e l’intensità del programma (espressa in numero di ore/mese di intervento, rapporto 1 a 1 con l’operatore) – con la variabile dipendente “numero di obiettivi comportamentali raggiunti mensilmente” tra quelli che l’intervento si pone, ha evidenziato, pur con i limiti ad esso connaturati ed evidenziati nelle medesime Linee Guida, che “un incremento nelle ore di trattamento erogate e un decremento dell’età del soggetto sono predittori di un incremento nel numero di obiettivi comportamentali appresi mensilmente”, aggiungendo che “tuttavia, a seconda della fascia di età del bambino, sono identificati diversi andamenti di questa relazione:

– i bambini più piccoli (2-5 anni) mostrano la maggiore risposta all’intervento di bassa intensità e un livello di risposta simile ai bambini della fascia di età mediana (5-7 anni) all’intervento ad alta intensità; i bambini di entrambe queste fasce di età mantengono la relazione lineare tra l’incremento dell’intensità del trattamento e l’incremento proporzionale nell’outcome raggiunto.

– i bambini di età maggiore (7-12 anni) non mostrano questa relazione lineare, cioè l’incremento dell’intensità dell’intervento non determina un incremento nell’outcome raggiunto; i soggetti in questa fascia di età raggiungono una media di 17 obiettivi comportamentali al mese, indipendentemente dall’intensità dell’intervento ricevuto”.

15.3. Anche le due metanalisi richiamate nelle medesime Linee Guida, le quali “hanno indagato il ruolo di variabili indipendenti nel modificare l’efficacia dell’intervento EIBI, quantificando in termini di associazione statistica la correlazione tra la presenza o meno di una variabile indipendente e il modificarsi dell’entità dell’effetto osservato”, considerando come variabili indipendenti considerate quelle relative all’intervento erogato (intensità in ore a settimana, durata, presenza o assenza di training ai genitori) e quelle relative alla popolazione (caratteristiche del bambino al momento di iniziare l’intervento), mostrano risultati non sempre concordi, in quanto, per quanto riguarda in particolare la variabile “intensità del programma”, essi sono convergenti nel rilevare un’associazione statisticamente positiva tra l’intensità del programma e i miglioramenti ottenuti nell’area dei comportamenti adattativi, mentre forniscono risultati contraddittori per quanto riguarda le abilità intellettive (QI totale) ed affermano che non si riscontra alcuna associazione statistica tra l’intensità del programma e gli esiti nel linguaggio, fermo restando che “non sono disponibili dati su quale dovrebbe essere il numero di ore ottimale erogato settimanalmente per evitare il rischio di un training eccessivamente intensivo e stancante”.

15.4. Dalle citate Linee Guida, quindi, con particolare riguardo all’età (attuale) del minore, non è dato evincere con certezza una correlazione statisticamente evidente tra l’intensità del trattamento ed il raggiungimento di significativi risultati in termini di miglioramento dei parametri clinici rilevanti.

15.5. Quanto alla lamentata mancata indicazione da parte del CTU dei fondamenti clinico-scientifici del suo convincimento, deve osservarsi che essi sono desumibili dalle considerazioni svolte al par. “Discussione e risposta ai quesiti”, laddove si pone in evidenza che “alla luce dei dati ottenuti attraverso la raccolta anamnestica, l’analisi degli atti e l’osservazione clinica diretta del minore, è possibile affermare che il minore (omissis) è affetto da Disturbo dello Spettro Autistico Livello 1 di gravità lieve (DSM-5)” e che “la storia evolutiva della sintomatologia correlata alla condizione clinica (omissis) appare caratterizzata da un progressivo e costante miglioramento delle varie abilità quali il linguaggio, alcune autonomie individuali, le competenze relazionali come anche la comprensione e i prerequisiti scolastici”: è infatti ragionevole ritenere che il miglioramento del quadro clinico del minore, sulla scorta dell’intervento riabilitativo in atto così come proposto dalla ASL, dimostri l’efficacia e l’adeguatezza di quest’ultimo.

La stessa relazione dell’(omissis) evidenzia che “dall’aggiornamento anamnestico effettuato, in accordo con l’osservazione clinica diretta, emerge una positiva modulazione del quadro clinico generale del bambino, con espansione delle abilità socio-comunicative e riduzione dei pattern comportamentali maggiormente disfunzionali evidenti nella precedente valutazione. Si registra la persistenza di difficoltà nell’area linguistica e della comunicazione sociale, quali difficoltà nelle abilità narrative, nel mantenimento prolungato della relazione e nella reciprocità di scambio dialogico, associate ad alcuni tratti di rigidità cognitiva, che interferiscono lievemente con il funzionamento generale del bambino”.

15.6. Il successivo peggioramento che, come deduce la parte appellante, avrebbe interessato la condizione clinica del minore, tale da determinare il passaggio al livello 2 di gravità, non è rilevante ai fini della valutazione della legittimità del piano terapeutico elaborato dalla ASL nel 2023, assumendo eventualmente rilievo ai fini dello scrutinio, estraneo al presente giudizio, dei piani successivamente predisposti dall’Amministrazione (cfr., in particolare, la relazione clinica della ASL Roma 3 del 9 gennaio 2025, allegata all’atto di appello).

15.7. Né può trascurarsi che i documenti prodotti dalla parte appellante in allegato al ricorso di appello, lungi dall’arricchire – indipendentemente dalla loro ammissibilità – il quadro istruttorio in senso ad essa favorevole, corroborano la correttezza della soluzione raggiunta dal CTU.

In particolare, quanto alla relazione dello studio (omissis) del 9 ottobre 2024, essa “consiglia di proseguire l’intervento riabilitativo in atto, mantenendo l’approccio globale ed orientamento cognitivo comportamentale”, senza formulare alcuna proposta di incremento della relativa intensità.

16. Il successivo motivo di appello si sofferma sulla efficacia terapeutica del metodo ABA e sulla sua rilevanza quale modalità di trattamento dell’autismo normativamente riconosciuta, ai fini del soddisfacimento del diritto alla salute del soggetto che ne sia affetto.

Esso non è tuttavia in grado di porre in evidenza alcuno specifico vizio a carico della sentenza appellata, che come si è detto, sulla base dell’excursus normativo operato dal T.A.R., muove proprio dal presupposto della astratta e potenziale valenza terapeutica della suddetta metodologia, pur giungendo alla reiezione del gravame sulla scorta della immunità del piano terapeutico della ASL, quanto alla concreta declinazione temporale del trattamento previsto, dai vizi dedotti.

17. La parte appellante contesta anche la statuizione del T.A.R. di parziale accoglimento della domanda risarcitoria, relativamente alle spese sostenute dai ricorrenti al fine di garantire al minore le cure necessarie nelle more della predisposizione del piano terapeutico da parte della ASL, “a decorrere dalla data del 17 maggio 2022 –data della certificazione a firma della dott.ssa (omissis) del TSMREE che attesta la necessità di terapia cognitivo comportamentale, logoterapica, neuropsicomotricità, e a seguito della quale i genitori hanno provveduto all’inserimento del minore nelle Liste d’attesa per l’erogazione della terapia -sino alla effettiva presa in carico da parte della Asl, in esecuzione del Piano dalla stessa redatto”, lamentando che la decorrenza della pretesa risarcitoria avrebbe dovuto farsi coincidere con la diversa data dell’8 aprile 2021, ovvero dalla prima prescrizione della dott.ssa (omissis) della ASL Roma 3, la quale certificava che il bambino “necessita di terapia cognitivo comportamentale”.

17.1. La domanda è meritevole di accoglimento, dal momento che, come evidenziato dalla parte appellante, la prima certificazione del TSMREE attestante la necessità di praticare al minore la terapia comportamentale risale all’8 aprile 2021 (all. n. 1 del ricorso introduttivo del giudizio): pertanto, a decorrere da tale data, e limitatamente alle spese documentate dai ricorrenti, deve essere accolta, ad integrazione del relativo dispositivo recato dalla sentenza appellata, la domanda risarcitoria avanzata dai ricorrenti.

18. La parte appellante contesta anche la decisione del T.A.R. di porre a carico della stessa le spese relative allo svolgimento della CTU, richiamando i precedenti giurisprudenziali di segno contrario, intesi ad evidenziare la funzione della CTU di ausilio del giudice nell’interesse di entrambe le parti del giudizio, e chiedendo che il relativo onere, cui essi hanno assolto nelle more, venga quantomeno posto a carico di entrambe le parti della controversia.

18.1. La censura è meritevole di accoglimento, dal momento che, avendo il T.A.R. ritenuto di avvalersi di un CTU ai fini della risoluzione della controversia, l’esigenza del relativo svolgimento deve imputarsi anche alla ASL intimata, la quale evidentemente non ha offerto in giudizio gli elementi necessari a corroborare la correttezza del provvedimento adottato: tuttavia, l’esito negativo per i ricorrenti del giudizio di primo grado induce a ripartire tra gli stessi e la ASL il relativo onere, nella misura della metà per ciascuno, con il conseguente diritto dei ricorrenti di rivalersi nei confronti dell’Amministrazione per la quota di sua competenza.

19. Infine, va respinta la censura diretta a contestare la statuizione compensativa delle spese del giudizio di primo grado ugualmente recata dalla sentenza appellata, atteso che, se è vero che la ASL è virtualmente soccombente in relazione alla domanda formulata con il ricorso introduttivo del giudizio, intesa a lamentare la mancata predisposizione da parte della stessa del piano individualizzato a favore del minore, diverso esito ha conseguito la domanda di annullamento formulata con i motivi aggiunti.

20. L’esito solo parzialmente favorevole ai ricorrenti dell’appello giustifica la compensazione delle spese anche relativamente al giudizio di secondo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, lo accoglie in parte, nei sensi e con gli effetti precisati in motivazione, e lo respinge per il resto.

Applica alla parte appellante la sanzione di cui all’art. 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a., in aggiunta al contributo unificato, nella complessiva misura di € 100,00.

Spese del giudizio di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2025 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

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