Svolgimento del processo
1.1. Con avviso di accertamento del 19 ottobre 1988, l’Ufficio II DD. competente ha rettificato le dichiarazioni dei redditi, relative all’anno 1983, dei coniugi (omissis) e (omissis), soci della società “(omissis) s.a.s. di (omissis), (omissis) & C.”, recuperando a tassazione, ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 597/73, il maggior reddito di partecipazione, come conseguenza dell’accertamento operato a carico della società partecipata, a seguito di verifica fiscale generale effettuata dalla guardia di finanza, che aveva, tra l’altro, acquisito documentazione extracontabile sulla base della quale è stato poi ricostruito il maggior reddito della società.
Entrambi i contribuenti hanno impugnato gli atti di rettifica, ottenendo in primo grado una riduzione del reddito loro imputabile, come conseguenza di analoga decisione pronunciata nel giudizio promosso direttamente dalla società.
La decisione di primo grado è stata impugnata sia dai contribuenti che dall’Ufficio e la Commissione Tributaria di secondo grado, ha accolto l’appello dei primi, ritenendo illegittima l’acquisizione della documentazione extracontabile e l’utilizzazione del metodo di accertamento induttivo.
L’Ufficio, quindi, ha proposto vittoriosamente ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Centrale, la quale, con la pronuncia specificata in epigrafe, ha ritenuto legittimo l’operato dell’Ufficio, atteso che l’accertamento a carico della società comporta il conseguente recupero a carico dei soci.
1.2. La (omissis) ed il (omissis) hanno proposto separatamente ricorso contro il Ministero delle finanze per la cassazione della sentenza specificata in epigrafe, deducendo i seguenti, identici motivi:
a) violazione dell’art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1973, in quanto la documentazione extracontabile, sulla quale è basato l’accertamento nei confronti della società partecipata, sarebbe stata rinvenuta in una borsa, aperta senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria, così come dispone, invece, il comma 3 del citato art. 52;
b) violazione dell’art. 39 D.P.R. n. 600/1973, sotto diversi profili:
aa) dalla motivazione dell’atto di rettifica non si comprenderebbe il metodo di accertamento adottato;
bb) la motivazione della rettifica sarebbe comunque carente, sia che si tratti di accertamento analitico, sia che si tratti di accertamento induttivo;
cc) mancherebbe la prova della inattendibilità della documentazione ufficiale, presupposto dell’accertamento induttivo;
dd) la rettifica non troverebbe conforto nella documentazione extracontabile acquisita.
1.4. Il Ministero non si è costituito.
Motivi della decisione
2.1. Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi proposti dalla Minelli e dal Bottaro, avendo ad oggetto la medesima decisione.
2.2. Nel merito, premesso che “nella ipotesi di accertamento dei redditi nei confronti di una società in accomandita semplice notificato alla sola società, e non ai soci, il socio accomandante, che è privo della legittimazione processuale nel giudizio relativo a tale accertamento, ha comunque il diritto di contestare l’accertamento del suo reddito di partecipazione, anche in caso di intervenuta definitività dell’accertamento del reddito societario” (Cass. 7425/2001), le censure prospettate dai ricorrenti non possono trovare accoglimento.
2.3. La censura relativa alla pretesa illegittima apertura coattiva della valigetta contenente la documentazione extracontabile è irrilevante. Infatti, “l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi in mancanza di una specifica previsione in tal senso. Pertanto, gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica della attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei documenti stessi e dei limiti di utilizzabilità derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico” (Cass. 8344/2001). Allorquando il legislatore ha inteso stabilire il principio della inutilizzabilità degli elementi utili ai fini dell’accertamento, lo ha sancito espressamente. Infatti, nello stesso art. 52, comma 5, D.P.R. 633/72, dispone che “non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa” i libri, le scritture e i documenti sottratti alla ispezione.
Il fatto che talune violazioni non comportano la sanzione specifica della inutilizzabilità degli elementi irritualmente acquisiti, non significa che la violazione sia priva di conseguenze e che, quindi, la norma sia tamquam non esset. In casi del genere, infatti, le conseguenze sanzionatorie ricadono direttamente sull’autore dell’illecito, sul piano disciplinare e, se del caso, sul piano della responsabilità civile e penale. Non sarebbe giusto che una prova oggettivamente ammissibile, non possa essere utilizzata a causa della negligenza di chi l’ha acquisita. Questo ne dovrà rispondere nelle sedi competenti, mentre la prova non subisce gli effetti della illegittimità, come conseguenza necessaria della eventuale illiceità della acquisizione. Si tratta di due diversi profili (uno soggettivo e l’altro oggettivo) che non vanno confusi” (Cass. 8344/2001).
2.4. Tutte le altre censure, che riguardano direttamente l’atto di accertamento e la sua motivazione, attengono al merito. Né potrebbero essere esaminate in questa sede come eventuale vizio di motivazione della sentenza impugnata, atteso che il ricorso in esame, avverso una decisione della C.T.C., è stato proposto ai sensi dell’art. 111 Cost., per violazione di legge.
2.5. Conseguentemente, i ricorsi devono essere rigettati. Nulla è dovuto per le spese, non essendosi costituita la parte vittoriosa.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2001.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2002
