Massima

In un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo fondato su crediti derivanti da un contratto di procacciamento d’affari, il percorso procedurale può essere caratterizzato da una questione preliminare di competenza per materia. Sebbene il giudice ordinario inizialmente adito possa ritenere applicabili le norme sul rito lavoro (art. 409 c.p.c.) in considerazione del contenuto del contratto e rimettere la causa alla Sezione Lavoro, quest’ultima può successivamente escludere la propria competenza funzionale (e talvolta territoriale) ritenendo la vertenza propria del Tribunale Ordinario.

Supporto alla lettura

Opposizione decreto ingiuntivo

L’opposizione a decreto ingiuntivo (articolo 653 codice di procedura civile) è quella fase che viene avviata dal debitore ingiunto a seguito della notifica del decreto ingiuntivo e che deve essere proposta nel termine di quaranta giorni che decorrono dalla notifica stessa. Il termine è perentorio, ossia il debitore deve avviare la fase di opposizione entro questo termine, diversamente non può più farlo e quanto stabilito nel decreto ingiuntivo stesso diventa “incontrovertibile”.

Sul tema della Riforma Cartabia e dell’opposizione al decreto ingiuntivo nella disciplina della mediazione trattato nel nuovo articolo 5 bis del decreto legislativo n. 28/2010, si ricorda che questa novità entrerà in vigore a partire dal 30 giugno 2023.  Questa innovazione si è resa necessaria dopo una lunga querelle sorta sulla corretta individuazione della parte a cui spetta l’onere di avviare la mediazione dopo l’opposizione a decreto ingiuntivo. Pertanto la Riforma Cartabia all’interno dell’art. 5 bis chiarisce una questione di estrema importanza.  Il nuovo art. 5 bis dispone nello specifico che, quando una delle azioni per le quali il precedente art. 5 prevede la mediazione come condizione di procedibilità, viene avviata con il ricorso per decreto ingiuntivo, nel successivo procedimento di opposizione l’onere di avviare la mediazione è a carico del creditore, ossia del soggetto “che ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo.”

Ambito oggettivo di applicazione

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

In data 30 Maggio 2017 il Sig. (omissis) notificava alla società (omissis) il decreto ingiuntivo n. 3244/2017 del 29 Maggio 2017, R.G. 7827/2017, emesso dal Tribunale di Brescia, con cui veniva ingiunto alla predetta società il pagamento della somma di € 9.000,00, per le mensilità decorrenti dal mese di aprile 2016 sino a dicembre del 2016, in relazione al contratto di procacciatore di affari stipulato tra le parti.

Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo tempestivamente notificato, la società (omissis) conveniva in giudizio il sig. (omissis), per sentir accogliere le seguenti conclusioni:

ogni avversa istanza, eccezione e deduzione reietta, piaccia all’Ill.mo Tribunale adito:

– in via pregiudiziale e preliminare: accertate e verificate che nei rapporti concernenti, anche il procacciamento di affari il si applicano le norme di cui all’art. 409 c.p.c., ossia il rito lavoro, dichiarare l’incompetenza per materia del Tribunale di
Brescia, che ha emesso il decreto ingiuntivo n. 3244/17 del 29.05.2017, n. 7827/2017 RG, a favore del Tribunale di Brescia – Sezione lavoro, e per l’effetto dichiarare nullo il medesimo.

– in via preliminare: accertate e verificate le circostanze di cui in narrativa, alla luce anche delle argomentazioni sia in fatto sia in diritto in conseguenza della documentazione prodotta, delle contestazioni sollevate, visto che l’opposizione si basa su prova scritta e di pronta soluzione, per l’effetto non concedersi la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 3244/2017 del 29.05.2017, RG n. 7827/2017 emesso in data 27.05.2017 dal Tribunale di Brescia – Giudice Dott.ssa (omissis),

– in via principale e nel merito: in ogni caso, fermo quanto sopra, per tutte le ragioni, eccezioni, deduzioni nonché per la documentazione prodotta, e per quanto emergerà in corso di causa, per l’effetto dichiarare nullo e/o improduttivo di effetti, e/o inefficace e comunque revocare il decreto ingiuntivo n. 3244/2017 del 29.05.2017, RG n. 7827/2017 emesso in data 27.05.2017 dal Tribunale di Brescia – Giudice Dott.ssa (omissis), nei confronti dell’opponente stante l’infondatezza della domanda in quanto illegittima, infondata e non dovuta sia in fatto sia in diritto;

– in via subordinata: nell’ipotesi denegata che venisse accertato un qualsivoglia diritto da parte dell’opposta al ricevimento di somme di danaro in relazione al contratto sottoscritto con l’opponente in narrativa, stante le contestazioni sollevate dalla (omissis) e previi gli opportuni accertamenti, ridurre l’importo con liquidazione di giustizia e/o equitativa da parte del Giudice;

Instaurato il contradditorio, si costituiva il signor (omissis) chiedendo la conferma del decreto in quanto validamente emesso e, in subordine, di condannare la società opponente al pagamento dell’importo di €. 9.000,00 oltre interessi di cui al d.lgs. 231/02 dalla scadenza delle singole fatture al saldo effettivo, per le causali e per i motivi di cui in narrativa.

La causa rubricata al n° 10820/2017 RG veniva assegnata al Giudice Dott.ssa (omissis), che all’udienza del 16 novembre 2017, rilevato che la fattispecie rientrava nell’ambito dell’art. 409 c.p.c. tenuto conto del contenuto del contratto di procacciatore di affari stipulato tra le parti, mandava al Presidente del Tribunale l’assegnazione del fascicolo al Tribunale del Lavoro.

Assegnata la causa alla Sezione Lavoro, con ordinanza datata 31 Gennaio 2019 il Giudice del Lavoro ritenendo che la vertenza non rientrasse “nell’ambito della competenza funzionale del Giudice del lavoro, bensì in quella del Tribunale Ordinario”, ritenendo altresì che il Giudice del Lavoro del Tribunale di Brescia non risultasse “in ogni caso territorialmente competente a decidere della controversia essendo il sig. (omissis) domiciliato nella circoscrizione del Tribunale di Verona non essendo valide le clausole convenzionali che derogassero al foro individuato dal legislatore”, mandava al Presidente del Tribunale per le determinazioni di competenza.

La causa veniva quindi assegnata a questo giudice.

Alla udienza di prima comparizione il giudice istruttore non concedeva la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto.

Indi, concessi su richiesta delle parti i termini di cui all’art. 183, 6 comma c.p.c., non venivano ammessi i capitoli di prova dedotti da entrambe le parti.

All’udienza dell’ 8 Giugno 2023 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti con concessione dei termini per il deposito di memorie conclusionali e comparse di replica.

* * *

Dalla lettura della documentazione prodotta da entrambe le parti con specifico riguardo ai rapporti intrattenuti tra di loro emergono le seguenti emergenze.

In data 9 Marzo 2015 (omissis) stipulava con la società (omissis) un contratto denominato contratto d’opera (All. 1 fasc. ingiungente). Premesso che “la ditta committente svolge l’attività di (omissis) e che il collaboratore ha una specifica conoscenza di materiali di edilizia e di vendita e che è intenzione del committente avvalersi dell’attività del collaboratore in qualità di lavoro autonomo per l’attività di procacciatore occasionale di affari”, le parti stabilivano che avrebbe prestato la propria attività lavorativa con riconoscimento di: € 500,00 netti più una provvigione del 5% sul risultato delle ricerche di mercato. Le spese sarebbero rimaste a carico del collaboratore.

In data 30 Giugno 2015 Il signor (omissis) e la società (omissis) sottoscrivevano un nuovo contratto avente ad oggetto il conferimento dell’incarico di procacciatore d’affari al signor (omissis), di durata semestrale dal 1 Luglio 2015 al 31 Dicembre 2015 (all. 2 fasc. ingiungente). Quanto al compenso veniva stabilito che: ”sugli affari andati a buon fine conclusi su indicazione del procacciatore di affari, verrà riconosciuta una provvigione parti al 5% e un compenso fisso pari a 1000,00 euro. Tale compenso è inclusivo di tutte le spese sostenute dal procacciatore d’affari.”

In data 28 Dicembre 2015 (all 3 fasc. ingiungente) il signor (omissis) e la società (omissis) sottoscrivevano un nuovo contratto avente ad oggetto il conferimento dell’incarico di procacciatore d’affari al signor (omissis). Quanto al compenso veniva stabilivano alla clausola n. 5: ”sugli affari andati a buon fine conclusi su indicazione del procacciatore di affari, verrà riconosciuta una provvigione parti al 5% e un compenso fisso pari a 1000,00 euro. Tale compenso è inclusivo di tutte le spese sostenute dal procacciatore d’affari […]”.

Quanto alla durata veniva stabilito alla clausola n. 6 “il presente contratto avrà termine il 31/12/2016 con inizio a partire dal 1/01/2016. Potrà essere tacitamente rinnovato salvo disdetta da comunicarsi, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno tre mesi prima dello spirare del termine convenuto”.

Con missiva del 22 aprile 2016 inviata via raccomandata dalla società (omissis) a (omissis) la predetta società dichiarava la cessazione del conferimento incarico di procacciatore di affari “in ragione del fato che sino a oggi nessuna segnalazione è avvenuta in merito ad eventuali contratti a favore della nostra società”.

(omissis) inviava le seguenti fatture:

  • Fattura n. 4 del 30.04.2016 importo € 1.000,00 per compenso provigionale per segnalazioni clienti;
  • Fattura n. 5 del 31.05.2016 importo di € 1.000,00 per compenso provigionale per segnalazioni clienti;
  • Fattura n. 06 del 30.06.2016 importo di € 1.000,00 per compenso;
  • Fattura n. 07 del 31.07.2016 importo di € 1.000,00 per compenso;
  • Fattura n. 9 del 30.08.2016 importo di € 1.000,00 per compenso;
  • Fattura n. 10 del 30.09.2016 per importo di € 1.000,00 per compenso;
  • Fattura n. 15 del 31.10.2016 per importo di € 1.000,00 per compenso;
  • Fattura n. 18 del 30.11.2016, per importo di € 1.000,00 per compenso;
  • Fattura n. 19 del 31.12.2016 per importo di € 1.000,00 per compenso.

Con e-mail del 6 maggio 2016 (omissis) in seguito all’invio della fattura di (omissis), la società preponente ne contestava la validità tenuto conto che: “il rapporto è cessato in data 22-4-2016 e che da allora non sono pervenute segnalazioni”.

* * *

In mancanza di specifiche allegazioni in ordine al concreto svolgimento del rapporto contrattuale intercorso tra le parti in causa, tenuto conto dei contratti prodotti, l’attività svolta appare inquadrabile in quella del procacciamento d’affari.

In questa sede non viene dedotto che tra le parti intercorre un rapporto di natura diversa.

Quella del procacciatore di affari è, come noto, una figura atipica i cui connotati vanno individuati di volta in volta, avendo riguardo al concreto atteggiarsi del rapporto e, in particolare, alla natura dell’attività svolta e agli accordi concretamente intercorsi (cfr. Cass. n. 12651 del 2020; Cass. n. 14582 del 2007).

Tale attività si caratterizza per l’assenza di imparzialità propria della mediatore e della stabilità del rapporto dell’agente, pur avendo in comune con l’una e l’altra fattispecie negoziale la natura dell’attività svolta, consistente nella promozione della conclusione di un affare tra terzi.

Mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale, nel senso che effettua una prestazione che non corrisponde ad una necessità giuridica (manca l’obbligo di effettuarla) ma dipende esclusivamente dalla sua iniziativa (Cass n. 21484 / 2007 e n. 13629 / 2005). Il rapporto di agenzia e il rapporto di procacciamento di affari non si distinguono solo per il carattere stabile del primo e facoltativo del secondo, ma anche perché il rapporto di procacciamento di affari è episodico, ovvero limitato a singoli affari determinati, è occasionale, ovvero di durata limitata nel tempo ed ha ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e non l’attività promozionale di conclusione di contratti (così, per tutte, Cass. 28.8.2013 n. 19828 e Cass. 2.2.2016, n. 1974, con i precedenti ivi richiamati).

Sul presupposto che rappresenta elemento comune a tale fattispecie contrattuale, alla mediazione e all’agenzia, un’attività di intermediazione diretta a favorire tra terzi la conclusione di un affare, consegue l’applicabilità, in via analogica al caso di specie, delle disposizioni del contratto d’agenzia e del mediazione, relative all’insorgenza del diritto alla provvigione allorquando l’affare è concluso per effetto dell’intervento del procacciatore (cfr., Cass. n. 18489/2020; Cass. 11244/1996, n. Cass. 9743/1994). Nondimeno tanto in tema di mediazione, quanto in tema di procacciamento di affari, deve ritenersi consentita alle parti, nella libera esplicazione della loro autonomia negoziale, la facoltà di derogare alla disciplina codicistica – che impone la corresponsione della provvigione al mediatore per il solo fatto che il contratto sia stato concluso per il suo intervento – e stabilire che il pagamento della provvigione stessa sia subordinato, invece, al buon fine dell’affare, Cass. 16 luglio 2002 n. 10286).

Nella fattispecie (omissis) ha chiesto il pagamento delle fatture n. 4 del 30.04.2016 , n. 5 del 31.05.2016, n. 06 del 30.06.2016, n. 07 del 31.07.2016 importo di €. 1.000,00 per compenso n. 9 del 30.08.2016; n. 10 del 30.09.2016; n. 15 del 31.10.2016; n. 18; n. 19 del 31.12.2016 ciascuna avente ad oggetto l’importo di €. 1.000,00 per compenso provvisionale..

In sede di opposizione (omissis) contestava la legittimità del recesso (“arrogandosi così – sua sponte – il diritto di recedere dal contratto in essere senza alcuna fondata giustificazione”), ribadendo che allo stesso spettava il riconoscimento del compenso fisso mensile pari ad € 1.000,00 legalmente previsto e accordato tra le parti nel contratto de quo, comprensivo delle spese da lui sostenute al fini della propria attività.

Richiamava l’art 2237 c.c. secondo cui “il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta. Il prestatore d’opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l’opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente.” Rimarcava come egli avesse sempre prestato la propria professionalità ed attività a favore dell’opponente (omissis) con serietà e correttezza, nel pieno rispetto delle modalità, caratteristiche ed obblighi secondo quanto legalmente e accordatamente pattuito tra le parti.

Premesso che il signor (omissis) non ha chiesto espressamente accertarsi l’eventuale illegittimità del recesso, tale domanda può essere ritenuta implicita stando alle argomentazioni svolte in parte motiva.

Ora, tenuto conto della qualificazione operata, la previsione di una durata minima senza possibilità di recesso e la previsione di un minimo provvigionale garantito non avrebbero giustificazione alcuna nell’ambito di un rapporto meramente occasionale. Trattandosi di un rapporto occasionale senza obblighi alcuni, non vi è ostacolo a ritenere una libera facoltà di recesso in capo ad ambedue le parti.

La previsione della durata con un tacito rinnovo salvo disdetta, appare più che altro volta al mantenimento delle condizioni concordate e non a determinare una stabilità del rapporto incompatibile con la figura di procacciatore di affari.

Nondimeno anche a volere qualificare il rapporto come agenzia, il recesso sarebbe sempre possibile in presenza di giusta causa.

Nella specie a fronte del recesso dipeso dalla mancanza di segnalazioni giunte, l’attore non ha dimostrato, di avere posto in essere tale attività. La circostanza di prova di cui al capitolo 6 della memoria istruttoria (6) Vero che il sig. (omissis) ha sempre prestato la propria professionalità ed attività a favore di (omissis) con serietà e correttezza, nel pieno rispetto delle modalità, caratteristiche ed obblighi secondo quanto legalmente e accordatamente pattuito tra le parti) è all’evidenza valutativa, demando al teste un giudizio. Non risulta infatti provato in concreto come si sarebbe tradotta la prestazione resa. Né, trattandosi di circostanza negativa, tale prova può essere data dalla controparte.

Tenuto conto che il recesso appare legittimo, non sono dovuti al procacciatore i compensi , quantomeno da maggio 2016 in poi.

Per quanto attiene Aprile 2016, si ritiene che in base alla clausola n. 5 non può essere comunque riconosciuto un compenso in ragione delle previsioni contrattuali.

Dal punto di vista letterale con l’espressione “sugli affari andati a buon fine conclusi su indicazione del procacciatore di affari, verrà riconosciuta una provvigione parti al 5% e un compenso fisso pari a 1000,00 euro”, le parti hanno inteso subordinare il compenso in misura percentuale e in misura fissa al buon esito degli affari. In altri termini le parti risultano avere stabilito che il compenso provvigionale avesse una parte variabile legata al risultato e una parte fissa, quest’ultima anche a titolo di rimborso spese, ma che fosse connesso al buon esito degli affari.

Anche volendo accedere ad una diversa interpretazione secondo cui l’inciso “sugli affari andati a buon fine conclusi su indicazione del procacciatore di affari” riguardasse solo la parte variabile del compenso, il riconoscimento della parte fissa presupporrebbe comunque la prova dello svolgimento della prestazione, cioè quantomeno che durante il mese di Aprile 2016 il signor (omissis) avesse continuato ad inviare segnalazioni sostenendo spese. Circostanze rimaste invece indimostrate.

E’ quindi accertato che (omissis) nulla deve a (omissis).

L’opposizione va pertanto accolta con revoca del decreto ingiuntivo.

Segue la condanna al pagamento delle spese di lite secondo la regola della soccombenza che vengono liquidate in € 3.387,00 (fase istruttoria e decisionale ai minimi), oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

Revoca il decreto ingiuntivo n° 3244/2017 del 29.05.2017, RG n° 7827/2017.

Condanna altresì la parte opposta a rimborsare alla parte opponente le spese di lite, che si liquidano come in parte motiva.

BRESCIA, 15 novembre 2023

Allegati

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