Massima

In tema di opposizione a preavviso di fermo amministrativo per crediti previdenziali, il ricorso proposto è suscettibile di rigetto definitivo e di valutazione della condotta processuale ai sensi dei principi di diligenza professionale (che fondano la responsabilità ex art. 96 c.p.c.), quando si palesa di assoluta genericità.

Supporto alla lettura

RESPONSABILITA’ AGGRAVATA

L’art. 96 c.p.c sanziona quel comportamento illecito della parte, poi risultata soccombente nel giudizio, che dia luogo alla c.d. “lite temeraria“, cioè quel comportamento della parte che nonostante sia consapevole dell’infondatezza della sua domanda o eccezione (mala fede), la propone ugualmente, costringendo la controparte a partecipare ad un processo immotivato.

Inoltre, viene sanzionata la mancanza di quel minimo di diligenza richiesta per l’acquisizione di tale consapevolezza (colpa grave).

La legge configura in tale comportamento una responsabilità aggravata, ossia una responsabilità che si aggrava in quanto, essendo fondata su un illecito, comporta l’obbligo di risarcire tutti i danni che conseguono all’aver dovuto partecipare ad un processo privo di fondamento alcuno.

Si tratta di un istituto posto a tutela dell’interesse di una delle parti a non subire pregiudizi a seguito dell’azione o resistenza dolosa o colposa dell’altra parte.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO

Con ricorso (dichiaratamente “redatto con supporto dell’intelligenza artificiale”) depositato in data 5.2.2025, la (omissis) in persona del legale rappresentante pro tempore, si è rivolta al Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del Lavoro, proponendo opposizione avverso la comunicazione del preavviso di fermo amministrativo di autovettura n. (omissis) notificatole il (omissis), facente riferimento, per quanto di competenza del Tribunale adito, ai seguenti atti propedeutici: “(omissis)”.

A fondamento dell’opposizione, ha eccepito: “la decadenza”, per omessa notifica delle cartelle esattoriali entro il termine previsto dalla legge; l’inidoneità, pertanto, dei predetti titoli esecutivi a fondare l’esecuzione forzata; “l’inesistenza delle notificazioni” e dunque “la prescrizione dei diritti” sottostanti, nonché, in ogni caso, “la prescrizione post notifica”; la formazione di “silenzio assenso, ai sensi dei commi 537-540, L. 228/2012” sull’istanza di sospensione presentata ad (omissis).

Sulla base di tali premesse, ha quindi concluso, chiedendo di “accogliere integralmente la domanda, annullando i provvedimenti opposti per tutte le motivazioni ivi narrate”.

Si è costituito in giudizio l’(omissis), eccependo la tardività del ricorso, in quanto non proposto entro il termine di venti 20 giorni dalla notifica degli atti presupposti, per proporre opposizione agli atti esecutivi, ex art. 417 c.p.c., ovvero nel termine di 40 giorni, per proporre opposizione all’esecuzione, ex art. 24 D. Lgs. 46/1999, sostenendo la regolarità della notifica di tutti gli atti presupposti e l’omessa impugnazione degli stessi. Ha poi eccepito il difetto della propria legittimazione passiva, in relazione all’eccezione di prescrizione successiva alla notifica degli atti presupposti, incombendo ad (omissis) la prova dell’esistenza di eventuali atti interruttivi.

Ha concluso, quindi, chiedendo il rigetto del ricorso.

Si è costituito in giudizio l’(omissis), eccependo l’inammissibilità dell’eccezione di decadenza, in quanto non sollevata entro il termine perentorio per proporre opposizione alle cartelle esattoriali, regolarmente notificate; l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione; il difetto di legittimazione passiva in relazione ai dedotti vizi della procedura esecutiva.

Si è costituita (omissis), eccependo il difetto della propria legittimazione passiva in relazione alle questioni attinenti alla fondatezza nel merito della pretesa creditoria sottostante ai titoli richiamati nel preavviso di fermo amministrativa; l’inammissibilità della domanda, in quanto non proposta entro il termine perentorio di 40 giorni dalla notifica degli atti presupposti, previsto dall’art. 24 D. Lgs. 46/1999. Sostenuta poi la correttezza dell’attività di riscossione posta in essere ed eccepita la genericità dell’eccezione di prescrizione, ha in ogni caso contestato la maturazione del termine di prescrizione.

In corso di causa l’(omissis) ha eccepito la nullità della procura rilasciata al difensore di parte ricorrente.

All’udienza odierna, all’esito della discussione delle parti, la causa è stata decisa con la presente sentenza di rigetto del ricorso, sulla base delle seguenti motivazioni.

*****

In merito all’eccezione preliminare di “inammissibilità del ricorso, per nullità della procura”, sollevata dalla difesa dell’(omissis), è appena il caso di richiamare il principio da ultimo espresso dalle SS.UU. della Cassazione, con sentenza n. 2077/2024, secondo cui, “In caso di ricorso […] nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici – al messaggio di posta elettronica certificata (p.e.c.) con il quale l’atto è notificato ovvero mediante inserimento nella ‘busta telematica’ con la quale l’atto è depositato – di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, comma 3, c.p.c., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso”.

Passando all’esame nel merito, va innanzi tutto premesso che il ricorso si connota per la sua assoluta genericità. Con esso si chiede l’annullamento dei “provvedimenti opposti”, costituiti dagli “atti propedeutici” al preavviso di fermo amministrativo di autovettura (notificato alla ricorrente in data 4.2.2025), elencati in premessa con il solo numero identificativo, senza che nell’atto introduttivo sia indicato l’ente creditore, né specificata la natura di tali atti (e dunque senza che sia chiarito se si tratti di cartelle di pagamento o di avvisi di addebito). Tale chiarimento invero è stato reso dalla parte ricorrente solo in sede di note autorizzate, con la specificazione degli atti presupposti costituenti cartelle di pagamento relative a premi (omissis), nonché degli atti presupposti costituenti avviso di addebito relativi a contributi (omissis). Né è stato chiarito (neppure in sede di note autorizzate, a seguito di espressa richiesta di chiarimenti) il periodo a cui si riferiscono i crediti sottostanti. A ciò deve aggiungersi poi che al ricorso sono allegati una serie di documenti (inseriti nel fascicolo telematico, senza alcun indice e senza alcun numero identificativo), neppure richiamati nell’atto introduttivo.

Considerato che la maggior parte degli atti presupposti sono avvisi di addebito e non già cartelle di pagamento, devono innanzi tutto farsi una serie di considerazioni.

Com’è noto, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni in L. 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto un nuovo sistema di recupero dei crediti (omissis), prevedendo l’abbandono della cartella esattoriale e introducendo l’avviso d’addebito con valore di titolo esecutivo.

Il nuovo sistema di riscossione si applica solo all’(omissis) e non agli altri Enti pubblici previdenziali ed esclusivamente per il recupero dei crediti accertati dall’(omissis) a partire dal 1° gennaio 2011, anche se di competenza di periodi antecedenti al 2011.

Rispetto al sistema previgente della cartella esattoriale, la principale novità dell’avviso d’addebito consiste nel fatto che dal 1° gennaio 2011 l’(omissis) non si avvale più del “ruolo” per recuperare i propri crediti (e dunque del meccanismo dell’iscrizione a ruolo del credito e della consegna del ruolo all’Agente di Riscossione), emettendo direttamente l’avviso di addebito, costituente titolo esecutivo.

Le censure attoree, relative alla mancata regolare formazione dei ruoli, sono dunque assolutamente non pertinenti relativamente ai crediti dell (omissis).

In merito, poi, all’eccezione di decadenza del pari sollevata dalla difesa dell’opponente, è appena il caso di ribadire che il nuovo sistema di riscossione, non prevedendo più l’iscrizione a ruolo, non implica più l’applicazione dell’art. 25, comma 1, D. Lgs.
46/1999, secondo cui l’ente impositore ha l’onere di iscrivere a ruolo i crediti entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello nel quale il credito stesso è accertato in via definitiva.

In ogni caso, ove si volesse ritenere che i termini di cui all’art. 25 citato si applichino ancora e che debbano intendersi riferiti alla notifica dell’avviso di addebito (con la conseguenza che la notifica dell’AVA dovrebbe essere effettuata entro il 31 dicembre
dell’anno successivo a quello nel quale il credito è stato accertato in via definitiva) e tenuto conto del fatto che comunque taluni atti presupposti sono cartelle di pagamento relative a crediti (omissis), dovrebbero farsi ulteriori considerazioni in merito alla validità della proposizione della relativa eccezione; considerazioni da estendersi invero anche alla eccezione di prescrizione così come formulata in ricorso.

Se è vero, infatti, che le eccezioni di decadenza e di prescrizione sono validamente proposte quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea (o addirittura l’omessa) individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale e finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni delle parti (v. Cass. 30303/2021; Cass. 15631/2016), è altrettanto vero che nel caso in esame non è stato neppure allegato quale sia la pretesa creditoria a cui si fa riferimento negli atti presupposti richiamati in premessa, rispetto alla quale il giudice, pur in difetto di specifica precisazione, sarebbe tenuto ad individuare la data di decorrenza della decadenza e della prescrizione e la durata dei relativi termini.

Né tale ricostruzione può essere operata ricorrendo alla documentazione allegata al ricorso, ma neppure richiamata all’interno dell’atto introduttivo.

Se, in virtù del principio di disponibilità delle prove, di cui all’art. 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione le prova proposte dalle parti, “non è peraltro sufficiente che una determinata circostanza sia acquisita al processo attraverso la produzione di un documento ad opera di una delle parti, perché il giudice possa utilizzarla come base del proprio convincimento, essendo piuttosto necessario che la parte, interessata a far valere tale circostanza, ne faccia oggetto della propria tesi difensiva, richiamandola al momento della produzione o anche successivamente per evitare preclusioni” (Cass. 2076/2002).

In merito poi alla eccepita omessa o comunque irregolare notifica degli atti presupposti, una volta esclusa la fondatezza dell’eccezione di prescrizione, non può che concludersi per l’inammissibilità di tale ulteriore eccezione.

L’interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c.) va, infatti apprezzato, apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento della domanda e non può consistere in un mero interesse astratto ad una corretta soluzione di una questione; sicché è inammissibile, per difetto di interesse, l’azione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali e il cui accoglimento non abbia alcun rilievo pratico (v. Cass. 13372/2008).

Ebbene, nel caso in esame, la parte ricorrente ha eccepito la nullità/inesistenza delle notifiche delle cartelle di pagamento e degli avvisi di addebito richiamati nel preavviso di fermo amministrativo, senza però aver validamente sollevato la connessa eccezione di prescrizione e senza aver in altro modo contestato nel merito la fondatezza della pretesa creditoria sottostante.

In altre parole, la sollecitata verifica dell’inesistenza e/o irregolarità delle notifiche non può essere strumentale ad alcun accertamento negativo del credito sottostante, rimanendo quindi fine a sé stessa.

In disparte ogni considerazione sul fatto che qui si verte di crediti aventi natura previdenziale e non tributaria, è, infine, del tutto irrilevante l’istanza di sospensione che la ricorrente afferma di avere presentato ex art. 1, commi 537-544, legge 228/2012,
trattandosi di istanza volta ad ottenere una generica “sospensione” della procedura esecutiva e non fondata sui motivi tassativi di cui al comma 538 dell’art. 1 cit., dunque come tale inammissibile.

Il citato comma 538, prevede infatti: “Ai fini di quanto stabilito al comma 537, entro novanta giorni dalla notifica, da parte del concessionario per la riscossione, del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa dal concessionario il contribuente presenta al concessionario per la riscossione una dichiarazione anche con modalità telematiche, con la quale venga documentato che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l’avviso per i quali si procede, sono stati interessati: a) da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo; b) da un
provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore; c) da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore; d) da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte; e) da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore; f) da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”.

Ebbene, la ricorrente, nella predetta istanza di sospensione, si è limitata a dedurre l’omessa notifica degli atti presupposti ed i vizi di motivazione degli stessi, che non rientrano tra le ipotesi tassative previste dalla norma. Ha poi eccepito la prescrizione e la decadenza, in termini però assolutamente generici e dunque neppure idonei a porre la destinataria dell’istanza in condizione di valutarne la fondatezza. Ha infine dedotto l’avvenuto pagamento di quanto richiesto negli atti presupposti, “come da quietanze allegate” (di cui non vi è traccia nel documento allegato).

Sulla base di tali considerazioni, deve ritenersi che non vi siano margini per accogliere il ricorso.

Seguono la soccombenza spese di lite, liquidate come in dispositivo (in applicazione dei parametri minimi DM 55/2014 e ss. modif, di cui alle controversie in materia previdenziale, scaglione di valore da 260.001 a 520.00, tenuto conto degli importi di cui agli atti presupposti così come indicati in ricorso) senza fase istruttoria.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, così provvede:

1. Rigetta il ricorso;

2. Condanna la ricorrente a rifondere alle parti resistenti le spese di lite, liquidate in euro 6.873,00, in favore di ciascuna, oltre IVA e CPA.

Roma, 25.9.2025.

Allegati

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