SVOLGIMENTO
Il ricorrente premette di aver avuto in concessione, in comodato gratuito, l’immobile identificato nel provvedimento impugnato e d’avere ivi realizzato delle opere consistenti in delle tettoie destinate al ricovero di materiali ed attrezzi agricoli.
L’ordinanza impugnata ha ingiunto sia ai proprietari sia al ricorrente, in qualità di esecutore materiale dei lavori, la demolizione delle suddette opere in quanto ritenute abusive, poiché realizzate in assenza di idoneo titolo autorizzativo.
Il ricorrente censura l’ordinanza de qua per motivi di illegittimità consistenti in violazione di legge laddove risulterebbero finalizzati esclusivamente all’adozione delle sanzioni definitive che comportano la perdita definitiva del bene da parte del ricorrente, senza alcuna valutazione della possibilità dell’adozione di sanzioni alternative di tipo pecuniario o che consentano la conservazione dell’edificato.
Nel caso di specie, si deduce che le opere consistono in n. 4 tettoie aperte su tre o quattro lati e destinate al deposito di materiali ed attrezzi per l’esercizio dell’attività agricola e si tratterebbe, quindi, di manufatti che non creano volumi e come tali non necessitavano di permesso a costruire.
In tali termini, pertanto, si sarebbe dovuta valutare la possibilità di applicare una sanzione di tipo pecuniario, quanto meno con riferimento ai manufatti aventi mera funzione di copertura, e non invece demolitoria.
Nel merito, inoltre, evidenzia che anche a voler ritenere che i manufatti fossero destinati al deposito di materiali edili, in ogni caso si tratterebbe di una utilizzazione del bene non incompatibile con la destinazione agricola dell’area e come tale legittimamente esercitabile; in tal senso l’ordinanza impugnata apparirebbe illegittima per eccesso di potere e travisamento dei fatti.
Nel verbale di sopralluogo si sarebbe, infatti, completamente omesso di considerare che buona parte delle opere ritenute abusive, come sopra detto, consistevano in manufatti di modesta entità che non necessitavano di permesso a costruire; inoltre, tali manufatti erano stati realizzati nell’anno 2008 e l’Amministrazione non aveva in precedenza adottato alcun provvedimento sanzionatorio ingenerando così un affidamento da parte del ricorrente circa la sua conformità allo strumento urbanistico.
Nell’ordinanza in questione non sarebbero esplicitate le ragioni di pubblico interesse che ne giustificano l’emanazione, dopo un considerevole lasso temporale; omissione che integrerebbe la violazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990.
Difetterebbe, altresì, la corretta individuazione dell’opera abusiva sia ai fini della sua demolizione sia ai fini della particolare sanzione ingiunta in caso di inottemperanza, poiché le particelle sulle quali insistono i manufatti asseritamente abusivi hanno un’estensione di oltre 1000 mq., mentre nel provvedimento impugnato non è in alcun modo indicata l’esatta superficie di tali manufatti né la loro dislocazione.
Ne discenderebbe, a parere di parte ricorrente, illegittimità per difetto di motivazione e comunque per manifesta ingiustizia dei provvedimenti impugnati.
Si costituiva in giudizio il Comune di Sant’Antimo, con memoria in cui replicava alle avverse censure, concludendo per il rigetto del gravame.
Con note difensive depositate il 22.09.2025, era dichiarato il sopravvenuto difetto d’interesse del ricorrente alla definizione, nel merito, del contesto.
All’udienza di smaltimento dell’arretrato del 25.09.2025, tenuta da remoto in modalità TEAMS, il ricorso era trattenuto in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rileva il Tribunale che il ricorso – atteso quanto dichiarato da parte ricorrente nell’imminenza della discussione – va dichiarato improcedibile, per sopravvenuto difetto d’interesse.
Tanto conformemente a pacifica giurisprudenza, per la quale vedi da ultimo Consiglio di Stato, sez. II, 26/05/2025, n. 4575: “In ossequio al principio dispositivo applicabile anche al giudizio amministrativo, il giudice deve prendere atto della dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente alla decisione della causa, applicando, per l’effetto, l’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a ., che prevede che il giudice dichiara improcedibile il ricorso, tra altro, quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione”.
Le spese di lite, per la natura formale della decisione, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto d’interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Conclusione
Così deciso, in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2025, con l’intervento dei magistrati (Omissis).
