RILEVATO CHE
1. De.So., in data 30 agosto 2017, con nota n. 67282 prot. presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso delle maggiori ritenute IRPEF subite negli anni d’imposta dal 2013 al 2016, per un importo complessivo di Euro 4.245,30.
In particolare la contribuente, medico radiologo dipendente dell’Azienda Sanitaria Locale di Frosinone, dichiarava di avere percepito compensi aggiuntivi per prestazioni radiologiche, corrisposti l’anno successivo a quello di maturazione. I suddetti compensi, emolumenti arretrati ai sensi dell’art. 17 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, erano stati sottoposti a tassazione ordinaria; la contribuente, con l’istanza di rimborso, deduceva che tali somme avrebbero dovuto essere assoggettate a tassazione separata, ragion per cui chiedeva la restituzione di quanto trattenuto in eccedenza.
2. Formatosi il silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso in questione, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone la quale, con sentenza n. 736/2018, depositata il 21 novembre 2018, lo accoglieva, ordinando il rimborso richiesto.
3. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 3550/2022, pronunciata il 22 giugno 2022 e depositata in segreteria il 3 agosto 2022, accoglieva l’appello, rigettando la richiesta di rimborso e compensando le spese di lite.
4. Avverso tale ultima sentenza ha proposto ricorso per cassazione De.So., sulla base di due motivi (ricorso notificato il 17 febbraio 2023).
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
5. Con decreto presidenziale del 18 febbraio 2025 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a due motivi.
1.1 Con il primo motivo De.So. eccepisce nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132, comma 1, num. 4), c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice di rito.
Deduce, in particolare, che la sentenza impugnata era illegittima per omessa motivazione, laddove quella esistente risultava obiettivamente incomprensibile, gravemente perplessa e lacunosa, nonché contraddittoria, per avere affermato, da un lato che il ritardo fisiologico nei pagamenti giustificasse la tassazione separata, e, subito dopo, per avere affermato la legittimità, invece, della tassazione ordinaria.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce, invece, violazione dell’art. 17, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, la ricorrente che la sentenza della C.T.R. era erronea, nella parte in cui aveva ritenuto che gli emolumenti di cui trattasi avevano natura stipendiale, e che quindi dovevano essere trattati fiscalmente alla stessa stregua di questi ultimi.
2. Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, come si è detto, la contribuente eccepisce la nullità della sentenza per vizio di motivazione.
Come è noto, il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla verifica del rispetto del c.d. minimo costituzionale, nel senso che l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce – con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza – nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Infatti, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, num. 5), c.p.c. (ad opera dell’articolo 54 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2012, n. 134), non è più consentito censurare in sede di legittimità la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione, essendo evidente che ammettere, in sede di legittimità, la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (da ultimo, Cass. 28 aprile 2023, n. 11263; Cass. 7 aprile 2023, n. 9543).
A tal proposito, la violazione del principio del c.d. minimo costituzionale è individuabile nei soli casi – che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’articolo 132, comma 2, num. 4) c.p.c., e, nel processo tributario, all’art. 36, comma 2, num. 4), D.Lgs. n. 546/1992 – di “mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza della mera “insufficienza” o “contraddittorietà” della motivazione (Cass. 18 agosto 2023, n. 24808).
Nel caso di specie, tale minimo costituzionale non appare assolutamente raggiunto, in quanto la Corte regionale si è limitata, per una prima parte della motivazione, a riportare i principi generali in tema di tassazione separata degli emolumenti arretrati, affermando, poi, in maniera del tutto apodittica, che “va condivisa la legittimità dell’operato fiscale, per cui va riformata la decisione di 1 grado e accolto l’appello dell’Ufficio”, senza alcuna analisi specifica del caso concreto, e delle circostanze che potessero giustificare o meno il ritardo nel pagamento di detti emolumenti.
2.2. Il secondo motivo di ricorso resta assorbito.
3. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2025.
